Strategie e tattiche incrociate nel nord della Siria

Wed, 21/09/2016 - 18:43
di
Michael Karadjis

La Turchia, i ribelli, i curdi e Assad - ma anche Russia e Stati uniti - incrociano le loro strategie e le loro varie iniziative nella zona di confine turco-siriano. Le contraddizioni nelle mosse verso un'alleanza controrivoluzionaria regionale

Una settimana gli Stati Uniti accorrono in difesa dei loro alleati curdi delle Unità di Difesa del Popolo (Ypg) quando il regime di Assad li bombardava ad Hasake; la settimana successiva molte voci pro-Ypg accusano gli Usa di tradimento per aver supportato l'intervento della Turchia in Siria, con più di cinquemila truppe dell'Esercito Libero Siriano (Els), per espellere l'Isis dalla città di confine di Jarabulus.
Comunque sia la volubilità non rappresenta una spiegazione utile del comportamento degli statunitensi. Piuttosto entrambi gli eventi suggeriscono che siano in gestazione i contorni di un accordo regionale per una soluzione reazionaria della crisi siriana. Se ciò suona complottista è bene sottolineare da subito che nulla di tutto ciò si è realizzato definitivamente, molto potrebbe cambiare, e molti attori potrebbero essere soddisfatti solamente a metà. Ciò nonostante il fatto che stati che sembrano essere in disaccordo tra loro conducano negoziati dietro le quinte non è una grande rivelazione.

E soprattutto è sempre bene tenere in mente che quando gli stati capitalisti sostengono parzialmente delle rivoluzioni, per i propri interessi geopolitici o altre ragioni, lo scopo è una qualche forma di pressione o manipolazione. La sconfitta in Siria dell'eccezionale insurrezione popolare è sempre stata, in un modo o in un altro, lo scopo finale di tutte le potenze regionali e globali, anche tramite strade differenti.

Turchia: le giravolte diplomatiche dell'Akp
Parte di tutto ciò è collegato alle recenti giravolte diplomatiche del governo turco di Tayyip Erdogan ed il suo Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (Akp), un deciso sostenitore dei ribelli siriani. Ciò include la molto pubblicizzata riconciliazione con Russia ed Israele (che già da sé hanno formato un'alleanza molto stretta nel corso dell'ultimo anno, con infinite visite di alto livello tra Putin e Netanyahu), l'ulteriore rafforzamento delle sue relazioni con l'Iran (che sono sempre rimaste forti nonostante supportino fazioni opposte in Siria) e la dichiarazione del primo ministro Binali Yildarim (che recentemente ha rimpiazzato Ahmet Davutoglu) sul fatto che la Turchia non sia più contraria ad un ruolo per Assad in un governo di “transizione” composto da elementi del regime e dell'opposizione, una posizione che mette la Turchia in linea con la posizione degli Stati Uniti e in conflitto con quella dell'opposizione siriana. Yildarim recentemente ha anche affermato che i legami della Turchia con la Siria “torneranno normali”.

Gli statunitensi impongono la prima No Fly Zone in Siria... per difendere il Rojava
Come è ben noto, le Ypg – legate al Partito di Unione Democratica (Pyd) – e il regime di Assad hanno un pragmatico patto di non aggressione a lungo termine, che ogni tanto viene rotto con conflitti minori, in altre occasioni porta alla collaborazione – incluso l'aiuto nel recente assedio della ribelle Aleppo.
Comunque sia la ferocia dell'ultimo scontro ad Hasaka è cosa nuova: è stata la prima volta in cui Assad abbia impiegato contro le Ypg la sua aviazione, solitamente utilizzata per massacrare la popolazione civile nelle aree controllate dai ribelli.

Questo potrebbe essere stato un messaggio di Assad alla Turchia, in risposta al sondare il terreno da parte dei turchi. Un dirigente dell'Akp recentemente notava che Assad “non supporta l'indipendenza dei curdi” e perciò stanno “portando avanti la stessa politica”, nonostante Assad sia un assassino. Ciò è vero: nonostante il pragmatismo delle Ypg, Assad ha energicamente rifiutato l'indipendenza curda. E vista l'attuale crescita della lotta dei curdi in Iran , gli evidenti incontri turco-iraniani sono quasi certamente anti-curdi nel contenuto e l'Iran potrebbe agire come connessione tra Erdogan e Assad.
Sia la Russia che gli Usa sono stati sostenitori chiave delle Ypg. Dall'inizio dell'invasione russa dello scorso settembre il Pyd e le Ypg si sono dichiarate a favore dei bombardamenti russi contro i “jihadisti” (anche se in pratica sono stati soprattutto contro i ribelli e molto raramente contro Isis). In cambio le incursioni aeree russe sono state utilizzate per aiutare le Ypg di Afrin contro i ribelli a febbraio, aiutando a catturare numerose città a maggioranza araba sotto il controllo dei ribelli nel nord di Aleppo, inclusa Tal Rifaat, un emblematico centro di resistenza contro Assad ed Isis. Ma la riconciliazione di alto livello di Putin con Erdogan suggerisce che la Russia abbia scaricato le Ypg come una patata bollente, visto che si tratta del principale sostenitore di Assad anche quando attacca i curdi.

