Cosa succede in Ucraina

Wed, 19/02/2014 - 02:22
di
Catherine Samary e Aleksander Buzgalin

Con le dimissioni del premier Azarov e l'incontro del presidente Yanukovich con alcuni leader della protesta, gli scontri politici e di piazza in Ucraina entrano in una nuova fase, di cui non è chiara la direzione e l'uscita possibile.
Per aiutare nella comprensione della vicenda, pubblichiamo qui due articoli: il primo - di Catherine Samary - riguarda le forze in campo e la situazione di questi giorni; il secondo, dell'attivista e oppositore di sinistra russo Aleksander Buzgalin, rappresenta un'analisi più ampia delle scelte di fronte alle quali si trovano le/i cittadine/i ucraine/i (CommuniaNet.)

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Tra negoziati e stato di emergenza, una situazione fuori controllo
Catherine Samary*
Il potere ucraino oscilla tra repressione, stato di emergenza e aperture all’opposizione e nessuno è in grado di tenere sotto controllo la situazione. Una seduta straordinaria del parlamento si è svolta martedì 28 gennaio con all’ordine del giorno due questioni: il ruolo crescente delle formazioni neo-fasciste e l’evoluzione incerta delle mobilitazioni popolari.

Dopo giorni di violenze – che hanno provocato tre morti secondo le fonti ufficiali, sei stando ad altre fonti – la mobilitazione ha subito una battuta d’arresto domenica 25 gennaio a Kiev, nonostante le aspettative dell’opposizione. Tuttavia, il fronte della protesta sembra essersi allargato ad ovest e al centro del paese dove i palazzi del potere sono stati presi d’assalto, in particolare in Galizia (bastione dell’organizzazione neo-fascista Svoboda/Libertà). A Donetsk, feudo di Viktor Ianukovitch, nel bacino minerario di Donbass (russofono) si sarebbero formate delle «milizie popolari» in previsione dell’arrivo dei commandos neonazisti di «Pravyi Sektor» («linea destra») responsabili dell’assalto all’amministrazione regionale di Zaporozhe (Est) organizzata con l’obiettivo, secondo le dichiarazioni rilasciate dagli stessi membri della formazione neofascista, «di prendere il potere» contro ogni negoziato. Il Partito delle Regioni (che ha preso circa il 30% alle elezioni legislative dell’ottobre 2012) sembra barcamenarsi tra chi preme per i negoziati politici, contestando le leggi repressive votate alla chetichella il 16 gennaio scorso, e chi rimprovera al potere di essere troppo lassista – e suggerisce che sia dichiarato lo stato di emergenza. Il Partito comunista ucraino (che ha sfondato il tetto del 13% dei consensi), fetta significativa della coalizione di maggioranza, si è confrontato con il Partito del presidente invocando un referendum sulle decisioni internazionali [1].
Il presidente Ianukovitch ha recentemente proposto all’opposizione di mettere a lavoro un gruppo che si occupi delle modifiche costituzionali e che si assuma maggiori responsabilità di governo: ha offerto un posto di Primo ministro ad Arseni Iastseniuk, capofila del partito liberale di Iulia Timochenko (“Patria”, che ha ottenuto 25,44% dei seggi) il quale, pur sensibile alla proposta, ha tuttavia precisato, sotto la pressione dei manifestanti, di non essere intenzionato ad assumere alcuna carica di governo prima di aver ottenuto le modifiche costituzionali richieste, le elezioni anticipate e l’uscita di prigione di Iulia Timochenko. Quest’ultima non vede di buon occhio la popolarità crescente dell’ex pugile Vitali Klitschko che ha rifiutato come “superato” il posto di vicepremier che gli era stato offerto. Leader del partito di centro destra, il cui acronimo Udar in ucraino significa “colpo, calcio”, è il prediletto di Angela Merkel.

