Con gli e le attivist* queer che si sono uniti ai "gilets jaunes"

Sat, 29/12/2018 - 17:11
di
Matthieu Foucher*

Pubblichiamo la traduzione della cronaca di uno degli ultimi atti parigini dei gilets jaunes, da un punto di vista particolare: il corteo che ha visto la convergenza di movimenti queer, LGBTIQ e femministi, settori sindacali alternativi e studenteschi, collettivi antirazzisti e contro la violenza della polizia. Attraverso il racconto in particolare dei/lle militant* queer del CLAQ (Comitato di Liberazione e d'Autonomia Queer), attraversiamo e conosciamo meglio i tentativi di soggetti politici e sociali, radicali e di sinistra, di partecipare al movimento, nel suo complesso e inedito sviluppo che sta facendo sobbollire la Francia.

Una coalizione inaspettata ma potenzialmente storica: sabato 1 dicembre, il CLAQ, Comitato di Liberazione e d’Autonomia Queer, si è unito all'appello fatto dal comitato "Verità per Adama", l’Azione Antifascista Parigi-Banlieue, la Piattaforma per le inchieste militanti e i ferrovieri dell’interporto* a manifestare assieme ai "gilets jaunes" a Parigi. Inizialmente sostenuti da studenti di Tolbiac e da organizzazioni femministe in quest’alleanza in espansione, il gruppo queer, noto per le sue azioni di denuncia della politica migratoria di Macron, ha invitato nuovamente alla protesta verso la settimana successiva, sabato 8 dicembre.

«Abbiamo lanciato il nostro appello a manifestare perché pensiamo sia importante battersi per avere la nostra visibilità in questi spazi, portare le nostre rivendicazioni e non permettere al governo di presentarsi come eroi delle minoranze di fronte a una banda di violenti che sarebbero associati ai "gilets jaunes"», ci spiega No*, membr* del collettivo. Per Louise*, militante trans del CLAQ vicina alle lotte autonome, è stato altrettanto importante non lasciare che i fascisti si infiltrassero nel movimento: «È una scelta molto criticata nella comunità, ma pensiamo che sia nostro dovere, come soggettività queer, non lasciare spazio ai fascisti, rivendicare principi di estrema sinistra, non lasciare che i soggetti lgbtiq e le donne siano lasciat* a lato come ogni volta in occasione di movimenti sociali.»

E infatti, nell’ambito queer militante, l’appello del CLAQ è tutt'altro che condiviso unanimemente e diverse persone accusano il gruppo di mettere in pericolo le persone LGBT+ e di dare forza a un movimento in cui l’estrema destra è molto presente. Una punto di vista che è compresa in parte da Camille*, attivista lesbica del collettivo: «C'è un'atmosfera ansiogena in questo tipo di raduni. Abbiamo visto molti gruppi fascisti come la GUD e l'Action française intervenire fra i "gilets jaunes" o comportamenti omofobi, islamofobi, razzisti e contro i migranti» ricorda, aggiungendo: «Ma mi farebbe piacere che ci unissimo alla lotta. Le nostre lotte sono una convergenza. In quanto queer, in quanto donne, siamo le prime a ritrovarci con dei lavori part-time, i meno ben pagati. Ne abbiamo abbastanza di non poter vivere decentemente e questo è proprio il nostro spazio.» Alle accuse di irresponsabilità lanciate sui social network, Louise* replica: «Allora è considerabile irresponsabile anche la parte giocata dal FHAR [Front homosexuel d’action révolutionnaire, un famoso gruppo degli anni 70, NdR] nel lanciare l’appello a manifestare con la CGT e del PCF il 1 maggio 1971, o si devono incolpare Lesbian and gays support the miners [Lesbiche e Gay sostengono i minatori, ndt] per essere andati incontro ai minatori.»

Nonostante il sostegno molto limitato nel campo associativo (solo Act Up-Paris, dalla prima chiamata del CLAQ, sembra aver annunciato l’unione alla lotta in corso), un centinaio di persone hanno risposto questo sabato all’invito del gruppo. Il corteo, partito un po' prima delle 11 da Saint-Lazare in un clima di festa, ha alternato slogan antifascisti, messaggi di sostegno ai/alle rifugiat* e canti più apertamente queer – come ad esempio "Macron, Macron, ma chi ti si incula, la sodomia, è solo per gli amici!” Oppure "Non siamo qui per decorare, distruggeremo la vostra società!" già diventati classici e scanditi in coro da* manifestanti.

