Dopo la Crimea, una “bosnizzazione” concordata dell’Ucraina?

Mon, 17/03/2014 - 20:14
di
Andrea Ferrario (da crisiglobale.wordpress.com)

Pubblichiamo questo interessante articolo tratto dal sito crisiglobale, ringraziando autore e collettivo redazionale.

Mentre la Crimea è stata di fatto annessa alla Russia, le diplomazie di Russia, Usa e Ue sono al lavoro per ipotesi che lasciano sempre più pensare a un’ulteriore “bosnizzazione” dell’Ucraina. Il governo italiano intanto spinge per tagliare le gambe a ogni misura concreta contro Putin, e l’estrema destra europea trasforma il referendum in Crimea in un rendez-vous di neofascisti e contigui.

Alla fine la Russia ha ottenuto vittoria in Crimea nel giro di solo un paio di settimane senza incontrare particolari ostacoli a livello internazionale, un evento senza precedenti e fino a poco tempo fa del tutto inimmaginabile, che stravolge completamente gli esiti dei rivolgimenti di piazza in Ucraina. Ora la Crimea va verso un’annessione alla Russia, rimangono ancora da definire le modalità. Il 30 marzo la penisola adotterà il fuso orario di Mosca e sempre tra un paio di settimane dovrebbe adottare il rublo come moneta. L’annessione della Crimea si è verificata di fronte alla sostanziale immobilità di Ue e Usa, che da una parte hanno rimandato l’adozione di (deboli) sanzioni a dopo che i giochi sarebbero stati fatti, dall’altra hanno inviato agli ucraini il chiaro messaggio (si veda il nostro articolo: Aspettando il referendum) che i loro destini sono di rilevanza assolutamente secondaria di fronte ai giochi tra le grandi potenze imperiali. Mentre l’atteggiamento di Bruxelles era abbastanza scontato, vista la fragilità interna dell’Ue e i forti legami economici con la Russia, in particolare di Germania e Italia, non così era per Washington. Il capitolo della Crimea però non fa altro che confermare in buona parte la linea già precedentemente scelta dagli Usa riguardo alla Siria e all’Iran, cioè quella di continuare a tenere la Russia in gioco. Sicuramente non estranea a questa linea degli Usa, in Ucraina come in Siria e in Egitto, è la preoccupazione per il diffondersi in tutto il mondo, e in particolare nell’area che va dai Balcani, all’Ucraina, alla Turchia e al Medio Oriente, di mobilitazioni di massa che in un modo o nell’altro mettono in crisi la stabilità e gli equilibri imperialisti, tanto più in presenza di una crisi economica mondiale che perdura. Di fronte a questo caos mantenere aperto il dialogo tra le cancellerie è essenziale, anche se la storia ci insegna che è un gioco sempre pieno di incognite che, come la stessa crisi economica, rischia in ogni momento di degenerare. In tutto questo svolgono poi un ruolo fattori interni ai rispettivi stati imperialisti: la Russia che già prima della crisi Ucraina stava scivolando in una profonda crisi economica e sociale, preceduta negli anni scorsi da proteste politiche (e a tale proposito non è una buona notizia per Putin la massiccia partecipazione alla manifestazione dell’opposizione contro la guerra di sabato scorso), gli Usa con l’enorme punto di domanda dell’uscita dal Quantitative Easing e delle sempre maggiori difficoltà a esercitare il ruolo di poliziotto mondiale, l’Ue in piena crisi istituzionale ed economica, con numerosi stati membri ancora esposti al rischio di un fallimento economico.

