La Russia ha bisogno di una nuova opposizione

Wed, 20/08/2014 - 20:53
di
Kirill Medvedev*

In Ucraina continuano gli scontri militari, con migliaia di morti tra i quali numerosi civili. La cosiddetta "operazione antiterrorismo" del governo di Kiev assomiglia alle analoghe operazioni fatte sotto questo nome in ogni parte del pianeta: è una guerra, nella quale la popolazione civile è la prima vittima. Questa constatazione, e la nostra totale avversione per questo governo e la sua politica criminale, non ci porta a condividere una lettura della situazione che fa delle repubbliche separatiste del sudest ucraino un baluardo dell'antifascismo e non ci induce a oscurare l'avventurismo del presidente russo, altrettanto criminale e responsabile dell'attuale guerra in Ucraina. Proponiamo qui un intervento del poeta russo Kirill Medvedev che parte dalla situazione ucraina per parlare dell'opposizione in Russia e della necessità di un suo profondo rinnovamento
 
La necessità di una "terza via", qualcosa di differente dal rabbioso sostegno a una delle parti della crisi ucraina, qualcosa di cui molti hanno scritto negli ultimi mesi, è particolarmente evidente oggi, perché è l'unica possibilità per ricostituire in Russia un'opposizione democratica quasi completamente distrutta. 
Maidan, la più forte e inarrestabile mobilitazione nello spazio post-sovietico, è stata, senza dubbio, una possibilità per una svolta democratica unica, in grado di costituire un esempio per l'Europa occidentale, i paesi della CSI, e molti altri. 
Anti-Maidan, i tumulti nel sud-est dell'Ucraina, sono stati, senza dubbio, una possibilità per una "rottura", un'occasione per immaginare lo sviluppo dell'Europa occidentale al di fuori della direzione (di de-industrializzazione, privatizzazione, neoliberismo) preparata per essa dai capi dell'Unione europea e del Fondo monetario internazionale. 
Sembra che entrambe siano state occasioni perse. 

Una rivoluzione è fatta da una minoranza attiva, ma il suo destino dipende dalla capacità di tale minoranza di attrarre la maggioranza alla propria causa, convincerla dell’esistenza di interessi comuni. Maidan si è dimostrata incapace di trasmettere al sud-est dell'Ucraina un messaggio chiaro, ancora prima della sua vittoria: siamo una sola nazione, abbiamo interessi comuni, ci sarà spazio nella nuova Ucraina per le diverse tradizioni storico-culturali e i differenti orientamenti economico-politici. Invece, vi era, nel migliore dei casi, la convinzione che i residenti del sud-est avrebbero accettato tutto quello che i rivoluzionari avessero ottenuto a Kiev e - nel peggiore dei casi – il più ripugnante razzismo sociale e lo sciovinismo, che alla fine sono diventati la base ideologica per l'operazione anti-terroristica (ATO). 
Le repubbliche che sono state proclamate nel sud-est dell’Ucraina sono, senza dubbio, il risultato di un’avventura di politica estera del regime russo, che, rischiando ed esitando, ha cercato di portare a proprio vantaggio il malcontento del tutto giustificato di un enorme parte della popolazione nel sud-est nei confronti del nuovo governo di Kiev e della sua politica. 

