Algeria: il primo passo indietro del potere, da trasformare in vittoria contro il sistema

Fri, 15/03/2019 - 16:06
di
Kader Leoni*

Il ritiro annunciato da Bouteflika è il risultato di un formidabile movimento popolare, tutt'ora in corso. È anche il risultato dello sciopero generale iniziato ieri [ndt. 11 marzo] che, in pochi giorni, ha destabilizzato il potere dominante.

La presidenza ha quindi nominato il ministro degli Interni Noureddine Bedoui al posto del Primo Ministro, in sostituzione di Ahmed Ouyahia, uno degli uomini politici più odiati dell'era Bouteflika. Ramatane Lamamra, un personaggio che potrebbe accontentare una certo mondo imprenditoriale, detto “democratico”, è stato designato vice Primo Ministro e ministro degli Affari Esteri. Il nuovo governo è dunque al contempo una ripresa in mano del potere da parte del cuore della burocrazia ed un allargamento ai settori borghesi che vogliono accelerare la trasformazione liberale del paese.

Una reazione necessaria

Bisogna dire che tutti si aspettavano degli annunci di distensione, dopo le manifestazioni gigantesche che hanno attraversato il paese dopo il 22 febbraio scorso.

Per due settimane, gli/le algerin* sono sces* in strada, con enormi picchi di partecipazione nei venerdì. Benché il rifiuto del 5° mandato fosse al centro della contestazione, le rivendicazioni sono evolute fino ad integrare istanze riguardo l'opposizione al sistema (il potere assassino), la giustizia sociale, la denuncia dell'oligarchia e la giusta ripartizione delle ricchezze nazionali.

Il movimento ha alzato l'asticella questa settimana dando inizio ad uno sciopero generale, in corso dal 10 marzo, che tocca tutti i settori produttivi (idrocarburi) e dei servizi. Tutte le categorie socio-professionali, compresi i settori meno combattivi come ad esempio del corpo dei giudici, sono stati toccati da questo movimento inedito, pacifico, misto e partecipato massicciamente praticamente in tutte le regioni dell'Algeria.

Avendo imparato dalle lezioni del passato (1990/91, l'insurrezione del 2001) e dallo stravolgimento delle rivolte arabe, gli algerini hanno fatto di tutto per immunizzare le marce dall'influenza islamista. Non hanno né paura della repressione (che per il momento resta marginale) né della sindrome della Siria o della Libia. Le differenti classi sociali entrano nella battaglia, le defezioni in seno al regime e all'amministrazione si moltiplicano, i settori sindacali denunciano la direzione da cui dipendono (UGTA) e si dichiarano in sciopero, mentre anche i giovani (studenti, liceali e persino le scuole primarie), il corpo degli avvocati, dei giudici e dei funzionari si aggiungono alle mobilitazioni.

È tutto il sistema ad essere sotto accusa

Il vento della contestazione continua a soffiare, denunciando la corruzione, il dispotismo, la dilapidazione delle ricchezze pubbliche e l'oligarchia predatrice. Un movimento di contestazione nazionale si sta strutturando, ancora timidamente, nelle università e nei quartieri. Per la cronaca, i partiti detti d'opposizione, spesso coinvolti negli affari e gli scandali successivi alla salita al potere di Bouteflika nel 1999, non godono di alcuna credibilità presso la popolazione. I loro rappresentati vengono scacciati dalle manifestazioni al grido di “via, fuori!” e coloro che osano raggiungere le piazze sono visti come dei traditori, sostenitori dell'ultimo minuto.

La Francia è percepita come complice di questa casta che tenta di privatizzare lo Stato e le sue ricchezze, perché è questo il suo supporto principale, al punto tale che lo slogan “noi non chiediamo alla Francia e agli Stati Uniti di accompagnarci né di darci lezioni o ricette pronte, noi chiediamo solo che ci venga consegnata la lista dei guadagni illeciti e dei conti bancari dei dirigenti in modo da poter recuperare tali somme e da poterli giudicare” ricorre molto spesso sui cartelli dei manifestanti.

L'8 marzo è stata l'occasione che ha mostrato la presenza massiccia delle donne al fianco degli uomini, portando avanti rivendicazioni molto al di là del semplice rifiuto del 5° mandato. Dalla libertà individuale all'uguaglianza dei diritti fino all'emancipazione, le donne rappresentano la forza determinante in questo contesto quasi pre-rivoluzionario. La lotta del popolo algerino ha bisogno del nostro sostegno qui in Francia e altrove per dequalificare questa pseudo opposizione ultraliberale, corrotta e predatrice. La pressione delle strade deve essere mantenuta e amplificata per imporre l'elezione di una Assemblea Costituente, la quale è divenuta una delle parole d'ordine nelle manifestazioni. Inoltre, i pochi comitati di lotta che stanno emergendo e il vento di protesta e di combattività che ha soffiato sui lavoratori dovranno essere più redditizi per disegnare il futuro; questa lotta è nostra.

E ora?

Nulla è stato vinto: Bouteflika ha annunciato il suo ritiro... ma resta presidente! Nessuna data di fine mandato è stata comunicata, né c'è garanzia su nulla. La presidenza ha semplicemente deciso di annullare le presidenziali e di rinviarle al futuro. La promessa di una seconda repubblica e di una nuova costituzione può finire alle calende greche o, peggio, può servire a rattoppare il potere, senza miglioramenti democratici ma, al contrario, con un'accelerazione sulle riforme liberali volute dai settori più critici della borghesia e dell'esercito, legati alla volontà delle potenze imperialiste, come la Francia. Questo potrebbe portare alla liquidazione delle ultime vittorie della rivoluzione algerina.

Per le masse in movimento, i lavoratori, le donne, i giovani, che hanno sperato così tanto per la libertà acquisita in questa mobilitazione da non volersi più fermare, si tratta di continuare il movimento, di ottenere le immediate dimissioni di Bouteflika, di imporre una vera assemblea costituente basata su delegati eletti nel quadro della mobilitazione, dei suoi processi di autorganizzazione e dallo sciopero generale in corso.

*Fonte articolo: https://npa2009.org/actualite/international/algerie-un-premier-recul-du-...
Traduzione a cura di Federica Maiucci