Correnti neonaziste all’offensiva
Questi due partiti di opposizione sono stati finora associati in quanto “europeisti” al partito neofascista Svoboda/Libertà (10% dei consensi), capeggiato da Oleh Tiahnibok e dominante nella regione della Galizia (dove detiene il 40% dei consensi). È legato a Jobbik in Ungheria e al Fronte Nazionale in Francia; suscita molta attrazione tra i giovani. Il suo nazionalismo particolaristico celebra i battaglioni della morte galiziani e oppone l’Ucraina «europea» alla Russia «asiatica» – assimilata, in una visione violentemente anticomunista, al bolscevismo/stalinismo. Attualmente, però, lo stesso partito Svoboda sembra scavalcato a destra, in piazza Maidan (Kiev) come persino nei feudi galiziani, da gruppi neonazisti come «Pravyi Sektor». I militanti di questa formazione (stimati tra un migliaio e centomila a seconda delle fonti), ultranazionalisti, sono al contempo ostili alla Russia e all’Unione europea denunciata come «l’oppressore delle nazioni europee». Rigettano tutti i partiti di opposizione parlamentare – ivi compreso Svoboda ritenuto troppo «conformista» – sostenendo la necessità di un’azione diretta di «presa del potere», progetto che è stato recentemente argomento di un reportage della BBC [2]. In un contesto economico e sociale esplosivo [3] in cui i partiti sono completamente screditato, è difficile prevedere l’impatto che queste «azioni dirette» potranno avere.

Note:
[1] http://herault.pcf.fr/47963
[2] http://www.bbc.co.uk/news/world-eur… citato nell’articolo di Volodymyr Ishchenko publicato da The Guardian del 22 gennaio e sul sito di LeftEast (http://www.criticatac.ro/lefteast/953)
[3] Vedere su ESSF (articolo 30938), La société ucrainienne entre ses oligarques et à sa Troika :
http://www.europe-solidaire.org/spi

* Fonte: http://www.europe-solidaire.org/spip.php?article30944
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Maidan 2013: una dialettica multidimensionale della Resistenza (un punto di vista di sinistra)
di Aleksander Buzgalin*
Mentre sta scrivendo questo documento l'esito della resistenza resta indeciso ma l'autore è sicuro che in un modo o nell'altro i governanti ucraini attualmente al potere si avvicineranno all'Unione Europea. Nel frattempo una cosa è chiara: i gravi problemi dell'Ucraina, e le relazioni con la Russia che ne conseguono, non verranno sanati.

Una tragedia che si trasforma in una farsa? Oppure una farsa sotto forma di tragedia?
L'Ucraina è attraversata dalle contraddizioni. Per la seconda volta in dieci anni Kiev è stato il palco di proteste di massa e di scontri con le autorità. Ma i fatti del tardo autunno 2013 sono solo vagamente simili a quelli del 2004 e la situazione è divenuta molto più complessa.
Nel 2004 la principale forza di Maidan (Piazza dell'Indipendenza) consisteva nelle persone stufe del comportamento arbitrario e sprezzante dell'elite politico-economica al potere. I gruppi nazionalisti non erano meno forti nel 2004 di quanto non lo siano nel 2013 ma la caratteristica principale era l'indignazione di massa della popolazione. Inoltre la scelta presentata nel 2004 non era esclusivamente geopolitica (se unirsi all'Europa o schierarsi con la Russia) ma anche sociopolitica - tra noi, i cittadini, e loro, i parassiti.
Ora la situazione a Maidan è diversa per molti aspetti. Resta il malcontento generale nei confronti del parassitismo delle autorità ma ciò che sta avendo luogo è il risultato di un'organizzazione saggiamente ponderata da parte delle élite politiche ed economiche filo-occidentali. Mentre nel 2004 i manovratori dietro le quinte erano ancora riluttanti a mostrarsi apertamente ora si sono sfacciatamente posti in prima linea. C'è anche un altro aspetto molto importante: nel 2013 le organizzazioni nazionaliste e filo-fasciste sono giunte ad essere quasi la forza organizzata principale e più efficace della "protesta" (solo così, tra virgolette).

