Lecce, una rete di associazioni contro il caporalato: nascono i pomodori 'Sfruttazero'

Thu, 23/07/2015 - 13:05
di
Silvia Dipinto (da Repubblica.it)*

La notizia della morte di Mohamed è arrivata mentre Rosa, Valentina, Mody Awad e Siliman Musse a Nardò raccoglievano i 'loro' pomodori, per farne una salsa dal sapore diverso. Speciale. “Ridevamo e scherzavamo - racconta Rosa - Poi è calato il silenzio: abbiamo provato a capire chi fosse Mohamed e cosa fosse successo”. I campi di Rosa e Mody, in fondo, sono gli stessi in cui pochi giorni fa è morto il migrante sudanese, forse per un malore dovuto al caldo, certamente atterrito da condizioni di lavoro disumane.

L'acqua e la terra che nutrono i pomodori hanno la stessa origine. Ma qui, con l'associazione Diritti al Sud, i migranti non lavorano per pochi euro al giorno. Sfruttati, sottopagati, senza diritti, perfino senza acqua. La chiamano 'nuova schiavitù': sono le catene dei caporali e le regole di un sistema in cui i migranti sono troppo spesso fantasmi.

Contro questo sistema e per la parità di trattamento combattono da anni le associazioni Diritti al Sud di Nardò, Solidaria di Bari e Osservatorio Migranti Basilicata/Fuori dal Ghetto di Palazzo San Gervasio e Venosa (Potenza). Da qualche tempo hanno deciso di fare rete, per seguire le rivendicazioni di chi nella nostra terra resta sempre un po' straniero, e per sperimentare buone pratiche contro lo sfruttamento del lavoro.

In pratica, coltivano e raccolgono pomodori, per farne una salsa che viene distribuita in circuiti alternativi e solidali. Il marchio è unico, e si chiama (non a caso) 'Sfruttazero'. Le braccia operative sono quelle dei migranti e dei giovani disoccupati e precari, anche pugliesi e lucani; e, naturalmente, dei contadini. Ai baresi si sono uniti i migranti che vivono nella ex Set, un capannone allestito dal comune come centro provvisorio di accoglienza (come provvisorie sono le condizioni della struttura), e quelli che abitano nell'ex Socrate, una ex scuola, oggi autogestita. A Nardò, invece, i lavoratori stranieri, quasi tutti tunisini e sudanesi. Sono gli stessi che di giorno lavorano con i tanti Mohamed di Puglia. E che nel pomeriggio sperimentano percorsi alternativi allo sfruttamento.

L’idea è di realizzare una filiera pulita del pomodoro dalla semina alla trasformazione, con la salsa prodotta senza sfruttamento del lavoro. “Vogliamo che l'oro rosso, da simbolo di sopraffazione e caporalato - spiegano gli attivisti - diventi simbolo di emancipazione, riscatto e speranza di un futuro diverso”. La retribuzione oraria è più che dignitosa, la salsa viaggia nei circuiti dei gruppi di acquisto solidale, in mercatini locali, tra ristoranti e mense popolari. Sul web il marchio 'Sfruttazero' ha lanciato anche una raccolta fondi, per finanziare la fase di start up.

A Bari l'iniziativa è già al secondo anno, ma quest'estate il progetto si è allargato agli altri territori e ha deciso di destinare il 15 per cento di quanto raccolto col crowdfunding a una cassa di mutuo soccorso, che sosterrà concretamente le rivendicazioni e i percorsi di autodeterminazione dei migranti. L'associazione Diritti al Sud ha, per esempio, annunciato che metterà a disposizione due legali per seguire la famiglia di Mohamed.

*Fonte articolo: http://bari.repubblica.it/cronaca/2015/07/23/news/lecce_una_rete_di_asso...