L'alleanza degli Stati Uniti con le Ypg, comunque sia, è ancora più di fondo. L'aviazione americana negli ultimi due anni è stata utilizzata per tutte le operazioni anti-Isis condotte dalle Ypg e dalle Forze Democratiche Siriane (Fds), alleanza che include piccole componenti non curde. Gli statunitensi hanno anche impiegato “forze speciali” accanto alle Ypg e hanno anche istallato la loro prima base militare in Siria nella parte orientale del Rojava.

Con questo forte investimento nell'alleanza con le Fds gli Usa hanno imposto la loro prima No Fly Zone in Siria sopra il Rojava orientale. Dopo che gli aerei d'attacco siriani SU-24 hanno bombardato l'area il 18 Agosto, il portavoce del Pentagono Capitano Jeff Davis ha segnalato, in contemporanea all'intercettazione degli stessi da parte dei caccia statunitensi, che per gli aerei del regime “sarebbe saggio non fare cose che li metterebbero a rischio”. I caccia della coalizione Usa si sono confrontati ancora una volta il giorno successivo con gli aerei da guerra del regime e li hanno “incoraggiati”, afferma Davis, “a lasciare lo spazio aereo senza ulteriori incidenti”.

Per inciso, la facilità con cui gli Stati Uniti hanno effettuato questa No Fly Zone contraddice tutto quel parlare del pericolo di una Terza Guerra Mondiale se si fosse fatta una No Fly Zone per proteggere i civili dai bombardamenti da genocidio fatti da Assad. Certamente gran parte del mondo non noterà questa No Fly Zone, finché sarà imposta dagli Usa per proteggere forze americane o le Ypg: non verrà certamente vista come un qualsiasi tipo di “intervento americano” dal “movimento contro la guerra” occidentale, dato che più di due anni di bombardamenti, con centinaia di vittime civili, non sono stati considerati come tale. Un grandissimo putiferio contro “l'intervento americano” avverrà soltanto se gli Usa, in qualche universo parallelo, usassero le forze che già intervengono in Siria per proteggere ospedali e scuole dai bombardamenti in aree controllate dai ribelli.
In ogni caso non è una notizia l'irrilevanza del dinosauro che si auto-definisce “movimento contro la guerra” anche quando, in gran parte, fa propaganda per una delle più brutali guerre della storia moderna contro i civili. La sua irrilevanza nella politica mondiale di oggi è senza dubbio ampiamente meritata.

Oltre l'assurdità della “Nuova Guerra Fredda”: l'alleanza regionale per la contro-rivoluzione
Il recente dibattito su una presunta convergenza “Russia-Turchia-Iran” sulla Siria solitamente afferma che la nuova inclinazione di Erdogan verso Mosca sia stata causata dal reticente supporto che gli Usa hanno dato al governo della Turchia contro il recente tentativo di colpo di stato, il rifiuto americano di consegnare Gulen, considerato responsabile del golpe dalla Turchia, e il supporto su larga scala dato dagli Stati Uniti alle Ypg/Fds per aiutarle ad espellere l'Isis da Manbij nella Siria settentrionale, non così molto a sud dal confine turco.
Comunque sia, il discorso che la Turchia si stia così “avvicinando alla Russia ed allontanando dagli Stati Uniti sulla Siria” è basata sull'idea che esista ancora la Guerra Fredda. In Siria almeno gli Usa e la Russia vedono il conflitto siriano “fondamentalmente in modo molto simile” come il Segretario di Stato John Kerry ha fatto intendere chiaramente. Mentre ciò non esclude rivalità minori o differenze tattiche, in realtà la nuova posizione della Turchia per la quale Assad può rimanere “temporaneamente” significa che Erdogan adesso condivide la posizione Usa dirigendosi in parte verso la posizione russa.

Il discorso sulla Guerra Fredda non riesce a spiegare le evidenti negoziazioni tra Usa e Russia per intraprendere bombardamenti congiunti contro Jabhat al-Nusra che significherebbe quasi inevitabilmente anche bombardare ribelli che non sono al-Nusra, data l'attuale geografia dell'insurrezione. A dir la verità ci sono stati anche resoconti di bombardamenti contro i ribelli ad Aleppo da parte della coalizione guidata dagli statunitensi durante il recente assedio.
Infatti la convergenza tra Russia, Turchia ed Iran sarebbe più correttamente da intendersi come un'intesa che include anche gli Stati Uniti ed Assad, con certamente qualche differenza.

Sebbene parte di questa intesa sia anti-curda, come abbiamo visto in Hasake, questa sarà soltanto parziale dal punto di vista degli Usa, specialmente se gli statunitensi vogliono ancora usare le Ypg per il compito potenzialmente suicida di attaccare l'Isis nella sua capitale Raqqa, dritti a sud di Kobane.
Altra parte di questa intesa è contro i ribelli, solo parzialmente nel caso dei turchi. La Turchia ha consentito il flusso di armi verso i ribelli finché combattevano per rompere con successo il recente assedio totale di 300mila persone ad Aleppo da parte di Assad; se la rottura non fosse avvenuta l'assedio avrebbe condotto ad una catastrofe. Questo aspetto non implica aiutare il regime nell'impossibile compito di distruggere totalmente i ribelli, ma piuttosto nel contenerli nelle attuali aree, forzandoli a fermare la lotta contro il regime per usarli solamente per combattere Isis o anche al-Nusra, e pressandoli affinché accettino un accordo con il regime che includa Assad “temporaneamente”.