In sostanza ora la situazione è diventata multidimensionale, perciò è importante analizzarla in ogni aspetto. Le contraddizioni che stanno distruggendo l'Ucraina devono essere comprese non soltanto dal punto di vista geopolitico che ora va tanto di moda, ma anche nelle loro dimensioni socioeconomiche, politico-ideologiche e storico-culturali.
Di quì la tesi principale di questo documento: come nel passato l'Ucraina odierna rappresenta l'intersecarsi di forti contraddizioni, e non solo quelle che riguardano l'Ucraina stessa.
L'Ucraina è composta da metalmeccanici e da "plancton da ufficio", da insegnanti e contadini, da proprietari di aziende di servizi e da oligarchi, con questi ultimi divisi in vari "clan". Il paese è composto da sindacati filo-occidentali, filo-russi ed "indipendenti". Ci sono organizzazioni pubbliche composte prevalentemente da partiti parlamentari cinicamente pragmatici che vedono la questione dell'integrazione con l'Unione Europea soprattutto attraverso la lente della competizione elettorale. L'Ucraina ha una maggioranza che parla ucraino ed un'importante parte della popolazione russofona. Infine l'Ucraina raffigura secoli di guerre contro la Polonia e la Lituania con la successiva incorporazione. Ci sono stati 450 anni di unificazione con la Russia e secoli di oppressione da parte dell'Impero Russo. C'è stato l'eroismo dei partigiani antifascisti ed i crimini dei sostenitori del fascismo.
Perciò le contraddizioni profonde ed essenziali della società ucraina sono determinate storicamente e condizionate da fattori sociali e di classe. Le contraddizioni sono multidimensionali: fattori storico-culturali, politico-ideologico, pragmatico-economici, geopolitici, sociali e di classe si stanno nuovamente intersecando a Maidan.
C'è un'altra cosa che non deve essere dimenticata: l'Ucraina è anche l'unità, allo stesso tempo tangibile ed universale, delle sue genti, della sua storia e della sua cultura. Questa è "l'Ucraina" con la sua integrità, la sua unicità ed un interesse generale nazionale alla pace.
Queste sono le lenti attraverso cui dovremmo analizzare la questione dell'integrazione con l'Europa. Ma prima dobbiamo spendere alcune parole sul contesto internazionale.

Sulla Russa e l'Unione Europea.
Sulla Russia: le tradizioni di amicizia tra i popoli e lo sciovinismo in crescita, gli obiettivi di liberazione sociale e l'ingordigia del capitale oligarchico...lasciatemi inziare dicendo che per me Kharkov, Kiev e Lvov, il Dnepr, i Carpazi e la Crima sono parti inscindibili della mia patria: l'Unione Sovietica. Sono cresciuto ed ho vissuto in questa zona, in cui ho amici ovunque. Ma sono cresciuto sapendo anche che la mia terra natia, l'URSS, era permeata da profondo contraddizioni che erano in grado di distruggerla, cosa che effettivamente hanno fatto. Posso dire lo stesso della Russia attuale: questo è il mio paese, la parte più importante della mia patria. La amo sinceramente, ma proprio per questo motivo non voglio chiudere gli occhi di fronte al fatto che nella Russia contemporanea prevalgono delle forze politiche ed economiche reazionarie.
Più precisamente la Russia contemporanea conserva ancora un grande potenziale storico in termini di cultura, scienza ed educazione. Numerose indagini sociologiche indicano che in questo paese la maggioranza dei cittadini sposa i valori della giustizia sociale e del potere popolare. Fino ad ora, e malgrado le grandi contraddizioni interne ed il crescente nazionalismo, il grosso della popolazione si orienta ancora verso l'amicizia e le relazioni eguali con i popoli degli altri paesi. Ciò si applica specialmente ai popoli di paesi come l'Ucraina visto che i nostri genitori hanno combattuto insieme contro il fascismo ed i nostri popoli si sono uniti per secoli nel costruire uno spazio socio-culturale unificato in cui a nessuno veniva in mente di chiedersi se delle persone come, per esempio, Nikolaj Gogol' dovessero essere considerate ukraine o russe.
Da ciò proviene la forte tendenza all'integrazione dei popoli d'Ucraina e della Russia. Lo ribadisco: non semplicemente degli ucraini e dei russi; i nostri paesi sono multinazionali e comprendere ciò è di fondamentale importanza. Da ciò deriva senza dubbio l'indole graduale e produttiva della nostra collaborazione sempre più profonda, della nostra integrazione culturale che ha permesso ai nostri paesi di sviluppare e di propagare la propria cultura in uno spazio più ampio dei propri confini e non solo verso i propri vicini. È importante notare che in Russia si vivrebbe peggio senza l'eredità culturale ucraina, tra cui il raffinato retaggio culturale europeo dell'Ucraina occidentale. La lingua ucraina, i poemi e le opere di Lesya Ukrainka, le Veglie alla fattoria presso Dikan'ka di Gogol', le ripide scogliere sul Dnepr, la vecchia Lvov ed i viali di Kharkov sono tutti elementi del nostro mondo culturale comune.

