La svolta a destra dell'America Latina

Sat, 03/11/2018 - 12:12
di
Pablo Vivanco*

La prospettiva di avere Jair Bolsonaro come presidente del paese più grande di tutta l'America Latina ha messo il Brasile sotto i riflettori internazionali.

Ex capitano dell'esercito, Bolsonaro ha lodato la pratica della tortura e dell'omicidio in uso sotto la dittatura brasiliana del Brasile, oltre ad aver fatto scioccanti dichiarazioni pubbliche riguardo alle persone omosessuali e alle donne. Eppure, nonostante questo – o forse proprio per questo – ha ottenuto il 46 per cento, circa 49 milioni di voti, già nel primo turno elettorale.

Molte analisi hanno attribuito questo forte incremento agli scandali sulla corruzione che hanno coinvolto l'azienda petrolifera di stato, Petrobras, e la compagnia di costruzioni Odebrecht. La popolazione brasiliana si riversò nelle strade quando emersero le informazioni relative alla profondità e la portata dello sfacelo che ha coinvolto tutti i maggiori partiti del paese, incluso il Partito Liberal Sociale di Bolsonaro.

In ogni caso, con l'aiuto di una campagna mediatica concertata, gran parte della colpa dello scandalo è stata attribuita alla sinistra politica del paese, specialmente al Partito dei Lavoratori (PT). Le ampie, ma estremamente selettive, manifestazioni “contro la corruzione” che seguirono hanno quindi rafforzato la campagna della destra per mettere sotto accusa l'allora presidente, Dilma Rousseff, e contaminare il PT.

Il Brasile non è l'unico paese dell'America Latina a virare a destra negli ultimi anni. “Non so se la categoria del fascismo sia la più adeguata per comprendere questo fenomeno”, dice il Dottor Atilio A. Boron, sociologo e professore di Storia dell'America Latina all'università argentina Universidad De Avellaneda. Boron ha studiato la storia dell'estrema destra in America Latina, incluse le brutali dittature militari che hanno governato larga parte della regione tra gli anni '70 e '80 e le squadre paramilitari formatesi in Colombia e in America Centrale.

Mentre questi regimi e gruppi condividevano alcune caratteristiche con il fascismo tedesco, italiano e spagnolo, Boron dice che c'erano altre differenze significative, inclusa l'assenza di un movimento di massa. Per Boron, queste discrepanze si applicano allo stesso modo ai movimenti di estrema destra in America Latina, incluso quello di Bolsonaro.

“Credo che abbiano un chiaro carattere reazionario, ma il fascismo è una forma di reazione molto speciale. Implica ad esempio un processo di organizzazione e mobilitazione del ceto medio, di cui non è il caso di Bolsonaro, (il presidente argentino Mauricio) Macri o (Ivan) Duca di Colombia”, dice Boron.
“Credo che Bolsonaro sia un personaggio miserabile che sfortunatamente [incarna] gli aspetti peggiori della politica latinoamericana più recente; quindi è conveniente usare il termine fascismo in questo caso, ma bisognerebbe comprendere che il termine va oltre [le sue dichiarazioni].”

Sabrina Fernandes, sociologa e ricercatrice all'Università di Brasília, vede il campo di Bolsonaro come se avesse già raggiunto questo ceto medio. Fernandes, produttrice del canale YouTube di sinistra TeseOnze, afferma che la destra è stata in grado di fare significativi passi in avanti tra le classi popolari in seguito al calvario del Lava Jato.

“Il movimento di estrema destra in Brasile ha mobilitato le classi medie più di tutto il resto, specialmente attorno alle accuse verso Dilma Rousseff”, dice Fernandes. Il processo di accusa è stato guidato “specialmente dalla classe media bianca e dall'elite bianca”, ma è stata anche in grado di mobilitare settori della classe operaia e quella povera. La vastità delle manifestazioni contro la corruzione nel paese, così come il loro tono pesantemente contrario alla sinistra e al PT, lo dimostra.

