Catalogna - Cronaca di una giornata di "ordinaria democrazia"

Tue, 03/10/2017 - 11:53
di
Marta Autore

Il nostro primo ottobre catalano inizia la sera prima, quando, atterrati all’aeroporto de El Prat, le compagne/i ci dicono di raggiungerle in un quartiere del centro, dove è necessario presidiare un seggio elettorale per tutta la notte per evitare che sia preventivamente recintato dai mossos (la polizia catalana) prima della costituzione delle commissioni elettorali fissata per le 8 di mattina. D’altra parte, è da almeno venerdì che molti seggi (soprattutto scuole) sono occupati giorno e notte da studenti, insegnanti e vicinato, attraverso la piattaforma “escoles obertes” (scuole aperte). Lo schema è semplice: per presidiare i futuri seggi, si organizzano le attività più disparate, ludiche o didattiche (abbiamo letto di campionati notturni di morra cinese e sessioni di yoga prima che spunti il sole), evitando con questo escamotage l’intervento delle forze dell’ordine. In vari quartieri delle grandi città e in altre località sparse sul territorio, sono apparsi spontaneamente veri e propri Comitati di Difesa del Referendum (CDR), autorganizzati e trasversali, per gestire collettivamente la difesa del voto della domenica.

Quando arriviamo nel luogo indicatoci, troviamo un concertino di voce e chitarra, 4-5 gazebi montati con cibo per tutt*, e una cinquantina di persone con una composizione (anagrafica e sociale) decisamente variegata. E’ uno dei seggi di cui non si hanno le chiavi fino al mattino, e questo significa che va presidiato stando fuori. Ma sì, siamo venuti qui per dare una mano, e in fondo la prospettiva di una notte per strada non è tanto male se sei circondata da compagne e compagni vecchi e nuovi (alle ore 4:20, dopo aver tentato di dormire sull’asfalto e aver resistito 20 minuti prima che il freddo mi congelasse i reni, per un attimo, lo ammetto, ho rimodulato questo pensiero); perché ci siamo ritrovati in più di venti "quartaroli", venuti da fuori dalla Catalogna (Madrid, Euskal Herria, Pais Valencià, Cadiz, Tolouse) per portare solidarietà concreta in una giornata che non promette di essere facile.

Infatti, sono più di 10mila gli agenti di Polizia Nazionale e Guardia Civil venuti a rinforzo per impedire lo svolgimento della votazione. D’altra parte, denunce penali, multe, minacce e accuse di sedizione, censura, requisizione di milioni di schede elettorali, chiusura di siti web con informazioni sui seggi e chissà cos’altro mi sto dimenticando, non hanno fermato né la tabella di marcia del Governo, né soprattutto la determinazione di molte e molti catalani pronti a difendere il proprio diritto a decidere. L’uso arrogante e diretto della forza sembra quindi essere un elemento inevitabile se si ascoltano le dichiarazioni battenti di Rajoy, la cui posizione nelle ultime settimane è quasi completamente riassumibile in “Non ci sarà nessun referendum, farò qualsiasi cosa in mio potere per impedirlo”.

Talmente tanti reparti extra che l’unica soluzione per alloggiarli a Barcellona è stata affittare dei traghetti e attraccarli nel porto. Avete mai preso un traghetto Moby? Quelli che hanno i Looney Tunes dipinti sopra? Eeesatto, proprio quelli hanno pensato bene di affittare. Ed è così che Titty (sì, sì, proprio mi-è-semblato-di-vedele-un-gatto, Piolín in castigliano) si è convertita in simbolo dell’occupazione delle forze di repressione, scatenando l’ilarità della rete, tanto che #FreePiolín è stato trending topic a più battute negli ultimi giorni, costringendo la Polizia a coprire con dei teloni le figure dei cartoni dipinti sulle facciate della nave.

La nottata finisce presto, non tanto per l’irrompere dell’alba, quanto perché la giornata del voto autorganizzato inizia alle 5 di mattina con una prima assemblea per coordinarsi e infatti il numero di presenti è quasi triplicato nell’ultima mezzora. Sono due le questioni principali: la prima, come formare le commissioni di seggio (le convocazioni ufficiali sono state intercettate e non sono mai giunte ai destinatari; da regolamento saranno quindi i primi tre ad entrare ad essere nominati automaticamente membri della commissione); la seconda, come reagire in caso di tentativo di sgombero. Anche qui la linea unitaria è chiara: resistenza pacifica ma determinata, incordonarsi seduti per terra per impedire l’ingresso della polizia e la requisizione delle urne.

Un caffè caldo portato da qualcuno del vicinato, la scoperta di una scatola di Lindor tra le varie cose approntate per la colazione, l’inevitabile inguattamento di almeno 3 Lindor (moralmente giustificato da “la giornata sarà lunga e chissà se ci sarà tempo per pranzare. Magari uno lo regalo!”).

