#PlanB, a Madrid per una nuova politica in Europa

Mon, 22/02/2016 - 19:12
di
Dario, Marco e Marta [Da Madrid]

Tornati dalle giornate del Plan B di Madrid le sensazioni che si accavallano sono molteplici, raccontarne nei dettagli l’intensità e la profondità delle discussioni sarebbe impossibile. Moltissime realtà politiche e sociali provenienti da tutta Europa hanno affollato per tre giorni il complesso del Matadero, discutendo di migrazioni, debito, audit, moneta, lavoro, economia solidale, democrazia, femminismo; sullo sfondo lo spazio Europeo dei movimenti da costruire ma anche la democrazia da salvare e proteggere dall’aggressività delle politiche di austerity portate avanti dalla Troika.

La partecipazione è stata molto elevata, sia a livello numerico che dal punto di vista qualitativo. Chi ha partecipato al Plan B? La risposta è a nostro modo di vedere duplice: da un lato risalta la partecipazione attiva di personaggi come Yanis Varufakis o l’ex presidente del Parlamento greco (e coordinatrice del Commissione di studio sul debito greco) Zoe Konstantopoulu, dei rappresentanti istituzionali di Podemos, Izquierda Unida, Die Linke, Npa e Front de Gauche, di esperti di economia come Eric Toussaint o Daniel Munevar, di militanti sindacali o ricercatori come Andrès Ruggeri. L’elemento che più ci ha colpito però è un altro, qualcosa che dalle nostre latitudini è difficile da vedere: i workshop, le plenarie, le discussioni hanno visto uno scambio costante e paritario tra attivisti di base di diversi percorsi sociali e rappresentanti istituzionali, ed anche i documenti che usciranno nei prossimi giorni sono il frutto e la sintesi di questo scambio. La democrazia è stata praticata più che evocata, così come del resto il movimento degli Indignados ha insegnato. Un clima ben diverso insomma, sia come immaginario che come contenuti, rispetto alle convention di ciò che resta della sinistra parlamentare a cui assistiamo in Italia e che pure spesso provano a porsi come interlocutori di processi europei come quello del Plan B. Del resto l’asse politico centrale di tutta la tre giorni è stato molto chiaro, al di là dell’eterogeneità dei soggetti convolti, e molto semplicemente lo slogan finale ed iniziale diceva: rifiutiamo l’austerità e l’Europa fortezza, non capitoleremo e non torneremo indietro come ha fatto Tsipras. Il giudizio sul governo Tsipras è stata una discriminante fondamentale, che segna una differenza politica chiarissima con molte proposte ambigue a cui assistiamo in Italia, e non solo.

Nonostante un clima di intesa generale, bisogna comunque sottolineare alcune problematiche. La prima riguarda la questione dell’Euro e del sistema monetario: anche se per gli organizzatori il tema dell’uscita dall’Euro non è centrale né discriminante, è indubbio che in molte realtà viene spesso posto e percepito come elemento essenziale, e la conclusione della tre giorni si può riassumere con lo slogan più volte proposto da Miguel Urbàn: “mai più sacrifici per l’Austerità, mai più sacrifici per nessuna moneta che sia l’Euro o la Peseta (o la lira aggiungiamo noi)”. Un altro punto parzialmente contradditorio è il rapporto con una figura carismatica e sicuramente decisiva come quella di Yanis Varufakis: il discorso dell’ex ministro delle finanze greco è stato incentrato prevalentemente sulla questione della democrazia nelle istituzioni europee, proponendo di creare delle “brigate per la democrazia” in ogni Paese, che coinvolgano tutti coloro che vogliono cambiare le istituzioni europee (“dai marxisti ai liberal” per citare le sue parole). Un discorso che non mette chiaramente in discussione la natura strutturalmente classista dell’UE, ad uso e consumo delle grandi imprese e del capitale finanziario, ma con cui è importante confrontarsi perché è possibile trovare punti di convergenza positivi.

A livello di agenda la tre giorni si è conclusa lanciando alcune proposte di mobilitazione comune, frutto delle discussioni plenarie e dei workshop. In particolare si propone la costruzione di una giornata di mobilitazione comune contro l’austerità, individuata nel 28 Maggio 2016 (anniversario della Comune di Parigi) e di una conferenza Europea sul debito da fare in Ottobre 2016. Inoltre è stata ripresa la mobilitazione contro la Troika lanciata da Blockupy per Marzo 2017 ed è stata proposta l’idea di promuovere l’esperienza del Plan b nei diversi contesti locali (sia nazionali che territoriali).
Nello specifico la nostra delegazione ha seguito workshop e plenarie riguardanti essenzialmente tre tematiche: migranti ed Europa fortezza, lavoro ed economie alternative, rifiuto del pagamento debito.

