La sartoria Karalò - Cucire legami solidali contro razzismo e business dell’accoglienza

Wed, 03/05/2017 - 21:00
di
Communia Roma

Questa è la seconda di tre puntate in cui lo spazio di mutuo soccorso Communia Roma si racconta in rete e sui social. Qui trovate la prima puntata

Gli aghi della cucitrice trotterellano sulla stoffa.
Ibrahima è ricurvo sulla seggiola e accompagna lo strascico del tessuto tra le fauci della macchina. Attorno a lui, la sartoria è un turbinio di colori, con i vestiti appesi, le borse, le gonne e i portatabacco esposti su un tavolino.
Siamo sempre a via dello Scalo San Lorenzo 33 e da due anni il laboratorio di sartoria migrante Karalò, oltre a sfornare coccarde e portafogli, è il punto di riferimento di un'intera comunità.
Richiedenti asilo provenienti dal Mali e dal Senegal, alcuni operatori sociali e Communia Roma: un mix perfetto di buona volontà e tanta fatica con cui ristrutturare uno dei locali diroccati delle ex officine Piaggio e trasformare un rudere di mattoni e immondizia in un'esperienza FuoriMercato.
Il rifacimento del tetto, l'impianto elettrico montato e collaudato, le pareti scartavetrate e imbiancate, era il 17 dicembre 2015 quando la sartoria veniva inaugurata per “costruire insieme un esperimento di lavoro senza sfruttamento e alla pari”.

Ipotizzare un progetto di vita autonomo, senza la presenza criminale dei professionisti dell'accoglienza e dell'integrazione di Mafia Capitale.
Creare un luogo di produzione completamente autogestito che “stimoli processi di autorganizzazione” per mettere in discussione il sistema economico e immaginare nuove pratiche di lotta.
Karalò è tutto questo, ma anche altro. È un centro di aggregazione e socialità per i molti richiedenti asilo della città, un punto di ritrovo dove imparare un mestiere, condividere capacità.
Lamin infatti si è scoperto cuoco e con quintali di burro d'arachidi e cipolle, verdura e carne speziata, mette su cene di autofinanziamento per il progetto, Mamadou è un mediatore culturale, ma quando serve, indossa i vestiti della sartoria per le sfilate che la Roma solidale organizza.
Karalò è soprattutto uno spazio dove tutti collaborano, valorizzando ognuno le proprie competenze. Un esempio? La scuola d'italiano, dove studenti e studentesse che frequentano l'aula studio Sharewood insegnano la lingua nostrana ai ragazzi e alle ragazze migranti, “in un'ottica di partecipazione mutualistica alla progettualità politica dello spazio”.

Fuori Karalò, viale di Communia


La progettualità di Karalò oggi si è rafforzata anche grazie allo scambio di idee con esperienze simili presenti nel territorio romano: Lys sartoria artigianale di Lucha y Siesta, dove lavorano molte donne migranti, e la serigrafia migrante Ja di Genzano, con entrambe c’è affiatamento e collaborazione; la cooperativa Barikama con i suoi ottimi yogurt autoprodotti, spesso vicini di banchetto nei mercati ed ospiti in diverse iniziative di autofinanziamento; Makì, il gruppo di cucina autogestito dai richiedenti asilo e dai rifugiati dell’associazione Laboratorio 53; RefugeeScart, idea creativa di riciclo e di riuso che coinvolge diversi rifugiati. Tutti progetti di autorganizzazione che puntano all’autonomia dal sistema di accoglienza ormai al collasso, sempre più concepito come dispositivo di controllo sociale e fonte di profitto per le cooperative. Mafia Capitale ne è l'esempio.

Foto prima e dopo della sartoria Karalò

L’accoglienza a Roma nell’era Raggi: 5 secoli di condanne nel processo per Mafia Capitale, ma si è veramente superata la malagestione?



