Cosa imparare davvero dalla Grecia

Wed, 28/01/2015 - 17:54
di
Marco Filippetti

Mentre scrivo, la prima riunione del nuovo governo greco a guida Siryza si è appena conclusa. Impressionante la velocità con cui Tsipras ha formato il nuovo esecutivo. Primi provvedimenti dal grande valore politico: innalzamento del salario minimo a 751 euro e blocco della vendita del porto del Pireo ai cinesi. Il giovane leader greco ha puntato su alcuni nomi di peso come ad esempio il neoministro delle Finanze Yannis Varoufakis, con posizioni critiche sul pagamento del debito e sulla Troika. Tattica è senza dubbio la nomina a ministro della difesa del conservatore Panos Kammenos, leader del piccolo partito di destra anti-austerity ANEL, unico alleato di governo. Quest’ultima scelta ha senza dubbio lo scopo di tranquillizzare gli ambienti di destra dell’esercito e della polizia, ma pone molti interrogativi sulla strategia che Tsipras adotterà sulla politica interna. È infatti noto che molti voti Siryza li ha presi tra le fila di quei giovani che negli ultimi anni hanno riempito le strade di Grecia e che oggi si trovano ad affrontare la furia repressiva della polizia e della magistratura. Al di là delle questioni su cui dovremmo avere gli occhi ben aperti e avremmo modo di scrivere nei prossimi giorni, andrebbe indagata scrupolosamente la radice del successo del partito di Sinistra Radicale greco partendo dal lavoro che quotidianamente portano avanti i militanti di base, le scelte dei dirigenti, il rapporto con le cosiddette nuove classi sociali (ceto medio impoverito) e la dialettica con i movimenti sociali. Se scavalliamo l’analisi, giungendo direttamente al risultato elettorale, rischiamo di soccombere al pressappochismo o all’opportunismo di chi oggi tornando entusiasta da Atene, ci ripropone vecchi schemi già falliti. Anche noi ci siamo stati ad Atene, senza vessilli e bandiere di testimonianza sotto il palco, ma con l’umiltà di chi vuole imparare conoscendo i propri limiti, di chi non parte già con la soluzione in mano sperando di tornare in patria con il bollino di garanzia del vincitore per riproporre le solite ricette fallimentari.
Quello che abbiamo visto è un processo contradditorio ma vivace, dove un partito “novecentesco” ha colto le esigenze di un popolo martoriato dall’austerity partendo dalla “cura delle ferite” e non dalla cieca voracità di rappresentanza senza connessioni con la realtà. Cinque anni di dure lotte sulle strade contro l’austerità, nei territori e nei luoghi di lavoro, tantissime realtà politiche a sinistra molto spesso in competizione tra di loro, un movimento anarchico forte ed organizzato, Alba Dorata e gli assalti ad immigrati ed attivisti, l’altrettanto forte risposta antifascista, un determinato movimento ambientalista contro le miniere in Calcidicia, la dura repressione della polizia e della magistratura. Con tutto questo si sono dovuti confrontare i militanti ed i leader politici di Siryza, e non senza contraddizioni sono riusciti a fare emergere da un dirompente ciclo di lotte, un imponente capacità di rappresentanza politica. Ora la scommessa è costruire l’alternativa. Anche altre forze politiche di sinistra sono presenti nei movimenti sociali e nelle vertenze, ma solo Siryza ha avuto la capacità di dare una prospettiva credibile e di massa, per lo meno sul piano elettorale.
Camminando per i quartieri di Atene si percepisce ancora alto lo scetticismo (anche da parte di molti attivisti di varie estrazioni politiche e sociali), su come riuscirà Siryza a governare uno scenario così complesso e pieno di insidie. Piazza dell’Università ad Atene, quella che ha consegnato a Tsipras il ruolo di Primo Ministro, domenica scorsa era un mix di militanti attempati con i lacrimoni e pieni di speranza, giovani incuriositi alla loro prima esperienza politica, altri che hanno deciso di votare il giovane ingegnere perché “gli altri fanno tutti schifo” e si definiscono indignati. E ancora, bandiere gialle di un gruppo di inseganti precari in lotta per la stabilizzazione, quelle verdi degli ecologisti dentro Siryza (che ricordiamolo è una coalizione variegata di realtà di diverse provenienze e non un moloch granitico), bandiere viola delle associazioni per i diritti LGBTQ. L’entusiasmo è quello delle grandi occasioni, ma lontano dalle folle monocolore che hanno accompagnato negli anni passati i governi progressisti latinoamericani. I dubbi sono molti su come il Davide d’Europa affronterà il Golia rappresentato dalla Troika. Su come il primo governo continentale delle sinistre affronterà il rigore neoliberista di un Europa da sempre dominata dal mercato e dalla finanza. Ma è nelle parole di Dimitri, un attivista ecologista, che troviamo una delle chiavi su cui Siryza è riuscita ad alimentare entusiasmi e convogliare consensi. “From guilty before the right, to right before guilty” ci dice Dimitri. Riscatto dal senso di colpa con cui per anni l’establishment greco ed europeo è riuscito a tenere in scacco i greci, isolandoli e facendoli sentire responsabili personalmente della situazione economica disastrosa, umiliandoli oltremodo per un ipotetico stile di vita “spendaccione” e troppo “poco europeo”. “Mia madre e mio padre hanno lavorato una vita ed ora si trovano con una pensione da fame ed io non avendo lavoro non ho neanche l’assicurazione sanitaria – ci dice Dimitri – secondo loro abbiamo vissuto sopra le nostre possibilità? Forse i corrotti al governo si, ma noi abbiamo sempre pagato le tasse e lavorato – conclude – con questo ricatto morale la Troika ed il loro servi come Samaras e Papandreu sono riusciti a rubarci la dignità oltre che ogni diritto conquistato negli anni. Ma ora è il momento che ci riprendiamo tutto”.
