Ucraina: contro la guerra, contro schieramenti di campo

Thu, 26/03/2015 - 19:28

Pubblichiamo la risoluzione adottata dal Consiglio internazionale della IV Internazionale. Un testo che riafferma le origini, il contesto e gli attori di un conflitto evitabile e che richiede uno sforzo di unità delle sinistre non nazionaliste dell'est europeo, con il sostegno delle sinistra anticapitaliste occidentali che non si rassegnano a dover scegliere logiche "campiste" (red. internaz.)

1. Da circa un anno almeno 5000 uomini e donne (principalmente civili) sono stati uccisi (ai quali bisogna aggiungere presumibilmente circa 2000 soldati) e più di 1,5 milioni di persone sono state cacciate dal Donbass dalla guerra, costrette a lasciare le loro case e i loro beni – la metà delle quali si sono rifugiate in Russia e il resto nelle diverse parti dell’Ucraina. Milioni di abitanti delle regioni orientali dell’Ucraina, da entrambi i lati del fronte, si sono ritrovati in una situazione di catastrofe umanitaria sotto un regime autoritario di stato di guerra di fatto, che ha impedito la resistenza popolare agli attacchi sociali.

2. Temendo un movimento socio-politico come Maidan, Putin ha descritto il regime post Janukovitch di Kiev in modo estremamente deformato come un regime dominato da fascisti antirussi per legittimare l’annessione della Crimea e il cosiddetto bisogno di “proteggere” le popolazioni russofone. Mentre gli “Ucraini” sono stati spesso assimilati ai “fascisti”, la ”guerra ibrida” nell’Est dell’Ucraina, strumentalizzata da Mosca per destabilizzare la svolta del Paese verso le istituzioni occidentali, ha trasformato la vita politica in Ucraina: si è sviluppata una retorica di odio e di vendetta, utilizzata dalle elite dirigenti in tutto il Paese per legittimare la loro politica antisociale – mentre la popolazione del Donbass, discreditata come “Vatniki” post sovietici (qualificativo peggiorativo riferito ai vestiti degli operai) era sottoposta al disastro dell’operazione anti-terrorismo (ATO) di Kiev.

3. Per questo noi facciamo appello ai militanti politici e sindacali d’Ucraina, di Russia, dell’Ue e del mondo intero, a rompere con le logiche unilaterali (“campiste”) che distruggono la solidarietà dei lavoratori e che avvantaggiano solo le forze della destra e conservatrici in tutte le regioni dell’Ucraina, come in Russia e nel resto dell’Europa.
La riunificazione della sinistra e del movimento operaio e progressista d’Ucraina su basi democratiche e di sinistra è ancora possibile ma la precondizione ad un tale orientamento è la de-escalation dello scontro politico e il cessate il fuoco. Ogni giorno di guerra rinforza la destra e i nazionalisti radicali (a volte apertamente neonazisti) da entrambi i lati del conflitto e rende maggiormente possibile l’introduzione di una dittatura autoritaria in tutta l’Ucraina. Inoltre questa solidarietà e riunificazione è il solo strumento per spezzare la logica di guerra, per stabilire la pace e consolidare una Ucraina come Stato indipendente e come società democratica. Questo implica esprimere la solidarietà con tutte le vittime del conflitto, difendere i diritti dei lavoratori, i diritti sociali e democratici, ivi compresi i diritti costituzionali linguistici e regionali e il diritto all’autodeterminazione, passando per l’autorganizzazione e l’espressione delle popolazioni.
Per questo siamo a favore di un cessate il fuoco – sotto controllo internazionale – perché non c’è soluzione militare progressista possibile. Nelle condizioni attuali, sappiamo che sarà firmato da attori internazionali e nazionali reazionari. Per questo una totale indipendenza rispetto a questi attori e un approccio critico alle condizioni di tale cessate il fuoco sono necessari per proteggere le condizioni future di una pace effettiva – cioè democratica e giusta – basata sulla mobilitazione delle popolazioni che difendono i loro diritti sociali e politici e le loro scelte.

