In tutto il mondo le donne scioperano l'8 marzo. Ecco perché

Mon, 26/02/2018 - 10:14
di
Sarah Jaffe*

Sarah Jaffe: Benvenut* alle Interviste per la Resistenza. Ci troviamo oggi nel secondo anno di amministrazione Trump, con alle spalle un anno pieno di alti e bassi, di vittorie importanti, campagne portate avanti con successo e sconfitte dolorose. Abbiamo imparato tanto, ma molto di più è ancora da imparare, e da fare. In queste puntate settimanali parleremo con organizzatori/trici, agitatori/trici ed educatori/trici non solo a proposito di pratiche di resistenza, ma anche su come costruire un mondo migliore.

Cinzia Arruzza: mi chiamo Cinzia Arruzza e sono una delle organizzatrici nazionali dell'International Women's Strike.

Tithi Bhattacharya: io sono Tithi Bhattacharya, insegno alla Purdue University. Sono stata una delle organizzatrici dell'International Women's Strike lo scorso anno e quest'anno ricopro lo stesso ruolo.

Sarah Jaffe: Iniziamo parlando un po' dell'anno passato. Che cosa è stato fatto e perché avete deciso di ripetere anche quest'anno?

TB: Credo che tutt* conoscano quali sono stati i contenuti dello sciopero del 2017, che è iniziato da una straordinaria capacità di coordinamento tra le femministe di tutto il mondo. Quest'anno tale contesto rimane e, nel caso degli Stati Uniti, è stato in qualche modo rinforzato dall'elezione di Trump. Questo porta naturalmente al ripetersi dello sciopero, sia a livello internazionale che a quello locale statunitense.

CA: Inoltre il 25 novembre scorso è stata la data internazionale contro la violenza di genere e sulle donne. Sfortunatamente negli Stati Uniti non ci sono state grandi manifestazioni, ma nel resto del mondo abbiamo potuto osservare manifestazioni di massa. Il successo di quella giornata di mobilitazione ha dato impulso all'idea che fosse possibile organizzare uno sciopero anche quest'anno.

SJ: parliamo della storia degli scioperi delle donne: lo sciopero è una pratica poiché sempre esistita nei movimenti di donne, per diverse decadi almeno, ma solo negli ultimi due anni sta tornando in auge.

CA: lo sciopero delle donne non è una completa novità. Un precedente simile si ritrova negli anni '70, con lo sciopero delle donne islandesi per la parità del salario. Due anni fa, il movimento femminista polacco ha scelto di recuperare questa forma di lotta e di organizzare lo sciopero delle donne in Polonia contro la legge sull'aborto. Lo stesso è accaduto in Argentina con le strade inondate da donne in sciopero e in protesta contro la violenza di genere. Partendo da qui, specialmente sull'onda dell'enorme successo delle mobilitazioni in Argentina e Polonia, è nata l'idea di provare ad organizzare l'International Women's Strike per l'8 marzo. Gli scioperi delle donne sono una pratica di lotta molto potente per il movimento femminista, perché rendono evidente non solo la vittimizzazione delle donne ma anche e soprattutto il potere che le donne hanno, in quanto lavoratrici sia nel mercato del lavoro formale che nella sfera della riproduzione sociale, a casa, e così via. Questo secondo lavoro troppo frequentemente non è riconosciuto o non è valutato come dovrebbe essere.

TB: Anche lo scorso anno, dopo la chiamata dello sciopero, si sono verificate delle critiche sul termine stesso di “sciopero”, in quanto viene compreso ormai come l'arresto del lavoro dal punto di vista della produzione. Questa è una definizione di “sciopero” molto potente. Tuttavia, la parola “sciopero” ha diverse interpretazioni storiche, alcune delle quali spiegate sopra da Cinzia.
Credo che la cosa di cui si parlava facilmente lo scorso anno e anche oggi è la differenza tra sciopero dal posto di lavoro e sciopero politico. Credo che lo sciopero delle donne abbia dato un importante contributo al lascito dello sciopero politico, visto il declino neoliberale dei sindacati a livello globale e gli attacchi mossi ai sindacati dalle élite dominanti dagli anni '70 ad oggi, la cui conseguenza è la perdita dell'arma più importante per gli scioperi sul posto di lavoro della classe lavoratrice, ovvero la protezione dei sindacati.
In tale contesto, credo che lo sciopero politico sia estremamente importante, poiché ciò che è accaduto l'8 marzo dell'anno scorso negli Stat Uniti è stato comunque definito sciopero. Abbiamo lavorato molto per mantenere il significato originario della parola, ma ciò che ne è conseguito è stata una discussione politica intensa sulla relazione tra le pratiche di lotta sul posto di lavoro tradizionale e non.
Crediamo fermamente che in un periodo segnato dalla perdita di agibilità di protesta sul posto di laboro, lo sciopero politico è la maniera giusta per riprendere il dibattito e magari riportare quel potere nelle mobilitazioni nei luoghi di lavoro.

