La Francia in mobilitazione contro il governo Macron

Tue, 03/04/2018 - 10:45
di
Mimosa Effe

Pubblichiamo il contributo di una compagna del Nouveau Parti Anticapitaliste (NPA) francese, la quale ci spiega l'ondata di mobilitazioni che ha scosso la Francia nelle scorse settimane, le sfide e le prospettive che un nuovo possibile movimento nascente si trova davanti.

Il governo all'offensiva: un'assenza di opposizione politica

Ci troviamo alla fine del primo anno di mandato politico del governo Macron. È evidente che siamo di fronte ad un attacco mosso rapidamente su tutti i fronti: una seconda legge sul lavoro (dopo quella del 2016 alla quale Macron aveva già ampiamente contribuito); un attacco diretto alle persone migranti attraverso la violenta repressione, rafforzata da un progetto di legge chiamato «Asile-Immigration»; la questione della selezione e dei relativi parametri di esclusione nelle facoltà universitarie e in generale nell'educazione nazionale francese; la nuova gestione delle ferrovie francesi (Société Nationale des Chemins de fer Français), dove vediamo in particolare lo stravolgimento dello statuto dei diritti dei ferrovieri e dei funzionari pubblici.

Tutto ciò non sorprende, visto che Macron aveva fatto sin da subito campagna elettorale sull'idea di governare con decreti e ordinanze; e lo sta facendo, con l'obiettivo di distruggere il più rapidamente possibile tutte quelle che potrebbero essere delle sacche di resistenza. Ad esempio, sta smantellando il CHSN (comitato d'igiene, di sicurezza e di controllo sulle condizioni di lavoro) nelle aziende e questo rende più difficile i ricorsi e le denunce per quel che concerne le condizioni di lavoro, gli incidenti sul lavoro e le molestie. Sempre nelle imprese sta fondendo tutti gli organi interni eletti dai lavoratori in un corpo unico, aumentandone la mole di lavoro e rendendo le persone che vi lavorano dei burocrati professionisti, sempre più lontani e distaccati dalla loro base, ovvero i lavoratori e i relativi diritti. La riforma dello statuto dei ferrovieri e dei funzionari pubblici appena approvata prevede l’assunzione in blocco di persone con contratti temporanei per affidargli compiti di servizio pubblico, rendendo di conseguenza gli scioperi e le mobilitazioni sempre più difficili in questi settori. Nello specifico, nel caso delle ferrovie nazionali (SNCF) la volontà di punire i lavoratori è ben chiara, poiché questi da sempre si sono distinti per le loro mobilitazioni e gli scioperi esemplari.

Esiste una contraddizione reale, cioè che il governo Macron-Philippe non ha una reale base politica perché non ha un partito, né dei militanti. L'opinione pubblica non gli è favorevole: nei sondaggi Macron ha al 38% e Philippe il 24% ma non c'è, per il momento, un'opposizione concreta alla sua politica e questo è il motivo per il quale fino ad ora è riuscito a realizzare molte cose anche senza un grande consenso. È un governo instabile, che tiene insieme la maggioranza con difficoltà; alcuni dei deputati sono persino coinvolti in scandali pubblici, come ad esempio Gèrard Darmain, ministro della Fonction Publique, fuoriuscito dalla destra, accusato di numerose molestie sessuali.

A destra, i repubblicani restano bloccati tra il Front National e Macron. Il Front National di Marine Le Pen ha recentemente subito una battuta d'arresto nella sua ascesa, come il suo pseudo cambiamento di nome. Se Macron non riuscirà ad allargare la sua base politica verso le masse, lo spazio di consenso della destra e dell'estrema destra si ridurrà notevolmente. Nel frattempo, questo non impedisce l'aumento delle violenze e la crescita di reazioni da parte dell'estrema destra, ad esempio nelle università come è successo a Montpellier, o più recentemente a Lille. Questi sembrano essere dei sintomi allarmanti.

A sinistra, il partito socialista praticamente non esiste più a livello politico e i quadri più vicini alla destra o sono stati assorbiti da En Marche o sostengono la politica di Macron. Dall'altra parte, l'altra ala del partito più a sinistra, quella di Gèrad Filoche e Benoit Hamon, con il relativo movimento giovanile, ha rotto definitivamente con il partito per creare Génération, una realtà che per il momento non sembra decollare. Anche la France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon sta avendo grandi difficoltà in termini di posizionamento politico, i suoi legami con il movimento operaio sembrano essere sempre più deboli e si vedono sempre più uscite campiste sulle questioni internazionali.

