Il nostro esperimento di Mutuo soccorso

Mon, 24/11/2014 - 15:52
di
Communia - Roma

Da dove nasce il mutuo soccorso

“L'unione fa la forza”. Un antico adagio che si ritrova in molta parte della storia dell’umanità, indice dell'importanza della solidarietà tra lotte diverse. Il caso più conosciuto, nell'Europa medievale, è quello delle corporazioni, nate non soltanto come “rete sociali”, proto-sindacali, ma anche come vere e proprie scuole dove il “mestiere” veniva insegnato ai confratelli, mentre restava impermeabile all'esterno. Questo modello si diffuse nei centri urbani europei, mentre nelle campagne permanevano delle strutture più tradizionali di supporto per la comunità, con una discreta influenza da parte delle istituzioni ecclesiastiche.
Ma il grande momento di rottura arriva con la rivoluzione industriale. Il cambio del sistema di produzione porta alla concentrazione della popolazione nelle città e cambia anche il sistema di solidarietà e mutualità tra lavoratori e lavoratrici. Sulle ceneri delle vecchie corporazioni nascono piccole società di mutuo soccorso con strutture e fini diversi: dai Box Clubs, che avevano lo scopo di fornire “assicurazioni” ai lavoratori, alle Friendly Societies, che funzionavano come reti di redistribuzione del reddito. Ma tre parole d'ordine ricorrevano sempre in queste libere unioni di uomini e donne: solidarietà, mutualità e territorialità.
La logica alla base del mutualismo nasce dal forte bisogno di reagire ai meccanismi di rottura della nuova società industriale: la crisi della struttura sociale tradizionale – portata dal nuovo sistema di produzione e dalla logica di mercato – l’alienazione del lavoro ripetitivo, lo sradicamento dai luoghi d'origine, l'impossibilità di una vita privata e la marginalizzazione rispetto alla vita pubblica. Tutto ciò porta il nuovo soggetto del mondo contemporaneo, il proletariato urbano, a cercare una rete che non solo assicuri alcune garanzie ed un miglioramento delle condizioni di vita, ma sia anche un luogo di condivisione e crescita politica. Il mutuo soccorso nasce quindi non solo per rispondere ad oggettivi bisogni materiali, ma anche per fornire luoghi di socializzazione e, in alcuni casi, di radicalizzazione del conflitto sociale.
Le società di mutuo soccorso si diffusero a macchia d'olio nell'Europa dell'Ottocento, anche se le prime, che si diffusero negli anni Quaranta, rimasero in uno stato di semi-clandestinità per più di trent'anni. Il carattere delle diverse società rispecchiava il tessuto sociale e politico da cui nascevano. Anche se esistevano società strutturate per professioni e per categorie, non poche erano quelle “generali” che accoglievano tutti i lavoratori e le lavoratrici. La maggior parte erano molto piccole, con meno di duecento iscritti, ed erano fortemente radicate nel territorio in cui operavano. Per quanto permanesse un’impostazione culturale e politica che andava al di là della mera territorialità, l'agire si limitava soprattutto alle realtà locali. Ma con l'emigrazione di massa dall'Europa verso i nascenti Stati Uniti d'America, i lavoratori e le lavoratrici che avevano partecipato alle lotte in Europa furono protagonisti di quelle americane, costruendo i primi scioperi, i primi legami tra territori e categorie diverse e rompendo le pratiche di lotta che avevano visto la separazione tra bianchi e neri e tra uomini e donne. È su queste basi che nacquero i primi scioperi generali della storia moderna, che diedero vita al primo maggio come data internazionale dei lavoratori e delle lavoratrici. Questi scioperi furono anche la base per la costruzione degli Industrial Workers of the World (IWW), rimasti nella storia della lotta di classe come la più grande esperienza di diffusione del mutuo soccorso e delle casse di resistenza.
In Italia tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento le società di mutuo soccorso erano cresciute fino ad arrivare a comprendere quasi 1 milione di lavoratori e lavoratrici (su 32 milioni di abitanti). Si differenziarono anche i tipi di servizi offerti: non si occupavano solo delle “pensioni”, delle assicurazioni e della “cassa per malattia”, ma cominciavano anche a comprare immobili per uso sociale, a tentare micro-progetti di edilizia popolare, a offrire prestiti agevolati, a condividere mezzi di lavoro, a offrire beni di prima necessità a prezzo di costo. Insomma iniziarono a creare anche un sistema economico alternativo, in taluni casi esterno al sistema di produzione capitalista, in altri casi in concorrenza.
Dall’esperienza del mutuo soccorso nacque, in altri termini, il movimento operaio del Novecento, con la sua potenza e le sue contraddizioni. Le conquiste sociali ottenute con il conflitto permisero la nascita di quel welfare state che rendeva pubblico e statale ciò che era stato inizialmente ottenuto tramite la mutua solidarietà e l’autogestione. Da un lato si ebbe l’universalizzazione di alcune conquiste ma, dall’altro, spesso si persero la partecipazione e il controllo diretto dei lavoratori. E questo fu un elemento decisivo nel rendere le politiche statali meno efficaci, e la gestione dei servizi piena di sprechi e, in alcuni casi, strumento di consenso elettorale e clientelare. L’ondata di neoliberismo iniziata negli anni Ottanta ha costruito il suo consenso anche su queste contraddizioni, riuscendo a smantellare un grosso pezzo di stato sociale e portando il mondo intero verso la crisi economica più profonda dopo quella del 1929. Ora la crisi sta riproponendo con drammaticità le condizioni da cui il mutualismo prese le mosse…