4. Non riconosciamo alla Russia nessun “diritto storico” di controllare o di smantellare l’Ucraina, e sosteniamo il pieno diritto all’autodeterminazione di tutte le popolazioni d’Ucraina – ivi compreso in Crimea e nel Donbass – un diritto che non poteva essere espresso liberamente sotto pressioni autoritarie e militari, senza reale procedura democratica né scelta politica. E’ per questo che abbiamo denunciato l’annessione della Crimea.
Non riconosciamo neppure la legittimità all’espansione della Nato dopo la dissoluzione del Patto di Varsavia nel 1991 né ai diversi progetti e mezzi utilizzati dall’imperialismo occidentale per tentare di dominare le scelte politiche ucraine. Però sono in realtà l’esperienza passata delle politiche grandi-russe, la natura repressiva del regime di Putin, la guerra nel Donbass e l’annessione della Crimea che hanno rinforzato la legittimità della Nato agli occhi di una parte crescente della popolazione ucraina. L’aggressione concreta ha consolidato un sentimento ucraino anti Putin, ivi compreso nell’Ucraina orientale. Persino nel Donbass le forze pro russe hanno fatto fatica a mobilitare e a controllare tutta la regione.
La politica di Kiev e “l’Operazione anti-terrorismo” sono state disastrose, creando un sostegno popolare significativo per una maggiore autonomia. Eppure nel dicembre 2014, la grande maggioranza delle risposte ad un sondaggio erano a favore del mantenimento dello statuto delle due “repubbliche popolari” (RPD-RPL Donetsk e Luhansk) dentro l’Ucraina e solamente rispettivamente il 6 e il 4% degli intervistati pensavano che i territori ribelli dovevano vedersi accordati l’indipendenza o raggiungere la Federazione di Russia. La situazione è inoltre eterogenea e confusa, differente da una città o un villaggio all’altro, con una inquietudine e delle delusioni popolari crescenti in relazione alla capacità dei dirigenti delle “repubbliche popolari” di permettere le libertà politiche e di assicurare i diritti sociali nella vita quotidiana. Forti identità “regionali” e una sfiducia verso il governo di Kiev non significavano neppure un sostegno attivo a poteri estremamente violenti e non democratici. Persino il Partito comunista ucraino ha avuto più possibilità di esprimersi e di presentare dei candidati nel resto dell’Ucraina (a dispetto di certi appelli perché fosse bandito) che nelle cosiddette Repubbliche popolari. La popolazione locale è stata presa in ostaggio dai bombardamenti e dai crimini venuti da entrambi i lati.

5. Per questo siamo a favore di un cessate il fuoco immediato. Però non riconosciamo il contenuto politico degli accordi di Minsk.
Oltre ad essere un riconoscimento di fatto dell’annessione della Crimea, esprimono più esplicitamente un modo di stabilire una nuova Costituzione per l’Ucraina per mezzo di una procedura di diplomazia segreta dominata dalle grandi potenze e dai governi in una “divisione delle loro zone di influenza”: denunciamo questa logica.
L’obiettivo di Putin è di esercitare un certo controllo sulle scelte ucraine, senza assumere il costo delle sovvenzioni che l’industria di questa regione riceveva da Kiev. La denominazione “Nuova Russia” (“Novo Rossiya”) è stata quindi abbandonata per dare più credibilità a un progetto più “limitato” di “Stato” dentro lo Stato ucraino – sul modello della Repubblica Srpska (Entità serba di Bosnia). Gli accordi includono la modifica della Costituzione ucraina per fornire un apparato poliziesco e giuridico ai dirigenti locali, come condizione preliminare ad ogni controllo delle frontiere.
Il negoziato di Minsk non ha consentito un accordo sullo statuto del nodo ferroviario di Debeltseve dove varie migliaia di soldati ucraini si trovavano. La sua conquista che è costata la vita a probabilmente più di mille soldati, dà una continuità all’”Unione delle Repubbliche popolari” del Donbass. Così gli accordi di Minsk non hanno stabilito un cessate il fuoco stabile.

In pratica:
Sosteniamo tutti gli sforzi per un cessate il fuoco con controllo internazionale necessario, contro ogni offensiva militare. Il dispiegamento dei caschi blu dell’Onu che vengano da parti non implicate nel conflitto potrebbe essere necessario.
Siamo a favore di uno statuto neutro dell’Ucraina, del ritiro delle truppe russe e di una smilitarizzazione di tutte le regioni in guerra.
Siamo favorevoli ad una inchiesta su tutti i crimini di guerra e alla condanna dei criminali sulla base del Diritto internazionale in vigore e nello stesso tempo per il disarmo e lo smantellamento di tutte le unità paramilitari.
Difendiamo la necessità di una procedura democratica per la modifica della Costituzione Ucraina.
Condanniamo i discorsi xenofobi e di odio provenienti da tutte le parti e siamo a favore di movimenti antifascisti e antiguerra in Ucraina, in Russia come nell’Ue, indipendenti da tutti i governi e contrari alla propaganda di guerra e al razzismo. L’Ucraina non è “un errore della storia”; né gli ucraini né i russi vanno demonizzati.
Contro il cosiddetto ”aiuto” del Fmi e dell’Ue che impone nuovi attacchi contro i diritti sociali, chiediamo sforzi internazionali per la ricostruzione delle regioni distrutte dalla guerra e per il ritorno dei rifugiati e degli sfollati nelle loro case.
Facciamo appello ai militanti della sinistra politica e sindacale di tutte le parti dell’Ucraina perché si uniscano intorno ad un programma di giustizia sociale, che metta fine al saccheggio del Paese da parte degli oligarchi che sfuggono al fisco attraverso gli spostamenti dei capitali nei paradisi fiscali, e spezzando il cerchio vizioso dei prestiti al Fmi per rimborsare precedenti prestiti. Per sopravvivere e imporre i propri diritti sociali e politici la popolazione ucraina ha bisogno, come quella greca, di denunciare e di rifiutare le politiche di austerità con azioni collettive e di costruire partiti che sostengono realmente tale orientamento.
In Russia, in Ucraina e in tutti i Paesi europei, dentro o fuori l’Ue, ci battiamo per un’altra Europa basata sulla libera associazione di popoli sovrani, contro tutti i rapporti di dominio – ciò che per noi significa il socialismo.

Traduzione di Nadia De Mond.