SJ: Abbiamo visto che è rinato un forte interesse nell'idea dello sciopero politico, in particolare negli Stati Uniti dopo l'elezione di Trump. È interessante vedere come in questo momento di rinascita dell'idea di sciopero politico anche i sindacati, in particolare in questo paese ma anche a livello globale, si stanno riattivando.

CA: In un certo senso, questo evidenzia il fatto che lavoratori e lavoratrici sono private di uno dei più importanti mezzi di lotta e di protesta normalmente riconosciuti nelle democrazie liberali. Non mi riferisco a forme di lotta insurrezionali. Gli scioperi politici stanno avendo luogo in molti paesi. Sono legali, sono riconosciuti e sono uno strumento molto potente di fronte ad un governo che sembra impossibile da sfidare o di influenzare in un'altra maniera.
Spero che il richiamo che gli scioperi politici stanno avendo in questo momento possa effettivamente riaprire forme di dialogo politico e campagne per riformare la legislazione sul lavoro, riflettendo profondamente su quali dovrebbero essere i diritti della classe lavoratrice negli Stati Uniti. Visto che gli Stati Uniti hanno la peggiore legislazione sul lavoro tra tutte le altre democrazie liberali. È davvero una situazione eccezionale.

TB: Parlando di sciopero politico, due cose sono molto importanti da ricordare. La prima, quando la questione del lavoro femminile diventa essenziale, è che le persone scioperano per migliorare le loro povere condizioni di vita. Non è sempre detto che lo sciopero sia direttamente legato a questioni lavorative. Se il lavoro è un mezzo per vivere, quando le condizioni di vita si deteriorano è il momento in cui le persone iniziano a pensare di fare qualcosa sul proprio posto di lavoro.
Questa relazione tra vita e lavoro è spesso dimenticata dalle burocrazie sindacali. Quest'ultime usano considerare lo sciopero come un piccolo spazio per i salariati per negoziare semplicemente sulle condizioni contrattuali. Invece, per la classe lavoratrice non si tratta semplicemente di una negoziazione sui termini contrattuali – si tratta delle proprie vite e delle proprie condizioni di vita.
Uno sciopero politico da un contesto al significato della lotta più ampio e profondo, con vantaggi tutti da guadagnare dalla lotta e dalla solidarietà. Credo, in particolare in questo contesto, che gli scioperi politici hanno un ruolo vitale nel ricordare alle persone che le condizioni di vita e quelle di lavoro sono in realtà connesse, ed è necessario che vengano connesse.

SJ: Questo sciopero arriva nel pieno del movimento #MeToo. Parliamo di un contesto di rinnovato dibattito sulle molestie e la violenza sessuale, e di come questo portato gioca nella costruzione dello sciopero di quest'anno.