Questo è il modello che gli Stati Uniti hanno fatto rispettare al politicamente moderato, ma militarmente tenace, Esercito Siriano Libero – Fronte Meridionale. Gli Usa lo hanno trattenuto dall'avanzare verso Damasco aiutando così il regime a forzare la resa della città rivoluzionaria di Darraya. Perciò, nonostante sia al di fuori degli scopi di questo articolo, la resa e la pulizia etnica di Darraya, e ora di numerosi altri piccoli centri rivoluzionari, sembra essere parte di questo stesso processo di “pulizia” controrivoluzionaria.

L'intervento Turco a Jarabulus: tra liberazione e massacro
In questo contesto, mentre garantiscono per il momento il controllo delle Ypg-Fds sui territori ad est del fiume Eufrate (ovvero da Kobane ad Hasake e Qamishle), gli Stati Uniti cercano di mantenere un “equilibrio” tra i loro alleati turchi e quelli delle Forze Democratiche Siriane fornendo supporto aereo all'intervento diretto della Turchia in Siria insieme a cinquemila combattenti dell'Esercito Siriano Libero dalle regioni di Azaz-Mare e di Idlib, per sfrattare Isis dalla città di confine di Jarabulus.

Il regime turco ha certamente i propri obiettivi in questa operazione, che potrebbero a volte coincidere con gli scopi dei ribelli siriani, pur rimanendo in generale distinti. E ci sono indicazioni che i combattenti dell'Esl non siano ignari del pericolo di rimanere intrappolati da interessi differenti dai propri. Comunque sia, sottolineando che questi ribelli che hanno base a nord di Aleppo hanno combattuto contro Isis per anni, hanno agito secondo i propri interessi quando hanno liberato la città a maggioranza araba di Jarabulus.
Schiacciati nella sacca di Azaz-Mare a nord di Aleppo fin dall'offensiva Russia-Assad-Ypg di febbraio che li ha tagliati fuori dalla città, questi ribelli hanno avuto bisogno di espandere la loro area di azione. Senza essere notati dal mondo, loro avevano appena liberato la settimana precedente – in gran parte senza aiuto – l'importante città di al-Rai sul confine turco, con un'offensiva da Azaz verso est. Dalla presa attuale di Jarabulus il loro scopo è di ricollegarsi ad al-Rai e da lì ad Azaz, ottenendo pieno controllo di questa parte di confine a danno dell'Isis. Sia a Manbij che a Jarablus, prove video mostrano che la popolazione è sollevata dall'essersi liberata della tirannia dell'Isis (e a Manbij anche dei bombardamenti statunitensi, che hanno causato centinaia di morti), nonostante i due differenti liberatori.

La Turchia ha a lungo affermato che non avrebbe permesso alle Ypg di avanzare a ovest del fiume Eufrate. Ad est del fiume vi è l'emblematica città curda di Kobane, che ha resistito ad un furioso assedio di Isis alla fine del 2014, e Pyd/Ypg/Fds controllano l'intero confine turco da lì fino ad Hasake e Qamishle nel nord-est (ovvero i cantoni di Kobane e Jazirah del Rojava). Kobane stessa, e molta della regione di Hasake-Qamishle, è a maggioranza curda, e i curdi hanno lì esercitato il loro legittimo governo autonomo per un numero di anni, portando avanti il proprio processo rivoluzionario.
Però, la regione di Tal Abyad tra Kobane e Hasake, liberata dal controllo dell'Isis da parte delle Fds e dall'aviazione americana nel 2015, è a maggioranza araba; la defezione dalle Fds soltanto alcuni giorni fa della principale componente Esl che ha base a Tal Abyad, Liwa al-Tahrir, suggerisce che la ritirata dell'Isis potrebbe ridurre il bisogno dei ribelli provenienti dall'Esl a est dell'Eufrate di rimanere sotto la dominazione delle Ypg.
La città a maggioranza araba di Jarabulus è di fronte a Kobane sul lato ovest dell'Eufrate; anche la città a maggioranza araba di Manbij è a ovest dell'Eufrate ma non sul confine. Alcuni mesi fa la Turchia ha accettato il massiccio supporto aereo americano dato all'offensiva delle Ypg/Fds per espellere l'Isis da Manbij, alla condizione che le Ypg a quel punto ritornassero ad est una volta messa in sicurezza Manbij. Ciò è stato interpretato come lasciare Manbij alla componente araba non Ypg delle Fds, in particolare al Consiglio Militare di Manbij.

