La sinistra turca dopo le elezioni

Wed, 24/06/2015 - 23:10
di
intervista a Uraz Aydin

Lo scorso 7 giugno si sono svolte le elezioni parlamentari in Turchia, con un risultato molto interessante e certamente inedito.
Un voto caratterizzato da una forte partecipazione che testimonia da una parte la percezione di massa del carattere “costituente” di questo appuntamento (sia per concedere che per frenare maggiori poteri a Erdogan) e dall’altra la credibilità che ancora sembra avere la "democrazia” rappresentativa turca, che convince oltre l’86% degli elettori (56 milioni su 66 – pur con altre 8 milioni di schede nulle).
I risultati del voto si possono riassumere in alcuni dati: in primo luogo il fatto che Erdogan, che comunque ha un buon risultato, perde voti in percentuale (e 2,5 milioni di voti in meno) e – soprattutto – non riesce ad avere né la maggioranza in parlamento, né tantomeno quella di 3/5 necessaria per cambiare da solo la costituzione, e oltretutto per la prima volta sarà costretto ad un governo di coalizione, e non è abituato.
Secondo, il successo dell’Hdp “curdo” è innegabile: per la prima volta riesce a superare lo sbarramento del 10% - anche grazie alla capacità di presentarsi come partito della sinistra progressista e legittimo “erede” del movimento di Gezi, con una forte attenzione verso i temi lgbt e della giustizia sociale, oltre alla forte rappresentanza femminile che porta in parlamento (tra le quali Leyla Zana…).
In terzo luogo è comunque preoccupante il risultato dell’estrema destra del Mhp, che ottiene una rappresentanza parlamentare poco inferiore al Hdp (per i meccanismi dei collegi elettorali), aumentando anche i loro voti di circa 2,5 milioni….
La distribuzione sociale e territoriale del voto ci dice che l’Akp continua a parlare alla pancia del paese, sia dal punto di vista territoriale che da quello sociale, rimanendo un partito capace di raccogliere un voto popolare e interclassista, che la destra rappresenta una forza stabile che raccoglie molti voti in uscita dal Akp; e che l'’Hdp (con un buon risultato anche a Istanbul) rappresenta oggi la forza reale di quanto resta della sinistra turca, capace di entrare in relazione con i movimenti (dei quali anche il Chp kemalista si avvantaggia, non perdendo voti…) – ma lo stesso Hdp rimane soprattutto un partito curdo, che fa il pieno nelle regioni orientali.

Delle elezioni, del risultato dell'Hdp e delle prospettive per la sinistra e i movimenti sociali abbiamo parlato con Uraz Aydin, sindacalista e ricercatore dell’università di Marmara, editore di Yeniyol (organo della sezione turca della Quarta internazionale) e collaboratore de L’Anticapitaliste, rivista settimanale dell’NPA francese. (redaz. internaz.)

Dall'8 giugno la Turchia ha in parlamento molte più donne e rappresentanti delle minoranze linguistiche e culturali come i curdi e gli armeni. La campagna elettorale dell'HDP è stata molto concentrata sulla questione della rappresentanza di questi soggetti negli organi legislativi dello stato. Come possono questi soggetti trarre forza da questa vittoria?
Sottolineiamo che la presenza delle donne, degli armeni, dei curdi, dei siriaci nel parlamento costituisce innanzitutto l’espressione politica di anni di lotte da parte di questi gruppi, centrate sulla rivendicazione del riconoscimento della loro identità e dal fatto che grazie alle loro battaglie, i loro problemi specifici siano riusciti ad imporsi nell’agenda politico –sociale. Diciamo anche che il candidato LGBT sfortunatamente non è stato sfortunatamente (d’altra parte era in un posto difficilmente eleggibile).
Se l’ HDP ha sicuramente una concezione democratica e multiculturale che riguarda la coesistenza pacifica delle differenti etnie e gruppi religiosi, bisogna precisare che i tre nuovi deputati armeni appartengono a tre partiti diversi ( due uomini di HDP e AKP e una donna del CHP). E’ una delle conseguenze dell'enorme reazione popolare nei confronti dell'assassinio del giornalista armeno Hrant Dink nel 2007 e dei dibattiti svolti in occasione del centenario del genocidio armeno. Ma la visione di HDP è certamente più progressista che quella degli altri partiti; è la sola, per esempio, che usa il termine “genocidio” termine impronunciabile nella sfera del potere, come d’altronde in quelle dell’opposizione parlamentare. Rivendica anche il riconoscimento del genocidio da parte dello Stato.