Ma la Russia attuale è anche la grande potenza sciovinista cresciuta dal barbaro capitalismo del paese e dalla sua élite ancora al potere. In questo senso tutto è molto più complesso e difficile, e anzi, peggio: per gli oligarchi russi l'Ucraina rappresenta prima di tutto un nuovo territorio in cui possono applicare le stesse politiche di sfruttamento delle risorse naturali e della manodopera a buon mercato che ci sono in Russia. Ai popoli dell'Ucraina l'affarismo "senza senzo e spietato" della Russia porterà ciò che ha già portanto nel nostro paese: un misto di duro sfruttamento capitalista ed una dittatura semi-feudale.
Bisogna dire lo stesso della nostra "classe politica" dominante. Oggi la Russia è governata da una burocrazia corrotta che si intreccia con le materie prime e gli oligarchi della finanza, oltre che con i boss del complesso militare-industriale. I diritti sociali e civili reali dei russi sono lontani dagli standard di uno stato democratico, ed i diritti dei sindacati indipendenti e dei movimenti sociali sono estremamente limitati. Un fattore importante nella vita politica russa è la grande potenza dei sentimenti nazionalisti di svariate figure appartenenti ai circoli dominanti del paese.

Per dirlo gentilmente ciò rende l'elite dominante un partner estremamente problematico per l'integrazione. L'integrazione politica ed economica in Ucraina con questa Russia non porterà a niente di più del rafforzamento degli oligarchi e delle elite politiche filo-russe. I popoli dell'Ucraina da una parte otterrebbero delle risorse naturali relativamente a basso costo, il mantenimento (e forse un'eventuale crescita) dell'industria pesante e del proletariato industriale ed i grandi mercati dei paesi aderenti all'unione doganale. Allo stesso tempo ci sarà la preservazione ed il rafforzamento delle forme di sfruttamento proto-capitaliste e semi-feudali dei lavoratori insieme alla propensione per un apparato statale paternalista-burocratico ed il pericolo di una dominazione geopolitica da parte della burocrazia russa. Tracciato il bilancio di queste due tipologie di effetti è stato chiaro che ben poco sarebbe cambiato per la maggior parte dei cittadini ucraini. Ma cosa possiamo dire dell'Unione Europea?