Dopo la liberazione di Manbij le forze dell'Fds chiamate “Consiglio Militare di Jarabulus” hanno mosso verso nord e preso numerosi villaggi in mano all'Isis, con lo scopo ultimo di prendere Jarabulus. I turchi e le truppe dell'Esl però hanno contrastato ciò prendendo Jarabulus per primi. Essendo una strategica città di confine a maggioranza araba, il fatto che l'Esl abbia ricevuto diretto supporto dalla Turchia nell'espellere l'Isis non è così differente fondamentalmente dalle Fds che ricevono supporto diretto dagli Stati Uniti per espellere Isis da Manbij.
Però ciò che è successo successivamente è molto più preoccupante. Mentre le informazioni sulla composizione etnica di questi villaggi a sud di Jarabulus, e sulla relazione tra i liberatori delle Fds e gli abitanti, è scarsa, queste sono questioni che devono essere risolte dalle sole forze siriane locali – l'Esl e le Fds – senza che l'esercito turco giochi alcun ruolo. Ma nel momento in cui l'Esl ha cominciato a combattere queste unità delle Fds a sud di Jarabulus la Turchia è direttamente intervenuta. Ciò è subito degenerato ulteriormente nel momento in cui l'aviazione turca ha cominciato a bombardare questi villaggi controllati dalle Fds, provocando, ovviamente, crimini di guerra, come il massacro di 28 civili ad Amarinah il 27 agosto.
Sono crimini come questi che approfondiscono ulteriormente le divergenze tra civili curdi e arabi, e tra movimenti di liberazione di entrambi i popoli, esattamente come è stato fatto con la ben più massiccia collaborazione tra le Ypg e la Luftwaffe russa a febbraio per catturare territorio non curdo dai ribelli. Mentre gli attuali scontri non sono di quell'ordine, qualsiasi partecipazione di ribelli siriani in una possibile avanzata turca per prendere Manbij raggiungerebbe certamente le grandi dimensioni del disastro di Tal Rifaat (anche se sembra gli Usa si oppongano questo genere di mossa).

La Turchia dichiara che sta combattendo i combattenti delle Ypg, che non sono tornati ad est; leader curdi come per esempio l'ufficiale del Pyd Nawaf Xelil hanno pubblicamente concordato che l'accordo sia ritirarsi ad est, e affermano di averlo fatto, quindi la Turchia sta combattendo le Fds locali; mentre altri hanno accusato gli Usa di “tradimento”, e il portavoce Ypg Redur Xelil ha rifiutato la richiesta di ritirarsi a est e ha negato di aver lasciato Manbij. Nel frattempo il vice presidente americano Biden, durante una visita di stato in Turchia, cercando di compiacere l'ospite turco, ha segnalato alle Ypg che avrebbero perso il supporto Usa se fossero rimaste a ovest dell'Eufrate.
Parte di tutto ciò sembrano essere intimidazioni ad uso pubblico o per saggiare il terreno; sia la Turchia che lil Pyd hanno ambizioni che vanno al di là degli accordi presi. I leader turchi affermano di voler ripulire l'intera regione da “tutti i terroristi” - Isis e Ypg – e molti critici dell'operazione turca affermano che lo scopo reale della Turchia sia di distruggere il Rojava. Qualsiasi avventura turca per attaccare l'attuale Rojava – ovvero le regioni a est dell'Eufrate a maggioranza curda sotto il controllo delle Fds – deve essere ovviamente condannato, ma è improbabile che ciò accada su qualsiasi scala (al di là di alcuni scontri nei dintorni di Kobane) perché sarà contrastata dagli Stati Uniti.

Infatti, quando le Fds sono state spinte a sud del fiume Sajoor che separa le regioni di Jarabulus e Manbij, i portavoce del Pentagono hanno chiesto la fine dei combattimenti, definendoli “inaccettabili” e invitando la Turchia a concentrarsi sull'Isis, sottolineando il loro supporto continuo alle Fds.
Questo riorientamento sembra essere avvenuto: il 3 settembre carri armati turchi hanno attraversato al-Rai per aiutare i ribelli che hanno catturato circa un'altra dozzina di villaggi controllati dall'Isis nella regione, sperando di chiudere lo spazio vuoto che li divide da Jarabulus. [al momento della scrittura di questo articolo la Turchia e l'Esl hanno connesso al-Rai a Jarabulus e completamente espulso l'Isis dal confine, un fatto senza dubbio positivo]

I piani delle Ypg di “connettersi” ad Afrin: una catastrofe fortunatamente evitata
Le Fds si sono già alienate il supporto dei ribelli con l'imposizione unilaterale del loro sistema a Manbij, demolendo il consiglio eletto dal popolo che ha governato la città prima che Isis la prendesse nel 2014. Come riportato dal giornalista Haid Haid, questo è ciò che ha affermato Hassan Hamidi, un attivista di Manbij:
“Noi apprezziamo veramente tutto ciò che i combattenti delle Fds hanno fatto per cacciare Isis fuori dalla città, però sembra che si stia passando da una dittatura ad un'altra. Il consiglio locale di Manbij, che era stato eletto per governare la città, è stato prima estirpato dall'Isis ed ora dissolto dalle Fds.”

