Gli intensi giorni dei Mondiali antirazzisti

Sun, 05/07/2015 - 09:36
di
Maurizio Franco

Al parco di Bosco Albergati il sole non tramonta mai. Sono giornate intense queste, il caldo ribolle nelle tende, gli scarpini macerano le dita dei piedi, il sudore cola ininterrotto sulla fronte screpolata e arrossata di chi gioca ormai da ore.
Addirittura eravamo partiti da Roma allo scoccare della mezzanotte del 2 luglio, il giorno prima che venisse inaugurata la XIX edizione dei Mondiali Antirazzisti, proprio per evitare che le code interminabili in autostrada, che la monotonia, quasi ossessiva, delle immagini che la pianura padana concede ai migliaia di “profughi” che trotterellano sulle sue strade, che il torrido luglio di un’afa ristagnante, ci riducesse in poltiglia prima ancora di poter calciare il pallone.
CommuniaUnited è il nome della nostra squadra, di una delegazione raffazzonata e rimediata in corpose assemblee e riunioni, forte però di un percorso politico e sociale alle spalle, che nel derby antirazzista dello scorso 21 giugno ha visto la sua prima concretizzazione. Una partita significativa questa, dove l’Atletico San Lorenzo, esperienza di calcio popolare dell’omonimo quartiere capitolino, ha affrontato l’Atletico Pop United, una squadra di rifugiati africani, ospitati nei centri di accoglienza di Anzio e di Nettuno, gestita e supportata da Core Rete Solidale, un collettivo di ragazzi e ragazze che nello sport ha visto la chiave di volta per avviare un processo di iterazione e scambio con questi richiedenti asilo. Non è un caso che in quella giornata Communia Roma, Core, i compagni e le compagne di Rivoltiamo la Precarietà e Sfrutta Zero di Bari e la Libera Repubblica di San Lorenzo abbiano contribuito alla costruzione della“Carovana de Core” verso i Mondiali Antirazzisti; e non è un caso che nello stesso autobus ci fosse la nostra squadra e l’Atletico Pop United, che Core Rete Solidale fosse presente in prima fila per giungere a Castelfranco Emilia, in provincia di Modena e incitare, tifare, applaudire allo sport popolare antirazzista. Per quest’entusiasmo, per questa spinta umana e inerziale al cambiamento che tutto trasforma e lenisce, prefigurando scenari incredibili di cui ignoravamo l’esistenza, abbiamo scelto il Crowdfunding per finanziare il viaggio e la partecipazione dell’Atletico Pop United ai Mondiali. Fosse solo per questo (e vi sembra poco?) avremmo risparmiato tempo ed energie, ma abbiamo pensato a questa particolare forma di sovvenzionamento per attivare sperimentazioni inedite che coniughino l’esperienza solidale con i processi di autorganizzazione dal basso, che connettano con un click i donatori, e di soldi ne abbiamo raccolti, a chi promuove e pratica un altro tipo di accoglienza e iterazione, scagliandosi contro le logiche speculative che subordinano la dignità umana al business e al profitto. Il Crowdfunding inoltre, ha permesso di intelaiare una fitta rete di relazioni e rapporti tra la “carovana de Core”, il collettivo e il gruppo dei richiedenti asilo, e il progetto “Sfrutta Zero”, dove contadini, migranti, disoccupati e precari, la pelle e i colori si intrecciano senza che ve ne sia la percezione, si sono organizzati per la produzione autonoma di salsa di pomodoro, tracciando un percorso che porta inevitabilmente all’autodeterminazione e all’autogestione.
In questo senso la XIX edizione dei Mondiali Antirazzisti rappresenta l’evento centrale di una campagna, di un continuo girovagare tra cene di autofinanziamento, dibattiti e iniziative, serate danzerecce con il solito e immancabile bicchiere di vino tra le labbra, di posto in posto, di luogo in luogo, nel tentativo di radicarsi sempre più nei territori e di uscire piano piano dall’isolamento imposto dal sistema, facendo combaciare tutti i pezzi del mosaico. In questo senso la partecipazione ai Mondiali Antirazzisti rappresenta un incontro, una commistione, un gesto ripetibile e necessario, insaccare a rete un pallone, per chi si riconosce in una stessa condizione di subalternità, senza diritti e tutele, in un sistema totalmente iniquo, unendo le forze e le aspirazioni di tutta una vita, cooperando per un fine comune. Le nostre parole d’ordine infatti sono mutualismo e solidarietà, da una parte, e conflitto e alternativa sociale dall’altra.
E siamo qui, senza ritrosie e titubanze, con dieci partite sul groppone, smaniando che la notte arrivi, che affondi tra le fronde degli alberi, che la musica inizi a scorrere nella trachea, a sorsate, come la birra appena spillata e sbuffante. Siamo qui, stanchi, sporchi e sgualciti ad elemosinare una vittoria, mentre l’Atletico Pop United macina vittorie su vittorie. Sono giornate intense queste, intrise di un aspetto, di una tendenza, di una volontà profondamente rinnovata: campagne come questa, processi iniziali di autorganizzazione, le vertenze e i loro punti di contatto, sono i presupposti e gli strumenti necessari per affinare le pratiche conflittuali, per allargare le maglie del discorso politico, andando ad intaccare le innumerevoli narrazioni del potere che ci vorrebbe divisi, uno contro l’altro, in una guerra fratricida tra poveri. Per questo le parole d’ordine di prima, se prese singolarmente, non hanno senso. È indubbio quindi che queste giornate siano state intense.