Brasile: la crisi sociale e politica si aggrava. E non è una buona notizia

Mon, 16/04/2018 - 10:25
di
Executiva Nacional da Insurgência*

Traduciamo l'editoriale di Insurgencia-PSOL pubblicato il giorno precedente all'arresto di Inacio Lula, 4 aprile, ordinato con un solo voto di maggioranza dal Suremo Tribunal Federal dopo un processo disseminato di violazioni delle garanzie processuali.

In seguito all’intervento militare nello stato di Rio de Janeiro dopo l’assassinio di Marielle Franco, abbiamo avuto altre due carneficine a Rio – una a Rocinha e l’altra a Maricá – con l’esecuzione di cinque giovani attivisti sociali. Ci sono stati spari contro la carovana di Lula a Paraná, oltre a degli scontri nelle località in cui era passata, e l’incarcerazione di padre José Amaro Lopes de Sousa as Anapu do Pará, una vendetta dei contadini che già avevano tolto la vita alla missionaria conservatrice Dorothy Stang.

Di fronte alla regressione dello stato sociale, risultato delle politiche di austerità di Temer che stanno smantellando le precedenti conquiste di diritti e stabilità, è evidente l'incremento di violenza e il rafforzamento dello stato di polizia. Le forze reazionarie usano pratiche come l'aggressione, l'intimidazione, l'arbitrato e gli omicidi per polarizzare la situazione politica in modo che non ha precedenti negli ultimi 35 anni, in maniera da rafforzare le proposte e le uscite autoritarie, a volte addirittura fasciste.

Cause strutturali

Questo scenario è il risultato di processi strutturali, tanto nazionali quanto internazionali. Il quadro della stagnazione economica globale, non superato dopo lo scoppio della crisi del 2008, esaspera settori della borghesia che non sono al centro della finanza e dell'innovazione tecnologica, compresi quelli obsoleti come i combustibili fossili. Ciò sposta molti di loro verso il sostegno a progetti autoritari e/o nazionalisti conservatori (come Trump negli Stati Uniti e Brexit nel Regno Unito) o addirittura proto-fascisti (come Duterte nelle Filippine e vari movimenti di estrema destra in crescita in Europa).

Con una tale rappresentanza politica di destra e di estrema destra, questi settori borghesi in preda alla disperazione cercano di rafforzare le proprie condizioni per mettere in discussione la globalizzazione neoliberista (fino ad ora condotta nell'ambito di un liberalismo cosmopolita) e per affrontare la Cina di Xi Jinping, la Russia di Putin e l’India di Modi. La globalizzazione cosmopolita sotto il dominio finanziario, così ben rappresentata dall'amministrazione Obama, sembra ritirarsi, spingendo settori di centro, come il Movimento 5 Stelle in Italia, e persino di sinistra, come Die Linke in Germania, ad assumere politiche xenofobe contro le persone migranti, i cui numeri continuano a crescere in tutto il mondo.

Qui nel Sud, in America Latina, la borghesia è divisa su quale rotta seguire nel post-progressismo, dal momento che il cosiddetto "progressismo" è stato abbattuto dal potere in Brasile, Argentina e Cile si sta disintegrando e segue una deriva autoritaria in Venezuela. Abbiamo, nel nostro continente, settori liberali che condividono progetti cosmopoliti tradizionali volti a mantenere la regione nell’ambito della divisione internazionale del lavoro propria della globalizzazione capitalista. Abbiamo settori oligarchici con interessi privati incentrati principalmente sul saccheggio dello Stato e dei fondi pubblici – questi di solito non riescono a sostenere progetti strategici. E abbiamo settori autoritari, alcuni dei quali sono apertamente fascisti. Questioni di rapporti di forza e di capacità di iniziativa politica portano a cambi di fronte, alleanze e ricomposizioni, senza che si imponga un orientamento generale.