Migranti e Europa fortezza
Tra i temi centrali della tre giorni senza dubbio c’è stato quello della chiusura delle frontiere, della strage dei migranti e della crescita di partiti xenofobi e nazionalisti in tutta Europa. Decine di attivisti, neo eletti deputati di Podemos, ricercatori e rappresentanti di organizzazioni di migranti, hanno tentato di trovare delle proposte comuni per un'agenda minima europea. Mamadu Ba di SOS Razzismo portoghese, ha sottolineato come “l’esternalizzazione delle frontiere europee dando miliardi di euro alla Turchia, rappresenta l’ultima strategia criminale di una Fortezza Europa sempre più chiusa in se stessa”, strategia che foraggia il “mercato” dei flussi migratori gestito dalle organizzazioni criminali in accordo con “paesi terzi sicuri” come il regime sanguinario di Erdogan. Amandina Bach che collabora con il GUE nel Parlamento Europeo, ha sottolineato come ancora più pericolosi dei partiti xenofobi siano i “partiti della maggioranza” (come si autodefiniscono il partito socialista europeo ed il partito popolare europeo in parlamento) che utilizzano lo stesso linguaggio e le stesse politiche delle forze razziste. Una rincorsa a destra che apre inquietanti scenari per il futuro prossimo. “Criminale è la divisione tra migranti economici e rifugiati che con gli Hotspot in Grecia ed in Italia diventa vera e propria deportazione etnica”, ha sostenuto invece Younus Muhammadi, presidente del forum dei rifugiati in Grecia. Terrificanti potrebbero essere gli effetti della sospensione d’imperio da parte dell'UE del trattato di Shengen (confine con la Macedonia) se nel paese ellenico non “vengono ripristinate le procedure di controllo dei flussi”. Tra due settimane la Grecia potrebbe trasformarsi in uno Stato lager.
Presenti anche tante esperienze di accoglienza alternativa come quella della piattaforma cittadina di sostegno ai rifugiati di Bruxelles, una rete che ha sostenuto concretamente migliaia di migranti transitati dai paesi dell’Europa del Sud, che si sono riversati nella capitale belga per fare domanda d’asilo. Pasti, coperte, assistenza legale e medica, ma anche sport, cultura e tutela dei diritti. “Dobbiamo passare da un'accoglienza mossa dall’umanitarismo, alla conquista di diritti per i migranti”, ha sostenuto Elodie Francart, portavoce della piattaforma. Centrale nella ricerca di alternative è stata la necessità di connettere le molte e diffuse azioni di solidarietà con l’immediata rivendicazione di diritti e di accoglienza degna. “E’ inutile lo sforzo solidale umanitario, se non è legato alla rottura delle frontiere, all’abolizione del Trattato di Dublino ed al rifiuto di differenziare migranti economici e politici. Diventa solo un sostegno allo Stato membro che non fa quello che dovrebbe” ha affermato l’attivista olandese di Migrant Platform Lille Blisario. Dall’Italia come rete Communia abbiamo riportato alcune esperienze di mutualismo come il progetto Sfrutta Zero in Puglia, per l’emancipazione dal lavoro servile in campagna di migranti e nativi, ed alcune esperienze di accoglienza dal basso nelle metropoli, come la recente apertura della sartoria Karalo dentro uno spazio sociale. Progetti che parlano il linguaggio dell’autonomia e del conflitto, non solo quello caritatevole che tanto piace a media e partiti di governo. Lo sciopero migrante del primo di marzo è stato ripreso da più di un intervento, oltre che lanciare per il 27 di febbraio save passage una giornata europea contro la chiusura delle frontiere e contro i CIE. Tappe intermedie, frammenti di una agenda comune e strumenti di connessione tra movimenti e forze politiche alternative, utili a pensare e praticare un Europa solidale contro quella delle barbarie.

