Marx, Varoufakis e il gioco delle regole

Wed, 25/02/2015 - 11:38
di
Felice Mometti

Come finirà la vicenda greca non sta scritto da nessuna parte. E nessuno ha i titoli e l'autorità per dare o revocare la patente di marxista a chicchessia. Basta guardarsi attorno per capire come il marxismo, o meglio, i marxismi siano delle costellazioni teoriche profondamente segnate dai conflitti politici e sociali degli ultimi secoli. Detto questo, fatte queste premesse, suscita però un certo spaesamento il lungo scritto di Yanis Varoufakis pubblicato recentemente da The Guardian dal titolo "Come sono diventato un marxista irregolare". A metà tra il biografico e il teorico, tra l'accademico e l'introspettivo l'attuale ministro delle Finanze del governo greco ci parla della sua visione del capitalismo europeo. La tesi forte è che dobbiamo salvare il capitalismo europeo da se stesso, dalle sue élite politiche e finanziarie che non hanno compreso e non vogliono comprendere la vera natura della crisi che si sta attraversando. Come? Facendo emergere le contraddizioni delle politiche economiche europee rispetto ai loro stessi presupposti, per arrestare la caduta libera del capitalismo europeo guadagnando il tempo necessario per formulare un'alternativa sperando (testuale) che venga presa sul serio. Un metodo che, secondo Varoufakis, lo stesso Marx ha applicato a più riprese. Lo ha fatto con i suoi predecessori, Adam Smith e David Ricardo, dei quali non ha messo in discussione le ipotesi di fondo ma si è limitato a contestarne gli sviluppi. Seguendo questo ragionamento di Varoufakis, in fondo Marx non è stato che un inconsapevole filosofo analitico americano ante litteram che ha speso il suo tempo a cercare le contraddizioni logiche nelle teorie economiche neoclassiche. Pare un pò poco guardando la produzione teorica del frequentatore della biblioteca del British Museum. Ma proseguendo, Varoufakis, forse si rende conto della debolezza della sua argomentazione e cerca di rinforzarla. Marx ha certamente dei meriti ma ha commesso anche degli errori molto gravi. I meriti sono stati quelli di aver inequivocabilmente dimostrato che il capitalismo produce enormi ricchezze ma allo stesso tempo genera altrettante enormi povertà. E, con una spiegazione piuttosto contorta da parte del ministro greco, di aver individuato nella caduta tendenziale del saggio di profitto la causa delle crisi del capitalismo. I due gravi errori commessi da Marx, nell'economia dello scritto di Varoufakis, sembrano addirittura oscurare meriti. Marx avrebbe colpevolmente sottovalutato l'impatto delle sue teorie sui suoi "discepoli". Forse Varoufakis conosce qualche caso di filosofi, economisti, sociologi che hanno avuto il completo controllo, anche post mortem, su una presunta corretta interpretazione delle loro idee. Ma questo non è dato saperlo. Non ce lo dice. Secondo errore ancora più grave: aver pensato che la "verità" del capitalismo avrebbe potuta essere modellizzata secondo un procedimento matematico. E qui viene citata l'annosa questione della trasformazione dei valori in prezzi di produzione. Se questa è la "verità", se non l'essenza, del capitalismo il rischio è di infilarsi in un approccio riduzionista che funziona come una camicia di forza. Quando Marx parlava di modo di produzione capitalistico abbiamo l'impressione che intendesse un qualcosa di più complesso, più vicino a un rapporto sociale. Varoufakis è conosciuto anche come grande esperto della teoria dei giochi che, secondo alcuni che inneggiano alla "vittoriosa sconfitta" di Tsipras e Varoufakis, sta applicando con successo nel duro scontro con la troika e i governi europei usando la strategia della "debolezza coercitiva". In sostanza si tratta di danzare sull’orlo di un burrone, facendo capire che si è disposti a giocarsi molto di più di quanto sia disposto l’avversario. Sarà, ma la partita si gioca non solo e non soprattutto nelle stanze ovattate di Bruxelles. Si gioca nei rapporti di forza politici e sociali. E qui Varoufakis nel suo lungo contributo fa la classica mossa di estrarre il coniglio dal cappello. Ma è un coniglio molto stanco di apparire e il cappello è piuttosto sgualcito per l'uso troppo frequente. Tutta la strategia regge, questo è il messaggio sottotraccia, se da una parte si evitano contemporaneamente le politiche xenofobe da parte della destra e il massimalismo rivoluzionario della sinistra. C'è un qualcosa di già sentito, già visto e già fallito in questo ragionamento. Comunque alla fine della lettura del pensiero di Varoufakis ci rimane un dubbio: durante la nostra opera di salvataggio del capitalismo europeo da stesso, a noi chi ci salva ?