L'Unione Europea: conquiste e crimini. Cosa può dare all'Ucraina l'integrazione nell'UE?
Il primo punto è ovvio: le conquiste dell'Unione Europea sono reali e le conoscono tutti, se parliamo del "centro" dell'UE. Quì malgrado le difficoltà attuali rimangono molti aspetti positivi. Se parliamo dell'Europa settentrionale il cosiddetto modello "scandinavo" è realmente vantaggioso se confrontato con quello predominante in Russia e in Ucraina.
Vi è soprattutto un alto tasso di socializzazione dell'economia. Questi paesi sono caratterizzati dalla tassazione progressiva, uno stato sociale generoso, l'accesso all'educazione, alla salute e alla cultura prevalentemente gratuito, sindacati forti ed attivi. Hanno bassi livelli di differenziazione sociale (con un divario di reddito di 6-7 volte tra il 10% più ricco ed il 10% più povero della popolazione, cioè meno della metà dei nostri paesi) e degli autentici diritti per le istituzioni della società civile.
Comunque in questo barattolo di miele socialdemocratico c'è un cucchiaio di pece. Anzi, più di uno. Le impressionanti conquiste sociali di questi paesi sono state ottenute deccenni fa, dopo di che il processo...si è fermato. Contemporaneamente l'andamento socialdemocratico, come una bicicletta, non può fermarsi, deve mantenersi in movimento. Se si prova a fermarlo, se le trasformazioni vengono congelate a metà la società finirà in una situazione di stagnazione e di inerzia sociale e spirituale. Così sono le conquiste dell'UE. Il secondo punto - i crimini dell'UE - potrebbero sembrare delle improbabili insinuazioni ideologiche dei nemici dell'integrazione europea e della democrazia.
Tuttavia…..
Come nel caso dell'élite al potere in Russia nella nostra analisi dell'UE dobbiamo distinguere da una parte le conquiste dei cittadini dei paesi europei, dall'altra le politiche attuate dalle multinazionali e dai governi membri della NATO.
Per quanto riguarda le conquiste dei cittadini pensiamo soprattutto a quelle dei lavoratori, dei loro sindacati, dei partiti di sinistra e centrosinistra, dei movimenti sociali e delle organizzazioni non governativa, la cui lotta per più di un secolo per i diritti sociali e civili ha portato a dei risultati innegabili. Quando la domanda è posta in questo modo diventa subito chiaro che i governi della NATO, come "attori" dell'Unione europea, sono responsabili della morte di migliaia di pacifici cittadini della ex Jugoslavia. E non è tutto: sono anche responsabili per la crisi finanziaria che dal 2008 colpisce praticamente tutti i popoli del mondo, per la disoccupazione di massa nei paesi dell'Europa meridionale, etc etc.

Il fatto più importante è che l'integrazione dell'Ucraina nell'Unione Europena non significa che in un prossimo futuro i cittadini ucraini vivranno come i cittadini della Germania o dell'Austria. Come il resto del mondo l'Unione Europea è divisa in regioni ricche e povere. Da un lato ci sono le "patrie" delle multinazionali europee, i paesi che concentrano nelle loro mani considerevoli masse di capitale e la maggior parte delle tecnologie innovative, insieme a simulacri estremamente preziosi che vanno dai marchi ad ogni sorta di immondizia mediatica e della cultura di massa.
Dall'altro lato ci sono i paesi dove è concentrata la forza lavoro a buon mercato (per gli standard europei) assieme alle lavorazioni delle materie prime, ai processi inquinanti, alle fabbriche con le catene di montaggio e alle popolazioni disposte a lavorare per 12-14 ori al giorno senza giorni liberi per prendere parte allo "stile di vita europeo". La differenziazione sociale nell'UE, se confrontiamo il 10% più ricco con quello più povero tenendo conto di tutti i paesi della comunità, risulta essere approsimativamente lo stesso della Russia e dell'Ucraina...
In questo contesto è importante riconoscere che se l'Ucraina seguisse la strada dell'integrazione nell'Unione ricadrebbe tra i membri della periferia povera. Nessuno lo mette in discussione. È solo che in Ucraina i circoli filo-europei se ne "dimenticano". O più precisamente si rifiutano di parlarne.

In queste circostanze cosa succederebbe ai nostri fratelli e alle nostre sorelle ucraine? Il risultato sarebbe contraddittorio come se avessero scelto di andare verso la Russia.
Dovrebbero attendersi un sicuro spostamento formale in direzione del parlamentarismo e dei diritti delle varie minoranze (sebbene non vi sarà quasi nulla per i diritti sindacali e della sinistra). L'elite potrebbe aspettarsi un dialogo più facile con l'Occidente e l'inclusione nella classe dirigente dell'UE, in aggiunta a nuove opportunità di espansione delle attività della piccola e media borghesia per quanto riguarda il commercio, il turismo etcetera. Inoltre - e ciò è di fondamentale importanza - ci sarà la vittoria delle fazioni oligarchiche filo-occidentali nella corsa per le risorse ed i mercati statali.
Contemporaneamente ciò potrebbe rafforzare la già significativa migrazione degli ucraini in UE, principalmente come una forma di "delocalizzazione" della manodopera sottopagata. Inoltre nel quadro bisogna aggiungere la probabile rafforzamento del processo di deindustrializzazione ed una crescita del nazionalismo ucraino, assieme a dei problemi socio-culturali significativi per la popolazione russofona.