La questione femminile è più complessa. C’è innanzitutto la svolta "femminista" (anche se si rifiuta di usare questo termine) del PKK e del movimento Curdo in generale da una dozzina di anni, come conseguenza del cambiamento della posizione della donna nella società Curda patriarcale e feudale grazie al ruolo delle donne nella guerriglia (del PKK e più recentemente del PYD e il suo braccio armato di donne, il YPJ). Gli scritti di Abdullah Ocalan (leader indiscusso del movimento curdo) sulla questione dell’oppressione delle donne hanno probabilmente contribuito anche alla realizzazione di questa svolta. Per le trasformazioni ideologiche del PKK ci si può riferire all’eccellente articolo del nostro compagno Alex de Jong pubblicato su Inprecor.

L’altro fattore importante è certamente la sensibilità femminista che si è risvegliata nella classe media urbana e laica, soprattutto nelle giovani donne, nei confronti del conservatorismo islamico dell’AKP e la sua biopolitica di dominio del corpo della donna (l’incoraggiamento incessante di Erdogan a fare almeno tre figli, i progetti di restrizione del cesareo e dell’aborto..). Gli omicidi e stupri di donne hanno generato una reazione massiccia in questi ultimi anni. Dunque il fatto che l’HDP mette in primo piano l’oppressione delle donne, si definisce “partito delle donne", da forza a tutte queste lotte. Il fatto che l’HPD riesca a entrare nel parlamento è certamente molto importante per esprimere le rivendicazioni di tutti questi strati oppressi per difendere i loro diritti ed essere solidali con le loro lotte sia in parlamento che nelle strade.

Tuttavia bisogna anche considerare il punto di vista della rappresentazione dei valori nell’assemblea nazionale. I valori patriarcali nazionalisti, conservatori rappresentati dall’AKP e da MHP (partito di estrema destra) hanno comunque ottenuto più del 57% dei voti ai quali va aggiunto più del 2% di partiti islamisti che non hanno superato il tetto del 10% per accedere al parlamento. D’altra parte i curdi religiosi (all’incirca il 3%) che votavano prima per l’AKP, delusi del comportamento riguardante il processo di negoziazione con Ocalan e per questo hanno preferito questa volta l’HDP, sono probabilmente lontani dall’identificarsi con il suo programma. Dunque per adesso non si può dire di più.