La nostra proposta di mutuo soccorso

In questi anni uno degli slogan più usati dai movimenti è stato “Noi la crisi non la paghiamo.”
Gli effetti sociali della crisi si sono acuiti, la politica istituzionale non ha fatto altro che perpetrare le politiche di austerità, di santificazione dei “mercati” e delle politiche del “debito”.
La politica, più sottomessa che mai ai poteri forti dell’economia – ossia ai principali responsabili della crisi – ha svilito totalmente le proprie ragioni, finendo per essere risucchiata nei fenomeni corruttivi nel peggiore dei casi, o nell'inefficacia e nell'inutilità in quelli migliori.
E tutto questo ha reso ancor più drammatiche le condizioni sociali di gran parte della popolazione, a partire dalle giovani generazioni che vedono continuamente peggiorare le prospettive per il proprio futuro: disoccupazione giovanile vicina al 45%, con i pochi occupati costretti alla precarietà, al ricatto costante, a condizioni e ritmi di lavoro impensabili solo 15-20 anni fa. Assistiamo a un numero crescente di licenziamenti, a un uso massiccio della cassa integrazione, a servizi sociali sempre più ridotti o privatizzati, all’assenza di un diritto fondamentale come quello alla casa, lasciato preda di un mercato degli affitti insostenibile e perlopiù illegale.
Tutto questo senza spesso poter condividere un luogo sociale con chi vive la propria stessa condizione: molte professioni (partite iva, free lance) oggi non hanno un luogo fisico in cui svolgere il proprio lavoro o, ancora più spesso, la brevità dei periodi lavorativi non permette loro di capire se c’è un luogo di lavoro comune (e se sì, quale) e quali siano i compagni di lavoro con cui potersi organizzare per rivendicare diritti. Troppo spesso, ancora, i salari bassissimi obbligano a svolgere più lavori o a sottoporsi a una formazione permanente sperando che arrivi qualcosa di meglio. Così diventa sempre più difficile anche resistere agli attacchi delle politiche di austerity, e costruire un’altra politica ed un’altra democrazia. Vogliono che ognuno di noi rimanga solo, poiché la solitudine e l'isolamento individuale servono a mantenere lo status quo e a scatenare guerre tra poveri.
Noi crediamo invece che in questa situazione nessuno possa pensare di farcela da solo. Dobbiamo reagire tutti e tutte insieme, costruendo strumenti contemporanei di “mutuo soccorso” tra lotte e resistenze differenti, prendendoci lo spazio in cui creare meccanismi di interconnessione tra noi. Uno spazio che sia strumento di resistenza e di conflitto, di sperimentazione per la società che vogliamo e di nuova democrazia. Questo è stata, è e sarà Omnia Sunt Communia.
Uno spazio “ripubblicizzato”, recuperato dall'abbandono della proprietà e riqualificato.
Uno spazio sito in un isolato storicamente composto da attività artigianali, oggi sotto le mire speculative di un proprietario che intende erigere un grosso complesso di edilizia privata.
Uno spazio che il 7 settembre 2013, quando abbiamo aperto il cancello di Via dello Scalo 33, sembrava una discarica e che oggi dopo più di un anno di lavoro e più di diecimila euro spesi – raccolti grazie alla solidarietà di chi ci ha sostenuto partecipando alle nostre iniziative – comprende sei sale agibili, accoglienti e utilizzabili per molte attività. Un’esperienza di segno contrario alle dilaganti privatizzazioni fatte e annunciate per gli anni a venire, volte a pagare il debito ai banchieri riducendo i servizi sociali.