Quindi cosa dovrebbe fare l'Ucraina?
Cosa è meglio per l'Ucraina? Diventare un'altra area periferica dell'UE, integrarsi con la russia od essere un paese indipendente del Terzo Mondo?
Formulerò il mio punto di vista su tre direttrici: in primo luogo la questione deve essere decisa dagli stessi cittadini ucraini. Che gli emissari dell'UE o degli USA vengano qui a fare pressione è inaccettabile come quando lo fanno i russi. In secondo luogo differenti strati della società ucraina propendono per delle soluzioni diverse. Naturalmente non sostengo di essere in gradi di pronunciare una solenne verità, ma in quanto accademico e cittadino sono riluttante a svolgere il ruolo dell'osservatore neutrale. Dal mio punto di vista la situazione può essere presentata (in una forma estremamente sintetica) come segue.
Per la maggior parte dei contadini e del proletariato industriale dell'Ucraina orientale la cooperazione con la Russia (ribadisco: in linea di principio, non stiamo parlando di incorporare il paese nella Russia) potrebbe portare maggiore stabilità e non creerebbe nuovi problemi culturali e linguistici. Questo è il caso, malgrado i ben noti vizi dell'affarismo e della burocrazia russi. Potrebbe essere lo stesso per chi esercita il lavoro intellettuale di massa, come gli insegnanti, i dipendenti dell'ambito sanitario ed altri lavoratori altamente qualificati nelle istituzioni statali. Tutte queste persone potrebbero ricevere una relativa stabilità in cambio della tutela paternalistica da parte della burocrazia ucraina e di ulteriori restrizioni dei propri diritti sociali e civili. Un riavvicinamento alla Russia potrebbe giovare alla corrispondente cerchia di grandi affaristi ed i gruppi politici e burocratici ad essi collegati. Tutti questi elementi sono estremamente ambivalenti ma ce n'è uno che avverrà in seguito al riavvicinamento tra i nostri paesi: un risveglio e l'intensificazione del dialogo socio-culturale. Questo è un parametro di importanza fondamentale ed è positivo.
Orientarsi verso l'Unione Europea nel breve periodo sarebbe vantaggioso per la maggior parte dei "liberi professionisti", per la piccola e media borghesia del settore commerciale, per quegli oligarchi le cui attività sono collegate a quelle delle multinazionali occidentali ed anche per le forze politiche filo-occidentali.
Procedendo su questa via è estremamente probabile che questi gruppi si trovino subordinati alle società dell'UE "centrale", come è già avvenuto con i paesi dell'Europa centrale ed orientale. Paradossalmente potrebbero esserci delle conquiste temporanee per i sindacati indipendenti e le varie organizzazioni non governative (soprattutto quelle che trattano temi diversi dai problemi socio-economici, come gli attivisti per i diritti di lesbiche, gay, bisessuali e transessuali). Questi gruppi potrebbero trovarsi liberi da alcune restrizioni imposte dalla burocrazia attuale.

Comunque questi avanzamenti democratici potrebbero essere poco importanti o poco duraturi: nei paesi della periferia UE le norme sui diritti civili e sociali vengono violate con una facilità impressionante e la burocrazia di Bruxelles mostra una stupefacente cecità nel "non riuscire a notare" queste violazioni, a meno che non colpiscano gli interessi delle multinazionali europee o dei vicini di Bruxelles nei quartier generali della NATO.

Ora, per l'elemento chiave in questo punto. A differenza dei fatti del 2004 (in cui l'autore era presente di persona), nelle azioni di Maidan 2013 i nazionalisti ed i fascisti sono quasi riusciti a costituire la forza più grande e meglio organizzata in termini concreti ed attivi. Bisogna dirlo esplicitamente: in Ucraina, come nei paesi baltici, la forza crescente delle organizzazioni nazionaliste di destra e filo-fasciste è data direttamente dal fallimento non solo delle autorità di questi paesi ma anche - e ci tengo a sottolinearlo - dalle strutture dirigenti dell'Unione Europea. I democratici liberali dell'Europa in passato hanno già provato a raggiungere i propri scopi giocando la carta del fascismo e con risultati mostruosi (per citare solo un esempio possiamo ricordare l'accordo di Monaco del '38). L'attuale uso di nazionalisti e fascisti come una delle forze chiave nelle proteste di Maidan è in sostanza proprio un crimine (anche se per il momento su scala incomparabilmente minore), commesso dagli "oppositori" ucraini e dall'Unione europea.