Il karaoke della corruzione. Lo scorso 26 aprile, durante la requisitoria del maxi processo, il PM Paolo Ielo ha definito così quel sistema di corruttela diffusa, tra cooperative sociali, criminalità e politica, ormai noto come Mafia Capitale.
46 imputati per oltre 5 secoli di carcere: questi i numeri che i giudici troveranno nei fascicoli dell’accusa.
Lasciamo a magistrati e giornalisti la querelle di nomi, di reati e di condanne dei protagonisti del “mondo di mezzo” e concentriamoci sulle macerie lasciate nelle casse capitoline dalle varie giunte di destra e di sinistra, provando ad evidenziare il sostanziale profilo di continuità che sta mantenendo l’amministrazione grillina nonostante le promesse elettorali.
In una recente analisi fatta dal Gruppo Servizi della coalizione cittadina Decide Roma sul bilancio di previsione approvato a fine gennaio 2017, si evidenzia come la spesa pubblica inizia a scendere durante la giunta Alemanno proseguendo senza discontinuità fino ad oggi. Gli investimenti sono così passati da 1,9 milioni di euro nel 2011 a poco più di 500 mila nel 2017. La spesa corrente inizia quasi sistematicamente a calare durante la giunta Marino e dal 2013 al 2017 è stata ridotta del 18%. Parte consistente di questo capitolo di bilancio riguarda i servizi sociali e alla persona, che attualmente versano in uno stato a dir poco preoccupante. Asili nido pubblici sempre più carenti a vantaggio dei privati, servizi di assistenza domiciliare insufficienti, case popolari con liste d’attesa infinite ed accoglienza dei migranti concepita come concentramento di persone in enormi centri situati in periferia. L’altra faccia del taglio alla spesa è sicuramente l’aumento del ricorso alle esternalizzazioni, dove anche nel nuovo bilancio 2017, la quota di acquisti di servizi da parte del Comune di Roma sul totale della spesa corrente supera il 60%.
Stesso sistema, quello di dare in appalto i servizi pubblici in maniera massiccia, che ha permesso per anni a Buzzi e Carminati di arricchirsi sulle spalle di utenti e lavoratori. Da questi numeri, risulta chiaro come la giunta Raggi stia perseguendo la stessa logica neoliberale di rigore e di taglio alla spesa sociale intrapresa dai precedenti governi della città.

Tornando a bomba sul vero “core business” di Mafia Capitale, quello dell’accoglienza dei migranti, notiamo come anche qui l’attuale amministrazione abbia deciso di mantenere lo stesso tipo di approccio dei suoi predecessori, cioè aprire grandi centri nelle periferie in mano a poche ma potenti cooperative, tendenzialmente sempre le stesse.
Per confermare questa tesi è interessante leggere i dati dell’infografica in calce dove vengono rielaborate graficamente le informazioni di openmigration.org sulle assegnazioni del bando Sprar 2014 - 2016 e le rispettive cooperative vincitrici, in relazione agli enti finalisti dell’ultimo bando Sprar 2017 (ricordiamo che la prima seduta della Giunta Raggi è del 7 luglio 2017).