Da Putin, a Obama e alla Merkel tutti vogliono l’Osce

Gli ultimissimi sviluppi confermano la tesi da noi già precedentemente formulata secondo cui il coinvolgimento dell’Osce con una missione di osservatori in Ucraina, in particolare nelle sue regioni orientali, è un obiettivo primario di Russia, Usa e Ue. L’esperienza balcanica ci insegna che questa soluzione serve a mantenere in gioco la presenza dei vari attori sul terreno, relegando le popolazioni in secondo piano e tenendo aperti i giochi di tira e molla tra le grandi potenze. L’ipotesi di una “bosnizzazione” dell’Ucraina ci appare sempre più probabile alla luce dei fatti, anche se i giochi sono lontani dall’essere fatti. Nella lunga telefonata di ieri sera tra Putin e Obama (durata un’ora e mezzo), il presidente russo ha insistito per l’avvio in Ucraina di una missione Osce “la cui attività si estenda all’intera Ucraina”. Una tale richiesta era stata già pronunciata dal ministro degli esteri russo Lavrov il 7 marzo scorso. Riguardo a una tale soluzione c’è evidentemente accordo tra Mosca e Washington (e anche l’Onu), visto che a loro volta Obama che Ban Ki-moon, secondo le dichiarazioni ufficiali rilasciate, hanno parlato con Putin dell’invio di una missione di monitoraggio in Ucraina “per valutare la situazione sul posto” e per “prevenire atti di violenza da parte di qualsivoglia gruppo”. In una precedente riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, Samantha Powers, ambasciatrice Usa all’Onu, aveva già richiesto l’invio di una missione di osservatori internazionali dell’Osce o dell’Onu per “monitorare la condotta e prevenire abusi”. Poiché i giochi in Crimea sono già fatti e sul posto la situazione è tranquilla da due settimane, il fatto che si parli di “prevenire atti di violenza” e “prevenire abusi” lascia pensare piuttosto che la missione Osce di cui si parla riguarderà l’Ucraina orientale, dove tali atti e abusi si stanno verificando in abbondanza. Le nostre ipotesi di un quadro di “bosnizzazione” dell’Ucraina sembrano confermate da un’altra notizia riportata oggi dal “Corriere della Sera”, secondo cui “il segretario di Stato americano John Kerry e il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov si sono accordati per lavorare insieme a una riforma costituzionale in Ucraina”. Non è un caso che recentemente abbiano cominciato a circolare ipotesi di federalizzazione del paese.

Il paletto imposto imposto dai governi occidentali a Mosca sembra essere solo quello di non fare degenerare la situazione nell’Europa Orientale, come confermano le parole di Obama secondo cui la crisi può essere risolta diplomaticamente, “ma non fino a quando le forze militari russe proseguono le loro incursioni in territorio ucraino” e conducono esercitazioni su larga scala al confine con l’Ucraina. Anche Angela Merkel ieri sera ha parlato al telefono con Putin e al centro della loro conversazione vi è stato nuovamente l’invio di una missione Osce. Il portavoce del governo tedesco, nel descrivere il colloquio telefonico, ha detto che Merkel ha accennato ai tentativi finora falliti di dare vita a un Gruppo di Contatto e ha “proposto di ampliare il più rapidamente possibile la missione Osce esistente [dal 5 marzo è presente una piccola missione di una trentina di osservatori, che finora sono rimasti praticamente inattivi - N.d.R.] e di inviare un numero maggiore di osservatori nell’epicentro degli eventi, in particolare nelle regioni orientali”, come riferisce “Vzglyad”. Sempre secondo il portavoce del governo tedesco, “il presidente russo ha valutato positivamente questa iniziativa e ha promesso di dare le relative istruzioni al ministro degli esteri Lavrov”. Lo ricordiamo, queste pacate e moderate discussioni in cui tutti gli attori diplomatici, russi compresi, concordano sull’invio di una missione Osce che farebbe particolarmente comodo alla Russia, ma non solo, avvengono nel giorno stesso in cui Mosca ha di fatto compiuto un passo di una gravità senza precedenti come l’annessione di fatto della Crimea già occupata militarmente, a poche ore dalla penetrazione di forze russe anche in un altro territorio ucraino al di fuori della Crimea, e a pochissimi giorni da quando la Federazione Russa ha approvato il diritto di Putin di intervenire militarmente in stati esteri, annettendone parti. E’ chiaro che in questo momento non c’è un reale scontro tra Usa e Ue, da una parte, e il Cremlino dall’altra. Potrebbe esserci solo se Putin dovesse intervenire in tempi brevi militarmente anche nell’Est dell’Ucraina o compiere altre “mosse radicali” di tale tipo.

