Grecia: l'Europa ha proposto un piano di uscita irreale

Sat, 07/07/2018 - 10:50
di
Martine Orange*

I ministri delle Finanze della zona euro pensano che vicenda della Grecia sia conclusa. Ma il piano di uscita proposto ad Atene serve solo a guadagnare tempo, garantendo le prime scadenze: lascia il paese schiacciato da una montagna di debiti senza la possibilità di rilanciare un'economia dissanguata e nelle mani dei mercati finanziari.

L'ultima riunione dell'Eurogruppo del 21 giugno, programmata per ratificare il piano di uscita della Grecia, ha seguito la tradizione. Come nei precedenti dibattiti, la questione ha provocato una battaglia serrata tra i ministri delle finanze della zona euro di fronte ai sostenitori di una linea dura e coloro che invece ne auspicavano una più conciliante. Nel bel mezzo della notte, finalmente è stato annunciato il raggiungimento di un accordo con grande sollievo per tutti i partecipanti.

Dopo diversi piani di salvataggio e di aggiustamento, dopo misure di rigore e austerità, a partire dal 21 giugno sembra che Atene sarà in grado di avanzare da sola senza il sostegno dell'Europa, finanziandosi da sola sui mercati.

Ufficialmente, il periodo del piano di salvataggio, negoziato in condizioni drammatiche a luglio 2015, si sta chiudendo. "È un momento eccezionale. La crisi greca si conclude qui questa sera a Lussemburgo" ha insistito Pierre Moscovici, commissario europeo per gli affari economici, che anche nel suo blog evoca "la fine dell'Odissea" di Ulisse. "La Grecia sta voltando pagina". “Tutti insieme abbiamo messo a punto una serie di misure per lasciare il programma con fiducia", ha sottolineato il ministro delle Finanze greco Eukleidīs Tsakalōtos congratulandosi per fatto il suo paese sia stato trattato come Irlanda e Portogallo sulla sua via d'uscita dal piano di aiuti europei e non sia stato posta sotto sorveglianza, con visite periodiche della Troika, come voluto da alcuni membri europei.

Ma al di là di questo favore accordato al governo greco, nulla cambia. Questo piano di uscita europeo assomiglia a tutti i precedenti: irreale. Ancora una volta, i leader europei si sono accontentati di guadagnare tempo, sperando di trovare finalmente una soluzione magica. Perché l'Europa non risponde alla questione fondamentale: la sostenibilità della situazione finanziaria greca. Il debito del paese, sempre più grande, è insopportabile a lungo termine. Ha già raggiunto il 180% del PIL.

Per anni, l'Europa è stata inflessibile su questo punto. Nonostante tutti gli studi e gli avvertimenti circa la necessità di una ristrutturazione del debito, i leader europei hanno respinto qualunque ipotesi di possibile taglio. L'unica concessione è stata quella di rimandarlo nel tempo. In base all'accordo annunciato, gli europei accettano differire il pagamento di 96.000 milioni prestati ad Atene, vale a dire il 40% del totale, di dieci anni. I primi pagamenti non si verificheranno prima del 2033 anziché del 2023.

Inoltre, le scadenze delle emissioni obbligazionarie saranno estese in dieci anni. Il pagamento da parte della Grecia della totalità dei debiti acquisiti attraverso il meccanismo di stabilità europeo (MES) arriverà al 2069. Nella loro dichiarazione, i funzionari europei promettono di rivedere la situazione del debito greco e procedere ad eventuali cancellazioni dopo il 2032. Cioè di fatto alle "calende greche".

Sebbene i termini non siano generosi, questo impegno è stato raggiunto con dolore. Secondo uno scenario ben noto, i tedeschi e i paesi del nord Europa si sono opposti a qualsiasi accordo che li porterebbe a pagare per la Grecia. Finora, la crisi greca non è stata un cattivo affare per gli europei. Anche stando alla dichiarazione di Mario Draghi, la Banca centrale europea ha ottenuto 7,8 miliardi di plusvalenze con i titoli greci tra il 2012 e la fine del 2016. Solo la Bundesbank ha totalizzato 2.900 milioni di euro di profitti grazie alla Grecia. Nel quadro dell'accordo del 21 giugno, la BCE intende restituire gli interessi incassati in questi anni, grazie al possesso dei titoli del debito greco al ritmo di 1 miliardo all'anno. Perché non rifondere immediatamente tutto? Mistero. Senza dubbio per non dare un senso di tranquillità al governo di Tsipras.

Ma gli europei sanno che, nonostante tutto, bisogna fare alcuni gesti per dare un po' di credibilità a quanto deciso. Per accompagnare la Grecia hanno fornito un cuscinetto finanziario di sicurezza nel caso in cui l'accesso ai mercati finanziari risultasse difficile. Anche qui, la quantità di somme che potevano essere utilizzate ha suscitato aspre discussioni: Berlino voleva limitarlo a 11.000 milioni mentre altri volevano raggiungere 20.000 milioni. Secondo il buon metodo europeo, è stato raggiunto un compromesso intorno alla cifra di 15.000 milioni di euro.

Ciò che sembra una misura di accompagnamento generosa è, in realtà, solo una decisione di cautela tecnica. Come rivelato dalla Corte dei conti europea, la Grecia deve, sin dalla sua uscita dal piano, affrontare un muro finanziario quasi insormontabile. "Nel 2019, il fabbisogno finanziario lordo aumenterà a 21.000 milioni di euro in ammortamenti di capitale e interessi", dice. Questi pagamenti sono principalmente destinati a creditori privati.

