Loi Travail: dopo il 14 giugno il movimento non si ferma

Fri, 17/06/2016 - 17:15
di
Léon Crémieux*

Per il governo e i media controllati dal potere e i grandi gruppi, questa giornata doveva esser un non-evento, il tentativo disperato di un movimento morente.
Invece, c'è stato un immenso corteo a sfilare per le strade della capitale, attraversando i quartieri Sud-Ovest di Parigi, dalla Place d'Italie fino ad Invalides. Quattro ore dopo la partenza dello spezzone iniziale, alcuni gruppi ancora aspettavano di partire.... quando la CGT ha annunciato 1,2 milioni di manifestanti, il governo ha visto nelle strade soltanto 120mila persone, impegnandosi perché questa cifra fosse più bassa di quella dichiarata il 31 marzo. Ma soprattutto, la sola comunicazione mediatica e del governo a proposito della manifestazione è stata a proposito della «violenza de frangie violente», una decina di vetrine rotte e di muri taggati di un grande ospedale pediatrico parigino che si trovava sul percorso. Per quel che riguarda il nocciolo della questione, il Primo ministro continua l'atteggiamento per cui il caso è chiuso, la legge è pronta, non ci sarà nessuna modifica e la mobilitazione sociale deve immediatamente sparire dagli schermi. Inoltre, ha anche minacciato di vietare le prossime manifestazioni annunciate per la settimana prossima.

Nonostante tutto, la mobilitazione è dura a morire. È stata la più grande manifestazione parigina dall'inizio del movimento, tre mesi fa, due o tre volte più grande di quella del 31 marzo. Evidentemente, si tratta di una chiamata nazionale, ma anche molte altre grandi città erano in piazza, come Marsiglia, Tolosa, Strasburgo, Rennes... Inoltre il clima non era da ultimo giro in pista. Perché in questa manifestazione, come in tutte le azioni portate avanti da settimane, lo spirito è quello della determinazione. Un gran numero di lavoratori veniva da grandi o piccole imprese del settore privato, di tutte le regioni, il più delle volte portati dai pullman della CGT, ma anche da Force Ouvrière e Solidaires.
Il corteo e le parole d'ordine testimoniano la determinazione nell'esigere il ritiro della legge El-Khmori e il rifiuto del governo del Partito Socialista. Nonostante la propaganda quotidiana portata avanti da mesi alla radio e in televisione dal Partito Socialista e dall'insieme dei commentatori e dei cosìdetti esperti economici e sociali, i lavoratori sono sempre in piedi contro questa legge: in tutti i sondaggi, soltanto il 30% dell'opinione pubblica sostiene il mantenimento del progetto di legge. Il 70% - e la quasi totalità dei lavoratori – vogliono il suo ritiro puro e semplice o almeno delle modifiche profonde.

Nonostante questo, il movimento non è ancora riuscito a far piegare il governo. Perché i dati sono sempre gli stessi dall'inizio del movimento.
Da un lato il governo continua ad essere debole. La sua credibilità si riduce di settimana in settimana. La coppia dirigente Valls-Hollande mostra la faccia da dirigenti forti, di uno Stato sempre più poliziesco per mascherare la propria debolezza. Il Primo ministro gioca su questo registro, ripetendo all'infinito che la Francia è in guerra col terrorismo, che la Repubblica deve essere difesa e assistiamo ormai a una isterizzazione mediatica, orchestrata dal governo, di ogni evento che può entrare in questa griglia di lettura. È stato così la mattina del 14 giugno, dopo l'omicidio di una coppia di poliziotti nella regione di Parigi che è diventato da subito un attacco terroristico di prima importanza. Dopo questo caso di cronaca nera, il ministro dell'Interno ha reso effettiva una vecchia rivendicazione dei sindacati reazionari della polizia e dell'estrema destra: l'autorizzazione del porto d'armi per i poliziotti anche quando non sono in servizio.
I danni del 14 giugno alla facciata dell'ospedale pediatrico sono stati sublimati dal Primo ministro nell'immagine di «un ospedale devastato», quando nessun manifestante è penetrato nell'edificio. Ma questa messa in scena mediatica di un «atto inumano», servirà a giustificare, forse, il divieto delle prossime manifestazioni. Ironicamente, il leader di Force Ouvrière, Jean Claude Mailly ha risposto a questa minaccia dicendo che bisognerebbe allo stesso tempo vietare le prossime partite di Euro 2016, pretesto di moltissimi scontri che già hanno provocato un morto e molti feriti gravi.
Sul terreno dello Stato di polizia e della messa in scena di un paese in guerra, il governo è vittima del proprio gioco, con la destra e il Front National che gli rimproverano ormai la propria debolezza davanti al disordine sociale.