CA: Credo che dovremmo osservare anche il legame tra l'ondata di mobilitazioni femministe in tutto il mondo nell'ultimo anno e mezzo e l'esplosione della campagna #MeToo. Il movimento del #MeToo è stato molto importante negli Stati Uniti – e a livello internazionale – perché ha reso evidente ciò che molte donne già sapevano, ovvero che le molestie e le violenze sessuali fanno parte della vita quotidiana della maggior parte della popolazione femminile, si tratti del posto di lavoro, della casa o della strada. Chiaramente, la violenza di genere richiede una risposta collettiva. Quindi, da questo punto di vista, lo sciopero delle donne non è un'alternativa al #MeToo. È piuttosto un contributo o un tentativo di dare una risposta collettiva all'isolamento che la vittimizzazione produce.
L'idea di fare un passo ulteriore dopo il #MeToo, dopo aver denunciato individualmente le molestie e le violenze che abbiamo sofferto durante tutta la nostra vita, deve esserci anche un momento di organizzazione collettiva di una risposta collettiva. Altrimenti, le condizioni strutturali che permettono alla violenza di genere di riprodursi non saranno in alcun modo sfidate. Uno dei rischi dell'attenzione attualmente esistente sulla questione della violenza di genere è che ci libereremo di alcuni odiosi ricattatori, alcuni famosi ed altri meno, e questo va bene, certo. Sia benvenuto questo momento di catarsi, in un certo senso. Ma ciò non risolverà alcun problema.
Il problema reale non sono singoli uomini cattivi. Il problema reale sono le condizioni strutturali che creano le condizioni per il perpetrarsi impunitamente della violenza di genere e la violenza sessuale. Nei mesi passati abbiamo appreso quale sia il livello di intensità di molestie e violenze sulle donne sul posto di lavoro, ma ciò ha chiaramente a che fare con la natura gerarchica delle relazioni nei luoghi di lavoro, e con la mancanza di potere reale delle lavoratrici.
Inoltre, da questo punto di vista, negli Stati Uniti la mancanza di sindacati e di diritti dei lavoratori ha creato ulteriori condizioni favorevoli alla violenza di genere, poiché le donne temono costantemente di denunciare un collega o il datore di lavoro, esattamente perché non sentono di avere alcun tipo di protezione alle spalle. Le donne sentono di non avere alcuna organizzazione o struttura collettiva alle spalle in grado di proteggere i loro interessi.

TB: aggiungo solamente tre cose specifiche relative al movimento #MeToo che credo abbiano a che fare con l'8 marzo. Questo spiega anche perché abbiamo affrontato la questione del #MeToo nella nostra organizzazione. La prima: quando ricordiamo di aver visto il New York Times affrontare ripetutamente la questione delle condizioni di lavoro? Questo è ciò che il #MeToo è riuscito a fare. Non si sono mai visti così tanti articoli nelle prime pagine dei media mainstream sulla condizione di lavoro delle donne. Sì, è stata certamente descritta in relazione alla violenza sessuale, ma effettivamente è riuscito a mostrare come la maggior parte delle donne a lavoro sono esposte a trattamenti brutali e dittatoriali, e non solo le donne. È stato aperto un piano di discussione gigantesco. Non ho mai visto dibattiti sulle condizioni lavorative di tale estensione. Questo è uno sviluppo più che benvenuto che per la prima volta in tanti anni porta in primo piano la questione di ciò che significa essere una lavoratrice o un lavoratore in questo paese.
La seconda è la realizzazione di ciò che era stato inizialmente limitato al dibattito dei socialisti e radicali di questo paese, ma che oggi sta diventato di senso comune. Il fatto che tutt* noi sappiamo che dall'inizio del XX secolo c'è stato un aumento indubbiamente elevato dei diritti delle donne, così come un aumento della partecipazione delle donne alla sfera pubblica e a quella del lavoro. Abbiamo, in un certo senso, migliorato la nostra vita attraverso le lotte.
Ma, su un binario parallelo, credo che sia accaduto un declino precipitoso sul piano dei diritti dei lavoratori in generale, in particolare tra gli anni '70 e '80 con la crescita del neoliberismo. Ora ci ritroviamo in una situazione contraddittoria, dove i nostri diritti come donne sono cresciuti negli anni, in un certo senso, ma i diritti dei lavoratori hanno subito un declino generale. Questo significa che, sul posto di lavoro, le donne, in particolare, sono vulnerabili.
La soluzione che il sistema capitalista ha offerto è “Siccome puoi migliorare la tua condizione di donna, ogni donna vale per se stessa”. La soluzione offerta alle condizioni di vita e di lavoro precarie è stata, ovviamente, “Lean In”, “buttarsi”. Che puoi migliorare individualmente fino a diventare un amministratore delegato. Questa è la seconda maniera di sviluppo.
La terza, molto rilevante per la nostra proposta, è il fatto: in quale modo rispondiamo? Sappiamo tutt* che la violenza domestica esiste ed ha una diffusione impressionante, negli Stati Uniti e globalmente, ma il vantaggio di una discussione sulla violenza sul posto di lavoro è che ci sono testimoni e ci sono persone che hanno subito la stessa esperienza, perché sono colleghe che lavorano sotto lo stesso disgustoso capo molestatore. C'è una nuova fiducia collettiva perché si ha vissuto insieme questa esperienza collettiva, e questo è il motivo per cui, penso, la voce dalla campagna #MeToo si è amplificata: perché viene da luoghi di resistenza collettivi.

