Ucraina, due interventi da sinistra

Fri, 09/05/2014 - 19:27
di
Ilya Budraitskis, Zakhar Popovych

Pubblichiamo due interventi di esponenti delle sinistre anticapitaliste in Russia e Ucraina, dopo lo spaventoso massacro del 2 maggio a Odessa e in un momento di fortissimo rischio di guerra civile dispiegata in tutto il paese.
Questi interventi vanno in una direzione diversa dalla retorica "antifascista" a senso unico che viene sparsa a piene mani dai "neo-campisti" nostrani.
Quanto succede in Ucraina non ci pare possa semplicemente portare a schierarsi con una "Ucraina antifascista" rappresentata dai gruppi filo-russi e dai residui dei vecchi partiti comunisti al potere: non perché non ci sia una drammatica e pesantissima presenza di gruppi neonazisti che sostengono il nuovo corso di Kiev- gruppi che portano una forte responsabilità anche nel massacro alla casa dei sindacati - quanto perché anche sull'altro fronte sono presenti gruppi di estrema destra che sostengono le tesi "indipendentiste" e filo-russe.
Allo stesso tempo sono innegabili le responsabilità degli Usa e dell'Unione europea - quest'ultima ancora una volta guidata dall'avventurismo neoliberale che ha già fatto enormi danni dagli anni '90 nella dissoluzione della ex Jugoslavia. Non per questo si deve tacere o ridurre a semplice "autodifesa" la politica imperiale della Russia di Putin, che vuole imporre scelte favorevoli ai propri affari in quello che considera il proprio giardino di casa.
In questo scontro tra sciovinismi e nazionalismi e tra politiche di potenza rischiano di rimanere schiacciate/i le lavoratrici e i lavoratori e le/i cittadine/i dell'intera Ucraina, terra di spartizione dei diversi oligarchi legati alle potenze globali e alle mafie locali.
Da queste e altre testimonianze sappiamo dell'esistenza di una sinistra anticapitalista all'opposizione in Ucraina (che si batte contro le politiche liberiste, discriminatorie e autoritarie del governo di Kiev e contro l'interventismo russo nelle regioni orientali) e nella stessa Russia (come hanno mostrato le manifestazioni a Mosca contro la guerra e solidali con la popolazione ucraina).
A queste sinistre ci sentiamo legate/i e per questo vogliamo far circolare la loro voce, come contributo ad una maggiore conoscenza e un invito ad una solidarietà che rifiuti tendenze neo-campiste.
Segnaliamo in questo senso l'appello "Arginare il fascismo e la guerra in Ucraina" proposto da "Un Ponte per" che ci sembra equilibrato e condivisibile

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Nessuno vuole morire
Dopo Odessa, "restare umani " come programma politico
Ilya Budraitskis (da Open Left*)

Nei due giorni successivi ai tragici eventi di Odessa, abbiamo sentito decine di versioni su quanto è accaduto. E tutte queste versioni, in un modo o in un altro, erano caratterizzate dalla ricerca di una “regia nascosta” che avrebbe mandato due gruppi armati di manifestanti a scontrarsi tra loro, spingendo uno di loro nel macello costituito dalla Casa dei sindacati. La maggior parte di queste versioni - da quelle ufficiali di Kiev a quelle dei propagandisti russi – indicavano per tale regia la polizia locale che in maniera consapevole e organizzata avrebbe evitato qualsiasi comportamento che poteva impedire la crescente violenza.
Queste versioni degli eventi come di consueto offrono uno "scenario" esplicativo che favorisce una parte o l’altra: Yulia Timoshenko, ex primo ministro ucraino saboterà le elezioni presidenziali del 25 maggio per assicurarsi una vittoria in futuro; il governo di Kiev cercherà di intimidire i "separatisti" gettando sui loro sostenitori le responsabilità del bagno di sangue; il governo russo avrà in mano argomenti ancora più convincenti per screditare i sostenitori della “junta” di Kiev; il clan dell'ex presidente ucraino Yanukovich cercherà di spingere la Russia ad un intervento militare esplicito.
In un certo senso, ciascuna di queste versioni può suonare convincente per noi - popolo russo e ucraino - perché sappiamo che nessuna delle forze suddette si fermerebbe nel commettere qualsiasi crimine per raggiungere i propri obiettivi. Questa pronta disponibilità a provocare vittime tra i propri stessi cittadini è sempre stata una condizione necessaria per selezionare l’elite post-sovietica. In tale elite non esiste nessuno, proprio nessuno, che non sia moralmente capace di provocare omicidi di massa.

