Il Brasile dopo le elezioni

Tue, 04/11/2014 - 13:07
di
Guillermo Almeyra, da rebeliòn.org

Il 26 ottobre si sono svolte diverse importanti elezioni (in Brasile, Uruguay, Tunisia e Ucraina). Nel paese dell'Europa orientale non si sono verificate sorprese perché la parte sud-orientale, separatista e filo-russa, semplicemente non ha votato e nella Duma ucraina non sono presenti deputati regionalisti. In Tunisia, come previsto, ha vinto il partito laico e conservatore e la sinistra mantiene la sua forza extra-parlamentare. In Uruguay Tabaré Vázquez ha preso più voti rispetto ai tradizionali partiti conservatori (quello Nazionale, Blanco e Colorado) e andrà al secondo turno con un vantaggio importante, l'educazione democratica di un elettorato più anziano e organizzato ha giocato in questo caso a favore delle idee di centro-sinistra e in generale progressiste (gli elettori hanno bocciato, per esempio, la proposta draconiana di abbassare l'età della responsabilità penale da 18 a 16 anni).

Al contrario in Brasile, il più grande e popoloso paese del continente, gli elettori hanno punito il governo del Partito dei Lavoratori (PT), anche se Lula ha gettato tutto il suo peso politico per la campagna di ri-elezione di Dilma Rousseff, che ha superato di solo tre milioni di voti (meno di tre punti percentuali) il suo avversario, il neoliberista Aécio Neves.

Dalla prima elezione di Lula in ogni tornata elettorale successiva la percentuale dei voti del PT continua a scendere. Inoltre Dilma Rousseff non può prendere in considerazione come proprio tutto il poco più di 50 milioni di voti che ha ottenuto; infatti una buona parte del milione e mezzo di elettori che al primo turno votò per Luciana Genro, la trotzkista ex parlamentare del PT, ha scelto di votare contro il conservatore e reazionario Neves ed ha optato per un voto critico alla candidata del PT; inoltre milioni di elettori che al primo turno avevano votato per Marina Silva, quindi contro il PT, in 47 delle 51 città in cui la candidata evangelica aveva preso più voti di Dilma ha sfidato l'indicazione di votare per Neves ed ha scelto, secondo una chiara linea di classe, di rifiutare l’appoggio all'uomo dei banchieri. A Pernambuco, per citare solo un esempio, Silva aveva vinto con più del 60% ed al secondo turno Dilma ha raggiunto il 71% contro circa il 40% di Neves.

Nella lotta tra due settori della borghesia brasiliana e tra due politiche borghesi che hanno molto in comune, quella rappresentata dal PT e diretta da Lula ha vinto le elezioni grazie al sostegno di una parte delle classi più povere ma anche con il voto di una parte dei settori decisivi della borghesia nazionale ed internazionale che sono riusciti a canalizzare il voto dell’ala più conservatrice e ricca dalla classe media, dai ricchi finanzieri, ai proprietari terrieri, agli speculatori. Dalle urne vengono fuori due Brasile contrapposti con quasi lo stesso sostegno popolare, uno con un poco più del 51 per cento dei voti e un altro con quasi il 49 per cento.

Le forze economiche e politiche che hanno sostenuto Neves però hanno la forza di debilitare la Borsa, le azioni della Petrobras, la moneta nazionale, come un modo per "votare" contro il PT e riescono a controllare la mobilitazione non necessariamente di destra degli studenti e di molti settori delle classi medie (che in realtà protestano per la corruzione e manifestavano prima della Coppa del Mondo per il costo dei trasporti e l'uso insensato delle risorse pubbliche). L'arretratezza politica tradizionale e la disinformazione esistente nel Paese facilitano anche l'azione inebriante dei media guidati dal grande capitale.

Il governo del PT esce dalle elezioni politiche più debole e senza una forte base sociale, nonostante abbia avuto il supporto critico dei sindacati e dei movimenti contadini radicali, come il Movimento Sem Terra, molto scontento dell'alleanza dei governi di Lula e Dilma con i produttori di soia ed il grande capitale. Inoltre si ritrova un Senato a maggioranza conservatrice, quindi molto ostile, ed una Camera con 28 diversi partiti, in maggioranza opportunisti e reazionari, con cui dovrà negoziare ogni azione per avere o mantenere una base popolare.

Neves è stato sostenuto dalle grandi imprese, dall'estrema destra e dai settori più reazionari (come la maggior parte delle sette evangeliche brasiliane che sono, infatti, una mera creazione di persone senza scrupoli e semianalfabete, che provano a diventare milionari sfruttando l’estrema ignoranza di molti brasiliani).

Il semplice assistenzialismo di Lula e Dilma effettivamente ha tirato fuori dalla povertà milioni di persone, ma le ha rese dipendenti dai programmi delle sovvenzioni per il cibo e dai sussidi dello stato sociale, non li hanno politicamente fatte crescere, ma sottoposte ad una propaganda basata sul semplice slogan "ricco" contro "povero". Soprattutto hanno impedito che le classi più povere fossero politicamente indipendenti e creatrici del proprio destino. La politica economica dell’estrattivismo a tutti i costi (della soia, delle miniere , del legno), l’idea capitalista della crescita economica a tutti i costi, anche sacrificando lo sviluppo sociale, l'espulsione di voci critiche di sinistra all’interno del PT e la visione del Brasile come un blocco unico ha impedito ai lavoratori di contrapporsi agli sfruttatori e di sviluppare un proprio programma alternativo.

La crisi globale non lascia spazio a mezze misure o a compromessi ormai marci. La politica paternalistica è finita. Il PT è, come dicono gli italiani, "alla frutta", è finito il banchetto "progressista". Una parte del PSOL e della sinistra anticapitalista, in modo responsabile, ha votato al secondo turno contro Neves. Un'altra parte dello stesso partito ed altri piccoli gruppi di estrema sinistra come il PCR ed il PTSU invece continuano a dire che "tutti sono uguali", perché sono tutti partiti filo-capitalisti e chiedono di unirsi ai 30 milioni di persone che non hanno votato. Una delle conclusioni di questo pericolosissimo processo è che bisogna ricostruire una sinistra anticapitalista in Brasile per essere all’altezza delle sfide che si proporranno.