Haid cita anche Mustafa al-Nifi, un residente di Manbij: “Speravamo tanto che le Fds fossero in grado di condividere il potere con gli abitanti e permettere loro di governarsi da sé. Però sembra che fosse un trucco, tutto è stato pianificato molto in anticipo. Hanno nominato persone che non conosciamo per governare la città. Hanno anche dato a Manbij un nome curdo, Mabuk, e imposto su di noi un sistema federale. Non ci è stato lasciato nulla da decidere.”
Haid nota che il Pyd nega tali accuse. “Noi non stiamo imponendo nulla a nessuno. Abbiamo creato un nuovo consiglio locale e nominato persone per governare temporaneamente, dato che è difficile organizzare elezioni a Manbij adesso”, ha affermato Kader Biri, un membro del Pyd di Afrin. Ma, secondo Haid, “nonostante sia stato un passo positivo la creazione di un consiglio locale, imporre scelte dei membri del Pyd senza coordinarsi con notabili, attivisti e membri dei precedenti consigli locali ha mandato segnali sbagliati sull'impegno del Pyd per l'inclusione delle comunità non curde della Siria del nord e la condivisione del potere con esse.”

In aggiunta, secondo Mutlu Civiroglu, portavoce di primo piano sugli affari curdi e vicino al Pyd, lo scopo principale dopo aver preso Manbij è stato di “connettersi” territorialmente fino alla città curda di Afrin nel nord-ovest della Siria, prendendo il controllo della regione che si trova nel mezzo (il Pyd afferma apertamente che questo sia stato il loro obiettivo per molto tempo, come affermato dal co-presidente del Pyd Salih Muslim il 3 Luglio e dal dirigente Polat Canalcuni mesi prima). Senza dubbio in parte accusare gli Usa di “tradimento” è semplicemente una reazione al boccone amaro rappresentato dal fatto che l'intervento della Turchia abbia bloccato questo progetto di “connessione”; e molte delle affermazioni sul fatto che la Turchia stia “distruggendo il Rojava” o negando il diritto “dei curdi” di avere la loro regione autonoma unita sono basati sull'interruzione di questo collegamento territoriale.

Inoltre la gran parte della regione di confine da Jarabulus ad Azaz è etnicamente non curda, soprattutto araba e turcomanna, e la rivendicazione che l'intero nord sia tutto “Rojava” sembra essere basata su niente più che il fatto che il Pyd abbia dichiarato che sia così. Infatti l'area unilateralmente rivendicata come Rojava/Federazione della Siria del Nord è tre volte la dimensione delle regioni a maggioranza curda e due volte la dimensione di quelle in cui i curdi sono presenti anche come minoranza. Questa regione non ha motivazione etnica, storica, geografica, o culturale come regione separata.
Conquistare queste migliaia di chilometri quadrati di territorio etnicamente misto, in gran parte non curdo, sarebbe impossibile senza il supporto dell'aviazione sia Usa che Russa. Entrambi hanno deciso, saggiamente, di evitarlo, e non ha senso lamentarsi che uno schema così avventurista non venga supportato. Certamente se entrambe le potenze imperialiste volessero forzare tramite una tale operazione si avrebbe una catastrofica perdita di vite e un enorme nuovo flusso di rifugiati.

Mentre la volontà della Turchia di impedire l'unificazione di tale stato sotto il controllo del Pyd è certamente anti-curda e connessa alla sua brutale guerra contro la propria minoranza curda nel sud-est della Turchia, allo stesso tempo tale obiettivo coincide con il giustificabile desiderio dei ribelli, che sono a maggioranza araba e turcomanna, di liberare aree che sono loro naturale base di supporto.
Dall'altra parte la situazione non è senza pericoli. Ci sono minoranze curde in questa regione, in particolare in alcune aree rurali più lontane dalla striscia di terra sul confine turco (vedi mappa demografica al link sopra). Se la Turchia non si ritira rapidamente, o se i combattenti dell'Esl diventano troppo strettamente legati alle forze turche intervenute, potrebbero rischiare di essere trascinati in un conflitto con i loro fratelli curdi per volere di una potenza straniera.

Stati Uniti, Iran, Assad: perché va bene per il momento consentire un'operazione dell'Esl
Come per gli Usa, sia la Russia che l'Iran sembrano aver dato il via libera all'operazione di Jarabulus. Mentre la Russia ha solamente espresso “preoccupazione”, l'Iran inizialmente è rimasto “visibilmente in silenzio”, per poi suggerire che la Turchia avesse bisogno di muoversi più velocemente per completare le sue azioni di “anti-terrorismo” e ritirarsi, ma fonti iraniane hanno affermato che la Turchia e Assad si stanno coordinando tramite l'Iran.

Mentre il regime di Assad ha formalmente denunciato una violazione della propria presunta “sovranità”, la Turchia dichiara di averlo informato in anticipo, con il vice primo ministro che crede che “Damasco sia anche infastidita da ciò che sta accadendo nei dintorni di Manbij”, dato che “recentemente ha colpito obiettivi del Pyd”. Anche Yildarim insinua che Damasco capisca che il Pyd “abbia cominciato ad essere un pericolo”. Nel mezzo dell'operazione di Jarabulus, Yildarim ha dichiarato il 2 settembre: “Noi abbiamo normalizzato le nostre relazioni con Russia e Israele. Ora, se Dio vuole, la Turchia ha preso l'importante iniziativa di normalizzare le relazioni con Egitto e Siria.”
Però il ragionamento che Assad possa segretamente approvare l'operazione turca, a cassa di una comune ostilità per l'entità curda, contiene alcuni buchi. Ovviamente in primo luogo il fatto che la Turchia stia lavorando con l'Esl, che rappresenta l'insieme di forze che di gran lunga più provano a rovesciare il suo regime, indipendentemente dalla sua opposizione per l'indipendenza curda.

