Bolsonaro: un trionfo, molte cause

Thu, 01/11/2018 - 12:02
di
Alfredo Serrano Mancilla*

Perché Jair Bolsonaro ha vinto con oltre 57 milioni di voti e 11 punti di differenza rispetto al candidato del PT, Fernando Haddad? Questa è la domanda che metà del mondo si sta facendo in seguito al risultato delle elezioni in Brasile. Non esiste una risposta semplice o basata su un singolo argomento. Ci sono molti fattori, alcuni caratteristici di un clima globale e altri più relativi al contesto nazionale. Ecco alcuni elementi per comprendere questo fenomeno.

1. La volatilità delle preferenze elettorali. Ogni giorno la realtà è più effimera. Tutto cambia ad una velocità incomprensibile. Attualmente, con un semplice clic, siamo in grado di cambiare il nostro Paese, una conversazione, le nostre relazioni personali... Le nuove tecnologie e i social network ci permettono di credere che tutto possa essere modificato in un secondo. Questa idea si sta instaurando come un framework logico al punto di avere un potere d'influenza maggiore del previsto quando arriva il momento di prendere decisioni in altre questioni. Nella sfera elettorale, all'interno di un quadro di crisi di rappresentatività dei partiti tradizionali, è presente anche questo nuovo modo di agire, che si materializza in un modello elettorale volatile, in cui il voto si sposta da un lato all'altro in lassi di tempo in cui in realtà è impossibile che si diano grandi cambiamenti strutturali. Un fatto esemplificativo: Dilma Rousseff ha ottenuto quasi 55 milioni di voti quattro anni fa; ora Bolsonaro, l'antitesi, 57 milioni.

2. Quando ormai democrazia significa la qualunque. Gilbert Rist ha detto che "lo sviluppo può essere concepito come qualsiasi cosa" dato che "sviluppo è la costruzione di una latrina dove è necessario, ma anche di un grattacielo in una grande città". Lo stesso può accadere con il termine democrazia, quando si basa su un minimo eccessivamente minimo. Quindi, tanto svuotata di contenuti, limitata a un voto ogni quattro anni, senza aver alcun significato al di là di questo, tanto che la cittadinanza può arrivare a frivolizzarla al livello di qualsiasi voto per scegliere il vincitore di un reality show. Questa democrazia così banalizzata, in formato light, è un terreno troppo fertile per eleggere i candidati poco democratici.

3. Un nuovo campo da gioco fangoso. Vale tutto. Nel caso del Brasile, le elezioni si sono svolte dopo un colpo di stato parlamentare che ha revocato Dilma come presidente eletta e con Lula, il candidato favorito, in prigione. Inoltre, come è accaduto anche nella campagna del 2014 con la morte di Ocampo, anche questa volta è avvenuto un fatto sospetto: l'accoltellamento subito da Bolsonaro, che ha avuto un trattamento mediatico di soap opera con lieto fine. E non dobbiamo dimenticare le notizie false che si stavano diffondendo grazie al controllo dell'uso dei dati privati, dei telefoni, con la trasmissione dei messaggi di massa di WhatsApp. Si guardi dove si guardi, di questi tempi non ci sono elezioni in che si svolgano in condizioni pulite.

4. Quando a vincere è l'autentico non il politicamente corretto. Vedendo Bolsonaro, cadono tutti i miti del marketing elettorale degli ultimi anni. Sembra che sia nato un contromanuale del Durán Barba. Né palloncini colorati né messaggi di felicità eterna; né ambientalismo né animalismo. Nel caso di Bolsonaro, come è successo con Trump, ha vinto il genuino, il "non mascherare quasi nulla". Dicendo pane al pane e vino al vino. Un linguaggio più diretto, senza giri di parole, senza diplomazia, in cui la maggioranza della cittadinanza si riflette.

5. L’odio e "tutti a casa". La stanchezza si è imposta. Si è creato un clima di opinione, in gran parte alimentato dai media, caratterizzato da avversione e ostilità. La corruzione è stata uno dei principali elementi scelti per creare un clima anti-PTista. Ma si è anche fatto utilizzo strumentale dell’elevato grado di insicurezza per costruire quel sentimento di repulsione contro lo status quo. Nel caso del Brasile, come è successo anche con Trump, si è sempre più imposta una proposta dell’”anti”, del rifiuto, e dell’odio, cercando una maggiore armonia con il sentimento di infelicità che prova una buona parte dei cittadini che vivono in condizioni economiche e materiali molto negative.

6. La bugia che ci hanno raccontato: era meglio non confrontarsi. È stato assolutamente sbagliato credere che ci fosse un eccesso di confronto da parte di molti leader-presidenti che rappresentavano il progressismo latinoamericano. In che modo Bolsonaro si inserisce in questo paradigma? E Trump? Come abbiamo visto dal punto di vista elettorale, il pubblico è molto più soddisfatto del politico che parla e attacca a viso aperto invece di essere una sorta di "né carne né pesce". Dobbiamo distinguere meglio tra le percentuali di immagine favorevole che hanno i candidati e la vera intenzione di voto; e può anche accadere che le elezioni possano essere vinte nonostante un candidato abbia un'alta percentuale di rifiuto nei sondaggi.

7. Il ritorno all'individuo. Il pallone d'oro nel calcio è importante quasi quanto un campionato; Messi è potente tanto quanto o più di una squadra di calcio. Il personalismo nella politica cresce a dismisura. Ecco perché Bolsonaro non aveva bisogno né di un grande partito né di un grande movimento alle spalle. Una specie di supereroe che molti aspirano ad essere.

8. Il nazionalismo ritorna nell'era globale. Non ha mai smesso di essere un valore, ma ora il nazionalismo assume un ruolo più importante in un'epoca in cui tutto è globale. Le persone cercano ancora di più di aggrapparsi a qualcosa di vicino, a un riferimento più nazionale. Bolsonaro ci è riuscito presentandosi come un militare, con un linguaggio di repulsione per tutto ciò che aveva a che fare con gli stranieri.

9. Il labirinto delle nostre bolle. È un male endemico il voler fare analisi in funzione del nostro particolare intorno, tra le persone più vicine a noi. E ancor peggio è domandarci quanto segue: perché la gente vota per un fascista, omofobo e che difende della dittatura? Questo è sbagliare del tutto l’approccio. Perché? Beh, sicuramente perché non ci sono 57 milioni di brasiliani e brasiliane che condividono gli stessi valori. La verità è che ognuno ha le informazioni che ha, che passano attraverso canali molto diversi, e non sempre sono le stesse che abbiamo in certi ambienti endogamici, nei quali il dover essere, eticamente e politicamente, prevale su qualsiasi sguardo a ciò che sta accadendo in ogni angolo.

Tra le molte altre, le ragioni presentate qui nel loro insieme fanno sì che oggi ci troviamo di fronte a un paese, il Brasile, che ha eletto Bolsonaro con il 55% dei voti. Tuttavia, la cosa difficile è un’altra: sapere cosa fare d’ora in poi per far sì che nessun altro Bolsonaro arrivi a essere eletto presidente in qualsiasi altro paese.

*Fonte articolo: https://www.pagina12.com.ar/151951-un-triunfo-multiples-factores
Traduzione a cura di Marta Autore.