Ma qualunque possa essere stata l'intenzione iniziale di chi ha organizzato la tragedia di Odessa, si produrrà – o forse già si è prodotto – un altro risultato: la logica della guerra civile è stata lasciata libera ed è ormai quasi impossibile fermarla. Nell’ultimo mese – caratterizzato da aspettative di operazioni militari, occupazione di edifici, presa di ostaggi, schermaglie locali nel Donbass - molte persone avevano comunque mantenuto la timida speranza che l'intero processo sarebbe stato gestito in qualche modo da qualcuno, e ciò significava che avrebbe potuto essere fermato. La ragione principale per tali speranze non era basata solo sulla volontà di Putin, delle potenze occidentali e del governo di Kiev – quanto sul fatto che la maggioranza degli ucraini semplicemente non erano pronti a uccidersi a vicenda.
Ma dobbiamo ricordarci della non troppo distante storia del 1990 e di quella sensazione di superamento improvviso di un confine: vicini amichevoli (il "popolo sovietico"), che per decenni avevano dimenticato le divisioni tra loro “nemici" e "amici", improvvisamente, nel giro di pochi giorni, perdono ogni sentimento umano e si trasformano in bestie la cui possibile esistenza era conosciuta solamente attraverso i film patriottici riguardo l'invasione fascista.

Fu così che, dopo aver sollevato la questione della "lingua di Stato", è cominciata la guerra nella Transnistria. Fu così che serbi e croati raggiunsero un punto di non ritorno durante quella famigerata partita di calcio a Spalato. Tutto questo è troppo noto per non capire che gli sconfitti in queste guerre sono tutti i partecipanti, senza eccezioni. La vendetta per le prime vittime ne produce solamente di nuove - e fornisce la ragione per ulteriori semplici atti di ritorsione. Questo è il risultato più terribile degli eventi Odessa: hanno reso ogni tipo di vendetta, anche la più brutale, giustificata e inevitabile per entrambe le parti.
Nel rogo che si è acceso alla Casa dei sindacati non è difficile vedere le profondità della barbarie in cui l'Ucraina potrebbe facilmente affondare. Profondità la cui entità non sembra essere pienamente compresa da uno solo dei bastardi che hanno diretto gli scontri del 2 maggio.

Non molto tempo fa, la richiesta di " restare umani" sarebbe suonata come un desiderio del tutto astratto. Ora, dopo il massacro di Odessa, è diventato un programma politico.

* Open Left è un sito web della sinistra anticapitalista russa. L’articolo è stato tradotto dalla versione inglese http://peopleandnature.wordpress.com/2014/05/05/no-one-wants-to-die/
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“Solo la mobilitazione solidale dei lavoratori può fermare la guerra civile in Ucraina”
Intervista a Zakhar Popovych* di Catherine Samary

Quali informazioni hai sugli scontri di queste settimane nelle zone orientali del paese ?
Le testimonianze raccolte sono influenzate dallo choc delle emozioni e dalla propaganda mentre sarebbe necessaria un’inchiesta indipendente. Di certo sappiamo che militanti della sinistra radicale, che solo un anno fa partecipavano alle azioni comuni, sono stati uccisi da entrambi i contendenti in campo. Andrej Brajevsky, informatico di 27 anni e membro di “ Borotba” fa parte delle vittime dell’incendio e delle aggressioni della Casa dei sindacati. Faceva parte di una milizia paramilitare (« Odesskaya druzhina »)  ”pro-russia”. Un altro giovane militante “antifascista” è stato ucciso in precedenza a Piazza Sobomava, nel centro della città di Odessa, in occasione della manifestazione “pro-ucraina” che è stata bloccata da milizie armate “pro-russia”. Diversi militanti di sinistra hanno impugnato le armi e sono diventati carne da cannone in una guerra che non ha nulla a che vedere con gli interessi dei lavoratori.