Uno spazio per rispondere all’individualizzazione totale dei nostri lavori e delle nostre vite, in cui ci incontriamo, condividiamo sogni e bisogni, alleniamo la nostra capacità di resistenza, proviamo ad “adottare la lotta dell’altro” e rendere così più forti le resistenze sociali di ognuno.
All’individualizzazione rispondiamo con la messa in comune, perché in questo spazio Tutto è di tutti. E vogliamo far sì che sia così ovunque.
Per questo vogliamo sperimentare anche concretamente la nostra idea di mutuo soccorso. Un "mutualismo" inteso non solo come solidarietà, ma come sostegno materiale concreto e anche, perché no, come vero “scambio” tra i soggetti schiacciati dalla crisi.
Per questo sosteniamo materialmente i prodotti a sfruttamento zero di esperienze di autogestione conflittuale come la fabbrica recuperata RiMaflow, le cooperative di lavoratori migranti Netzanet e Sos Rosarno, e la rete di contadini Genuino clandestino. Ma vogliamo anche creare una rete di individui che decidono di condividere o di "vivere" insieme il proprio tempo in uno scambio continuo di professionalità, cultura, servizi, che sia anche sostegno reciproco di ognuno alla lotta dell’altro.
Come far funzionare questa rete? Abbiamo messo in piedi nel nostro spazio laboratori, corsi, eventi culturali e ludici, sportelli di consulenza e di servizi, ma non vogliamo semplicemente fare assistenza sociale o volontariato, né ridurre il nostro progetto alla creazione di cooperative di servizi al di fuori di una dinamica conflittuale. Noi vogliamo sperimentare un’idea di mutuo soccorso, in cui i servizi e le attività siano gratuite o a prezzo di costo, ma chi vi partecipa restituisca nello stesso spazio la proprie competenze, mettendo a disposizione delle ore del suo tempo per proporre altre attività, per sostenere la lotta di un altro soggetto sociale che attraversa lo spazio, o per dare un contributo anche con un semplice turno al progetto generale di mutuo soccorso. Insomma, proponiamo a chi nel nostro spazio potrà trovare un corso gratuito o semi-gratuito di italiano per stranieri, un corso di cinema, o usufruirà dell’aula studio e della fotocopisteria popolare, di restituire a suo modo le sue competenze nello stesso spazio e se possibile nello stesso tempo.

Le nostre attività

Abbiamo messo in pedi un presidio di diritto allo studio con l’apertura di ShareWood, un’aula studio autogestita da 25 posti, più 3 postazioni con computer fissi, interamente coperta da rete wifi, aperta fino alle 23 ogni sera compresi i fine settimana, per contrastare la chiusura (o il forte restringimento degli orari di apertura) delle biblioteche universitarie e la quasi completa assenza di aule destinate allo studio libero. Un’aula dove la condivisione dei saperi si fa direttamente materiale attraverso lo scambio di libri di testo e non, in formato cartaceo e digitale, contro quel "caro libri" che sempre più spesso è impedimento diretto al sostenimento degli studi. Presto a ShareWood sarà anche presente una saletta dedicata alla copisteria popolare, dove sarà possibile fare fotocopie a prezzo di costo.

