Le colonie italiane del Corno d’Africa e le mancate riparazioni

Tue, 21/05/2019 - 20:08
di
Chiara Filoni e Giulia Heredia*

Il Regno d’Italia ha sviluppato il suo impero coloniale dalla fine del XIX secolo fino alla metà del XX secolo. L’apogeo di questo impero si dispiega all’inizio della seconda guerra mondiale sotto Mussolini, quando l’Italia aveva acquisito diversi territori nel Mediterraneo (le isole del Dodecaneso, un’enclave francese), nei Balcani (Dalmazia, Montenegro, Albania, Grecia), in Asia (concessioni cinesi di Tientsi, Shanghai e Amoy) e in Africa.

Gran parte della storia coloniale italiana è legata all’occupazione di alcuni territori africani tra il 1913 e il 1943: La Libia, oggetto di un altro articolo, l’Eritrea, l’Etiopia e la Somalia. Questi ultimi tre paesi fanno parte del Corno d’Africa, la penisola dell’Africa orientale che si estende dalla costa meridionale del Mar Rosso alla costa occidentale del Mar Arabico, la cui forma, su una mappa, evoca l’immagine di un corno di rinoceronte.

Nell’immaginario comune, il colonialismo italiano assume un volto meno disumano rispetto ad altri colonialismi (francese, inglese, portoghese, portoghese, belga….) della stessa epoca. Il mito degli italiani brava gente è ancora presente nella percezione comune, ma ciò è dovuto al fatto che, fino agli anni settanta, la classe dirigente italiana ha rifiutato qualsivoglia dibattito sui crimini di guerra e le atrocità commesse durante questo periodo [1]. Come se l’improvvisazione di certe avventure, i ritardi e la mancanza di strategie potessero essere considerati una circostanza attenuante per gli orrori del colonialismo. “Non c’è nulla di più falso in questa affermazione” – dice Angelo del Boca – se pensiamo all’uso di armi chimiche in Etiopia tra il 1935 e il 1940 e alla costruzione di campi di concentramento in Libia e in Etiopia. E’ solo alla fine degli anni settanta che gli storici iniziano a produrre studi sulla storia coloniale italiana [2]. Tuttavia, molto resta ancora da fare per rendere giustizia alle popolazioni occupate e per far emergere la verità su questo periodo buio della nostra storia.

Un po’ di storia

La colonizzazione italiana ebbe inizio nel lontano 1869 con lo sbarco delle truppe italiane nella città portuale di Assab in Eritrea che formarono il primo nucleo italiano nella regione. Gli italiani approfittarono del ritiro degli inglesi nel Corno d’Africa (questi ultimi a loro volta sostenevano le operazioni italiane contro le ambizioni espansionistiche francesi in Africa e l’insurrezione dei combattenti sudanesi per l’indipendenza). Assab divenne ufficialmente italiana nel 1882. Nel 1885 gli italiani occuparono la città di Massaua (sulla costa settentrionale dell’Eritrea) e il litorale tra Assab e Massaua e diedero vita alla prima colonia italiana. Ciò provocò la reazione militare del Negus Menlik II. L’Italia e l’Etiopia misero fine agli scontri con il Trattato di Uccialli nel 1889, che concesse Somalia ed Eritrea ai Savoia. Questo trattato sarà utilizzato dall’Italia come base per la sua strategia imperialista in Etiopia.

Le controversie sull’interpretazione del trattato (secondo l’interpretazione italiana, l’Etiopia era sotto il protettorato italiano e quest’ultimo era responsabile della politica estera dell’Etiopia) portarono alla battaglia di Adoua (1896), un vero e proprio fallimento per l’Italia. Il Trattato di Addis Abeba costrinse l’Italia a riconoscere la sovranità dell’Etiopia, almeno per alcuni anni.