Molti a sinistra (me compreso) sperano che il popolo del Donbass (come quello di Maidan) possa formulare e realizzare il proprio programma sociale e democratico: questo avrebbe potuto avvicinare i due movimenti, mettendo in evidenza gli elementi progressivi di entrambi; o avrebbe potuto rendere insignificante la questione dell'integrità territoriale dell'Ucraina (o della Russia, e quella di qualsiasi altro paese in una situazione simile). 
Oltre ai problemi di auto-organizzazione e di iniziativa politica, che effettivamente esistono nel sud-est dell'Ucraina (così come in Russia e in molti altri luoghi), è importante notare che la danneggiata popolazione del Donbass non aveva obiettivi politici chiaramente definiti fin dall'inizio. Pertanto è del tutto logico che alla testa della mobilitazione sia apparso un piccolo gruppo di persone, principalmente dalla Russia, con esperienza sia militare che amministrativa, con il sostegno (incerto e instabile) di Mosca e uno specifico movente politico – la restaurazione del “Mondo russo". È vero, i rudimentale antifascismo e egualitarismo sovietici presenti nella maggior parte della popolazione del Donbass non sono, per usare un eufemismo, i peggiori valori ormai diffusi nello spazio post-sovietico. Ma è impossibile prendere seriamente come segnali di sinistra o di politiche democratiche idee di nazionalizzazione implementate dai governi, così come un "anti-fascismo" rimesso in scena da una destra storica e da ex membri del RNU (Russian National Unity Party), con la loro retorica anti-occidentale e anti-europea, che gioca su sentimenti realmente reazionari delle masse. E non c'è niente di sinistra in sé dichiarazione anti-oligarchiche, che possono facilmente essere parte di un programma di destra-sinistra o anche di tipo nazional-socialista. 

E non ci può essere confronto con la rivoluzione cubana o bolivariana fino a quando ci rifiutiamo di parlare della Russia come imperialismo locale, che diffonde i suoi quadri nelle repubbliche confinanti con le seguenti idee: "I confini del Mondo russo sono significativamente più ampi rispetto ai confini della Federazione russa. Io sto portando avanti una missione storica in nome della nazione russa, del super-ethnos russo, legati insieme dal cristianesimo ortodosso. In Ucraina, come nel Caucaso, io combatto contro i separatisti, questa volta ucraini, non ceceni. Perché esiste una cosa come la Russia, la grande Russia, l'impero russo. E ora i separatisti ucraini a Kiev stanno combattendo contro l'Impero russo "(Aleksandr Borodai). 
È perfettamente evidente che la maggior parte dei residenti di Donbass non vivono nel mondo fantastico del revisionismo storico, ma in un mondo reale con i suoi problemi quotidiani - problemi di vita e di lavoro -, i propri interessi, che si differenziano dagli interessi dei combattenti dei e comandanti che vengono dall’esterno, al di là delle speranze che sono state affidate ad essi all’inizio. 
Ed è altrettanto chiaro un altro fatto: anche se cominciasse improvvisamente a crescere dal basso un’opzione radicale-democratica, sarebbe immediatamente espropriata o semplicemente schiacciata, con il sostegno di Mosca, da parte dei costruttori del "Mondo russo".

Pertanto, l'unica possibilità di rompere il circolo vizioso in Ucraina è che ci siano cambiamenti radicali in Russia. Cambiamenti che dovrebbero essere portati avanti non sotto la bandiera di un “Mondo russo” contro la giustizia minorile, l’Eurosodoma o simili, ma sotto la bandiera della trasformazione sociale e democratico-radicale all'interno del paese, di un ri-orientamento dell'economia che parta dal combattere il mantenimento di un esercito di burocrati, poliziotti, uomini dei servizi di sicurezza e cumuli di grandi imprenditori, per arrivare alla sfera sociale, la scienza, l'industria. 
Certo, è difficile immaginare che tali cambiamenti possano avvenire oggi. Gli eventi in Ucraina hanno, da un lato, quasi completamente demoralizzato e diviso l'opposizione russa, anche in maniera trasversale ai diversi settori (soprattutto a sinistra); dall'altra parte, hanno provocato un nuovo problema per il regime: cosa si deve fare con quei sentimenti che sono stati persistentemente infiammati dalla propaganda russa, insieme ai leader e combattenti del sud-est, che hanno guadagnato una loro autorità nel contesto di un'isteria "anti-fascista" portata avanti dai mass media? Ed è ovvio che non c'è niente da fare, tranne quello di cooptare, in qualche modo e misura, quei leader e i sentimenti che hanno alle spalle, per portarli al potere. 