Si è parlato molto del fatto che l'HDP rappresenti le istanze di soggetti fortemente oppressi nella società turca, come le donne o i soggetti LGBTI, i curdi o gli armeni. Ma poco si è parlato del programma economico e della sua posizione rispetto ai grandi temi dell'economia e dell'idea di sviluppo che mette in campo.
E’ evidentemente il punto debole di HDP. Ricordiamo innanzitutto che l’HDP è membro consultivo dell’Internazionale Socialista (il membro effettivo è il kemalista e repubblicano CHP). Dunque non ci si aspetta una prospettiva di rottura con la mentalità dell’accumulazione capitalista., un programma anticapitalista. Ma in realtà le sue proposte riguardo ai problemi economici sono molto più progressiste, più egualitarie degli altri partiti.
Su temi quali la questione del debito individuale, il subappalto che è diventata una sorta di norma, gli incidenti(dei veri assassini infatti) di lavoro, la precarizzazione, l’energia nucleare, i servizi pubblici, i bambini lavoratori, le condizioni salariali delle donne, i diritti sindacali, e così via, il programma elettorale dell’HDP cerca di portare soluzioni delle volte concrete altre volte approssimative. Ma diciamo che c’è una prospettiva di difesa dei diritti dei lavoratori, delle donne, dei cittadini dell’ambiente e non del capitale, ciò è un buon punto.
L'HDP definisce il proprio programma economico come “un’economia della vita in sicurezza” (o bene “assicurata”). Facendo cosi riferimento all’importanza della previdenza e della sicurezza sociale, ma anche che siano assicurati il diritto al lavoro, i diritti sociali, il diritto alla città - anche il diritto ad un ambiente pulito e quelli degli animali.
Si tratta di un progetto economico” egualitario, ecologico, basato sulla redistribuzione e abolendo le ineguaglianze di genere”. Ma il programma va più lontano affermando che la principale prospettiva è quella di sviluppare il controllo dei lavoratori sui rapporti economici, poiché adesso non hanno nessun diritto “di parola e di decisione”. Ma non si capisce veramente come. Questo è il problema delle cooperative agricole e l’importanza delle amministrazioni municipali e locali ("l’autonomia democratica").
E’ evidente che per noi, marxisti rivoluzionari, la rivendicazione del controllo del processo di produzione e di distribuzione da parte degli operai, il loro diritto alla decisione cioè l’autogestione suppone una pianificazione centrale e sicuramente democratica basandosi su degli organi di auto-organizzazione dei lavoratori. E’ questa rivendicazione strategica, transitoria che permette di aprire un orizzonte di rottura con i rapporti di produzione capitalista. Altrimenti è infatti possibile che queste esperienze di controllo autonome realizzate mediante le amministrazioni locali funzionino secondo le leggi del mercato (per un certo periodo forse) e, invece di avviare una dinamica di auto emancipazione, integrano i lavoratori alla razionalità neoliberale.
Per ora non siamo a quel livello, l’HDP non è al potere ma soltanto nel parlamento e il suo programma permette facilmente di combattere l’offensiva neoliberale ed eco distruttrice. E ricordiamo che Demirtas stesso aveva detto che la lotta contro l’AKP doveva svolgersi non sulla base antislamica ma anticapitalista! E anche che le lotte per l’emancipazione delle diverse identità oppresse (etniche,religiose, di genere..) dovessero essere organizzate sull'asse della lotta di classe, Dunque la concezione della democrazia radicale a cui si richiama l’HDP o almeno quella di Demirtas è lontana parente di quella di un Laclau.
Ma come voi sottolineate, sono soprattutto le rivendicazioni delle minoranze oppresse quelle messe in primo piano dall’HDP. E il subappalto continua ad essere in vigore nelle municipalità del Curdistan dirette dall’HDP (o meglio dal DBP - partito fratello del HDP, - essendo chiaro che l’HDP è stato fondato per rivolgersi ai cittadini delle città dell’ovest a maggioranza turca e che è l’DBP a rappresentare il movimento curdo nelle città dell’Est).

La rivolta di Gezi Parki nel 2013 ha influito sul processo che ha portato l'HDP a presentarsi alle elezioni nazionali e a aumentare il suo consenso?
Certamente. Non nel senso di un impatto diretto, come una strada a senso unico che ci condurrà da un punto preciso ad un altro. Ci son diverse biforcazioni, in alcune delle quali secondo me l'HDP ha preso la strada sbagliata. Ma ha saputo pazientemente ritornare al crocevia per tentare di prendere questa volta la direzione giusta. E alla fine ci è riuscito.

Mi spiego: innanzitutto la partecipazione del movimento curdo alla rivolta di Gezi era molto limitata. Se a Istanbul, in Piazza Taksim, i militanti dell’HDP erano fin dall’inizio sulle barricate e non si sono allontanati dal parco di Gezi fino all’ultimo momento, non si può dire lo stesso delle differenti città del Curdistan turco, dove non c'è stato alcun movimento significativo: Ma questo è assolutamente comprensibile dato che questo popolo che combatte nelle città e sulle montagne da trenta anni vedeva - proprio due mesi prima della rivolta di Gezi - l’occasione di una pace duratura con lo stato turco, con la dichiarazione di Ocalan imprigionato nell’isola di Imrali nel Mar di Marmara) letta davanti a milioni di persone a Diyarbakir in occasione della festa nazionale curda (Newroz), nella quale Ocalan annunciava l’apertura ufficiale dei negoziati con lo stato.