Alcuni commentatori dicono che i lavoratori sono più coinvolti a Donetsk che a Maidan ?

La verità è che i lavoratori non hanno partecipato massicciamente a nessuno dei due movimenti che non si occupano di questioni sociali ma riproducono uno scontro etno-culturale e nazionalista basato sulla questione della legittimità storica dello Stato Ucraino. Laddove i lavoratori hanno preso parte alle mobilitazioni non hanno accettato atti violenti, sia all’est che all’ovest del paese. Quando alcune forze “anti-¬Maïdan” hanno assoldato dei miliziani per attaccare gli attivisti di Maidan nella città industriale di Kryvyii Rig (nell’Oblast di Dnepropetrovsk), il “Sotnia” di autodifesa dei minatori ha trovato il modo di “calmare” i provocatori e non ci sono state brutalità. Più di recente i lavoratori di Krasnodon (nell’Oblast di Lugansk) hanno scioperato e hanno preso il controllo della città. Nessuno è stato ucciso e non si sono schierati con il movimento “pro-russia”. Allo stesso tempo non hanno accettato di essere strumentalizzati a sostegno di Timoshenko o degli altri candidati borghesi alle elezioni presidenziali.
Non ci sono lavoratori organizzati per le strade di Odessa, Donetsk, Lukansk o di Sloviansk e Kramatorsk. I lavoratori non sono coinvolti nel movimento anche se abbiamo visto una mobilitazione parziale dei sindacati indipendenti nell’Ucraina centrale, cosa che non avviene nell’est del paese. A Donetsk si concentrano, essenzialmente, le miniere di carbone ma non si tratta dell’unica regione industriale dell’Ucraina. Le regioni centrali, Dnepropretrovsk e Zaporija, sono altrettanto industrializzate e le principali acciaierie sono lì.

L’Ucraina sull’orlo della secessione?
L’Ucraina è molto più omogenea di quanto si creda. Ci sono molte forze di destra e un debole movimento operaio. Lo stalinismo sovietico ha distrutto le tradizioni di autorganizzazione e oggi esiste solo un piccolo embrione di movimento indipendente dei lavoratori.
Le regioni orientali non sono rappresentate dal governo ma vorrei sottolineare che neanche le popolazioni occidentali o del centro del paese vi ripongono grande fiducia. Maidan era un movimento di massa che rivendicava giustizia, in particolare giustizia sociale, sfidando i partiti di governo.

In questo contesto che posizioni ha assunto il tuo movimento, Opposizione di sinistra ?
A gennaio e febbraio, quando intervenivamo a Maidan dicendo che questo governo avrebbe imposto misure di austerità e dii tagli alle spese sociali proprio come quello precedente di Janukovic, nessuno ci credeva. Ma è proprio ciò che sta facendo adesso il governo per ottenere i prestiti del Fmi. Il governo strumentalizza il pericolo delle minacce russe sulla nazione per nascondere questa realtà. Noi denunciamo le politiche del governo. Questa isteria nazionalista non ha nulla a che vedere con il movimento di Maidan.
Ci presentiamo in una lista indipendente fondata sull’autorganizzazione per la “rivoluzione sociale” alle elezioni locali di Kiev del 25 maggio. Il movimento di Maidan non era certo di “sinistra” ma si trattava di un movimento di massa che sfidava i partiti istituzionali ed era molto attento alle questioni sociali, quindi alle idee di sinistra. Non bisognava abbandonarlo alle forze di destra ed estrema destra. Il principale problema della sinistra è stato la sua frammentazione e divisione. Alcune forze di sinistra hanno scelto la radicalità a parole e l’ostilità verso il movimento di massa nei fatti. Altre invece si sono praticamente sciolte nel movimento, perdendo ogni forma di coordinamento.
Solo la mobilitazione solidale dei lavoratori potrà impedire la guerra. L’unica via d’uscita è la costruzione di fronti per la giustizia sociale, contro tutti gli oligarchi (i cui profitti sfuggono ad ogni tassazione), basati sull’autorganizzazione dei lavoratori delle diverse regioni del paese, per la difesa di un’Ucraina indipendente, contro ogni genere di razzismo ed imperialismo, da qualsiasi parte provengano.

* economista e membro della direzione di Opposizione di Sinistra in Ucraina.