Affrontiamo allora il tema del fascismo. Anche se il termine «Kiev Junta» (nel senso di giunta golpista di Kiev, NdT), inventato dai propagandisti russi, non aiuta per nulla a far luce sulla situazione, indubbiamente elementi distintivi del fascismo sono presenti nell'Ucraina post-rivoluzionaria. In primo luogo si tratta delle forze militari finanziate dagli oligarchi, composte da combattenti motivati ​​da idee ultra-nazionaliste, reclutati in gran parte in organizzazioni di estrema destra. I tentativi da parte del regime (che può non essere di per sé "fascista") di supportare e utilizzare tali strutture troppo spesso ha portato ad una perdita di controllo o alla sua resa come unico mezzo di sopravvivenza. Storicamente, l'intreccio di rapporti tra potere borghese e fascismo consiste proprio in questo, che è il motivo per cui non vi è alcun significato nel chiamare il regime Poroshenko o il regime di Putin in sé "fascisti" al fine di un immediato guadagno in termini di propaganda. 
In un modo o nell'altro, la questione del fascismo in Ucraina deve essere discussa in modo responsabile, anche nel contesto della realtà dell'estrema destra in tutta Europa. Dobbiamo discutere la relazione esistente tra la condotta di militari e combattenti pro-Kiev e l'ideologia ultra-nazionalista. Ma deve anche essere chiaro che l'odio razzista, la tortura, la violenza contro i civili innocenti non sono meno criminali se avvengono sotto la bandiera russa, imperiale o sovietica. E se crediamo che sia in corso una catastrofe umanitaria nel sud-est dell'Ucraina, allora dobbiamo chiedere la fine dell'operazione anti-terrorismo e l'inizio della riconciliazione sotto un controllo internazionale, non il sostegno militare ai nostri "fratelli" proveniente dal regime di destra e autoritario russo.

E, naturalmente, dobbiamo discutere la questione del fascismo ancor più seriamente riguardo alla Russia, sia per la logica (conseguente) degli eventi nella Repubblica popolare di Donetsk, che per quanto riguarda l'esempio diciamo, di Ihor Kolomoyskyi, con i suoi battaglioni privati​​, nel dare impulso alla formazione di tali elementi di fascismo classico nel nostro stesso paese. E' stato detto più di una volta che, nel breve termine, a prescindere da come finiranno gli eventi nel Donbass, dovremo probabilmente assistere all'ascesa al potere di alcuni di questi "eroi della Repubblica popolare di Donetsk" e la formazione, a partire dai ranghi delle milizie di ritorno in Russia, di un certo tipo di struttura paramilitare sotto il patrocinio di grandi uomini d'affari e gruppi di élite con inclinazioni patriottiche. Questi uomini-icona della DPR e i loro associati da poco reclutati possono essere facilmente impiegati in diversi scontri e repressioni politiche ed economiche, servire come esempi del carattere "nazionale-patriottico" del regime, essere portati in prima linea in caso di crisi, e in caso di estremo pericolo - assegnati ai primi posti.

Naturalmente, e parallelamente a questo, la retorica "anti-liberista" sarà rafforzata, senza, tuttavia, alcuna deviazione dal generale corso economico neoliberista - ma solamente come ridefinizione della figura del "traditore nazionale" liberale come spauracchio dei membri di qualsiasi tipo di opposizione. Sembra che qualcuno a sinistra sia pronto a dare una mano in questo impegno: alcuni semplicemente per odio nei confronti dei "liberali", altri perché desiderano trovare un piccolo, ma stabile posto per sé stessi nella nuova situazione. Si troveranno amalgamati nella stessa salsa anti-occidentale e "anti-liberale", insieme alla feccia conservatrice. 
Guardiamo, per esempio, al resoconto della "Conferenza della Resistenza" di Yalta sul sito rabkor.ru: "La lotta contro il nuovo regime di Kiev è in effetti una lotta contro l'UE, non semplicemente come lotta contro le politiche che distruggono le relazioni familiari ed eterosessuali, ma come sfida all'intera politica economica neoliberista e antisociale delle élite occidentali ", ha sottolineato nella sua relazione il Responsabile del Centro per la ricerca economica (IGSO) Vasily Koltashov. 