In terzo luogo, anche una breve analisi della situazione in Ucraina, effettuata da una prospettiva marxista, ci dice chiaramente: tutti noi, specialmente in Ucraina, abbiamo bisogno di fuggire dal circolo vizioso di scegliere il presunto male minore di due alternative ugualmente inutili. Possiamo e dobbiamo trovare una risposta perpendicolare. Bisogna prima di tutto risolvere i problemi socio-economici, politici e culturali, non a livello di geopolitica pragmatica (del tipo dire ora "a chi dovremmo venderci?"), ma di riforme economiche e politiche autenticamente radicali all'interno (come minimo) Ucraina stessa. Anche qui possiamo e dobbiamo fare un uso critico dell'esperienza di lotta della sinistra democratica europea, e della nostra esperienza condivisa - altamente contraddittoria, ma di fondamentale importanza - delle trasformazioni avvenute all'interno dell'Unione Sovietica.
Nè si deve dimenticare l'elemento cruciale: una politica di sinistra di classe non può e non deve ignorare la presenza pure di un interesse generale popolare ucraino, come una concreta unità universale dei gruppi etnici, della storia, della cultura e della geografia del paese (e quindi contraddittoria). Questo interesse è segnato da contraddizioni che attraversano molteplici contraddizioni che attraversano molteplici dimensioni. Tuttavia esiste. Solo i popoli dell'Ucraina, e non i "politicanti" russi ed europei, possono e devono stabilire una strategia per lo sviluppo del paese condizionata da questo interesse generale.
Di conseguenza non posso e non cercherò di delineare questa strategia per i cittadini dell'Ucraina. Ma come studioso marxista e come individuo cresciuto in mezzo al dialogo trai i nostri popoli e le nostre culture (e non solo di quelle), non posso e non voglio restare ai margini come un osservatore disinteressato. Vorrei quindi ricordare a tutti gli interessati che il più alto criterio di progresso per qualsiasi popolo, un criterio che esiste nonostante l'obiettivo post-modernista di "decostruire le grandi narrazioni", è stato e rimane il libero e completo sviluppo dell'individuo. Ciò significa non solo crescita economica ma anche l'avanzamento delle qualit e delle capacità umane, e la soluzione dei problemi sociali, ambientali ed umanitari.

Come ho già detto in passato una tale alternativa per i popoli della Russia, dell'Ucraina e di qualsiasi altro paese non significa trasformarsi nella periferia di qualsiasi "impero della fede", che sia dell'Unione Europea o dell'America del Nord. Nè significa un'unione di oligarchi e burocrati di paesi semi-periferici. In senso ampio trovare una tale soluzione significa rifiutare una scelta tra "i mali minori" e piuttosto cercare una risposta "perpendicolare". Questa risposta può solo consistere nel proseguire sulla strada della democrazia e del socialismo. Solo questa strada può portare sia l'integrazione in una cooperazione globale (una cooperazione tra popoli e culture) che il progresso della cultura nazionale, visto che una cultura genuina è sempre sia globale che nazionale.
Questa non è una raccomandazione astratta. Impostare su questo corso è già possibile, anche per i paesi che non sono tra i più grandi e sviluppati del mondo. Esempi attuali di questi paesi comprendono tutta una serie di stati latinoamericani i cui popoli hanno rifiutato la tutela degli Stati Uniti e hanno iniziato ad attuare un modello di sviluppo democratico e socialmente orientato. Questi paesi hanno fatto come priorità non il perseguire gli intrighi geopolitici, ma la scelta di una strategia socio-economica e politico-ideologica che presenta un'alternativa all'egemonia globale del capitale.

* Alexander Buzgalin è un professore all'Università Statale di Mosca e coordinatore del Movimento Sociale "Alternative". È stato membro del comitato organizzatore del 2° Social Forum russo.

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