Rispetto a Gezi, la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la violenza della polizia nei confronti dei giovani che campeggiavano nel parco per impedire la sua distruzione. La violenza dell’apparato poliziesco non è, per quanto si possa dire, una esperienza inedita per i curdi, per cui non ha avuto il ruolo di un detonatore. D’altra parte le altre gocce che stavano riempiendo il vaso poco a poco - come la ristrutturazione urbana (gentrificazione), la cementificazione della città, l’islamizzazione graduale dell’educazione, le politiche securitarie (con il consueto divieto di manifestare in piazza Taksim per il 1° maggio) e gli interventi del governo sul modo di vita secolari - erano lontane dall’essere le principali preoccupazioni degli abitanti del Curdistan. E infine la presenza delle bandiere turche e di una maggioranza di elementi politici di solito contrari alle aspirazioni democratiche dei curdi non erano certamente qualcosa che poteva attirarli. Ma malgrado tutte queste ragioni facilmente comprensibili, si è messa in moto una sorta di propaganda popolare, per affermare che i curdi avevano preferito negoziare con lo stato piuttosto che ribellarsi. Una posizione molto ingiusta e che mostrava grande miopia politica. Questo ha provocato passi indietro nella coscienza collettiva del blocco “anti-AKP”, in particolare da parte dei repubblicani-kemalisti.
D’altra parte è innegabile che la vita collettiva nei 15 giorni di occupazione del parco di Gezi (la “Comune di Gezi”), la coesistenza di differenti sensibilità politiche e la loro resistenza comune rispetto alle forze di sicurezza è stata un’esperienza inedita per tutti quelli che vi si trovavano. Questa eredità ha sicuramente avuto il suo peso nella vittoria dell’HDP.

Dopo il rallentamento dell’onda della rivolta (in seguito all’evacuazione del parco) e l’incapacità del movimento di costituire una volontà politica comune, le elezioni municipali del marzo 2014 rappresentavano una possibilità per giudicare il peso elettorale della dinamica di Gezi. L’HDP aveva forse scelto un buon candidato per la carica di sindaco di Istanbul, ma conducendo una cattiva campagna elettorale. Sirri Sureyya Onder, cineasta intellettuale deputato dell’HDP era stato il primo a dirigersi verso i buldozzer per impedire l’abbattimento degli alberi, e per quello era divenuto uno degli “eroi” di Gezi. Ma ha centrato tutta la sua campagna sulla denuncia del CHP (partito repubblicano kemalista - di centrosinistra) piuttosto che prendersela con l’AKP.
Ma, a parte una minoranza di rivoluzionari, la base di Gezi, quella che ha permesso che Gezi fosse una vera rivolta, aveva una coscienza politica confusa dove una terminologia di sinistra affiancava la difesa della repubblica laica turca il cui principale riferimento politico è Mustafa Kemal, fondatore di questa repubblica.
Si tratta di una generazione che è cresciuta in un’atmosfera di politicismo individualista e neoliberale ma che ha dovuto politicizzarsi velocemente di fronte all’autoritarismo del regime di Erdogan e ha dunque adottato i riferimenti politici più accessibili, Kemal e bandiera turca, per indirizzarli contro il "fascismo" dell’AKP. Dunque la critica al CHP, che ideologicamente coincide maggiormente con questa coscienza, non ha facilitato le cose per l’HDP. Tanto più che c'era una forte illusione che i candidati di Istanbul ed Ankara potessero riprendere queste città all’AKP, e che questo sarebbe stato strategico per indebolire questo partito.
In questo contesto l’HDP si è ritrovato con il 5% ad Istanbul (risultati evidentemente molto diversi ci sono stati nelle città del Curdistan).