In aggiunta, anche il supporto Usa per questa operazione si presenta con un punto interrogativo (e non solamente perché apparentemente la Turchia ha agito unilateralmente all'ultimo momento e messo in ombra i piani statunitensi di esercitare più controllo su questa operazione). A oggi la condizione centrale per il supporto americano per qualsiasi forza ribelle che combatta l'Isis è stata la richiesta di abbandonare la lotta contro Assad – ciò è stato il caso sia della sfortunata Divisione 30 nel nord (ragione per cui i suoi numeri erano così pateticamente bassi) che del Nuovo Esercito Siriano nel sud-est; mentre certamente le Fds, le forze anti-Isis favorite dagli Usa, per definizione in gran parte non combattono Assad. Per contrasto, mentre i ribelli di Azaz-Mare-Tal Rifaat si sono scontrati contr Isis in quella regione per anni, non hanno mai finora ricevuto alcun sostanziale supporto americano per questo (infatti normalmente vengono bombardati da Assad ogni volta che combattono l'Isis a nord di Aleppo).

Perciò l'insistenza di Erdogan per una “safe zone” nella Siria settentrionale lo scorso anno aveva incontrato il rifiuto immediato degli statunitensi, perché i gruppi ribelli siriani a cui Erdogan voleva lasciare il controllo avrebbero usato il territorio come base per combattere il regime. Il portavoce del Dipartimento di Stato Usa Mark Toner sottolineava: “noi siamo stati abbastanza chiari dal palco e ovunque affermando che non c'è nessuna zona, nessun paradiso sicuro, noi qui non stiamo parlando di ciò”, insistendo che potrebbe appoggiare solamente una “Isis-free zone” ma nessun tipo di “safe zone” e certamente nessuna pattugliata dai ribelli.

Ma qualcosa di importante è cambiato quest'anno a febbraio. Bombardando le Ypg/Fds a Tal Rifaat e in altre regioni a nord di Aleppo con popolazione araba, la Russia ha tagliato fuori i ribelli nella sacca di Azaz-Mare dalla città di Aleppo, in questo modo effettivamente estromettendoli dal fronte contro Assad. Così adesso anche se intenzionati a combattere Assad, e nessuno ha preso l'impegno di abbandonare tale lotta, materialmente non possono. Quindi supportarli per prendere il controllo della striscia di confine tra Jarabulus e Azaz è diventato “sicuro” dal punto di vista degli statunitensi – e più sicuro di prima anche dal punto di vista di Assad. Quanto è ironico che sia stata proprio la cacciata dei ribelli da parte delle Ypg a Tal Rifaat che ha permesso agli Usa di supportare l'operazione turca che ha bloccato lo schema di “connessione” delle Ypg!

Poi c'è una motivazione finale del perché Assad potrebbe aver approvato con riluttanza il lancio da parte della Turchia di un'operazione a guida Esl contro Isis nel nord: al di là dei combattenti da Azaz-Mare, l'operazione ha portato anche combattenti di Idlib a muoversi verso un distante teatro di guerra invece del campo di battaglia chiave a sud di Aleppo. Dai primi di settembre, nel mezzo dell'operazione nel nord, il regime ha cominciato un nuovo determinato tentativo di re-imporre l'assedio totale che è stato rotto parecchie settimane prima dalla veramente eccezionale operazione di circa 30 gruppi ribelli che hanno lavorato insieme. [Aggiornamento: nel corso della stesura di questo articolo il pieno accerchiamento è stato imposto nuovamente] Ciò di nuovo fa diffondere la teoria popolare tra alcuni circoli rivoluzionari: Assad consente alla Turchia di fermare le Ypg in cambio dell'abbandono dei ribelli di Aleppo da parte dei turchi per lasciarli al regime. Complottismo? Forse, ma non è campato in aria: se ciò fosse vero le implicazioni sarebbero catastrofiche.

Cambiamenti nella politica interna turca in relazione alla safe zone
La Turchia è sopraffatta da circa 3 milioni di rifugiati siriani; la base per gran parte dell'opposizione ad Assad da parte dell'Akp è stato il bisogno di rimuovere la fonte di questa massiccia instabilità, insieme alla solidarietà sentita da molta della base “islamista” moderata dell'Akp nei confronti di questi rifugiati siriani arabi e della loro lotta – la stessa base che ha spinto l'Akp a rompere l'alleanza decennale con Israele e far propria una posizione pro-Palestina. Ironicamente, vista la ripresa dal 2015 della guerra con i curdi, questo stesso “islamismo” moderato aveva consentito all'Akp di aprire un dialogo con i curdi con modalità che i regimi Kemalisti e nazionalisti turchi non avevano adottato in 80 anni, istituendo importanti riforme linguistiche e culturali per la minoranza curda e cominciando un “processo di pace” che coinvolgeva il Pkk. Palestinesi, rifugiati siriani arabi e curdi erano tutti “musulmani” dopo tutto, durante il decennio in cui l'Islam era stato temporaneamente elevato sopra all'essere turchi come parte di un cambiamento nel dominio di classe in Turchia.

