Istat, da oggi più vicini alla stabilizzazione

Fri, 28/11/2014 - 17:17
di
Precari Istat

Nella tarda serata di ieri 27 Novembre, di fronte ad un’assemblea permanente in presidio dalla mattina, è finalmente arrivata la firma dell’Amministrazione sull’Accordo sindacale che proroga i contratti a tempo determinato al 31/12/2017, con la possibilità di ulteriori proroghe al 2020.
Pur non essendo esplicitata nell’accordo la parola “stabilizzazione”, il suo impianto afferma nella sostanza l’indispensabilità del lavoro ordinario svolto dai precari all’interno dell’Istituto.
Gli scenari di queste ultime settimane hanno visto capovolgimenti continui, alternando facili promesse di stabilizzazione, a realistiche minacce di licenziamento entro un anno, prima di arrivare alla concretizzazione dell’Accordo.
In questi passaggi ciò che ha contato non è mai stata la fattibilità tecnica di questa o quella soluzione, ma la nostra determinazione nell’imporla e nel vigilare che venisse applicata: con il dialogo, quando c’è stato bisogno del dialogo, e con il conflitto, quando c’è stato bisogno del conflitto. L’aver bloccato il fulcro sensibile della produzione, evidentemente, ha spostato gli equilibri portando al risultato finale.
Sono molti i “nemici” a cui replicare che “dunque era possibile”, hanno nomi diversi ma un’unica faccia: quella di chi crede che il lavoro precario possa essere una risorsa da sfruttare e buttare via al momento più opportuno; quella di chi crede che i tagli al settore pubblico possano essere la bacchetta magica per la risoluzione dei problemi del Paese, anziché la malattia che lo sta impoverendo da anni.
Simili attacchi subiscono gli altri Enti di Ricerca oggi sottoposti a ristrutturazione, a partire dall’Isfol e dall’Inea, a rischio chiusura.
Crediamo che la nostra esperienza abbia da offrire qualcosa a molti:
- un metodo di partecipazione collettiva costruito dal basso attraverso un’informazione capillare e un ampio dibattito in Assemblea, dove i Sindacati diventano uno strumento dei lavoratori e delle lavoratrici, invece di essere un totem da abbattere (come vorrebbe il Presidente del Consiglio) o da beatificare al punto da renderlo inoffensivo (come vorrebbero altri);
- l’idea che le soluzioni si trovano a partire dalle esigenze dei lavoratori e delle lavoratrici e non esiste niente che sia di per sé irrealizzabile;
- la constatazione che i lavoratori e le lavoratrici precari/e agiscono per lo stesso fine e condividono le stesse problematiche e che la ribellione può contribuire a strappare tutti dall’accettazione passiva di condizioni di lavoro inammissibili.
Chiunque ci vorrà licenziare, tra tre anni, saprà che avrà davanti un fronte unito di lavoratori e lavoratrici disposti a lottare.
Per il resto non c’è bisogno di altri ringraziamenti, perché mai come ora siamo un corpo unico e ognuno/a deve ringraziare l’Altro/a.

AVANTI PRECARI/E !!!