Ma è grazie alla candidatura (e la personalità) di Selahattin Demirtas alle presidenziali di agosto 2014 che l’HDP e riuscito ha raddrizzare la situazione ottenendo il 9,8% dei voti. Questa volta il fatto che il candidato del CHP, sostenuto anche dal MHP, fosse un islamista "moderato" ha permesso a Demirtas di raccogliere più voti del 6,5-7% abituali. E’ questo risultato vicino al 10% che ha invogliato l’HDP a presentarsi sotto forma di partito (e non più con candidature individuali indipendenti dove il tetto del 10% non è necessario).

Anche le sommosse curde del 6/7 ottobre 2014 in sostegno della resistenza di Kobane nei confronti dell’assalto di Daesh (Isis) hanno certamente avuto un ruolo sui risultati delle elezioni legislative,. Queste sommosse di massa contrastavano con la benevolenza dell’AKP verso Daesh (e con il suo appoggio militare, logistico e sanitario ai combattenti jihadisti) e il suo rifiuto ad aprire corridoi di aiuto a Kobane. Ciò ha senza dubbio contribuito al fatto che una parte dei curdi religiosi votasse finalmente per l’HDP.

Un ultimo elemento decisivo è stata la considerazione che l’entrata in parlamento dell’HDP con più di 50-60 deputati era la sola soluzione per impedire all’AKP di raggiungere il numero di seggi necessario per potere imporre un cambiamento del regime mediante una nuova costituzione e realizzare cosi il desiderio di instaurare un sistema presidenziale autocratico di cui Erdogan sarebbe stato il sultano.

Dunque per riassumere, l’esperienza di Gezi , la reazione rispetto al comportamento dell’AKP nei confronti della resistenza di Kobane e l’autaut strategico dell’HDP (anche l’indignazione popolare rispetto ai casi di corruzione, alle politiche securitarie, ai progetti di intervento in Siria, ecc..) sono stati abilmente articolati dall’HDP mediante discorsi non settari, umoristici e democratici di Selahattin Demirtas

La bomba che il 6 giugno è scoppiata nel bel mezzo di un comizio nella città di Dyarbakir, che rappresenta la roccaforte dell'HDP con più del 70% di preferenze, dimostra che gli oppositori della crescita politica di una forza democratica e pluralista in Turchia sono capaci di tutto e che la reazione delle forze autoritarie a questa vittoria non si faranno aspettare. Teniamo presente che nell'ultimo anno sono stati decine i curdi uccisi nell'est del paese, così come i giornalisti arrestati e gli attivisti incarcerati.
Pensi che l'AKP continuerà su questa strada, e mi viene in mente il probabile accordo con i fascisti dell'MHP, oppure cercherà in qualche modo di fare delle concessioni per smussare l'opposizione, soprattutto nell'est del paese?

Durante la campagna elettorale vi sono stati numerosi attacchi verso i militanti e le sedi dell’HDP. L’autista di un’automobile utilizzata per la campagna elettorale è stato torturato ed ucciso, un altro ha rischiato la morte bruciato vivo quando la vettura che conduceva si è incendiata e all’indomani c’è stato l’attentato con la bomba al meeting di Dyarbakir (Amed in curdo) che avete menzionato. L’AKP è senz’altro sospettato di essere il mandante di questi attentati o almeno è chiaro e netto che i discorsi criminalizzanti di Erdogan che presenta l’HDP come partito legato a “organizzazioni terroristiche” hanno provocato degli attacchi spontanei di fascisti e islamisti. Peggio, all’indomani delle elezioni un dirigente di un’associazione legato ad Hezbollah della Turchia (il suo vero nome è Huda Par) è stato assassinato. Questa organizzazione islamista radicale curda che è stata direttamente sostenuta dallo Stato turco per indebolire il PKK, è stata durante gli anni '90 il principale rivale di quest’ultimo nella regione.