Questo clima di violenza di Stato, viene applicato dal governo e dalla sua polizia alle manifestazioni. Almeno 150 manifestanti sono stati feriti il 14 giugno, 15 sono stati ricoverati d'urgenza e almeno uno è in condizioni gravi, con la colonna vertebrale colpita da un lacrimogeno lanciato ad altezza uomo. L'utilizzo delle flash-ball (o LBD), delle granate sfolla gente e di lacrimogeni porta a ferire gravemente i manifestanti, senza parlare delle cariche contro i cortei con l'uso massiccio dei manganelli.
Il governo cerca quindi di uscire dalla situazione apertasi dopo il 14 giugno cercando di far salire la tensione e le violenze della polizia. Lo scopo è di riuscire a far morire il movimento prima del secondo passaggio della legge in Parlamento a inizio luglio.

Dal lato del movimento le cose sono sempre contradditorie.
Le scadenze date dal coordinamento intersindacale nazionale, non abbastanza ravvicinante soprattutto a partire dalla metà di maggio, non permettono di costruire i rapporti di forza necessari a spingere il governo alla sconfitta. La determinazione dei gruppi sindacali combattivi ha permesso fino ad oggi di mantenere la forza del movimento, ma molti settori d'impresa sono entrati in sciopero a macchia di leopardo, ricominciando a lavorare quando un altro cominciava lo sciopero.
Il solo momento dove il governo è stato a due dita dalla resa, in queste ultime settimane, è stato a fine maggio, quando il blocco dei depositi di carburante e lo sciopero dei camionisti hanno messo a secco il 30% delle stazioni di servizio. Per riuscire a far cedere il governo è necessario un blocco della vita economica del paese, un blocco abbastanza forte da creare una situazione in cui l'isolamento sociale e politico dell'esecutivo lo obblighi a cedere. Molti sindacalisti sono coscienti di questa questione dall'inizio del movimento. Era questo il senso dell'appello «Blocchiamo tutto», lanciato il 22 marzo da 100 sindacalisti, essenzialmente della CGT e di Sud. Era anche lo spirito di molti gruppi sindacali che, soprattutto da metà maggio, hanno moltiplicato i blocchi, gli scioperi, come quello della raccolta e del trattamento dei rifiuti domestici in molte città francesi.
I lavoratori delle raffinerie di petrolio hanno tenuto varie settimane, ma l'impatto del loro sciopero è stato smorzato dall'importazione massiccia di carburante da parte dei grandi gruppi petrolieri. Gli scioperi alla Sncf (ferrovie di stato NdT), dei piloti di Air France, centrati su delle rivendicazioni locali non sono riusciti a dare, a partire dal primo giugno, un vigore comparabile alla tensione delle due settimane precedenti. Questo ancor di più alla Sncf, che prima d'imporre alla CGT uno sciopero a partire dal 1°giugno, aveva avuto, da marzo, varie giornate di mobilitazione isolate o di 48 ore, sprecando una parte delle forze.
Nonostante questo, altri settori, lavoratori delle centrali nucleari, dei porti, delle vetrerie, dell'agro-alimentare, sono entrati in azione nelle ultime settimane. La forza di questo movimento e la composizione dei manifestanti rompe l'immaginario diffuso da qualche anno di un movimento sindacale e rivendicativo limitato ai lavoratori pubblici. Da mesi sono i lavoratori dell'industria, dei trasporti, del commercio e dei servizi che strutturano la mobilitazione.

Bloccata in una situazione che non riesce a gestire, la direzione della CGT cerca di barcamenarsi, soprattutto da metà maggio. Stretta in una tenaglia fra la forza del movimento che la spinge in prima linea e il blocco di ogni margine di negoziazione col governo, Philippe Martinez va avanti, ma non vuole spingere oltre lo scontro. Così, ha esplicitamente rifiutato di approfittare del lancio di Euro 2016, il 10 giugno, per spingere il governo sulla difensiva, liquidando i gruppi sindacali che avevano rinforzato lo sciopero sulle linee di trasporto verso gli stadi. Allo stesso modo, l'Intersindacale non ha rilanciato su un piano di crescita della mobilitazione dopo il 14 giugno. La prossima scadenza è soltanto una giornata il 23 giugno e l'Intersindacale spigne più a moltiplicare la firma di petizioni che a rinforzare gli scioperi. L'unione dipartimentale della CGT delle Bouches du Rhône (dipartimento di Marsiglia NdT), sfruttando la forza di 300 imprese del privato della regione marsigliese in sciopero quel giorno, ha lanciato un appello allo sciopero di 48 ore, il 23 e 24 giugno, con lo scopo di provocare un vero braccio di ferro.
Ancora una volta, niente è concluso in questa mobilitazione che dura da 4 mesi e che ha già rinnovato le sue forze più di una volta.

*Fonte: http://www.europe-solidaire.org/spip.php?article38223
Traduzione si Simone Ranocchiari