La classe non è una cosa, è un rapporto

Sat, 18/01/2014 - 17:06
di
Edward P. Thompson

Per classe, io intendo un fenomeno storico che unisce una varietà di fatti disparati e apparentemente sconnessi, sia nella materia prima dell'esperienza vissuta, sia nella coscienza. Sottolineo che si tratta di un fenomeno storico: io vedo la classe non come una «struttura», né come una «categoria», ma come qualcosa che avviene in realtà (e che si può dimostrare sia avvenuta) nei rapporti umani.

Il concetto di classe implica la nozione di rapporto storico. E, come ogni altro rapporto storico, è un fluido che, se tentiamo di arrestarlo in un momento dato per sezionarne la struttura priva di vita, sfugge alla nostra analisi. Il più fitto retino sociologico non ci darà mai un campione puro della classe, più che non possa darcene uno della deferenza o dell'amore. Il rapporto deve sempre incarnarsi in persone vive, e in un contesto reale. Non solo; ma non possiamo avere due classi distinte, ognuna con un'esistenza a sé, e poi metterle in rapporto l'una con l'altra. Non c'è amore senza amanti. E la classe nasce quando un gruppo d'uomini, per effetto di comuni esperienze (ereditate o vissute), sentono ed esprimono un'identità di interessi sia fra loro, sia nei confronti di altri gruppi con interessi diversi e, solitamente, antitetici. L'esperienza di classe è determinata, in larga misura, dai rapporti di produzione nel cui ambito gli uomini sono nati o vengono involontariamente a trovarsi. La coscienza di classe è il modo in cui queste esperienze sono vissute e risplasmate in termini culturali: incarnatesi dunque in tradizioni, in sistemi di valori, in idee, in istituti caratteristici. Se l'esperienza appare rigorosamente determinata, non così la coscienza di classe. Possiamo riconoscere una logica nelle reazioni, o risposte, di gruppi professionali simili sottoposti a esperienze simili; ma non possiamo dedurne alcuna legge. La coscienza di classe nasce allo stesso modo in tempi e luoghi diversi; mai tuttavia esattamente nella stessa forma.

La tentazione alla quale oggi siamo perennemente esposti è di immaginare che la classe sia una cosa, un fatto. Non così la vide Marx nei suoi scritti storici, ma l'errore vizia in gran parte la letteratura «marxista». Si suppone che «essa», la classe operaia, abbia un'esistenza oggettiva, definibile in termini quasi aritmetici: tanti e tanti uomini in un rapporto dato con i mezzi di produzione. È possibile allora dedurre la coscienza di classe che «essa» avrebbe (ma che di rado ha) se si rendesse esattamente conto della sua posizione, e dei suoi veri interessi. C'è una sovrastruttura culturale, attraverso il cui velo questo riconoscimento albeggia confuso e imperfetto. E, poiché questi «scompensi», queste deformazioni, costituiscono un inciampo, è facile ricorrere a una formula teorica di sostituzione: è il partito, o la setta, o l'ideologo, che disvela la coscienza di classe non come essa è, ma come dovrebbe essere.

In un errore analogo si cade ogni giorno sull'altro versante dello spartiacque ideologico. Una delle forme in cui questo errore si presenta è la negazione tout court. Poiché dimostrare che il grossolano concetto di classe attribuito a Marx è falso non offre alcuna difficoltà, si presume che qualunque concetto di classe sia una costruzione teorica arbitraria, violentemente imposta ai fatti: si nega che la classe sia «avvenuta». Nell'altra forma d'errore, per strana inversione, si cade da un concetto dinamico della classe in uno statico. «Essa», la classe operaia come fatto bruto, esiste; ed è possibile definirla con una certa precisione come elemento costitutivo della struttura sociale. La coscienza di classe, invece, è un'invenzione malefica di intellettuali sbandati, perché tutto ciò che turba l'armonica coesistenza di gruppi che, come si dice, «svolgono ruoli sociali» diversi (e che, quindi, ritarda lo sviluppo economico) è da deprecare come «sintomo ingiustificato di disturbo». Il problema è di trovare il modo di condizionare la classe all'accettazione del suo «ruolo in società», e di «guarire e incanalare» i suoi motivi di scontento.

Se ricordiamo che la classe non è una cosa, ma un rapporto, non possiamo ragionare così. «Essa» non è né per avere un interesse o una coscienza ideali, né per giacere come un paziente sul lettino del clinico o del chirurgo.

Edward P. Thompson da Rivoluzione industriale e classe operaia in Inghilterra, Milano, Il Saggiatore, 1969.