Al tempo delle sommosse di Kobane ci sono stati scontri mortali tra i membri delle due organizzazioni e tra le cinquanta persone uccise una parte era componente o simpatizzante di Huda–Par. Se Huda-Par non è in grado di competere con il movimento del PKK, ha certamente una base non trascurabile: alle elezioni municipali del 2014 il partito aveva ottenuto il 4,7% a Diyarbakir e il 7,8% a Batman. Dunque con quell’assassinio gli occhi sono girati verso il PKK e le rappresaglie dei militanti armati di Huda-Par hanno provocato la morte di 3 persone vicine al PKK. La milizia urbana del PKK, il YDG ha subito dichiarato che non aveva niente a che fare con l’attentato. In seguito Huda-Par e l’HDP hanno chiesto ai loro membri di lasciare le strade, dichiarando che si trattava di una provocazione dello stato.
Dunque è possibile dedurne che l’AKP ha cercato prima delle elezioni di provocare uno stato di scontro e di portare sulla strada della violenza il movimento curdo con l'obiettivo di frenare l’egemonia dell’HDP per indebolirlo e dispiegare l’apparato militare e poliziesco per reprimerlo.

Per ora più che i militanti del MHP - che si mostrano ferocemente oppositori dell’AKP principalmente in ragione del processo di negoziazione, attualmente interrotto - sono i servizi di sicurezza infeudati da Erdogan e diversi gruppi islamisti che vengono utilizzati o ben provocati ad agire contro il movimento curdo. Nel caso delle bombe a Diyarbakir, il presunto colpevole si è rivelato essere un membro di Daesh (Isis). Ma se una coalizione AKP-MHP si realizza, allora la carta fascista potrebbe davvero entrare in gioco.

Questa tattica, che mira a creare uno stato di emergenza o a far credere all’esistenza di una tale situazione per criminalizzare e reprimere ogni opposizione sociale o politica è spesso utilizzata dall’AKP.
Che sia l’opposizione laicista-kemalista, o la rivolta di Gezi, la ribellione curda, lo sviluppo dei casi di corruzione dalla confraternita di Fethullah Gulen (suo antico alleato e nuovo nemico) tutto è presentato da Erdogan e dall’AKP come facente parte di un tentativo di “colpo di stato civile” orchestrato dalle grandi potenze straniere per cercare di fermare lo sviluppo economico della Turchia.
E’ molto probabile che l’AKP strumentalizzi ora il dispiegamento delle forze armate del PYD (YPG/YPJ) lungo le frontiere della Siria dopo la liberazione di Tal Abyad (Gire Spi in curdo) dall’occupazione di Daesh, per dare l’impressione di una minaccia alla sicurezza nazionale e criminalizzare in seguito il suo partito fratello, l’HDP:

Il dato elettorale cambia qualcosa rispetto agli equilibri interni all'HDP, che, lo ricordiamo, è il frutto di una coalizione di forze di sinistra di cui la componente della sinistra curda è fortemente maggioritaria, sopratutto rispetto ai legami con il PKK? Pensi che l'HDP (che vince soprattutto nelle regioni curde) riuscirà a crescere come forza di riferimento delle sinistre turche?
Non so se gli equilibri interni possono cambiare rapidamente; mi sembra difficile, conoscendo il peso del movimento curdo nel partito. Se l’HDP è un partito pluralista e che, per esempio, al tempo della redazione del programma elettorale ogni settore ha avuto la possibilità di dire la sua, penso che sia difficile che nel momento delle decisioni fondamentali il parere della componente curda non sia decisivo.

Ma, per contro, un punto importante riguarda il fatto che durante il periodo di campagna elettorale un numero importante di persone siano evolute ideologicamente e la loro sensibilità nazionalista abbia vacillato, e che l’HDP stesso sia in un certo senso cambiato. L’HDP è riuscito ad adottare un discorso capace di abbracciare le rivendicazioni e le aspirazioni dei diversi strati sociali e culturali. Ciò non era scontato. Il fatto che Demirtas (e dunque l’HDP) all’inizio della sua campagna non fosse chiaro sui rapporti che il suo partito avrebbe avuto con l’AKP nel caso di ingresso in parlamento (coalizione, sostegno al progetto di riforme costituzionali…) ha provocato le reticenze del settore laico che non escludeva la possibilità di votare per l’HDP.
Per questo la dirigenza dell’HDP, che considerava che il loro partito non avrebbe potuto allargare la base elettorale senza essere categorico su questa questione, ha fatto fare una dichiarazione esplicita a Demirtas che ha ripetuto tre volte in una riunione in parlamento: "noi impediremo la tua presidenza!". E questo ha funzionato. Questa frase - che riassume la vera posta in gioco di queste elezioni - è diventata il motto dell’HDP, ma anche di tutti coloro che si opponevano a che la follia di Erdogan si trasformasse in un regime politico. Dunque si può veramente parlare di un’interazione tra il partito e gli elettori.