Passeggiando per le vie dei Exarchia, lo storico quartiere della sinistra antagonista e degli anarchici di Atene, parliamo con Katerina, un'avvocata che si occupa dei diritti dei migranti e degli sfrattati; “Siryza è stata l’unica forza democratica vicina ai movimenti e alle sue istanze – ci dice – Il riscatto e la riconquista della dignità sono fondamentali oggi per i greci dopo anni di umiliazioni, ma con il governo di sinistra, il lavoro dei movimenti sociali non deve esaurirsi. Anzi, bisogna rilanciare un nuovo ciclo di lotte a partire dagli spazi che si sono aperti e soprattutto giocato sul piano europeo, l’unico dove è possibile invertire la rotta”. Siamo solo all’inizio quindi. Dopo due anni dove il movimento per stanchezza e per la forte repressione subita è rifluito nei quartieri, è il momento di lanciare una sfida all’esecutivo Tsipras, dando vita ad un nuovo corso di movimento. “Tsipras lo sfidiamo sulla conquista dei diritti e sulla democrazia – ci dice Romanos dentro uno storico caffè di Exarchia – da domani iniziamo a scendere in piazza più di prima. Qui nessuno delega – conclude – questo governo regge solo se i movimenti gli stanno con il fiato sul collo, altrimenti crolla lui e crolliamo tutti”. È infatti questa la percezione palpabile, anche tra i diversi gruppi che più o meno criticamente hanno sostenuto Siryza. Nessuna delega in bianco ma ripresa del conflitto sociale guardando al quadro europeo. C’è piena consapevolezza della centralità che riveste oggi una vittoria dei movimenti e di Siryza per l’intera Europa. Ed è proprio questo che ci chiedono; “siamo stati per anni isolati - ci dice sempre Katerina – oggi voi siete qui a sostenere questo processo ma la cosa più importante è sostenerlo nei vostri Paesi d’origine, parlare di quello che avete visto, di quanto sono stati devastanti gli effetti del Memorandum sulla gente. Provare tutti insieme a fare della lotta in Grecia la propria lotta, cosi vinciamo! Non per semplice spirito di solidarietà - conclude – ma perché viviamo tutti la stessa condizione, solo con un grande movimento europeo contro l’austerity possiamo generare un radicale cambiamento”.
Per comprendere il successo capillare di Siryza, non c’è cosa più importante che parlare con gli attivisti di Solidarity for all, una rete di realtà autorganizzate che hanno rapporti con il partito di Tsipras (ma mantengono la loro autonomia) e che hanno tirato su una serie di cliniche autogestite, di mense popolari, sportelli dei diritti legali e cooperative di lavoro. Realtà nate dallo smantellamento brutale dello stato sociale imposto dai Memoranda. “Su 11 milioni di persone dopo le devastanti politiche di austerity, tre milioni non hanno l’assistenza sanitaria – ci dice un medico attivista di una clinica autogestita – In Grecia per avere l’assistenza sanitaria bisogna avere un lavoro, e con la disoccupazione di massa chiaramente è saltata anche la copertura sanitaria”. Siamo in un quartiere dell’ex classe media ateniese. Nel bel mezzo di alcuni palazzi residenziali è nata da maggio scorso una clinica dove volontari prestano gratuitamente un servizio di primo soccorso. “Molte medicine vengono spontaneamente dalle famiglie che hanno perso un parente malato o da farmacie solidali con il nostro progetto – ci dice una infermiera fuori la struttura – Noi possiamo offrire un primo screening completo e possiamo somministrare molti medicinali. Per le visite specialistiche ci sono alcuni centri privati che offrono gratuitamente le loro prestazioni o qualche medico che nelle strutture pubbliche, “disobbedendo”, cura i pazienti più gravi – conclude – Ora addirittura gli ospedali pubblici ci mandano i pazienti con la ricetta perché loro non hanno i medicinali adatti alla patologia da curare”. I volontari di Solidarity for all sono persone che offrono la loro disponibilità all’organizzazione dei servizi. Gran parte di loro sono rimasti disoccupati per la crisi, circa il 20 per cento sono anche beneficiari dei progetti. “Noi non facciamo assistenza o filantropia - dice al sito Redattore Sociale Tonia Katerini membro del comitato di coordinamento - ma ciascuna attività si basa sul rispetto e sul coinvolgimento, senza barriere tra chi prende e chi dona”.
Ricostruire la politica del cambiamento partendo dalla “cura delle ferite” della crisi, dal nuovo mutualismo e dall’autorganizzaizone. Costruire un movimento europeo contro l’austerity e sostenere quello greco nella dialettica con il nuovo governo Tsipras. Divaricare le crepe che si sono aperte nell’Europa del rigore dopo il voto di Atene, con un occhio, anzi tutti e due, alle elezioni spagnole di maggio e settembre che potrebbero infliggere un colpo decisivo all’austerity. Aprire le nostre realtà militanti alle ventate di aria fresca che arrivano dalla società anche cedendo terreno, senza paura di rompersi la testa. Insomma, sperimentare senza paura di farsi male. Questo è quello che ci ha insegnato la Grecia, tutto il resto lo lasciamo ad altri.