La Grecia, che non sta avendo successo nei mercati finanziari da oltre un decennio, non è in grado di far fronte a questi pagamenti, soprattutto se si devono prendere prestiti al 3% o al 4% anziché all'1%. Come nei piani precedenti, l'aiuto avanzato dall'Europa sembra più mirato a garantire il pagamento delle prime rate al fine di evitare il fallimento e di salvare i creditori, a cominciare dalle banche, lasciando solo briciole alla Grecia.

Come in ogni occasione, questo aiuto è stato concordato ad alcune condizioni. Secondo i termini stabiliti dall'Europa, il governo greco deve impegnarsi ad ottenere un avanzo di bilancio (prima del pagamento degli interessi e del debito) di almeno il 3,5% del PIL fino al 2022 e del 2,2% del PIL in media durante i prossimi 37 anni. Con questi criteri, l'Europa impone una politica di austerità e riforme strutturali sempre più regressive e recessive.

Un'economia in gabbia

"Nessun paese è in grado di mantenere tali eccedenze di bilancio a medio termine", hanno avvertito gli economisti del FMI in diverse occasioni. Da parte loro, molti economisti giudicano queste richieste controproducenti e asfissianti. Queste analisi sono state ignorate dall'Eurogruppo. Secondo loro, qualsiasi accordo sarebbe solo un incitamento al lassismo. E si aspettano che i mercati finanziari stimolino continuamente la Grecia alla virtù.

Un po' come il commissario per il bilancio tedesco, Günther Oettinger, che ha sottolineato che "i mercati avrebbero insegnato agli italiani a votare bene", il direttore generale del MES, Klaus Regling, riassume questo stato d'animo: "Se il governo greco non realizza le necessarie dure riforme, la fiducia degli investitori crollerà e i mercati si vendicheranno" ha già preannunciato.

Ma le misure adottate dall'Eurogruppo ispireranno davvero fiducia nei mercati finanziari? Da quando ha lasciato l'incontro, la direttrice del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde, non ha smesso di cercare di esprimere riserve sugli accordi concordati dagli europei. Anche la situazione a lungo termine del debito greco rimane problematica.

Nulla del piano europeo consente di rompere la barriera finanziaria in cui si trova la Grecia. Il paese rischia di rimanere in una gabbia, essendo di fatto vietato per anni qualsiasi progetto di rilancio o addirittura di sostegno economico.

Tuttavia, ciò di cui il paese ha bisogno è un piano di ricostruzione. Il tasso di crescita del 2,3% fissato per il primo trimestre del 2018 non annulla il calo del PIL del 30% in diversi anni. Il salasso imposto alla Grecia - mai visto nel mondo occidentale - non solo ha gettato la popolazione nella disoccupazione, ma ha anche distrutto o indebolito in modo permanente un settore produttivo già ridotto. La crescita registrata per alcuni trimestri è essenzialmente dovuta al turismo. Ma l'economia greca nel suo insieme si trova nell’incapacità di rispondere al minimo shock e alla mancanza di investimenti.

La Grecia è condannata a vedere la sua economia evolversi come un soufflé, che cade subito dopo l'aumento, perché una crescita duratura non è sostenibile. Soprattutto perché le banche non possono agire in uno stato a cui l'Europa proibisce qualsiasi indebitamento, tranne che per pagare i suoi debiti.

Il sistema bancario è in avanzato stato di deterioramento. La BCE, che ha fornito il proprio supporto all'intero sistema bancario europeo acquistando obbligazioni statali o obbligazioni societarie per mesi, ha escluso le banche greche da questo sistema di rifinanziamento. Risultato: i bilanci delle banche greche, gravati da prestiti non sicuri o non pagati tra il 40% e il 50% dei saldi pendenti, non hanno conosciuto neppure un principio di ristrutturazione. Secondo una stima della Banca Centrale Europea, le principali banche greche hanno bisogno di una ricapitalizzazione di almeno 15.000 milioni di euro nei prossimi mesi.

Proprio come non fornisce supporto nell'accoglienza dei migranti, l'Europa si prepara a lasciare la Grecia con i suoi problemi economici e finanziari essenziali, senza dargli un principio di soluzione o di rifinanziamento. Anche nel rispetto di tutte le misure europee, l'accesso dello Stato greco, delle sue banche e delle sue società ai mercati finanziari è tutt'altro che garantito o comunque a prezzi proibitivi. Molti investitori dubitano della storiella europea sulla ripresa greca.

Dopo l'incontro dell'Eurogruppo, Mario Draghi è sembrato piuttosto titubante, sottolineando soprattutto il fatto che "i ministri delle finanze erano pronti a prendere in considerazione altre misure di protezione nel caso in cui si materializzassero scenari economici avversi".

Anche se non lo dicono esplicitamente, quello che è successo nel mercato italiano a fine maggio è chiaro a tutti. La breve sbandata finanziaria dei mercati obbligazionari dovuta al caos politico italiano ha mostrato che è necessario poco perché crisi dell'euro inizi di nuovo. In alcune ore, tutta la liquidità esistente sul mercato italiano è evaporata, causando un rapido aumento dei premi di rischio italiani ma anche dei premi di rischio spagnoli o portoghesi.

In quell’occasione la Grecia non è stata colpita perché era sotto protezione. Ma se un episodio identico o più grave si riproponesse nei prossimi mesi - cosa che non può essere esclusa alla luce della rottura del consenso europeo - i mercati potrebbero vendicarsi, come previsto dal direttore del Meccanismo europeo di stabilità (MES). La Grecia corre il rischio di essere colpita per prima, non a causa dei suoi errori, ma perché è l'anello debole in una zona euro squilibrata e che i mercati finanziari useranno come hanno fatto nel 2010.

A dispetto delle speranze dei vari leader europei, la crisi greca non è ancora finita e potrebbe tornare ad esplodere molto più velocemente del previsto.

*Fonte articolo: http://vientosur.info/spip.php?article13945
Traduzione a cura di Marta Autore.