Mutualismo e conflitto in Andalusia - #Tappa1

Thu, 07/09/2017 - 11:26
di
Delegazione CommuniaNet

Dal 5 al 13 settembre una delegazione di compagni e compagne di CommuniaNet e della rete Fuori Mercato è in Andalusia per partecipare a un seminario di formazione internazionale organizzato dal SOC – Sindacato Obrero del Campo (sindacato operaio agricolo) andaluso.

Questo era l’incipit del nostro viaggio, una delegazione corposa proveniente da tutta Italia e, senza neanche accorgercene, ci siamo ritrovati a Malaga, nel centro sociale La casa invisible. Uno spazio occupato nel cuore della città andalusa, dove da dieci anni donne, precari, disoccupati, migranti e soggetti lgbtiq, costruiscono reti per l’autorganizzazione e il conflitto. Come prima riunione del seminario ci siamo confrontati con alcuni rappresentanti del SOC e del SAT (Sindacato Andaluso Trabajador@s, nato nel 2007 dal SOC per sindacalizzare anche i lavoratori e le lavoratrici delle città), i quali hanno raccontato la genesi e le pratiche del sindacato. Il SOC nasce nel 1976, un anno dopo la morte del dittatore Francisco Franco, quando i lavoratori delle campagne andaluse vivevano in estrema povertà, vessati dai latifondisti. Le grandi battaglie del sindacato iniziano proprio allora, per una riforma agraria che ridistribuisse la terra a chi la lavorava.
La riappropriazione delle campagne e l’autogestione della produzione sono gli elementi peculiari dell’organizzazione. “Il sindacato/movimento”, proprio per la spinta popolare, oltre a difendere i posti di lavoro e combattere lo sfruttamento, radicalizza la vertenza e la lotta, interessandosi degli aspetti esistenziali della persona nella società: il diritto alla casa, un’istruzione per tutti, la sanità pubblica e accessibile, la lotta alla disoccupazione.

Un patio, le decorazioni arabeggianti, i murales femministi e i cornicioni spagnoli. La casa invisible è un posto che resiste alla gentrificazione in atto a Malaga. Un processo tardivo che ha invischiato la città in un vortice di aperitivi, eventi da marketing culturale e speculazione edilizia, con un centro vetrina e una periferia desolata, puntellata da megastore e supermercati. La casa invisible è il collettore dei vari percorsi politico-sociali della città: un esempio, la Cordinadora de los migrantes, il coordinamento dei migranti in lotta per i documenti e i diritti, totalmente indipendente e autorganizzato, si riuniva nel patio del centro sociale. Precario en movimiento, un altro collettivo di sindacalizzazione diffusa legata al SOC-SAT, hanno supportato la lotta dei migranti e il percorso della Cordinadora, creando l’Oficina de los Derechos Sociales: una piattaforma politico-sociale dove il mutuo soccorso conflittuale ne rimarcava la matrice innovativa e di rottura.
Oltre a questo, lo spazio ospita progetti culturali proposti e discussi dalla comunità cittadina che tutte le settimane si incontra negli androni della casa. A coordinare le diverse attività è un gruppo di donne che, attraverso la gestione del bar e di un’osteria popolare, ha creato un autoimpiego per uscire dalla condizione di precarietà. E se ne La casa si respira un’aria inclusiva, antisessista e antirazzista, è proprio grazie alla gestione femminile e allo spirito dei progetti che la animano.


Una distesa infinita di uliveti accompagna il nostro cammino verso Marinaleda: case gialle e bianche immerse in una campagna brulla, contornata da ulivi e piantagioni di cotone. Il municipio scintilla al sole. Incontriamo Juan M. Sanches Gordillo, lo storico sindaco della città. Membro del SOC, Gordillo è al governo cittadino da quarant’anni con il partito CUT, espressione politica del sindacato di movimento. Ci racconta la storia di Marinaleda e del sindacato, approfondendo sulle pratiche: negli anni 80 i lavoratori e i contadini di Marinaleda occuparono le terre del duca dell’Infantado, 1.200 ettari abbandonati. La pratica della riappropriazione continuò per un decennio e le pressioni per una riforma agraria, portarono a dei risultati.
Attraverso la lotta – vertenza, occupazione e autoproduzioni per la sovranità alimentare che si riconosceva nel conflitto sociale – nel 1991 le terre vengono assegnate alla municipalità e da proprietà privata diventano patrimonio ad uso comune della comunità.
Otto cooperative oggi gestiscono organicamente la produzione e i posti di lavoro, riconfigurando una nuova filiera che mette al centro i diritti dei lavoratori. A Marinaleda non esiste la disoccupazione: il lavoro è diviso in lavoratori fissi e stagionali, e chi non riceve reddito diretto beneficia di quello indiretto. Ad esempio, qui è possibile costruirsi la propria casa a 15 euro al mese.
Il potere popolare e la democrazia diretta si esprimono alla massima espressione: ogni decisione viene discussa dall’Assemblea Ciudadana, che delibera su varie materie che vengono poi ratificate dall’amministrazione. Un controllo diretto sulla gestione della città, la sua organizzazione, in relazione ai bisogni e alle necessità della collettività.