Ci spostiamo a un altro seggio, a non più di 100 metri di distanza, perché c’è bisogno di gente. Siamo un gruppo abbastanza folto, tra le 20 e le 30 persone, così che quando arriviamo ci accolgono con un applauso. Quando poi scoprono la nostra natura di brigata internazionale il clima è quasi di commozione.

Il cancello è ancora chiuso e per sicurezza non verrà aperto fino alle 8, ma dentro hanno dormito varie persone e sembra sia stato anche organizzato un pigiama party, dato che intravedo un gruppo di 7-8 alunne della scuola che giocano con un pallone da basket in un corridoio. Alle sei e mezzo di mattina.

Inizia a piovere. A dirotto. Il primo pensiero è: ahio, questo sicuro influirà sull’affluenza.. se fossimo nel Pais Vasco non ci sarebbe questo problema! Spuntano le prime luci dell’alba e, insieme, delle grandi botte di sonno. Ogni tanto passano colonne di 7-8 camionette della Nacional a fornire l’adrenalina sufficiente a resistere 10 minuti in più - d’altra parte siamo su una delle arterie che conducono dal porto al centro. Secondo la turnazione decisa durante la notte, a noi baschi (di adozione e non) spettano 2-3 ore di riposo mattutino nella casa di una compagna che vive molto vicino. Ma dopo un’ora e mezza sono svegliata da un attacco di sonniloquio di A, che a quanto pare sta parlando con tal Iñigo e questa volta, sì, ha sentito dei rumori. Passato il momento di ilarità, mi accorgo che sono passate due ore da quando ci siamo messi a dormire, accendo i dati del telefono e piovono notizie di violenti sgomberi avvenuti o in atto in diversi seggi. E chi dorme più! C’è da tornare al seggio. Il clima in effetti è più frizzante, le voci che arrivano non sono rassicuranti e le prime immagini di teste spaccate circolano nelle chat. C’è molta gente adesso al presidio, oltretutto in fila per votare ci saranno almeno 200 persone.

E il momento arriva: sirene in avvicinamento, stavolta si fermano. Ci incordoniamo a protezione dell’entrata al coro di “votarem”, mentre davanti a noi si forma rapidamente uno schieramento di Policia Nacional di proporzioni enormi (ho successivamente contato 18 camionette). Ci siamo incordonati in file troppo serrate, e le file dietro non si possono sedere, non c’è spazio per farlo. Accanto a me c’è A, e siamo una delle prime file in piedi, in una posizione dove si vede chiaramente ciò che sta succedendo davanti. E’ come una macchia d’olio che si espande. Camminano sopra alle persone, le provano a tirare via, se non riescono al primo tentativo colpiscono al volto con i pugni. A volte colpire volto o costato è direttamente la prima opzione, la più rapida per far sganciare le braccia. La gente resiste determinata quando può, ma la brutalità è tale che in poco più di trenta secondi ci troviamo a due file di distanza. No, non è una bella sensazione. Tendenzialmente ti stanno per menare come a quelli davanti a te. Non dimenticherò mai quello sguardo d’intesa con A in cui ti dici allo stesso tempo “questi ci massacrano” e “non si molla fino all’ultimo, no?”

Sono su di noi. I capelli cazzo, i capelli. Ho i capelli sciolti ed è una presa facile ed efficace. Da un lato, forse da due, tirano forte verso il basso, mi scrocchia persino il collo. Sono completamente sbilanciata in avanti e per poco non cado per terra. Non sono più agganciata al cordone, mollano la presa, mi spingono fuori dalla calca. Mentre gli antisommossa continuano a spazzare via le ultime file, mi accorgo che ce ne sono molti di più e che altri hanno creato un cordone di isolamento che vanno allargando mentre la gente si ricompatta al di fuori gridando “no tinc por” e “els carrers seran sempre nostres”. In questo momento scatta un meccanismo per cui la rabbia si accompagna a un senso di scomparsa della paura: una sorta di siamo vivi e pronti a rilanciare. La Policia sfonda la serranda del seggio a calci e picconate e inizia ad allontanarsi facendosi varco nella folla tra cori e insulti con camionette e lo sparo di alcuni proiettili di gomma.

Il video dello sgombero del seggio

E’ il momento di radunarsi, contare contusi e feriti nel gruppo. Ci si sposta al seggio della notte precedente, in cui le votazioni seguono regolarmente. Hanno spazzato via un seggio a 100 metri poco più di mezzora prima, ma le code per votare non fanno che allungarsi. In molti escono dal seggio facendo gesti di celebrazione, dando il via al “votarem!”. Lunghi applausi commossi si sentono quando escono dal seggio persone molto anziane. Un’ora e mezzo di riposo e calo adrenalinico, il sonno che torna ad affacciarsi e quel desiderio crescente di voler difendere altri seggi. Strana sensazione questa, perché implica un sotterraneo desiderio di tentativo di sgombero, mentre la razionalità ti dice che ciò che devi desiderare è che tutti i seggi aperti rimangano aperti e anche tranquillamente.

