L'invisibile fattore che spinge la carovana dei migranti: il cambiamento climatico

Thu, 01/11/2018 - 12:11
di
Oliver Milman in New York, Emily Holden in Washington and David Agren in Huixtla, Mexico*

I migliaia di migranti dell'America centrale che avanzano in Messico per raggiungere gli Stati Uniti d'America sono stati descritti dai media come in fuga dalla povertà o dalla violenza delle gang criminali.
Ma un fattore di spinta cruciale in questa migrazione è stato più difficilmente citato: il cambiamento climatico.

Molti dei migranti che compongono la carovana vengono dal Guatemala, Honduras e El Salvador – paesi devastati dalla violenza, dal crimine organizzato e dalla corruzione sistemica, le cui radici affondano nel conflitto regionale durante gli anni della Guerra Fredda.
Gli esperti dicono che oltre questi fattori, il cambiamento climatico esaspera le condizioni dei paesi della mesoamerica. E avvertono che nelle prossime decine d'anni, il "climate change" spingerà milioni di persone verso gli Stati Uniti d'America.

"Concentrarci sulla violenza ci fa perdere d'occhio il quadro complessivo: le persone stanno emigrando per una precarietà nella possibilità di accedere ai beni di prima necessità come il cibo" dice Robert Albro, un ricercatore al Center for Latin American and Latino Studies all'American University. "La principale ragione della migrazione è l'assenza di cibo. E questa è legata a doppio filo con il cambiamento climatico".

Albro dice che i migranti raramente menzionano il cambiamento climatico come uno dei motivi per emigrare, ma i piccoli contadini sono terribilmente a conoscenza dei cambiamenti del clima che, negli ultimi anni, hanno decimato i raccolti e azzerato i loro risparmi.

In una pausa sulla marcia nella cittadina messicana Huixtla, Jesus Canan ci raccontato come lui coltivava mais e fagioli nel suo piccolo appezzamento di un ettaro nelle vicinanze delle rovine di Copan in Honduras. Canan, di origine Ch'orti', è stato costretto ad abbandonare le sue terre dopo ripetuti raccolti andati a male, per colpa dei cambiamenti nel clima. "Quest'anno non ha piovuto, neanche l'anno scorso" diceva con voce tenue. "Nel mio campo di mais non è cresciuto nulla. Ho speso molto e non ho avuto nessun raccolto. Niente di niente".
Disperato e con il desiderio di raggiungere gli Stati Uniti d'America, Canan si è messo in viaggio in ottobre e si è unito alla carovana. Ha lasciato alle sue spalle la mogli e tre figli (di 16 ,14 e 11 anni), che sono stati obbligati a lasciare la scuola perché lui non poteva più pagare per i quaderni e le penne. "È cambiato qualcosa. È questo che ci obbliga ad emigrare. Negli anni passati ha sempre piovuto nella stagione corretta. Le mie piante hanno sempre dato frutti, ma ora non c'è più logica [al clima]"

E questo trend è confermato anche da Stephanie Lautert, una esperta della sicurezza del centro America all'University of Texas, che dice che i dati della polizia di frontiera statunitense dimostrano un picco nell'emigrazione dalle aree del Honduras dell'ovest una volta regioni rigogliose dove si produceva caffè.

Molti di questi emigranti sono ex agricoltori di caffè - come Antonio Lara, di Ocotepeque, che si è unito alla carovana con la moglie e i due figli piccoli. "Il caffè valeva qualcosa una volta, ma ora i prezzi sono scesi così tanto che non conviene produrlo" ci dice Antonio. E oltre i problemi con il cambiamento dei pattern del clima, lui dà la colpa anche ai grandi produttori di caffè e agli intermediari: "Non ho lasciato il mio paese perché lo volevo. Sono stato obbligato".

Un terzo dell'occupazione nell'America centrale è legato alla agricoltura, e i cambiamenti del clima e le malattie delle piante possono avere effetti devastanti, come l'epidemia di un fungo nel 2012 che ha coinvolto il 70% delle fattorie. Normalmente il fungo sarebbe morto al calare di temperature, durante la notte, ma il surriscaldamento globale gli ha permesso di diffondersi e sopravvivere, ci dice Sam Dupre, un ricercatore della University of Maryland Baltimore County. "I contadini perdono i raccolti e sono obbligati a emigrare", dice Dupre "I contadini mi dicevano che prima che le coltivazioni fossero colpite dal fungo in pochi se ne andavano, ora è diventata la norma".

Uno studio del World Food Program ci dice che quasi la metà dei migranti ha difficile accesso al cibo, e questo spinge molti giovani ad emigrare.
Il cambiamento climatico sta portando variazioni sempre più estreme ed imprevedibili nella regione: le piogge estive sono diventate irregolari, e in molti casi torrenziali, e c'è stato un aumento della siccità portata da El Niño. Per colpa di questo più di tre milioni di persone hanno perso la sicurezza alimentare.

"Caffè e mais sono sensibili al cambiamento di temperatura e precipitazioni", dice Albro. "Se le piante muoiono o non danno frutti creano un danno enorme per i piccoli proprietari terrieri". I contadini prima emigrano nelle città, ma affrontano una serie di problemi che li obbligano a considerare l'emigrazione verso nord. "C'è una migrazione interna, ad esempio verso Città del Guatemala, ma lì rischiano di entrare nel racket delle gang prima di muoversi verso gli USA" dice Leutert. "Ma il fattore che ha fatto iniziare questa odissea è certamente il cambiamento climatico".

Più di 50.000 famiglie guatemalteche sono state fermate al confine con gli Stati Uniti nel corso dell'anno, il doppio rispetto l'anno scorso. L'impatto del cambiamento climatico non è ancora stato valutato statisticamente, ma la Banca Mondiale stima che il cambio di temperature e del clima obbligherà 4 milioni di persone ad emigrare dal mesoamerica nei prossimi 30 anni.

Questa emigrazione di massa rischia di avere effetti enormi sia nei paesi di origine che in quelli di arrivo. La convenzione sui rifugiati delle Nazioni Unite del 1951 ha dei criteri chiari per quanto riguarda l'asilo, nei casi di persecuzione politica o religiosa, ma non ha nessun riferimento al cambiamento climatico.

Se si stima che 150-300 milioni di persone potrebbero essere obbligate a emigrare per le variazioni del clima urge una nuova struttura interazione e un nuovo spirito. "Se le tue coltivazioni sono morte o la tua casa è stata inondata, e tu sei obbligato a emigrare, non sei tanto differente dalle altre tipologie di rifugiato", dice Michael Doyle, uno studioso di relazioni internazionali alla Columbia University.

Doyle fa parte di un gruppo di accademici che sta facendo una campagna per un nuovo trattato che metta al centro i bisogni di coloro che sono obbligati ad emigrare, invece di concentrarsi sulle ragioni della loro fuga, in modo da prepararsi all'arrivo di un nuovo tipo di migrante: il migrante climatico.

"Il presidente degli USA sta usando strumentalmente la carovana dei migranti per rafforzare la sua posizione politica" dice Doyle. "Se oggi aprissimo la discussione sulla convenzione del 1951, sarebbe certamente indebolita e molti diritta sarebbero cancellati. Non siamo in una situazione in cui è possibile provare a migliorare quella carta. Non c'è nessun attore politico che abbia la capacità di portare miglioramenti che sarebbero oltremodo necessari".

*Fonte articolo: https://www.theguardian.com/world/2018/oct/30/migrant-caravan-causes-cli...
Traduzione a cura di Marco Cristante.