Lavoro ed economie alternative

I workshop e le plenarie dedicate a questi temi si sono basate essenzialmente sull’analisi delle politiche sul lavoro europee messe in atto nei diversi Paesi dell’Unione e sulle pratiche di resistenza alla crisi sia dal punto di vista vertenziale/sindacale che da quello di proposta di economie “alternative” e conflittuali. Quest’ultimo aspetto è stato analizzato descrivendo evoluzione e pratiche di vertenze portate avanti in diversi luoghi di lavoro, nello specifico hanno preso parola i lavoratori e le lavoratrici provenienti dall’Andalusia, da Madrid e dalla Catalogna attualmente in vertenza con Movistar, Coca Cola, SOS Malaga, Telecom, Ecogas. Esperienze di settori diversi, in cui spesso il ruolo dei sindacati maggioritari (CCOO e UGT) è stato contradditorio, rappresentando a volte un vero e proprio ostacolo alle vertenze dei lavoratori altre invece dimostrandosi uno strumento utile; questo dato conferma le problematicità e la crisi in cui vertono quasi tutti i sindacati tradizionali europei. Oltre alle esperienze vertenziali più classiche anche le Fabbriche Recuperate sono state protagoniste di questo workshop. Andrès Ruggeri ha fatto un excursus sulla situazione argentina (sottolineando l’attacco frontale che sta preparando il nuovo governo Macri) e sugli elementi centrali dell’autogestione del lavoro mentre Teo della ViOME ha raccontato l’esperienza della fabbrica recuperata di Salonicco, evidenziando l’importanza delle relazioni solidali e di mutuo soccorso con il territorio limitrofo. Anche la RiMaflow ha avuto il suo spazio ed è stata citata tra le esperienze più significative a livello Europeo.
In una delle plenarie iniziali, intitolata “Uguaglianza di diritti in un pianeta finito”, attivisti (tra cui Olivier Besancenot dell’NPA francese), sindacalisti (Jesus Jaen della Marea Blanca spagnola) e giuslavoristi, hanno posto al centro delle questioni occupazionali le politiche europee del lavoro e la contraddizione ambiente-lavoro. In Europa stiamo vivendo una fase transitoria verso un modello neo-autoritario di relazioni industriali e disarticolazione delle resistenze a colpi di raccomandazioni UE agli Stati membri con successive riforme del lavoro che comprimono diritti e salari (molto citato non a caso il jobs act renziano) e devastano i territori. L’obiettivo dell’eurocrazia è quello di affossare definitivamente la capacità contrattuale dei sindacati ed imporre dall’alto forme contrattuali standard (il “contratto unico” a tutele crescenti è stato considerato come apripista, “best pratices”, insieme al terrificante contratto “zero ore” britannico), oltre che reprimere sempre di più le lotte dei lavoratori ed il diritto di sciopero, utilizzando i migranti come forza-lavoro di sostituzione e di riserva. Fortemente simbolico è l’arresto di decine di sindacalisti spagnoli per aver scioperato “fuori dalle regole”, con accuse spropositate e strumentali da parte della magistratura. Più Europa oggi significa più competizione, più occupabilità (e non più occupazione) e maggiore compressione dei salari. Quali alternative? Costruire reti di economia solidale in grado di reggere l’impatto della disoccupazione di massa e della precarietà instaurando forme di poder popular partendo dai movimenti ma con l’obiettivo ben chiaro di accumulare forze e “straripare” nel campo politico, come sta tentando di fare Podemos in questi ultimi mesi.

Rifiuto del pagamento debito
L’asse tematico del debito ha visto un livello di analisi molto elevato alquanto difficile da riassumere. Nella plenaria introduttiva hanno preso parola Zoe Konstantopoulou, Daniel Munevar (economista CADTM ed assistente di Yanis Varufakis quando era ministro delle Finanze), Eric Toussaint (Presidente del CADTM), Andrej Hunko (deputato della Die Linke), Carlos Sánchez Mato (Consigliere municipale di Podemos al Comune di Madrid, membro della commissione di Economia y Hacienda). La discussione si è soffermata su due questioni: la storia della trattativa tra Governo greco e creditori prima del voltafaccia di Tsipras e le possibili alternative che erano in campo e che tuttora andrebbero perseguite in Europa. In estrema sintesi possiamo dire che sia Zoe Konstantopoulou che Eric Toussaint hanno confermato la possibilità di un Piano B (vedi articolo già pubblicato), che Tsipras non ha voluto prendere in considerazione. L’ex presidente del parlamento greco ha inoltre affermato che il lavoro della commissione per la verità sul debito ellenico continuerà e che tutte le proposte fatte finora in merito alla sospensione del pagamento del debito, fino alla conclusione dello studio della commissione, erano assolutamente legali e rientravano all’interno delle leggi sancite dal parlamento greco. Oltre alla plenaria la questione del debito è stata sviscerata anche in due workshop da cui è uscita l’esigenza di trovare delle modalità di comunicazione efficace riguardo alla necessità del non pagamento del debito. Infine è stata proposta l’organizzazione di una conferenza europea sul debito da costruire nel prossimo Ottobre, partendo dal presupposto che la vera utopia non è non pagare il debito ma pensare che sia possibile pagarlo, pensare che i cittadini europei debbano pagare un debito prodotto dalle banche, delle grandi imprese, delle società finanziarie.

Costruire il Piano B
I tre giorni di Madrid, oltre a trasmettere un notevole entusiasmo, hanno sicuramente rafforzato alcune nostre convinzioni: la prima è che la domanda del "chi decide", su come costruire un vero processo democratico, rimane centrale su tutti i livelli; la seconda che l’Europa fortezza ed i muri che si stanno costruendo contro i migranti sono l’immagine più esplicita dell’Unione Europea ed in quanto tale è la prima tematica da affrontare perché riguarda direttamente tutti noi non soltanto i diritti di chi fugge da guerra e povertà; la terza è che la lotta contro l’austerità non può prescindere dal rifiuto del pagamento del debito, strumento essenziale e centrale del capitalismo contemporaneo.
Ripartiamo quindi da questi tre assunti e iniziamo a costruire il Piano B del 99%.