Classe e borghesia

C'è il dubbio che la borghesia nella regione, la quale è considerabilmente cresciuta di dimensioni al volgere del millennio, stia giocando un ruolo elettorale importante. La combinazione tra il boom delle materie prime insieme alla proliferazione di investimenti nazionali e di politiche redistributive lungo tutta l'America Latina, ha visto circa 70 milioni di persone uscire da uno stato di povertà tra il 2002 e il 2014, secondo i dati della Commissione Economica delle Nazioni Unite dell'America Latina e dei Caraibi (ECLAC).

Circa 30 milioni di questi erano brasiliani. In Ecuador, la borghesia è raddoppiata dal 18,58% al 37,40% tra il 2005 e il 2015. Sia in Ecuador che in Brasile, analisi recenti dimostrano come sia questa classe borghese che effettivamente vota in percentuali significative per i candidati conservatori.

La destra liberale fa appello al successo individuale, così come polemizza contro gli interventi di governo in quanto responsabili delle recessioni economiche: narrazioni potenti che hanno guidato questa nuova classe media verso i candidati di destra. Fernandes dice che tale strategia, sviluppata attraverso i canali dei maggiori media e recentemente attraverso i social media, ha funzionato in Brasile in particolare.

“Attraverso ciò, hanno iniziato ad influenzare il senso comune, quindi non si tratta più solo della classe media ma anche la maggior parte della classe operaia, che di fatto sta andando contro la sua stessa coscienza di classe”, dice Fernandes. Boron aggiunge che la classe borghese sta agendo senza paura e “risentimento”, corrompendo non solo i propri schemi di voto ma anche le proprie visioni sociali, inclusi il razzismo e la xenofobia che sono fenomeni in crescita nella regione.

“Essi vedono quelli che stanno in una posizione economica inferiore come una minaccia, e pertanto sono propensi ad avere una posizione discriminatoria, aggressiva e offensiva verso i settori popolari. Questo è qualcosa che è accaduto anche durante il fascismo in Italia e Germania”, dice Boron.

Questioni in sospeso

La decade e oltre dei cosiddetti governi dell'“Onda Rosa” hanno raggiunto innegabili progressi sociali nella regione più ineguale del mondo. Tuttavia, molti di coloro che raggiunsero in qualche misura la mobilità sociale in tale periodo si sono rivoltati contro quel progetto politico e le stesse politiche che lo avevano definito.
Sia che una “Onda Marrone” sia imminente o meno, l'affermazione di Walter Benjamin per cui “dietro a ogni fascismo, c'è una rivoluzione fallita” vale per l'America Latina di oggi, argomenta Boron.
“È una punizione, non perché non abbiamo fatto la rivoluzione, ma piuttosto per non aver completato un processo di riforme che andava radicalizzato e, attraverso questo, sopprimere le possibilità di far emergere nuovi movimenti politici fascisti”, dice Boron, sottolineando l'assenza di educazione politica e di organizzazione da parte della maggior parte dei governi di sinistra nella regione.
“Sfortunatamente, parte dei governi dell'era progressista è caduta in una specie di determinismo economico, di economicismo, pensando che migliorare le condizioni materiali fosse sufficiente a generare la consapevolezza del bisogno di combattere contro il capitalismo.”

Questo è vero anche nel caso del Brasile, dove un movimento popolare ha combattuto la dittatura e poi eletto i candidati del PT come Ignacio Lula da Silva alla presidenza. “C'erano tante potenzialità quando Lula è stato eletto, con molto sostegno popolare, per poter mobilitare le persone a spingere per avere di più, e le persone erano davvero molto speranzose che il governo sarebbe stato migliore di come poi è stato”, dice Fernandes.

La sinistra può anche aver fallito nell'organizzare una base sufficientemente solida per sostenere questo progetto, ma dovrà combattere ora in maniera ancora più dura – per assicurarsi che la destra reazionaria non sia in grado di fare lo stesso.

*Fonte articolo: https://www.jacobinmag.com/2018/10/latin-america-right-turn-bolsonaro-mi...
Traduzione a cura di Federica Maiucci.