Il regime di Erdogan aveva bisogno di consolidare la nuova posizione all'interno dello stato della borghesia anatolica tradizionalista che l'Akp rappresenta, dopo decenni passati nell'ombra della grande “secolare” borghesia kemalista. Ma una volta che questo nuovo accordo non scritto di condivisione di poteri era stato completato, la ricostituzione del regime kemalista, sebbene con un po' più di colorazione “islamista”, era all'ordine del giorno. L'affermazione secondo la quale le sempre più repressive mosse di Erdogan, sin dal rilancio della guerra contro il Pkk e i curdi a metà del 2015, siano parte della costruzione di uno “Stato Islamico” è inesatta, e quella secondo la quale ciò sia relativo ad un nuovo “Impero Ottomano” è soltanto oriantalismo. Lo stato nazionale kemalista turco è lo strumento tramite cui la borghesia turca governa.
In questo contesto, la Turchia può avere la sua “safe zone” nella Siria del Nord, sia per impedire che il Rojava assuma una continuità territoriale sui confini meridionali turchi che per permettere uno spazio per la Turchia per riportare in Siria una parte della sua imponente popolazione di rifugiati siriani.
Infatti la Turchia aspira a costruire intere “città di rifugiati” nella “safe zone”. Entrambi gli scopi consentono ad Erdogan di rafforzare la sua nuova alleanza con l'opposizione moderata (Chp) e i nazionalisti turchi di destra (Mhp), entrambi i quali disprezzano i rifugiati siriani tanto quanto sono ostili alla lotta dei curdi, e che si sono opposti alla politica di Erdogan sulla Siria da un punto di vista pro-Assad; entrambi supportano l'attuale operazione, dato che possono rimandare indietro i rifugiati senza allo stesso tempo dover “pericolosamente” supportare la lotta contro Assad come sottintendeva la proposta di safe-zone dell'anno scorso.

Le dichiarazioni di Yildarim sulla riconciliazione con la Siria fin da quando ha rimpiazzato Davutoglu corrispondono molto alla direzione generale, così come le restrizioni in aumento della Turchia sull'entrata di rifugiati siriani, che ha portato a un numero prima impensabile di brutali uccisioni da parte delle guardie di confine turche quest'anno, e anche alla costruzione di muri sulle frontiere.
Inoltre, la forte presenza etnica turcomanna consente alla Turchia anche di provare a controllare la “safe zone” tramite forze “nazionali” delegate, che danno ai nazionalisti turchi una ragione extra per intervenire in questa particolare regione. La relativamente recente apparizione di occasionali combattenti pro-Mhp nelle regioni turcomanne è connessa con questo nuovo focalizzarsi, dopo anni di opposizione di tale partito alla politica anti-Assad dell'Akp.

Quali brigate ribelli sono coinvolte nell'operazione?
Comunque sia, se tutto ciò avrà successo o no rimane una grande domanda. Mentre l'analisi generale qui indica che il regime di Assad potrebbe, dietro le quinte, essere parte di questo nuovo accordo, lo sarebbe solo con riluttanza, e Assad avrebbe anche motivi per essere preoccupato. Anche se l'analisi secondo la quale la Turchia aspira a tenere i ribelli sotto controllo in questa zona fosse corretta non c'è alcuna garanzia che sarà in grado di controllare la significativa coalizione ribelle ora operativa nella regione. La gran maggioranza delle forze ribelli e dell'Esl coinvolte non sono né etnicamente turcomanne né specificatamente forze delegate in alcun altro modo. La gran parte sono genuini rappresentanti delle forze rivoluzionarie siriane nella regione. Secondo Charles Lister, una persona che sa con certezza di cosa parla, i gruppi coinvolti in questa operazione di Jarabulus sono:
* Sultan Murad (brigata Esl turcomanna, attualmente si pensa sia stata pesantemente infiltrata da nazionalisti turchi);
* Faylaq al-Sham (vicina alla Fratellanza Musulmana, molto moderata; ad Idlib è stata membro della coalizione Jaysh al-Fatah, ma ne è uscita rifiutando la grande influenza di Al-Nusra in essa);
* Jabhat al-Shamiya (il “Fronte del Levante”, una coalizione islamista molto moderata, che generalmente prende le insegne dell'Esl, include molti ex combattenti di Liwa al-Tawhid, Jaysh al-Mujahideen ed ecc... ; chi pensa ci possano essere solo moderati cristiani ma non musulmani guardi questo video da loro prodotto;
* Nour al-Din al-Zinki (islamisti moderati indipendenti, anche se recentemente i comportamenti banditeschi sembrano essere aumentati);
* Tredicesima Divisione dell'Esl (che ha condotto per alcuni mesi la lotta contro al-Nusra ad Idlib esplosa durante manifestazioni di massa nel corso del cessate il fuoco all'inizio di quest'anno);
* Suqor al-Jebel (brigata Esl di Idlib, in passato parte del Fronte dei Rivoluzionari Siriani, poi della Quinta Brigata);
* Jaish al-Tahrir (che è il gruppo che ha da poco disertato dalle Fds, Esl di Tel Abyad);
* Divisione Hamza (coalizione Esl di cinque gruppi, messa in piedi a Mare per combattere Isis);
* Jaish al-Nasr (coalizione Esl di sedici gruppi, per la gran parte ad Hama e Idlib);
* Brigata Mutassim (ben armata dagli Stati Uniti, ne fanno parte alcuni ex combattenti della Divisione 30 che gli Usa hanno armato per combattere Isis soltanto; questa sembra essere l'unica di queste brigate Esl che si sappia aver accettato il diktat degli statunitensi di abbandonare la lotta contro Assad);
* Ahrar Tel Rifaat (ovvero combattenti Esl espulsi da Russi e Ypg con la conquista di Tal Rifaat a febbraio);
* Liwa al-Fateh (islamisti, una volta parte di Liwa al-Tawhid).
Nel frattempo la notizia più recente è che a questi gruppi si sono uniti combattenti da Jabhat al-Haq, Fronte dei Rivoluzionari Siriani e Harakat Hazm
Queste ultime due erano due grandi coalizioni dell'Esl distrutte da al-Nusra ad Idlib ed Aleppo tra la fine del 2014 e l'inizio del 2015, i comandanti delle quali poi si sono rifugiati in Turchia.