Il colpo di stato parlamentare di Temer in Brasile è stato il risultato di una combinazione di circostanze e della coalizione di settori che non hanno avuto alcun progetto strategico né spinta programmatica al di là dell’aumento del tasso di sfruttamento e della ridefinizione del ruolo dello Stato nell'economia, a fronte di una coperta sempre più corta per via della crisi. Ora, con il primo turno delle elezioni presidenziali in programma per il 7 ottobre 2018, Alckmin, Temer, Bolsonaro e altri si stanno muovendo per disputarsi il governo centrale, finora cercando di rafforzare la propria posizione ed invisibilizzare le candidature rivali. Il prossimo passo, che unifica tutti, è la conferma dell'esclusione di Lula dalla disputa - che inizierà a essere definita dalla Corte Suprema nei prossimi giorni (ndr. scritto prima dell'arresto).

La novità: l’ascesa dell’estrema destra

La congiuntura del colpo di stato e del post-golpe, tuttavia, porta un terzo fattore nello scacchiere politico nazionale. Fattore che costituisce una novità radicale in Brasile. Per la prima volta dalla fine della dittatura militare, abbiamo la mobilitazione dell'estrema destra e una leadership dei suoi ranghi che gode di grande popolarità già da diversi anni. Bolsonaro, che, secondo i sondaggi, da dopo il golpe ha mantenuto un percentuale di voto tra il 15% e il 20%, ha polarizzato e articolato i settori più radicali della destra. Il suo progetto di ordine e sicurezza corrisponde, nel migliore dei casi, a un regime autoritario apertamente repressivo – il quale potrebbe essere una variante di Duterte o Fujimori – che libera settori dell'apparato repressivo per trasformare il massacro della popolazione povera e nera in una politica di Stato aperta, o addirittura degenerare in qualcosa di ancora più violento. Una conseguenza dell'effetto-Bolsonaro è l’ampio spostamento di progetti borghesi a destra, con la questione della sicurezza pubblica che si pone al centro del conflitto politico. L'estrema destra, tradizionalmente frammentata, si è data un comandante, come possiamo vedere nella sua reazione all'omicidio di Marielle.

Poiché il capitalismo contemporaneo sta affrontando una stagnazione globale, l'unico scenario ipotetico su cui questo progetto potrebbe basare un governo sarebbe, nel caso del Brasile, quello di una messicanizzazione del paese. In altre parole, uno scenario simile a quello dell’attuale tragedia del Messico, in cui l'apparato statale ha perso il monopolio della violenza, la criminalità organizzata è sempre più infiltrata nell’apparato militare e di polizia, e lo Stato centrale (nazionale) è apertamente sfidato sia dalla criminalità organizzata sia da settori autonomi dell'apparato repressivo e gruppi paramilitari. Risultato nel paese: 200mila morti e circa 300mila desaparecidos, contati dal 2006 al 2015.

In alcuni stati federali, come Rio de Janeiro, Rio Grande do Norte e Ceará, questo sta già accadendo. A Rio, insieme alla violenza alimentata dalla miseria prodotta dalla crisi e dalla bancarotta dello Stato, abbiamo guerre tra bande per il controllo della tratta e milizie che agiscono, con la complicità delle forze dell’ordine, in più di 200 località. L'intervento militare nello stato di Rio de Janeiro, con il quale Temer intendeva giocarsi la sua base sociale a Bolsonaro, sta portando alla conclusione – da parte dei settori più lucidi della borghesia – della necessità di ripensare praticamente da zero le politiche e le forze di sicurezza dello Stato, di fronte al suo attuale grado di disaggregazione. Questa non è, tuttavia, la conclusione a cui giunge l'estrema destra, che difende la necessità di espandere le politiche repressive.

Quando la sinistra si radicalizza si fa più profonda la mobilitazione delle masse, le manifestazioni, le proteste e le occupazioni con la partecipazione diretta della popolazione; si promuove una democratizzazione della vita politica, che perde il suo carattere elitario e si espande con la partecipazione dei cittadini. Quando è la destra a radicalizzarsi e a cercare consapevolmente di polarizzare la società, la sua mobilitazione può avvenire anch’essa attraverso mobilitazioni di massa. Ma ciò che è più usuale è l'uso della violenza per intimidire i suoi avversari, la diffusione di calunnie e notizie false e, quando la polarizzazione si fa più forte, l'assassinio diretto degli oppositori. Quando questa violenza non è frenata da una mobilitazione di grandi parti della società, il germe del fascismo si nutre e cresce.

