A Carrara si muore di lavoro. Le vite devono valere più dei profitti.

Mon, 16/05/2016 - 14:26
di
Communia Versilia

Un'altra vita precaria stroncata. Ancora una volta a pagare il dazio è un lavoratore del settore del lapideo, un sessantunenne che dopo essere stato licenziato dal precedente posto di lavoro, aveva trovato un nuovo futuro, una nuova ripartenza, finalmente un contratto a tempo indeterminato, un sogno che dopo molti anni di lavoro usurante, finalmente si era concretizzato.
Questo nuovo dramma arriva a distanza di poche settimane dalla tragedia che ha visto perdere la vita ad altri due cavatori che nel mettere in sicurezza una porzione di cava si sono visti letteralmente franare un monte addosso. Ma quello che riempie le fameliche bocche di politicanti dell’ultima ora e sindacati è una parola che oramai riecheggia in maniera ridondante nelle nostre orecchie, “sicurezza”, additando ai lavoratori la troppa superficialità nel lavoro, quasi declinando la colpa agli stessi lavoratori che oramai troppo frequentemente perdono la vita su queste meravigliose montagne violentate quotidianamente. Invece noi sappiamo benissimo di chi è la colpa, di padroni avidi che mettono il profitto davanti a tutto, anche alla vita, di politicanti zerbini e succubi di “imprenditori” che a Carrara fanno il bello e cattivo tempo coperti da poteri forti che da troppo tempo hanno posato le mani sulla città. Ed è per questo che a Carrara si continua a morire di lavoro, perché le politiche scellerate sul lavoro, permettono ai padroni, (già, perché oggi a Carrara ci si rivolge ancora al titolare della cava con l’appellativo di padrone), di mandare in cava gli operai con il ghiaccio, e non sorprendetevi se sentendo esplodere una mina, si possa notare come il soccorso cava rientri alla base perché il turno è finito, oppure camion con ben oltre 40 tonnellate consentite sfreccino per le strade con una minuscola braga di nylon a sostenere l’enorme blocco d’oro bianco, che oramai per il 75% esce in polvere di carbonato di calcio che serve ad abbellire le pareti di chissà quale toilette di lusso di qualche grande magazzino di lusso o hotel. Per questo non possiamo più parlare di incidenti, ma come dice qualcuno, dobbiamo parlare di guerra, guerra che vede da una parte i padroni che dettano le regole e dall’altra gli sfruttati che spesso e volentieri pagano con la vita regole non scritte e volute da loro. Ancora una volta siamo qui a riaffermare che le nostre vite valgono più dei loro profitti.