Nasce il prestito previdenziale, così la pensione diventa un debito

Thu, 16/06/2016 - 10:02
di
Salvatore Cannavò (da Il Fatto quotidiano)

Un prestito con un piano di ammortamento di venti anni, una copertura assicurativa e una detrazione fiscale sulla parte del capitale anticipato per alcuni soggetti più deboli e meritevoli di tutela. Sono gli assi della proposta che il governo ha fatto ai sindacati per poter consentire di andare in pensione in anticipo rispetto alle norme draconiane introdotte dalla riforma Fornero.

Secondo quanto emerso dalla riunione di ieri, il prestito pensionistico per chi lascia il lavoro prima dell’età di vecchiaia dovrà essere restituito con rate fino a 20 anni con gli interessi. Il consigliere di Palazzo Chigi, Tommaso Nannicini, ha spiegato che si tratta di una “rata di ammortamento”, come nel caso di un mutuo per l’acquisto di una casa. L’ipotesi del governo prevede che una banca anticipi l’importo finanziario della pensione netta per gli anni che mancano alla pensione di vecchiaia: una somma che poi verrebbe restituita nel tempo. Una sorta di trattenuta per pagare la rata di ammortamento del prestito di 20 anni con la copertura assicurativa e una detrazione fiscale sulla parte del capitale anticipato “per alcuni soggetti più deboli e meritevoli di tutela”. L’anticipo pensionistico sarà gestito dall’Inps a cui – nell’ipotesi di Palazzo Chigi – spetterà l’onere di creare il rapporto con gli enti finanziari che erogheranno l’anticipo netto della pensione ai lavoratori che certificheranno la richiesta di pensionamento anticipato.

La proposta ora è al vaglio dei sindacati ma colpiscono subito due cose. La prima è che, un po’ alla volta, la previdenza pubblica, cioè un salario differito dei lavoratori, entra a far parte della finanza. Diventa debito e come tale genererà interessi e appetiti finanziari, ma soprattutto altererà il rapporto tra i lavoratori in pensione e il proprio salario, sia pure differito. Non più una quota certa e scandita nel corso dell’età pensionistica ma una “rata di ammortamento”, come un prestito qualsiasi.

Questa modifica contribuisce a far perdere la nozione di “salario differito”. La spesa pensionistica, infatti, è ormai assegnata di istinto alla voce “spesa pubblica” oppure “cuneo fiscale e previdenziale” e non viene, invece, computata per quello che è: una parte di salario che non va nelle tasche dei lavoratori ma viene accantonato per la vecchiaia. Così facendo, per quanto la possibilità di anticipare l’uscita dal lavoro sia positiva, si crea un nuovo meccanismo pervasivo. In cui la pensione, più che un diritto, diventa un privilegio. O, peggio, un debito.