Il ruolo della lotta contro le oppressioni

Un'analisi più attenta del Brasile attuale rivela anche che la crescita dell'estrema destra è anche una reazione alla maggiore visibilità, alla partecipazione e alle conquiste molto limitate e recenti delle donne, delle nere e dei neri e della comunità LGBT nella società. La lotta politica in corso è anche una lotta contro le basi sociali del razzismo, dell'autoritarismo patriarcale, della famiglia etero-normativa, delle esclusioni di ogni tipo e del fanatismo religioso.

Le grandi proprietà terriere, che fino a poco tempo fa erano inseparabili dal controllo degli esseri umani ridotti in schiavitù (formalmente o informalmente), sono da sempre state la culla del razzismo e del conservatorismo nel paese. Sono sistemi basati da sempre sulla violenza, letterale, con le armi, con forze di polizia che somigliano più alle bande di jagunços (ndr gruppi paramilitari a servizio, generalmente, dei latifondisti) e squadroni della morte al servizio delle élite locali. E il conservatorismo religioso ha fornito valori e ideologia per naturalizzare questa situazione. Oggi, come in passato, il ruralismo, l'apparato di sicurezza e il fanatismo religioso sono alla radice dell'odio, del razzismo e dell'intolleranza politica.

Tre decenni di economia di mercato senza freni, di cui sono responsabili gli esponenti del PSDB e del PT, tre decenni di un paese deindustrializzato, di legami di solidarietà corrosi e ostacoli alla formazione di nuovi, hanno trasformato i cittadini in consumatori senza grandi redditi né coscienza e hanno reso il Brasile una società di mercato ricca, ma immensamente iniqua e ingiusta. Il ruralismo è diventato business agroalimentare e si è rafforzato politicamente ed economicamente a un livello inedito dagli anni ’20.

La mercificazione della società senza partecipazione dei cittadini crea una vita per il mercato che, in assenza della possibilità di ascensione sociale, può essere mantenuta solo con l'aumento del controllo, della repressione e della corrispondente espansione di violenza sociale – da qui la scelta delle classi dominanti di militarizzare le città con la scusa della sicurezza pubblica e l'emergere di una rappresentanza politica delle corporazioni militari.

La lontananza del clero cattolico dalla gente povera dopo gli anni '80 in Brasile ha aperto la strada ai mercanti della fede , con la proliferazione di sette fanatiche neopentecostali, a mo’ di caudillos, del tutto impermeabili al dibattito democratico di idee e antagonisti dello stato laico, dell'emancipazione degli oppressi e della progressiva trasformazione dei valori sociali. Dopo il 2013, un’estrema destra cinica e social-darwinista, sostenitrice del liberalismo di mercato come valore fondamentale, come l'omologa nordamericana sostenitrice di Trump, ha importato le tattiche di "guerra culturale" in Brasile, creando reti di diffamazione e diffusione di odio e ha contribuito a fondere questi settori conservatori.

La lotta contro l’ascesa dell'estrema destra e il fascismo in Brasile è anche la lotta contro le basi sociali che la sostengono. È inseparabile dalla lotta contro il razzismo, il machismo e l'omofobia.

Elezioni 2018: violenza, lotta antifascista e democrazia

Il 2018 sarà un anno di lotta politica polarizzata in Brasile, il più feroce dal 1980. Sarà anche un anno di elezioni generali, che definirà la correlazione delle forze nello Stato brasiliano. Abbiamo affermato in precedenza che il progetto politico della Nuova Repubblica (Nova República), che vede la convivenza tra il PSDB e il PT nella disputa sul controllo dello Stato, si è esaurito e che la frammentazione politica e il colpo di stato sotto la guida del clero inferiore del MDB ne sono la prova. È su questa base che l'estrema destra avanza e, appoggiandosi agli enormi gradini costituiti dal Bue, dalla Bibbia e dal Proiettile, cerca di raggiungere il governo centrale – sebbene, naturalmente, il basso clero fisiologico che ora governa con Temer sogna di mantenere ancora il controllo dell'Unione. È anche su questa base che noi del PSOL avanziamo nel nostro progetto di ricomposizione della sinistra al di là del PT, cercando di riorganizzare un campo socialista nella disputa per il potere.