Tra questi, Damien*, attivo in un'associazione per l’assistenza ai migranti, si è sentito toccato personalmente dalla chiamata: «Io sono un’omosessuale di origine proletaria e di campagna, e ho avuto spesso la percezione di un grande scarto tra le lotte LGBT e le lotte sociali come questa, di dovermi trovare a scegliere tra due identità. L’appello del CLAQ consente a molte persone come me di sentirsi rappresentate.» Nel caso di Olga, sono state le violenze della polizia nei confronti degli studenti di Mantes-la-Jolie piuttosto che la chiamata di Act Up ad averla spinta a partecipare nonostante i suoi timori iniziali: «È difficile rimanere immobili quando succedono cose come questa, sta a noi mobilitarci per ottenere il risultato che vogliamo, sta a noi mobilitare le persone che non sono particolarmente politicizzate sui temi di LGBTfobia o del razzismo. È giunto il momento di parlare con queste persone incontrandole in manifestazione. Non è detto che funzioni, ma è solo così che si creano dei ponti.»

Per l’attivista lesbica Gwen Fauchois, lei pure presente alla manifestazione, «essendo l'omofobia, la transfobia e lesbofobia delle armi del sistema» è essenziale che i queer stiano prendendo il loro posto nella lotta in corso, e ciò nonostante le reticenze: «ci sono effettivamente delle manifestazioni di razzismo e sessismo in questo movimento, ma come ce ne sono in tutte le classi sociali» analizza, prima di ricordare: «Le lotte dei gay e delle lesbiche sono sempre state una scommessa sul futuro: non siamo mai stati benaccetti da nessuna parte. Dopotutto, ci sono movimenti in cui corriamo più o meno dei rischi e ci sono persone che possono assumersi più o meno rischi». Alla domanda sulla paura di dare voce a un movimento con una forte componente fascista, l'ex attivitsa di Act Up risponde: «È un pericolo, ma non fare nulla comporta esattamente lo stesso rischio. Siamo in un contesto globale in cui le forze fasciste stanno crescendo. L'unica cosa che possiamo fare è almeno provare a combatterlo. Altrimenti, qui come altrove, succederà il peggio.»

È quindi senza certezze ma con sogni di convergenza delle lotte che i/le queer sfilano non lontano dagli studenti di Tolbiac, colorando la manifestazione delle loro canzoni caratteristiche. Verso le 12, direttosi rapidamente nelle vie commerciali vicino a Saint-Lazare, il corteo di estrema sinistra è ritornato al suo punto di partenza. Perché nonostante una determinazione palpabile, sono i CRS [reparti della polizia antisommossa francese, ndt] che, questa settimana, sembrano condurre la danza. Arrivata al Boulevard Haussmann, la folla di parecchie migliaia di persone deve affrontare i cannoni ad acqua. La nuvola di lacrimogeni, più spessa che mai, disperde parte delle truppe in un pericoloso movimento di folla: la polizia non sembra più preoccuparsi di fare dei feriti. Respinti nelle strade adiacenti, molti manifestanti vomitano mentre quelli che ancora riescono a vedere aiutano degli estranei intorno a loro: qui ci si passa il maalox, lì, si sciacquano gli occhi del proprio vicino con la soluzione fisiologica.

Una parte del nostro corteo queer, raccoltosi dopo la carica della polizia, si muove lungo rue Montorgueil. A colpi di cori anticapitalisti, la truppa ridotta a una ventina di persone riesce a diffondere il panico tra i commercianti che si affrettano a serrare le saracinesche. Ma nonostante questa piccola impresa, la delusione è visibile e i manifestanti, stanchi ma determinati, già anticipano il seguito: «Io sto aspettando lo sciopero generale, ma convocato con le donne e soggetti LGBTQ», confida Louise. «Come ragazza trans disoccupata penso che possiamo comunque fare uno sciopero generale a modo nostro, bloccare il paese in tutte le sue forme, e non solamente avendo come protagonisti lavoratori e lavoratrici.» Il prossimo round, forse molto presto, sarà caratterizzato da allegria, scintillio, amore e rabbia.

*Fonte: https://www.vice.com/fr/article/vbap9m/avec-les-militants-queers-qui-ont...
Traduzione di Leonard E. Gray