E’ ora di spostarsi ad altri seggi, che questo sembra tranquillo e ben presidiato. Il primo è una scuola in plaza Catalunya. Ha un cortile con campetto da basket e non resistiamo a farci due tiri. Smorza la tensione e permette di sfogarsi un po’. Peccato non avere il fisico e trovarsi fradici e paonazzi dopo 15 minuti di 2vs2 ben lontano dall’agonismo! Il clima è di allerta ma tutto sommato buono, d’altra parte è dal primo pomeriggio che sembra che la Polizia abbia spostato la propria attenzione su seggi fuori dalla città e che in generale abbiano concentrato gli interventi nella prima parte della giornata, per mandare un messaggio chiaro e visibile sulla violenza a cui andava incontro chi decidesse di disobbedire al divieto. Oltretutto le immagini delle cariche indiscriminate stanno facendo il giro del mondo e sono la prima notizia un po’ ovunque. In un momento di pausa, ne approfitto per sondare il clima nella chat di famiglia (allargata) sul tema.

L’ultimo seggio che raggiugiamo mentre manca poco più di un’ora all’orario di chiusura è la Escola Industrial. E’ il seggio più grande della Catalogna, un complesso di edifici di fine ‘800 situato nel quartiere centrale di Eixample. E’ da svariate ore che la municipale ha chiuso le strade circostanti, così che l’allerta sgombero non è mai scesa e sono state alzate barricate a tutti gli ingressi, tanto che non sappiamo nemmeno se sarà possibile entrare nel cortile interno. Avvicinandoci, ci rendiamo conto della quantità di gente che si è radunata e continua ad aumentare a protezione del seggio: manca solo un’ora alla chiusura del voto e all’inizio della conta, uno sgombero adesso significherebbe la perdita di una quantità di voti enorme. Fuori dall’unico ingresso rimasto aperto, un enorme cancello che da sul Carrer de Comte d’Urgell, ci sono centianai di persone, forse un migliaio. Ma è entrando nel cortile interno che ci si guarda e ci si dice: “tse, ci provassero a sgomberare qua. Questo posto è insgomberabile”. Il cortile è riempito da almeno mille persone, soprattutto giovani ma non solo. Ci sono anche pompieri e svariate testate internazionali. Uno spettacolo così, alla fine di una giornata tanto lunga e faticosa, ti riempie di un misto di orgoglio e sollievo, conditi da un’aura epica di quelle tipiche di una giornata di lotta portata a casa: se la reazione alla violenza del Regime è questa, loro hanno sicuramente perso. Arriviamo fino al portone dell’edificio principale per dare una sbirciatina, attraversando tutto il cortile. Ogni 30 secondi parte un applauso: sono soprattutto rivolti a pompieri e persone molto anziane. Una anziana sta uscendo dal seggio con il braccio alzato e scoppia in lacrime quando parte l’applauso. Oramai il coro che si canta è un liberatorio “hem votat” (abbiamo votato). Raduniamo ancora una volta la brigata e ci sediamo in mezzo alla strada commentando le immagini delle cariche, le dichiarazioni ufficiali, le previsioni sui risultati, ripercorrendo gli eventi della giornata e, perché no, giocando a riconosci il basco da lontano.

Oramai è buio, la minaccia per adesso è passata e, nonostante tutto, la Catalogna ha votato, grazie alla determinazione, alla resistenza e alla prova di autorganizzazione della sua gente.

Ci sarà tempo per fare un bilancio sulla partecipazione, anche perché ancora mancano i dati reali.

Mentre ci beviamo una birra di fine giornata tutte/i insieme parte la cacerolada delle 22: la gente, soprattutto signore di una certa età, si affacciano a finestre e balconi e battono sulle pentole in segno di protesta. E’ dal 20 settembre che, quando scattano le 22, per almeno un quarto d’ora il rumore delle pentole risuona in tutti i quartieri della Catalogna. Alla fine di una giornata così, questo suono battente (e a dirla tutta anche un po’ esasperante dopo 10 minuti!) sembra dire siamo qui, siamo vivi, abbiamo votato e non ci fermiamo.

Il 3 ottobre (oggi) è previsto uno sciopero generale che bloccherà il Paese (la Catalogna, appunto!). Lasciamo valutazioni compiute ad altri interventi, ma ciò che è sicuro è che a battaglia democratica è tutt’altro che chiusa; il 1-O ha mostrato quanto sia duro scontrarsi con il potere di uno Stato da un lato, e quanto possano essere potenti la determinazione e l’autorganizzazione popolare. Adesso ci si avvia verso la rottura, verso una possibile dichiarazione unilaterale di indipendenza e una probabile applicazione dell’articolo 155, che annullerebbe lo statuto di autonomia della Comunità Autonoma. Difficile fare previsioni certe, seguiamo le vicende esprimendo e organizzando la massima solidarietà con chi si scontra con la repressione selvaggia e lotta per il proprio diritto a decidere con il cuore accanto a compagne e compagni di lotta verso cui giornate come queste non fanno che aumentare l’amore, la stima e la fiducia.