La colonizzazione della Somalia ebbe dei contorni diversi rispetto all’esperienza eritrea. L’Italia decise di affidare il dominio diretto del paese a una società privata, la Filonardi: altri paesi, come l’Inghilterra, avevano già adottato lo stesso metodo. Le ragioni di questa scelta furono legate al fallimento della battaglia di Adoua: l’Italia fece ricorso a questo tipo di società perché meno compromettente a livello internazionale e più rassicurante per l’opinione pubblica contraria alle missioni coloniali [3]. Solo nel 1905 la colonia passò sotto il controllo dello Stato poiché la nuova società a cui era stata concessa la Somalia, la Società anonima commerciale italiana del Benadir era stata accusata di aver causato perdite economiche. Nel 1905, dopo aver retrocesso la società Benadir a impresa di diritto privato, il governo italiano creò un Commissariato della Somalia italiana settentrionale per amministrare la regione costiera, che divenne ufficialmente la seconda colonia italiana[4].

La sconfitta di Adoua non aveva incoraggiato l’Italia ad abbandonare la sua politica coloniale: al contrario, nel 1906, l’Italia concluse un accordo segreto con Francia e Gran Bretagna per spartirsi le rispettive zone d’influenza in caso di crollo improvviso dell’impero etiope dopo la morte del Menelik Negus [5]. Sino ad arrivare alla prima guerra mondiale e alla nascita del fascismo, motori senza precedenti dell’imperialismo italiano.

Il 3 ottobre 1935, il Regno d’Italia attaccò l’Etiopia senza nemmeno dichiarare guerra. L’aggressione venne condannata dalla Società delle Nazioni, che impose sanzioni economiche all’Italia fascista. Dalle loro basi in Somalia ed Eritrea, gli italiani riuscirono a superare la resistenza etiope utilizzando armi chimiche come l’iprite e nel 1936 respinsero gli etiopi fino ad Addis Abeba.

Nello stesso anno, tutte le colonie italiane nel Corno d’Africa vennero unificate sotto il nome di “Africa orientale italiana (AOI)“.

L’impero italiano fondato nel 1936 durò 5 anni. Nell’agosto 1940, dopo l’entrata dell’Italia nella guerra, il regime fascista guidò l’invasione di Gibuti e della Somalia britannica. L’esercito britannico sconfisse gli italiani nel 1941 nella battaglia di Keren e occupò tutta l’Eritrea italiana, che passerà sotto amministrazione militare nel 1947. Nel 1941 l’esercito inglese prese il pieno controllo del Corno d’Africa e promosse la restaurazione del vecchio impero etiope.

Dopo la seconda guerra mondiale, l’Etiopia fu il primo paese africano a ottenere l’indipendenza prendendo allo stesso tempo il controllo dell’Eritrea, la prima colonia italiana, grazie alla risoluzione 390 del 2 dicembre 1950, che fece dell’Eritrea “un’unità autonoma, federata con l’Etiopia sotto la sovranità della corona etiope”. Nel 1962, l’imperatore Haile Selassie, incoraggiato dall’indifferenza della comunità internazionale e con il sostegno degli Stati Uniti, abolì la federazione, dichiarando l’Eritrea una provincia del suo impero e vietando i partiti politici eritrei e la stampa indipendente. Qualche anno dopo, l’arabo e il tigrinia, le lingue più usate in territorio eritreo, furono sostituite dall’amarico e la bandiera eritrea fu bandita [6]. Da allora, i conflitti tra i due paesi non cessano di prodursi.

La Somalia, invece, rimase sotto il protettorato italiano fino al 1960. Questo processo prese il nome di sistema fiduciario 52 (in inglese trusteeship system 52): gli italiani avevano il compito di “accompagnare” i somali verso l’indipendenza, formando una classe politica, una burocrazia statale degna di questo nome, un esercito adeguato, occupandosi della ripresa economica, costruendo infrastrutture per ogni tipo di necessità, dai trasporti all’istruzione passando per la sanità. Non è chiaro perché la popolazione somala necessitasse dell’ingerenza italiana per costruire tutto questo! La Somalia rimase sotto il dominio italiano dal 1950 al luglio 1960, quando l’ex Somalia italiana e la Somalia britannica divennero la nuova Repubblica Somala [7].

La Somalia rimane oggi uno dei paesi più poveri al mondo.

Quali riparazioni?