La situazione nell’Ucraina orientale e i neonazisti filorussi

Nell’Ucraina orientale nel frattempo la situazione continua a essere estremamente tesa. L’altroieri a Kharkiv sono morte due persone, dopo che neofascisti di una frazione locale del Pravy Sektor hanno sparato su una folla che assediava la loro sede. Anche a Donetsk c’è stata una vittima, un sostenitore del governo di Kiev ucciso a coltellate da filorussi. Da quando la parola d’ordine delle manifestazioni filorusse è passata dalla contestazione del nuovo governo di Kiev alle richieste di un intervento di Mosca, o addirittura di un’annessione alla Russia sul modello della Crimea, la partecipazione delle stesse è andata fortemente calando, passando da alcune decine di migliaia a poche migliaia. Le manifestazioni filorusse nella regione sono bene organizzate, sapientemente guidate e in genere includono assalti a edifici simbolo o azioni simili. Molte testimonianze locali parlano dell’invio dal territorio della Russia di autobus pieni di “manifestanti spontanei”. Non ci sono conferme, naturalmente, ma alla luce di quanto sta accadendo e della linea adottata da Putin ci sembrano del tutto verosimili. A questo proposito è interessante notare che Pavel Gubarev, uno dei leader delle “spontanee” proteste filorusse a Donetsk, la maggiore città dell’Ucraina orientale, acclamato “nuovo governatore” della regione e attualmente agli arresti, è in realtà da lunghi anni membro di un’organizzazione neonazista russa, “Russkoe Nacionalnoe Edinstvo” (“Unità Nazionale Russa”) (si veda qui per dettagli e foto).

Italia: governo per misure solo “non punitive e temporanee”, destra filorussa

Il ministro degli esteri italiano Federica Mogherini ha commentato la crisi ucraina dichiarando che “c’è ancora spazio per fermare la crisi. Tutti i canali diplomatici restano aperti, compreso il lavoro per la missione Osce in Ucraina. Ma a patto che la Russia non annetta la Crimea” – peccato che questa precisazione arrivi a Crimea di fatto già annessa. A ciò si aggiunge la posizione del governo italiano riportata dal “Corriere della Sera” di oggi: “Il governo italiano chiede invece che le misure Ue siano «preventive e non punitive e proprio per questo graduali, reversibili e temporanee». Secondo fonti ufficiose, oggi a Bruxelles il ministro Mogherini premerà perché la Ue continui il dialogo con la Russia, anche coinvolgendola in un Gruppo di contatto internazionale”.

A questo va aggiunto, sempre dal “Corriere” di oggi, che al referendum di ieri in Crimea hanno preso parte in veste di osservatori invitati dai filorussi ben tre italiani, in rappresentanza di tutta la destra nazionale: dall’europarlamentare di Forza Italia Fabrizio Bertot, al deputato della Lega Nord Claudio D’Amico, fino a Valerio Cignetti, esponente della neofascista Fiamma Tricolore, tutti entusiasti dell’evento, tanto che Cignetti ha dichiarato: “questa è una giornata di vera democrazia”. In generale il referendum in Crimea è stato un ritrovo per tutta l’estrema destra europea, visto che, oltre alla già citata Fiamma Tricolore, vi hanno preso parte come osservatori esponenti del Fronte Nazionale francese, dell’austriaca FPO, del Vlaams Blok, del bulgaro Ataka (si veda qui). Tutti questi partiti sono apertamente schierati con Putin, riguardo all’attuale crisi ucraina e non solo. Da questo punto di vista i neofascisti ucraini di Svoboda e di Pravy Sektor sono completamente isolati a livello internazionale. In Italia Forza Nuova ha pubblicato in questi giorni una “lettera amichevole” al leader di Svoboda Oleg Tyahnibok, con il quale i neofascisti italiani avevano avuto ripetuti contatti in passato, nella quale in sostanza prendono le distanze dalla sua linea politica, soprattutto se la lettera viene letta alla luce di altri due recenti materiali del sito di Forza Nuova nei quali si lodano sperticatamente Putin e il suo regime (per esempio questo e quest’altro).