Guerrilla open access

Sun, 20/07/2014 - 10:28
di
Aaron Swartz

Quando si parla di Information Technology, e in senso più stretto di informatica, la percezione dell’importanza delle scelte che facciamo è minima. Spesso non abbiamo nemmeno gli strumenti per comprendere di avere una possibilità di scelta, perché non ci viene insegnato. Perché è conveniente, per alcuni, che non ci venga insegnato. Non sappiamo come difenderci dagli attacchi alla nostra sicurezza e privacy online e nemmeno sappiamo usare a pieno le macchine che ci permettono di accedervi. La nostra vita online è segnata da strette maglie di potere da cui è difficile uscire, che ci incasellano in ruoli subalterni, costretti a subire l’egemonia capitalista e tecnocratica di chi ha potere e sapere e sceglie di non condividerlo.
Dobbiamo allora pretendere di sapere, alzare la voce contro chi impedisce la nostra libertà di conoscenza e utilizzare tutti gli strumenti che abbiamo per perseguirla. Come hacktivist* e non, da sempre diffondiamo software libero, quando possibile insegniamo ed impariamo a scriverlo e ad usarlo, ci impegniamo a condividere saperi non egemonici, orizzontali, dal basso. Per arrivare all’orizzontalità tecnica e non solo, ne siamo ben coscient*, ci vorranno ancora molto impegno e fatica, ma è una sfida avvincente.
Con queste premesse vogliamo pubblicare proprio oggi uno dei testi più noti di Aaron Swartz (1986-2013), coder che collaborò alla scrittura del codice sorgente delle licenze Creative Commons e lottò per l’orizzontalità dell’accesso alle informazioni. Tre anni fa, il 19 luglio 2011, Aaron Swartz venne accusato di aver danneggiato JSTOR, una famosa biblioteca digitale, scaricando 4 milioni di articoli accademici per condividerli in open access in una rete P2P.
Lo ricordiamo con la sua pagina più bella, il manifesto per la liberazione dei saperi.

Collettivo CyberC.H.A.O.S.

Guerrilla Open Access Manifesto di Aaron Swartz

L’informazione è potere, ma come ogni tipo di potere, c’è chi lo vuole tenere per sè. L’intero patrimonio scientifico e culturale mondiale, pubblicato nel corso dei secoli in libri e riviste, è sempre più digitalizzato e chiuso a chiave da un pugno di società private. Vuoi leggere le riviste con i più famosi risultati scientifici? Dovrai mandar somme enormi a editori come Reed Elsevier.
C’è chi lotta per cambiare tutto questo. Il movimento Open Access ha combattuto valorosamente per fare in modo che gli scienziati non cedano i loro diritti d’autore, ma pubblichino invece su Internet, a condizioni che consentano l’accesso a tutti. Anche nella migliore delle ipotesi però, il loro lavoro avrà valore solo per le cose pubblicate in futuro. Tutto ciò che è stato pubblicato fino ad oggi sarà perduto.
Questo è un prezzo troppo alto da pagare. Forzare i ricercatori a pagare per leggere il lavoro dei loro colleghi? Scansionare intere biblioteche, ma permettere solo a quelli di Google di leggere questo materiale? Fornire articoli scientifici alle università d’elitè del Primo Mondo, ma non ai bambini e alle bambine del Sud del Mondo? E’ oltraggioso e inaccettabile.
“Sono d’accordo” dicono molti “ma cosa possiamo farci? Le società detengono il copyright, guadagnano somme enormi facendo pagare l’accesso ed è tutto perfettamente legale. Non c’è niente che possiamo fare per fermarle”. C’è qualcosa che possiamo fare invece, una cosa che è già stata fatta. Possiamo contrattaccare.
Voi che avete accesso a queste risorse (studenti, bibliotecari, ricercatori), avete ricevuto un privilegio. Potete nutrirvi al banchetto della conoscenza, mentre il resto del mondo è chiuso fuori. Non dovete, invece, non potete moralmente, mantenere questo privilegio solo per voi. Avete il dovere di condividerlo con il mondo. Dovete scambiare le password con i vostri colleghi e scaricare il materiale per i vostri amici.
Nel frattempo, voi che siete stati chiusi fuori non ve ne dovete stare a guardare. Dovete entrare attraverso i buchi e scavalcare le recinzioni, liberare le informazioni tenute sotto chiave dagli editori e condividerle con i vostri amici.
Ma tutte queste azioni si portano avanti nell’ombra, nascoste. Sono chiamate furto o pirateria, come se condividere questo mare di conoscenza fosse l’equivalente morale di saccheggiare una nave e assassinarne l’equipaggio. Ma condividere non è immorale, è un imperativo morale. Solo chi è accecato dall’avidità rifiuterebbe di concedere una copia ad un amico.
Le grandi multinazionali, ovviamente, sono accecate dall’avidità. Le leggi a cui sono sottoposte lo richiedono, se non fosse così i loro azionisti si rivolterebbero. E hanno corrotto i politici, così che facciano passare leggi che danno loro il potere esclusivo di decidere chi può fare delle copie.
Non c’è giustizia nel rispettare leggi ingiuste. È tempo di uscire allo scoperto e, nella grande tradizione della disobbedienza civile, dichiarare la nostra opposizione a questo furto privato di cultura pubblica.
Dobbiamo prendere le informazioni, ovunque siano archiviate, farne nostre copie e condividerle con il mondo. Dobbiamo prendere ciò che è fuori dal diritto d’autore e caricarlo su internet. Dobbiamo acquistare banche dati segrete e metterle sul web. Dobbiamo scaricare riviste scientifiche e caricarle sulle reti di filesharing. Dobbiamo lottare per la Guerrilla Open Access.
Con abbastanza di noi in giro per il mondo, non solo manderemo un forte messaggio contro la privatizzazione della conoscenza, ma la renderemo un ricordo del passato.
Vuoi essere dei nostri?