Tutti coloro che non sono soddisfatti di questo elegante consenso, tutti coloro che vogliono reali cambiamenti democratici, un reale progresso sociale in Russia, che sperano ancora che il nostro paese possa diventare non solamente un meschino predatore regionale, ma un esempio di democrazia, giustizia ed educazione per tutti, hanno bisogno di una nuova opposizione. Ma, affinché questo diventi possibile, è necessario, per quanto difficile possa apparire, mettere da parte le differenze di opinione rispetto all'Ucraina. Naturalmente, non è possibile mettere da parte le differenze di opinione con chi, in tutti questi mesi, ha affondato i propri denti nei computer, sostenendo l'operazione anti-terrorismo nei loro attacchi contro i "Colorados" (gli insorti filo-russi ), così come non è possibile mettere da parte le differenze di opinione con chi ha istericamente fatto appello ad una campagna contro Kiev e Lviv, al fine di sradicare il "Banderovismo" e l'"ucraino-fascismo". 
Possiamo invece pienamente simpatizzare con quegli ucraini che non vogliono vivere sotto il regime ucraino sempre più anti-democratico di oggi, e possiamo pienamente simpatizzare con quelli ucraini che vogliono proteggere il loro stato da ogni tipo di interferenza russa. Questa non è la nostra guerra, ma la nostra gente sta combattendo in essa - su entrambi i fronti; non solamente una minoranza di teppisti di ultra-destra, ma anche i loro leader ideologici e militari, i mecenati, e i mandanti della TV ufficiale. 
Un gran numero di persone provenienti dai più differenti strati sociali è pienamente in grado di comprendere e condividere questa posizione, ed è in grado di trasmetterla alla maggioranza della popolazione. 

Abbiamo bisogno di un programma di cambiamento radicale orientato alla maggioranza, un programma che metta insieme rivendicazioni democratiche e sociali; un programma che parta dalla constatazione che scambiare un gruppo di uomini d'affari con un altro, più "democratico", non può mai portare nulla di buono; un programma orientato simultaneamente verso una de-centralizzazione e verso l'unità del paese, visto che l'esempio ucraino ha dimostrato ancora una volta cosa possa venir fuori dal sogno di "governi nazionali accoglienti" in condizioni storiche e culturali che inadatte. 
Dobbiamo avere un orientamento verso i sindacati, che lottano ogni giorno per i diritti del lavoro, senza i quali nessun cambiamento democratico è possibile. Dobbiamo avere un orientamento verso l'intellighenzia e verso tutti coloro che non possono e non vogliono "mettersi in marcia" ma lavorare nel loro paese in condizioni normali. Dobbiamo orientarci verso i giovani, che presto o tardi cominceranno a ribellarsi contro gli idioti divieti conservatori. 
Queste persone sono pienamente in grado di costituire una vera maggioranza a dispetto dell'attuale atteggiamento ideologico - di fatto, effimero - "viva Putin, viva Stalin, viva il Mondo russo".
E dobbiamo chiedere un giudizio su coloro che con singolare cinismo hanno manipolato la psiche di milioni di telespettatori in tutti questi mesi, chiedere il libero accesso ai canali televisivi centrali per le diverse forze politiche (escluse quelle che propugnano la divisione etnica e religiosa), i movimenti sociali e i sindacati. 
Il nostro nemico è al Cremlino! 

* Kirill Мedvedev è un poeta, traduttore e attivista che vive a Mosca. E' il fondatore della band Arkady Kots. 
Il testo è stato pubblicato in russo su OpenLeft e tradotto in inglese da Maksim Hanukai per LeftEast.
Traduzione dall'inglese di Piero Maestri