SJ: Raccontateci qualcosa dell'organizzazione dello sciopero di quest'anno. Che cosa è stato programmato fino ad ora e come sta andando il movimento di solidarietà internazionale?

TB: Per quanto riguarda il livello internazionale, abbiamo contattato telefonicamente molte organizzatrici dello sciopero e sembra che stia andando molto bene in moltissimi paesi, in particolare Italia, Spagna, Polonia, Argentina e altri paesi dell'America Latina. Sono stata in Inghilterra lo scorso mese e ho visitato il cuore organizzativo dello sciopero, la Women’s Strike Assembly, e stanno facendo un lavoro favoloso di connessione dell'8 marzo con scioperi studenteschi nelle facoltà universitarie. Stanno creando una rete di contatti tra tutte le università per coordinare azioni durante lo sciopero attraverso un infaticabile lavoro di assemblee e incontri nazionali e locali.
Negli Stati Uniti il piano è che, lungo tutto il continente, l'8 marzo ci fermeremo dal lavorare come donne per un'ora, in modo da mostrare ai capi e all'establishment della Casa Bianca che, siccome siamo noi a produrre il benessere nella società, possiamo anche fermarci e smettere di produrre quel benessere, e fermare la corsa della società. È un reminder simbolico del nostro potere come donne e come lavoratrici. Stiamo lavorando in cooperazione con diversi sindacati per permettere che accada.

CA: Abbiamo riattivato un comitato organizzativo nazionale che fondamentalmente è una rete di diverse attiviste sparse per tutto il paese, che prestano il loro tempo e il loro lavoro per pianificare lo sciopero. Abbiamo avuto a New York un lancio pubblico dello sciopero delle donne partecipato da un incredibile gruppo di relatrici.
In tal senso, quest'evento, per esempio, da senso al tipo di energia e al tipo di donne che lo sciopero sta cercando di organizzare, specialmente donne della classe lavoratrice, minoranze di donne che non solo parteciperanno allo sciopero ma che hanno portato e stanno portando avanti lotte sul posto di lavoro, contro l'ICE (Immigration and Customs Enforcement, l'ufficio immigrazione e dogana) e così via, portando a volte anche delle vittorie a casa, mostrando come l'azione collettiva e la lotta portano a dei risultati positivi.
Pensiamo che si terranno manifestazioni e marce in tutte le grandi città negli Stati Uniti. Le organizzatrici stanno già lavorando allo sciopero a Los Angeles, la Bay Area, a Portland e a Philly. Siamo state contattate moltissimo tramite email e messaggi di persone interessate che hanno letto, per esempio, l'articolo che abbiamo pubblicato sul The Guardian, un appello allo sciopero negli Stati Uniti e ad unire le forze con chiunque fosse interessata/o.
Tutto questo si base unicamente su uno sforzo volontario basato sulle organizzazioni locali, dal basso. È del tutto autofinanziato. Le persone stanno dando il proprio tempo e il proprio lavoro volontariamente, e questo da anche la misura della bellezza del tutto, nel senso che attorno all'organizzazione dello sciopero siamo in qualche modo consolidando un'area femminista anticapitalista che offre un'alternativa al femminismo corporativista e del “buttarsi” che ha dominato per tutti gli scorsi anni. Credo che si sia creato lo spazio politico e il desiderio, almeno a giudicare dalle risposte che molte attiviste femministe del paese stanno dando all'idea di organizzare lo sciopero e l'entusiasmo che stanno mettendo in questo progetto.

Ovviamente, chi vuole unirsi può contattarci attraverso il nostro sito o la pagina Facebook ed organizzare uno sciopero nella propria città.

Fonte articolo: https://www.salon.com/2018/02/14/women-across-the-globe-are-planning-to-...
Traduzione a cura di Federica Maiucci