Partecipiamo a una rete di sostegno e diffusione di autoproduzioni a sfruttamento zero, fungendo da punto vendita Fuori Mercato di prodotti come il Rimoncello (il limoncello prodotto nella fabbrica recuperata Ri-Maflow, utilizzando i limoni raccolti dalla rete SOS Rosarno, composta da migranti ribellatisi contro lo sfruttamento disumano nelle campagne calabresi) o la salsa di pomodoro di Netzanet, un’esperienza di crowdfunding (raccolta di fondi collettiva per finanziare un progetto) che ha avuto luogo a Bari la scorsa estate e che ha permesso a decine di migranti di uscire dal ricatto del caporalato e autorganizzarsi per dare vita all’autoproduzione libera da sfruttamento di un’ottima salsa di pomodoro. Siamo inoltre in procinto di avviare un Gruppo di Acquisto Solidale (GAS) in collaborazione con la rete di contadini Genuino Clandestino.

Organizziamo dei corsi di lingua, in particolare attualmente un corso di italiano L2/LS per migranti, perché la conoscenza linguistica è il primo passo per la costruzione di una città interculturale, plurale ed inclusiva, e un corso di conversazione inglese (conversazione tedesca prossima apertura!).
Abbiamo aperto degli sportelli di consulenza veterinaria (una domenica al mese, di mattina), psicologica e legale, dedicati a tutte e tutti coloro che hanno bisogno di essere consigliati o indirizzati e non hanno i soldi per pagare la parcella stratosferica che comunemente viene presentata.

In poco più di un anno di vita abbiamo dato spazio, fisico e politico, alla cultura critica, indipendente e non omologata ai grandi media, attraverso la presentazione di libri e riviste (L’armata dei sonnambuli di Wu Ming, il numero 34 della rivista Zapruder, ecc.) e l’organizzazione del festival di letteratura sociale della rivista Letteraria, semestrale di letteratura sociale, che ha visto la partecipazione di centinaia di persone; mettendo in scena rappresentazioni teatrali autoprodotte come lo spettacolo L come Alice; ospitando un Laboratorio di Cinema, sia teorico che pratico, al costo simbolico di 2€ l’ora perché possa essere accessibile a tutte e tutti e non solo a chi ha a disposizione migliaia di euro per frequentare una scuola di cinema; avviando un laboratorio teatrale gratuito che dia a chiunque le conoscenze e le competenza di base per scoprire il mondo del teatro e della recitazione; con la campagna #MaceroNo per sostenere le case editrici indipendenti i cui libri vengono spesso espulsi dal mercato ufficiale, e rimettere i libri a rischio macero in circolazione a prezzi super scontati; e attraverso la creazione futura di un punto vendita per le piccole case editrici indipendenti oppresse e rese invisibili dalla grande distribuzione editoriale.

Abbiamo ospitato, sostenuto e partecipato ai comitati di cittadini che resistono alla speculazione e a quelli che occupano i siti dove si vorrebbero costruire altri inceneritori e discariche; ai comitati di studenti ed insegnanti che lottano nelle scuole e nelle università per un sapere accessibile a tutti; al Coordinamento Romano Acqua Pubblica, che continua a lottare contro la vergognosa mancata applicazione del risultato referendario e contro le privatizzazioni dei beni comuni e dei servizi nella nostra città; ai comitati di sostegno alle lotte di resistenza e autodeterminazione che sono in corso in Palestina e Siria.

Uno spazio insomma per ricostruire la democrazia, svilita dalle leggi del mercato, ossia dalla legge del più forte, per rimetterla in mano al 99% della popolazione i cui diritti sono attaccati dall’arroganza dell’1% che detiene i soldi e il potere.

GIOVEDì 27 NOVEMBRE ORE 18.00
Dopo un anno di lavoro volontario e più di 10.000€ spesi per pulire, sistemare, ristrutturare e riqualificare il posto, con numerosi lavori di muratura, idraulica ed elettricistica, ora le Ex Officine Piaggio sono agibili e ospitano già da un po' le attività di mutuo soccorso, i servizi che Communia offre al quartiere e le iniziative culturali, ludiche, politiche e sociali. Giovedì 27 Invitiamo tutte e tutti a partecipare all'assemblea con cui presenteremo al quartiere la nostra idea di mutuo soccorso e le attività e i servizi che offriamo alla cittadinanza, e denunceremo i tentativi di speculazione che rendono sempre più invivibile questa città e che rispecchiano un modello di sviluppo urbano basato sul profitto privato opposto a quello solidale rappresentato dal nostro mutuo soccorso.
A seguire cena e quintetto jazz con:
Carmen Falato e Danielle Di Majo.