Nell’articolo di Valerio Renzi uscito il 13 aprile scorso per romafanpage si legge che “il 12 aprile 2017 sono state aperte le buste contenenti la documentazione degli enti del terzo settore che si sono presentati al bando Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati): uno stanziamento fondi di 84 milioni di euro (84.028.868 per la precisione) per il triennio 2017-2019 per un totale di poco più di 2.700 posti - continua Renzi - In tutto 13 gli enti ammessi alla fase successiva della gara, quella che porterà alla definitiva assegnazione. Propongono progetti per ospitare poco meno di 2.300 richiedenti asilo. Ne rimarrebbero così fuori ben 445. Si può così ragionevolmente dedurre che i progetti presentati, a meno che non saranno riscontrate gravi irregolarità, saranno ammessi. A presentarsi CRS; Magliana 80; Idea Prisma; Centro Astalli; Pid; Tre Fontane; Fraterna Tau; Centro italiano solidarietà; Coop. San Filippo Neri; Eriches29 (ABC); Virtus Italia Onlus; Eta Beta e RTI Arci Roma – Arci Solidarietà Onlus”.
“Quello che salta immediatamente all'occhio, scorrendo i numeri degli ospiti dei vari progetti, è che il modello vincente non è certo quello dell'accoglienza diffusa (pilastro dei bandi Sprar). A fare la parte del leone sono infatti centri da 50 e i 100 posti, per lo più collocati in zone periferiche della città o nei paesi dell'hinterland romano. Tutto il contrario del modello d'integrazione e accoglienza che si potrebbe realizzare tramite gli Sprar, ospitalità in appartamenti con piccoli nuclei di migranti che possano essere immediatamente inseriti nel tessuto urbano e sociale. Il rischio è che centri di grandi dimensioni, non solo producano un modello d'accoglienza inefficace, permettendo però agli enti gestori di risparmiare, ma inneschino tensioni sociali cavalcate dall'estrema destra con alte probabilità di inficiare anche progetti di accoglienza potenzialmente virtuosi.”

Ma è nelle conclusioni dell’articolo che il giornalista di romafanpage coglie il nesso tra le vecchie amministrazioni colluse con il “mondo di mezzo” e l’approccio politico della sindaca Raggi sull’accoglienza; “Quello che emerge in generale è la continuità con le passate esperienze di accoglienza, dal piano ‘emergenza Nord Africa' varato nel 2011 fino ad oggi. E non è un caso che i nomi che tornano sono spesso quelli già coinvolti nei vari filoni d'indagine di Mafia Capitale: il gruppo Cascina, Eta beta, Eriches. A prevalere spesso (ma non sempre vale la pena sottolineare per non fare di tutta l'erba un fascio) è la logica del profitto e dei grandi numeri, non della qualità del servizio.”
Se per Buzzi, Carminati, Odevaine e Gramazio quello della corruzione era un Karaoke, per la sindaca Raggi quello del mancato cambio di passo sulla gestione dell’accoglienza dei rifugiati rischia di diventare un harakiri, un muro dove si infrangono le speranze di cambiamento. Questa scelta politica non sembra attribuibile all’inesperienza della sindaca, quanto piuttosto ad una strategia nazionale del movimento 5 Stelle che ha deciso di giocarsi la campagna per le prossime elezioni politiche sulla pelle dei migranti e dei poveri. La violenza con cui il leader in pectore Luigi Di Maio in questi giorni si sta scagliando contro le Ong, dimostra la precisa intenzione di sottrarre terreno alla Lega di Salvini su razzismo e sicurezza. Per non parlare della luna di miele tra PD ed i pentastellati sui decreti Minniti-Orlando che comprimono all’osso i diritti dei migranti criminalizzando povertà e “comportamenti anti sociali”. La sindaca sembra allinearsi ai colonnelli del partito e prepara il nuovo regolamento della polizia urbana dichiarando guerra ai “rovistatori” e venditori ambulanti come dimostra il tragico evento del 3 maggio dove Nian Maquette ha perso la vita dopo una retata violenta dei vigili urbani.

Vorremmo chiudere questo articolo con una citazione del ”rapporto sul sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati a Roma” redatto da Lunaria nei primi mesi del 2017” sulla visione “emergenziale” dei flussi migratori, considerati a tutti i livelli amministrativi e politici fenomeno straordinario e non strutturale:
“La straordinarietà richiede procedure di emergenza, queste a loro volta favoriscono l’ingresso nella rete degli enti gestori di attori privi di esperienza, interessati più ai profitti che possono derivare dalla gestione dei servizi che alla loro qualità e ai diritti delle persone cui sono destinati. Lo spazio per la cattiva gestione e il cattivo trattamento delle persone si riproduce così all’infinito.”