L’egemonia dell’HDP nella sinistra (in senso largo) è sicuramente cresciuta con le elezioni. Fuori dall’HDP esisteva da qualche mese un’altra struttura unitaria che si chiama "Movimento unitario di Giugno" (BHH) che faceva riferimento alla rivolta di Gezi del giugno 2013. La sezione turca della Quarta internazionale (Yeniyol) partecipa a questo movimento dove si trovano partiti relativamente grandi dell’estrema sinistra turca come il "Partito della libertà e della solidarietà" (ODP) o il PC turco (che si è diviso ma le cui componenti sono entrate nel movimento), cosi come alcuni deputati della sinistra del CHP e molte partecipazioni individuali.
Era un’iniziativa che arrivava un po' in ritardo e che progettava di adottare la dinamica di Gezi o almeno di riattivarla in maniera organizzata. Secondo noi si trattava di una buona idea per formare una specie di fronte unico su parole d’ordine concrete (anti-austerità, ecologiste, femministe, antimilitariste e in solidarietà con il movimento curdo) che permettessero di mobilitare al di là dai settori abituali della sinistra.
L’esecutivo del BHH ha deciso di condurre la sua prima campagna sul tema della difesa dell’insegnamento laico rispetto alla sua islamizzazione graduale da parte dell’AKP. Anche se si tratta di un problema importante, a nostro avviso si trattava di una cattiva idea inaugurare il movimento partendo da questo tema, che si centra sulla polarizzazione culturale-religiosa che l’AKP cerca giustamente di consolidare.
Secondo la sezione, il problema dell’aumento del salario minimo o della nazionalizzazione delle miniere - che rientravano tra le rivendicazioni - avrebbero dato un carattere più di classe al BHH.
Il secondo errore fatale è stato quello del rifiuto dell’esecutivo di chiamare a votare per l’HDP! L’appello per le elezioni dichiarava solamente che bisognava sostenere i candidati che si richiamavano alle rivendicazioni di Gezi. Ciò significava HDP o CHP, ma senza osare pronunciare i nomi dei partiti. Con elezioni così importanti, che riguardavano direttamente il cambiamento del regime e l’instaurazione di un’autocrazia, è insensato restare da parte. Quando, a parte la campagna dell’HDP, si sono sviluppate diverse campagne indipendenti di sostegno all’HDP (tra cui quella che ha animato la nostra sezione con altre componenti del BHH in rottura con la risoluzione dell’esecutivo), e si è creata una reale mobilitazione nella società e la dinamica di Gezi riappariva finalmente per canalizzarsi nel sostegno all’HDP dove si cristallizzava la speranza di potere fermare per la prima volta l’AKP, il BHH si è quasi dichiarato in congedo politico! Si è accontentato di denunciare gli attacchi verso l’HDP, che era il minore dei problemi e non ci sarebbe stato bisogno di un fronte unito per quello. Politicamente si è trattato di un vero fallimento storico.

Dunque, per concludere, certamente l’HDP è diventato ancora di più un referente politico nella sinistra, un polo egemonico per tutti coloro che desiderano una società più democratica, egualitaria, pluralista e tollerante. Non si è obbligati a stare dentro, ma non si può stare lontani. Anche se, come noi, si pensa che la costruzione di un partito anticapitalista-rivoluzionario indipendente resta indispensabile. Ma sappiamo anche che l’egemonia deve essere una costruzione permanente perché nel momento in cui la costruzione si ferma l’egemonia si restringe.

traduz. Giovanni Peta