Con il trattato di Parigi del 1947, che mise fine alla seconda guerra mondiale, l’Italia non solo dovette ritirarsi da tutte le sue colonie, ma si impegnò anche a pagarne il prezzo in termini di risarcimento e restituzione delle opere d’arte e degli archivi rubati.

La spietata aggressività del colonialismo italiano si riflette nell’indifferenza per i danni causati alla popolazione indigena e nel mancato rispetto degli impegni assunti in questo trattato. La mancanza di responsabilità per ciò che fu compiuto, la mistificazione di ciò che accadde, l’interferenza nella politica delle ex colonie e lo sfruttamento di questi territori sono elementi che raccontano di come la storia del colonialismo è ben lungi dall’essere appresa.

Etiopia

L’articolo 74 del trattato di Parigi prevedeva un importo di 25 milioni di dollari come risarcimento per l’Etiopia da effettuare entro sette anni dall’entrata in vigore del trattato.

L’Etiopia dichiarò irrisorio questo importo e avanzò una proposta di 326 miliardi di lire. Nel 1956 (cioè dopo 11 anni di trattative), fu raggiunto un accordo per un importo di 10,5 miliardi di lire che avrebbe preso in considerazione i “significativi investimenti italiani in Etiopia”. Una somma equivalente a meno di trenta volte l’importo richiesto. L’articolo 78 dello stesso trattato stabiliva che “il governo italiano accorderà ai cittadini delle Nazioni Unite […..] (nel 1945, di tutti i paesi presi in considerazione, solo l’Etiopia ne faceva parte, nda) un’indennità in lire [..] per compensare la perdita o i danni risultanti dalle misure speciali prese durante la guerra contro i loro beni”. Ci si chiede come la somma negoziata alla fine avrebbe potuto compensare tutti i cittadini etiopi che hanno subito questi danni. Inoltre, in nessuna parte del trattato si fa riferimento al risarcimento delle famiglie delle vittime di guerra.

L’articolo 37 del trattato prevedeva pure che lo Stato italiano fosse tenuto a restituire tutte le opere d’arte e gli oggetti religiosi entro il termine prescritto di un anno e mezzo. L’articolo 75 precisava inoltre che le richieste di restituzione dei beni dovevano essere presentate dai governi dei paesi colonizzati (e questo entro 6 mesi dall’entrata in vigore del trattato).

Nel caso dell’Etiopia, questi oggetti sono stati restituiti solo parzialmente nel caso dei beni confiscati dallo Stato italiano. Non è stato restituito nemmeno un oggetto rubato dai generali italiani (tra cui Badoglio, Graziani e Teruzzi) o dai governatori. Tra le proprietà non restituite dallo Stato italiano, vi sono ancora la Biblioteca Negus e il piano di una delle figlie di Haile Selassie [8]. L’obelisco Axum è stato restituito solo recentemente.

La storia di questo obelisco, monumento storico eretto cirva 1600 anni fa e rubato nel 1937, è unica. L’Etiopia ne chiese immediatamente la restituzione, che fu accettata con la firma del Trattato di Pace con gli Alleati nel 1947. Nonostante le molte richieste avanzate non solo dai vari governi etiopi, ma anche da intellettuali e studenti dell’Università di Addis Abeba, per molti anni il nostro paese non diede seguito agli impegni presi.

L’obelisco Axum è stato restituito solo nel 2005 dopo quasi 60 anni di attesa (e ripetute richieste) e 68 anni dopo il suo furto [9].

Eritrea

Per quanto riguarda l’Eritrea, l’Italia ha applicato una politica di indifferenza, anche se avrebbe dovuto assicurare il successo della federazione eritreo-etiope sulla base della risoluzione 390/A/5 sopra descritta. L’occupazione dell’Eritrea da parte di Haile Selassie aveva scatenato una guerra trentennale nell’indifferenza dell’Italia, delle Nazioni Unite e di altri governi, che non hanno mai esercitato pressioni sul governo di Addis Abeba per frenare le violenze. Contro ogni previsione, l’Eritrea è uscita dalla guerra vincente ma ferita con un bilancio di 80.000 morti-e, 50.000 orfani-e e 500.000 rifugiati-e [10].