In nessun modo questo insieme di forze può essere liquidato come “forza delegata turca” (e per inciso, la diffusa idea che la Turchia appoggi al-Nusra dimostra non avere senso vista la composizione di questa lista). Le reazioni molto differenti all'intervento turco da parte di sostenitori della rivoluzione riflette il fatto che il risultato finale dipenderà dalle relazioni tra forze in campo, indipendentemente dalle varie motivazioni; la situazione è fluida e contraddittoria.

Al-Bab
Anche l'essere stati tagliati fuori dalla lotta contro Assad, come prima spiegato, è un fattore che può cambiare. In particolare il destino del prossimo grande obiettivo nella regione – al-Bab, che è l'ultima città controllata dall'Isis ad est di Aleppo, lontana dal confine, a sud della città ribelle di al-Rai, a ovest di Manbij (controllata dalle Fds), è di vitale importanza. Sia la coalizione ribelle che le Fds l'hanno indicata come loro prossimo obiettivo, Isis potrebbe provare a resistervi e il regime potrebbe provare a prenderla, essendo proprio a nord della parte di Aleppo controllata da Assad. Una catastrofica gara a quattro non è impossibile.
Il destino di al-Bab probabilmente dipende da chi sarà facilitato o avrà il permesso di agira da parte di Usa e Russia. Tenere da parte il regime e i ribelli sostenuti dalla Turchia, che è il piano che questa analisi suggerisce, richiederebbe o la permanenza dell'Isis o permettere alle Fds di prenderla, e perciò stabilire la loro “connessione” tramite la città occupata di Tal Rifaat, ma non sul confine turco. Ma l'impeto messo in moto con l'azione della Turchia rende tutto ciò irrealizzabile; e anche se un accordo Assad-Erdogan “Aleppo in cambio dei curdi” fosse dietro gli eventi potrebbe non essere facile per la Turchia tenere indietro i ribelli che sarebbero anche più determinati a prendere al-Bab, per pressare il regime da dietro se l'assedio completo di Aleppo fosse imposto nuovamente da Assad.

Conclusione: necessità dell'unità popolare al di là delle divisioni etniche e settarie
Ovviamente tutto ciò è molto volatile, in quanto nessuna parte viene completamente accontentata. Ma la mia conclusione rimane che la Turchia voglia negoziare un accordo anti-curdo con Assad e l'Iran, con l'appoggio dei russi, per creare un territorio ad influenza turca nel nord. Gli Stati Uniti ci stanno dentro solo in parte ma non abbandoneranno completamente le Ypg, finché queste sanno chi comanda; e la Turchia da parte sua non abbandonerà completamente i ribelli, anche in questo caso finché essi sapranno chi è che comanda. I conflitti tra ribelli curdi e arabi, o tra Esl e alleati da una parte e Ypg e alleati dall'altra, e le loro connessioni estere create per pragmatismo, potrebbero non essere responsabili di questa nuova alleanza reazionaria non scritta, ma molto certamente la facilitano.
Nessuna parte è innocente per quel che sta succedendo – il che è da sé una lunga storia – ma in generale la situazione attuale sottolinea la necessità di trovare una relazione più cooperativa tra forze che combattono sul campo per la liberazione, serve una condotta più seria e non settaria da parte di tutte le forze, per l'unità tra arabi e curdi nella lotta contro la tirannia e l'oppressione in Siria.

da https://mkaradjis.wordpress.com/
Traduz. Giuseppe Lingetti