Lo scontro tra barbarie

Wed, 07/01/2015 - 18:52
di
Thomas Müntzer

E' sempre difficile scrivere "a caldo" dopo tragedie come quella di questa mattina a Parigi. Parliamo di tragedia, non come se si trattasse di un incidente o di una disastro naturale. E' una tragedia perché oltre a colpire direttamente persone, rappresenta un pesante colpo sul piano sociale e politico, oltre che su quello della libertà di opinione.

Charlie Hebdo rappresenta un'esperienza giornalistica importante, provocatoria - in senso positivo - che attraverso la satira e l'inchiesta a tutto campo mette a nudo ogni forma di integralismo, di logica di potere, di contraddizione politica e sociale.
In questo suo impegno ha naturalmente colpito bersagli diversi tra loro, dai vari governi francesi alla destra populista del Front National, dall'intergralismo reazionario islamista al fondamentalismo cattolico, e così via.
E tutti questi suoi bersagli hanno alzato la voce contro Charlie Hebdo, provando in vario modo a fermarlo.
Il criminale attentato di questa mattina rappresenta la forma più odiosa e drammatica di questo odio verso il giornale francese.

Chi ha compiuto questa strage lo ha fatto al grido di "Allah Akbar", della vendetta del "profeta". Non ci sono motivi per non credere che davvero si tratti di qualche gruppo "jihadista", piuttosto ben addestrato e motivato.
Questa rivendicazione ha immediatamente provocato reazioni "pavloviane": da una parte il grido islamofobo e contro gli immigrati di Marie Le Pen, dall'altra l'appello alla "unità repubblicana" del presidente Hollande.
Pur non considerandole sullo stesso piano, non possiamo condividere queste reazioni, in maniera differente ipocrite e pericolose.
L'islamofobia e il razzismo della destra reazionaria (in Italia ben espressa dalla Lega di Salvini e Borghezio) sono una delle cause dell'imbarbarimento della vita politica e sociale in tutta Europa, dove i provvedimenti contro i migranti si sposano ad una crescita di sentimenti reazionari sul piano culturale e sociale.
D'altra parte, il governo francese, come quelli europei in genere, non può andare oltre generiche frasi di condanna, sia perché coinvolto in diverse operazioni militari fuori dai confini per la difesa degli "interessi nazionali", sia perché non produce politiche di inclusione sociale di fronte all'aggravarsi della crisi economica.

Naturalmente il nostro rifiuto di queste reazioni uguali e contrarie non ci fa fare un passo indietro nel condannare - guardandolo con grande preoccupazione - il pensiero e la pratica reazionarie dei vari integralismi religiosi, in questo caso di chi si ispira ad una propria visione dell'islam.
La crescita di tendenze religiose reazionarie, in Europa come in medioriente e in Asia, è allo stesso tempo un frutto avvelenato delle politiche della guerra globale degli ultimi 20 anni, così come un processo specifico interno alle diverse comunità nazionali nelle quali l'Islam è maggioritario.

Purtroppo ci toccherà anche sentire qualche intelligente analista - anche a "sinistra" - che ci spiegherà come tutto nasca dalla "falsa" rivoluzione siriana e di come Assad rappresenti un bastione "laico" di fronte a questa barbarie reazionaria.
In realtà proprio la criminale reazione dei regimi arabi alle istanze democratiche e di giustizia sociale che si sono espresse dal 2011 rappresenta un importante propellente dell'incendio rappresentato dalla crescita dei settori più violenti e reazionari. Così come lo è stata l'ipocrisia delle diplomazie occidentali (come di quella russa e cinese), interessate a promuovere i loro interessi, ma certamente non quelli di un cambiamento vero dei regimi politici ed economici arabi (o dell'Asia centrale).

Esprimiamo la nostra vicinanza e solidarietà per la redazione di Charlie Hebdo; esprimiamo la nostra ferma condanna per ogni pratica terroristica e reazionaria; esprimiamo la nostra preoccupazione - di fronte a questo massacro - per il rischio di un ulteriore imbarbarimento del tessuto sciale, in Europa e nel mondo arabo-musulmano.

La risposta per noi è però un'altra rispetto ai richiami a improbabili "unità nazionali". Si combatte l'integralismo reazionario attraverso una vera apertura culturale, attraverso una diversa politica delle migrazioni, che apra le frontiere e non continui a rendere il mediterraneo la tomba di migliaia di donne e uomini. E, soprattutto,attraverso il sostegno politico, umano e materiale alle forze che in Europa e in tutta la regione arabo-islamica si battono per una trasformazione politica e sociale in senso democratico e combattono in prima fila il fondamentalismo dei regimi al potere e delle forze reazionarie presenti nella regione.