Ma ciò non significa che PSDB e PT siano pedine fuori dal gioco. Le probabilità che il PT entri in corsa saranno decise nei tribunali, che definiranno la prescrizione o meno della candidatura di Lula. E il PSDB controlla i governi di São Paulo e Minas Gerais. Geraldo Alckmin, sebbene non entusiasta dei sondaggi, è oggi il candidato più forte per la Presidenza, che cerca sia di dare coesione alle basi sociali del PSDB e allo stesso tempo di guadagnare nelle basi sociali del PT. Sembra ragionevole ipotizzare, dato il quadro attuale, che il campo borghese sarà polarizzato tra la candidatura di Alckmin, nella ricerca di una rinegoziazione delle basi su cui è stata fondata Nuova Repubblica, e la candidatura di Bolsonaro, cercando di radicalizzare le sue critiche al PTismo (e a qualunque proposta di riforma sociale), formalizzare la rottura del patto di Nuova Repubblica e passare a un regime autoritario.

Il campo del vecchio progressismo sarà diviso tra la candidatura di Lula o, in caso della sua impossibilità decretata dalla magistratura, di colui che avrà scelto come candidato, probabilmente Fernando Haddad; Manuela D'Ávila, del PCdoB; e Ciro Gomes del PDT. Marina Silva da Rede e, forse, Joaquim Barbosa, per PSB, rappresentano invece un centro che cerca di sfuggire alla polarizzazione. Il fronte di Guilherme Boulos-Sonia Guajajara, nell'alleanza promossa dal PSOL, si trova a sinistra del progressismo, cercando di rappresentare una critica di quello che era il PTismo al potere tra il 2003 e il 2016 e di salvare un orizzonte di cambiamento sociale in Brasile in rottura con il neoliberismo.

Questo scenario potrebbe essere soggetto a forti fluttuazioni o aggiustamenti, ma in esso l'espansione dello spazio a destra sarà definita dalla sua capacità di intraprendere iniziative non istituzionali – aggressioni, provocazioni, calunnie, notizie false e, non possiamo escluderlo, crimini di sangue. Di fronte a questo, dobbiamo sempre cercare unità contro le forze apertamente reazionarie, autoritarie, antidemocratiche e proto-fasciste, un'unità che dev’essere aperta all'azione unitaria con i liberali che difendono le pietre miliari della Nuova Repubblica e vogliono fermare l'uso della violenza e delle campagne di odio, bigottismo e intolleranza nella lotta politica.

Dobbiamo cercare di eliminare qualsiasi spazio politico per azioni di odio, menzogna e violenza, vietando legalmente l’accesso ai social network – come già sta succedendo in seguito a campagne diffamatorie verso Marielle Franco. La lotta antifascista è, quindi, una lotta democratica che non si limita all’ambito della sinistra.

Le nostre critiche sulla natura dello Stato brasiliano e sulle istituzioni emerse dalla Costituzione del 1988 sono di un altro ordine. Noi crediamo che lo stato liberale in Brasile sia stato solo parzialmente democratizzato dopo la dittatura militare, che il Senato e la Magistratura impongono una tutela oligarchica sul potere politico, che i meccanismi di partecipazione popolare e di decisione diretta prevista dalla Costituzione non sono mai stati regolamentati, che le strutture responsabili della sicurezza pubblica non debbano essere militarizzate e che questo aumenti la loro simbiosi con la criminalità organizzata e conduca alla cancrena corrente (che ogni anno genera decine di migliaia di vittime nel paese), che la crescita del fondamentalismo religioso mina la laicità dello Stato e delle istituzioni, che la concentrazione del potere di informazione in alcuni gruppi di media privati mina la democratizzazione della società brasiliana.

Stiamo combattendo per un'ampia democratizzazione del potere e della vita politica. Ma questo significa fermare le tendenze e i progetti regressivi e autoritari che stanno guadagnando slancio oggi; significa ridurre la violenza che colpisce i movimenti sociali degli sfruttati e degli oppressi e indebolisce la nostra società; significa bloccare la violenza che ancora una volta vuole controllare la politica istituzionale brasiliana.

*Fonte articolo: http://www.insurgencia.org/crise-social-e-politica-se-agrava-e-isto-nao-...
Traduzione a cura di Marta Autore