Elezioni del 28° 2019: Il PSOE vince grazie al voto utile contro la destra reazionaria

Mon, 06/05/2019 - 18:01
di
Jaime Pastor*

Con una partecipazione superiore al 75%, il PSOE è stato il vincitore principale (28,70% dei voti, con 123 seggi, quando nel 2016 ne aveva ottenuti 85) contro il PP, che entra in una crisi irreversibile (è passato da 137 seggi a 66, con il 16,70%, non ottiene la rappresentanza per la prima volta nei Paesi Baschi e ne ha solo uno in Catalogna), Ciudadanos (che sale da 32 a 57 seggi con il 15,86%, che però non sorpassa il PP e fa qualche passo indietro nel suo feudo originale, la Catalogna) e Vox (che entra nel Congresso con 24 seggi e il 10,26%, ma rimane al di sotto delle aspettative che aveva generato con il suo discorso sulla Reconquista).

Pedro Sánchez è riuscito a canalizzare il grido di "No pasarán" a scapito di Unidos Podemos (che è passato dal 21,15% del 2016 al 14,31% e che, oltretutto, a differenza di Cs, è stato particolarmente colpito da la procedura di distribuzione dei seggi del sistema elettorale, passando da 71 eletti a 42) e ha raggiunto la maggioranza assoluta in Senato (passa da 43 a 121 seggi) a fronte di una destra che scende da 130 a 56 e che aveva finora tradizionalmente dominato in questa istituzione, il cui ruolo era stato peraltro rivalutato in occasione dell'applicazione dell'articolo 155 contro l'autonomia della Catalogna dopo le giornate di settembre e ottobre 2017.

La seconda conclusione da evidenziare di questi risultati è senza dubbio l'ascesa del ERC (Esquerra Republicana Catalana, che è passata da 9 a 15 seggi, con il 3,89% dei voti), facendo sì che per la prima volta una forza politica indipendentista diventi la prima forza in Catalogna nelle elezioni generali. A questo fatto si somma l'ascesa del suo alleato nelle prossime elezioni europee, EH Bildu (che è passato da 2 a 4 seggi, con lo 0,99% dei voti), confermando un maggior peso delle forze di sinistra sovraniste e repubblicane nella prossima legislatura, anche se non saranno decisive per garantire l'investitura di Sánchez come presidente del Governo.

Il trionfo del PSOE è ulteriormente completato dai risultati ottenuti nelle elezioni autonomiche che si sono tenute ieri nel Pais Valenciano: aumenta da 23 a 27 eletti e, con il supporto di Compromis (17) e Podemos (8), ottiene una maggioranza sufficiente per formare un governo di fronte ai tre partiti di destra (che raggiungono 47 eletti).

Questo nuovo scenario implica una sconfitta molto grave per il Partido Popular e soprattutto per il suo leader Pablo Casado, la cui radicalizzazione del discorso per competere con Vox non ha prodotto i risultati sperati e che, invece, apre ora a incalcolabili conseguenze interne di crisi, a poco meno di un mese delle elezioni municipali, autonomiche (regionali) ed europee del 26 maggio. Possibili dimissioni e fughe verso Ciudadanos non sono da escludere nei prossimi giorni, sulle orme di Angel Garrido, ex presidente della Comunità di Madrid, una regione in cui Ciudadanos ha già operato il sorpasso sul PP.

La nuova correlazione di forze nel Congresso consente a Sánchez di ottenere l'investitura aggiungendo ai suoi voti quelli di Unidos Podemos, Partido Nacionalista Vasco (che è accresciuto da 5 a 6), Compromis (1) e PRC (1), se non alla prima occasione, in una seconda tornata di voti per l’investitura al Congresso, senza doversi accordare con il movimento indipendentista catalano (che include Junts x Catalunya, che avrà 7 seggi) o con Ciudadanos.

Quest'ultima formazione entrerà in una nuova fase in cui il suo leader, Albert Rivera, ha già espresso la sua aspirazione a diventare il capo dell'opposizione al governo di Sanchez, a maggior ragione in vista delle prossime vicine tornate elettorali e dell’ulteriore discesa che attende il PP in esse. Non sembra probabile, quindi, che nel breve periodo ci sia uno spostamento verso i negoziati con il PSOE, ma, al contrario, un maggiore sforzo per strappare voti a PP e Vox e costringerli a fornire sostegno per conquistare il governo in grandi città come Madrid e in alcune comunità autonome.

In questo contesto stiamo invece vedendo come Pablo Iglesias, nonostante la battuta d'arresto subita, si sia offerto di far parte di un governo di coalizione con il PSOE. Una possibilità che Sánchez non sembra abbia intenzione di prendere in considerazione, ma che, se realizzata, data la correlazione di forze tanto sproporzionata tra le due formazioni, implicherebbe un cammino verso la subalternità strategica di Podemos a fronte di un partito i cui assi programmatici rispetto alle principali fratture presenti nella società - sociale, nazional-territoriale e politico-istituzionale - continuano a caratterizzarlo come un pilastro fondamentale di questo regime, contro il quale è nato Podemos, e come servo fedele dei dettami del Ibex 35 e la troika neoliberista.

Un orientamento simile, nel bel mezzo della nuova campagna elettorale che sta per iniziare, non servirebbe affatto a recuperare quella parte dell'elettorato che ha optato domenica scorsa per il voto al PSOE o altre formazioni più a sinistra, ma piuttosto il contrario. Una posizione coerente dovrebbe essere limitata a sostenere l'investitura del Sánchez dal parlamento, riaffermando l'autonomia strategica di un progetto apertamente disposto a confrontarsi con la destra e, soprattutto, con la minaccia della penetrazione di Vox in alcuni settori popolari, con un programma alternativo che fin dal primo giorno sia in grado di incalzare il PSOE, cercando la confluenza con i movimenti sociali e il rafforzamento del potere popolare, attorno a rivendicazioni urgenti sul piano sociale, femminista, ecologista, antirazzista, a difesa delle libertà e sul piano nazional-territoriale. Quest'ultimo, indispensabile di fronte a una realtà plurinazionale che è tornata a manifestarsi sonoramente e nei confronti della quale il PSOE di Sanchez continua a cedere alle pressioni da destra e delle proprie baronie, a tal punto da eliminare dal suo programma elettorale la sua già modesta proposta federalista e facendo orecchie da mercante rispetto al clamore del tutto maggioritario in Catalogna contro il processo farsa che si svolge presso la Corte Suprema (ricordiamo che 5 dei rappresentanti eletti del CER e JXC sono in prigione) e per una soluzione negoziata che passi attraverso un referendum sul suo futuro.

La presenza di una varietà di candidature di unità popolare nelle metropoli, nei piccoli comuni e nelle comunità autonome per le elezioni del 26 maggio dovrebbe essere un'opportunità per creare più solide radici sociali nei quartieri e nei luoghi di lavoro, che aiutino a muoversi verso un processo di ricomposizione di una sinistra che, in coincidenza con l'ottavo anniversario del 15M, torni a rivendicare quello spirito di indignazione che l'ha vista nascere mantenendo un orizzonte destituente e di rottura.

*Fonte: https://vientosur.info/spip.php?article14775
Traduzione a cura di Marta Autore