Somalia

Come accennato in precedenza, nel 1950 il paese fu affidato all’Italia per un periodo di 10 anni, per “accompagnarlo nel cammino di democratizzazione”. Gli italiani poterono valutare il fallimento della loro politica quando, nel 1960, i militari (addestrati dagli italiani) rovesciarono le istituzioni per stabilire la dittatura di Siad Barre.

La colonizzazione italiana in Somalia è stata caratterizzata da una mancanza di investimenti (i pochi che erano stati fatti avevano avvantaggiato solo le aziende italiane). Nel 1950, la Somalia aveva un tasso di analfabetismo del 99,4% e mancavano infrastrutture e ospedali (c’era un medico ogni 60.000 abitanti e circa l’1,6% della popolazione viveva in case in muratura).

Migliaia di miliardi di dollari in aiuti pubblici sono stati erogati senza alcun beneficio per la popolazione. Sono stati costruiti progetti inutili e dannosi per rafforzare il regime oppressivo di Siad Barre. Quando quest’ultimo ha abbandonato la Somalia, il paese è caduto nel caos e in una guerra civile senza precedenti. Il mondo si è accorto di questa tragedia solo quando le morti per fame hanno superato le 300.000 unità. Fu in questo momento che l’Italia intervenne a capo di una “operazione umanitaria” dell’ONU che si sarebbe rivelata un fallimento. Inoltre, si è presto scoperto che 5 miliardi di lire (2,5 milioni di euro) versati dall’ONU al paese erano stati utilizzati per finanziare i signori della guerra.

Nel 1997, una commissione parlamentare d’inchiesta in Italia ha fornito prove del traffico di armi, dello scarico di rifiuti tossici e della tortura perpetrata dall’esercito italiano durante la missione umanitaria [11].

I criminali di guerra non sono mai stati posti di fronte alle proprie responsabilità

L’Italia non ha mai fatto i conti con il suo passato coloniale: mai sono stati avviati procedimenti contro i colpevoli di crimini contro le popolazioni dell’Africa, dei Balcani o della Grecia.

Mai sono stati avviati procedimenti contro i colpevoli di crimini contro le popolazioni dell’Africa, dei Balcani o della Grecia.

Il trattato di Parigi, all’articolo 45, statuiva che l’Italia era responsabile dell’arresto di tutte le persone accusate di aver commesso o ordinato crimini di guerra perché queste subissero un giusto processo. Successivamente, l’Italia è riuscita a ottenere l’annullamento di questo articolo, pur impegnandosi a occuparsi personalmente del processo ai criminali nazionali identificati dalla Divisione Crimini di Guerra delle Nazioni Unite istituita nel 1943 (e comprendente molti generali italiani come Badoglio, Graziani, Roatta, Ambrosi….) [12].

Risultato dell’opera: il lavoro della Commissione d’inchiesta italiana (1947-48) venne chiuso senza dar seguito a ulteriori azioni (cioè senza processi), nonostante le centinaia di nomi presenti sulla lista dei criminali di guerra. E questo grazie alla diplomazia del governo inglese e americano.

Nessuna delle richieste avanzate dalla Jugoslavia e dall’Etiopia nel corso degli anni per l’estradizione di questi criminali è mai stata accolta.

Il generale Graziani, i cui metodi gli valsero il soprannome di “Macellaio di Fezzan” (dal nome di una regione della Libia) trascorse solo pochi mesi in prigione (nonostante una condanna a 19 anni di carcere) per aver collaborato con i nazisti nella RSI dopo l’8 settembre 1943. Non è mai stato processato per crimini commessi contro le popolazioni del Corno d’Africa e della Libia. Le imprese del generale Badoglio (a capo della guerra contro l’Etiopia) sono state l’oggetto di una sessione di lavori della Commissione ONU per i crimini di guerra (che ha esaminato solo 10 casi) grazie alla spinta del governo etiope. Badoglio, accusato di aver usato gas tossici e bombardato la Croce Rossa durante la campagna etiope (ed etichettato come criminale di “grado A”) è stato rilasciato senza esitazione grazie (ancora una volta) al sostegno del governo inglese [13]. Morì nel suo letto nel 1956 e ricevette un funerale di stato.

