Francia: bisogna che tutto ciò esploda veramente, nelle strade, nei quartieri, nei posti di lavoro

Mon, 09/12/2019 - 23:35
di
Philippe Poutou*

In una nuova giornata di sciopero e mobilitazione in Francia, pubblichiamo una riflessione di Philippe Poutou, operaio della Ford, militante sindacale ed esponente del Nouveau Parti Anticapitaliste, rispetto alle dinamiche di sviluppo, di forza e di difficoltà, di questa fase della mobilitazione sociale nel paese.

L’intersindacale nazionale convoca una nuova giornata di mobilitazione (sciopero e manifestazione) per questo martedì 10 dicembre, incoraggiata e sostenuta dalle manifestazioni e lo sciopero del 5 dicembre scorso.
Meno male che c’è dunque un seguito, un altro punto d’appoggio per costruire un movimento sociale all’altezza della posta in gioco. Perché per mettere in ginocchio il governo sulla riforma delle pensioni e per imporre delle risposte concrete alle urgenze sociali, il conflitto è inevitabile.

Le confederazioni sindacali tergiversano tra discorsi radicali (determinazione nel ritiro della riforma) e il bricolage di una mobilitazione frammentaria, senza cercare in realtà, concretamente, di coordinare i settori in lotta, favorire le Assemblee Generali nelle città, senza aiutare l’organizzazione di azioni diverse nelle diverse manifestazioni.
Le enormi manifestazioni di giovedì 5 dicembre mostrano che la collera è presente, che si esprime. La fiducia tra militanti, scioperanti e manifestanti torna poco a poco, insieme alla speranza di poter cambiare le cose e quella prospettiva folle che un giorno potremmo non perdere la battaglia. Ma allo stesso tempo c’è lo stress, l’inquietudine di non riuscire, di mancare l’obiettivo di una lotta che riguarda milioni di persone, che ha coinvolto coloro che l’hanno sostenuta (si vedano i sondaggi che danno il sostegno al movimento al 69%) fino a divenirne attori, a prendere parte alle manifestazioni, agli scioperi, alle azioni di blocco economico…
È una sfida a braccio di ferro quella che bisogna affrontare, ma in questo momento non abbiamo particolare margine per poter riuscire. La data del 5 dicembre è stata tardiva e a qualche giorno di distanza dalle vacanze e le feste dobbiamo dirci che tutto potrebbe complicarsi per noi.

Ad oggi rimane tutto possibile. Abbiamo ragione a dubitare delle nostre forze, tanti sono i colpi che ci hanno inferto, tante le sconfitte che abbiamo vissuto, tanto i gruppi sindacali che quelli militanti si sono ridotti. Ma abbiamo altrettante ragioni di sperare, perché la sofferenza, la stanchezza e il bisogno di dignità sono più che presenti.

Lo sappiamo, bisogna che questi fattori esplodano veramente, nella strada, nei quartieri, nei posti di lavoro. Bisogna far tremare il governo e i padroni, è l’unico modo per invertire i rapporti di forza. Il governo arretra a parole, cerca di calmare la situazione, assume una postura più modesta, parla di negoziazione, di compromessi. Ma non esistono compromessi possibili, né un’eventuale negoziazione.

Bisogna invertire la rotta, mettere sul piatto una politica sociale che ridistribuisce le ricchezze tra la popolazione, per riprenderci tutto quello che ci è stato rubato da troppo tempo, per i servizi pubblici, per le pensioni, per la previdenza sociale, per il diritto alla casa, al lavoro dignitoso… per le nostre vite, il nostro futuro.
E ciò non può darsi se non grazie ad un movimento profondo, come nel ’95 almeno, come nel ’68 o nel ’36. E persino di più, una rivolta che rimette in discussione il potere, la proprietà dei padroni

*Fonte articolo: https://npa2009.org/actualite/social-autres/il-faut-que-ca-explose-vraim...
Traduzione a cura di Federica Maiucci.