Non solo questi personaggi non sono stati considerati responsabili per i loro crimini e non hanno mai dovuto affrontare un processo. Sono pure stati riciclati nell’apparato amministrativo della Prima Repubblica (1948-1994), nelle prefetture di polizia o nella dirigenza di partiti di destra o neofascisti (come nel caso di Graziani, presidente onorario dell’MSI dal 1953) [14].

Conclusioni

Il trattato di Parigi prevedeva risarcimenti pecuniari solo per Albania, Etiopia, Grecia e Jugoslavia. Mai però si fa menzione delle terribili conseguenze dell’invasione italiana in Eritrea e Somalia, negando loro il diritto al risarcimento dei danni causati dalla colonizzazione.

Vi è inoltre una discriminazione nei confronti di questi paesi – in quanto non membri delle Nazioni Unite – per quanto riguarda il risarcimento dei danni ai beni di proprietà di queste popolazioni.

Come già accennato, solo l’Etiopia ha avuto diritto al risarcimento, anche se in misura molto inferiore a quella calcolata dal suo Stato.

Per tutti questi motivi, consideriamo che lo Stato italiano non si sia mai assunto le dovute responsabilità per i crimini commessi durante il periodo coloniale. Al contrario, ha sapientemente saputo cancellare per decenni questa “parentesi” buia della sua storia. Il risultato è che pochi-e allievi-e delle scuole italiane apprendono la storia coloniale italiana nel proprio curriculum scolastico. Quale futuro per un popolo che non conosce la sua storia? Come si può combattere l’avanzata dell’estrema destra oggi se non si affronta il proprio passato?

Articolo apparso per la prima volta su:
http://www.cadtm.org/Les-colonies-italiennes-dans-la-Corne-de-l-Afrique-...

Note:

1. Alla fine degli anni Settanta, il Ministero degli Affari Esteri italiano ha pubblicato un libro (in 50 volumi) dal titolo “L’Italia in Africa”, un’operazione di mistificazione del colonialismo italiano, in cui si evidenziano i meriti della colonizzazione italiana e la sua diversità rispetto ad altri colonialismi e si cancella la realtà dei campi di concentramento e l’uso di armi chimiche.

2. Pandolfo M., La Somalia coloniale : una storia ai margini della memoria italiana, febbraio 2013, disponibile all’indirizzo: http://www.studistorici.com/wp-content/uploads/2013/08/12_PANDOLFO.pdf

3. Del Boca A., “Il colonialismo italiano tra miti, rimozioni, negazioni, negazioni e inadempienze. In “Italia contemporanea”, settembre 1998, n°212, disponibile su http://www.italia-resistenza.it/wp-content/uploads/ic/RAV0053532_1998_21....

4. Ibidem 2

5. Podesta G., L’émigration italienne en Afrique orientale, in Annales de démographie historique, 2007/1 (n°113), disponibile su: https://www.cairn.info/revue-annales-de-demographie-historique-2007-1-pa...

6. Osservatorio Internazionale, Il caso dell’Eritrea all’attenzione delle Nazioni Unite, in Pace, diritti dell’uomo, diritti dei popoli, anno III, numero 1, 1989, disponibile su: http://unipd-centrodirittiumani.it/public/docs/89_01_079.pdf

7. Ibidem 2

8. Ibidem 3

9. Alberizzi M., Torna a casa l’obelisco di Axum Un’operazione da sei milioni di euro, 4 settembre 2008, disponibile su: https://www.corriere.it/esteri/08_settembre_04/axum_etiopia_rinnovata_am...

10. Ibidem 3

11. Ibidem 3

12. Crimini di guerra, La mancata estradizione e l’impunità dei presunti criminali di guerra italiani accusati per stragi in Africa e in Europa, disponibile all’indirizzo http://www.criminidiguerra.it/EstradizBBC.shtml

13. Ibidem 12

14. A questo proposito, raccomandiamo la visione del documentario della BBC “Fascist legacy”, disponibile all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=2IlB7IP4hys

Fonte: http://italia.cadtm.org/le-colonie-italiane-del-corno-dafrica-e-le-manca...