Macron sta attaccando rapidamente su tutti i fronti e questo attacco sembra essere una scommessa, il cui obiettivo è infliggere una sconfitta di lunga durata, giocando sull'attuale debolezza del movimento operaio. Le precedenti sconfitte (quella del 2010, del 2016 e le mobilitazioni di settore) hanno reso difficile la costruzione di un movimento d'insieme, ma a nostro vantaggio abbiamo che gli attacchi sull'insieme dei settori hanno reso possibile una risposta d'insieme.

Verso una convergenza?

Anche se esiste una logica condivisa e d'insieme ogni settore ha un proprio ritmo e le proprie rivendicazioni. In ottobre, ad esempio, si è provato a lanciare una mobilitazione contro la Riforma del lavoro chiamata XXL (Legge El Khomri) e contro i decreti Macron, ma senza successo. Questa sconfitta politica ha inflitto un duro colpo a tutta la sinistra francese. Poi ci sono state le riforme, avviate simultaneamente lo scorso gennaio, dell'istruzione secondaria e delle procedure d'ammissione universitarie, che rientrano in questa logica di attacco al welfare, ma non hanno visto nessuna importante reazione, né da parte dei professori, né degli universitari né tanto meno dei liceali. Le assemblee e le manifestazioni organizzate contro queste riforme sono state generalmente deboli, fatta eccezione per l'Università di Miral a Toulouse, un caso particolare perché la mobilitazione in questa città ha avuto un'importante supporto sindacale e si è costruita intorno alla questione della fusione delle università. Poi c'è stata l'occupazione dei/delle migranti all'università Parigi 8 e a Jussieu, che è stata repressa ferocemente. E infine, non dobbiamo dimenticare, la politicizzazione di una parte della gioventù sulle questioni femministe del movimento creatosi intorno al #MeToo che tuttavia, anche in questo caso, non ha avuto dimensioni di massa.

Il settore ospedaliero sin da settembre e in alcuni casi anche da prima sta portando avanti mobilitazioni di settore e scioperi esemplari, con difficoltà a far emergere un movimento d'insieme dei settori – che sta però cambiando grazie al coordinamento degli ospedali (prima a Rennes, poi a Toulouse).
In parte questo cambiamento è arrivato con l'attacco ai ferrovieri, la proposta di privatizzazione e la volontà di bloccare le assunzioni nel pubblico, attacco venuto insieme a quello nei confronti della funzione pubblica; si è arrivati per questo alla data comune del 22 marzo, anche se a Parigi hanno avuto luogo due manifestazioni diverse in contemporanea: la manifestazione nazionale dei ferrovieri e quella dei funzionari pubblici.

È stata una data ben riuscita: il sindacato CGT ha dichiarato 500.000 manifestanti in Francia in difesa della funzione pubblica e 25.000 per i ferrovieri. Sono cifre che dovrebbero essere un po' ridotte, ma in confronto all'ultima manifestazione per la funzione pubblica svoltasi il 10 ottobre 2017 sono evidentemente in crescita (400.000 annunciati dalla CGT). Le cifre di adesione allo sciopero variano invece da settore a settore; nell'educazione e nella finanza pubblica le adesioni sono state altissime, raggiungendo il 40% a livello nazionale.

Il problema è che dopo la manifestazione si sono poste difficoltà a più livelli. La repressione delle mobilitazioni è stata estremamente forte: lo sgombero della polizia nella facoltà di Bordeaux 2, gli attacchi fascisti a Montpellier sostenuti dal rettore di destra della facoltà e dagli stessi professori, il licenziamento di una nostra compagna sindacalista alle Poste, Gaël, autorizzata direttamente dal ministro del lavoro dopo che la richiesta di licenziamento era stata rifiutata dall'ispettore del lavoro.

C'è poi da un lato l'offensiva della classe dominante fatta a colpi di martellamento mediatico contro i ferrovieri per creare divisioni interne, dall'altro la difficoltà di creare un'opposizione politica unita.
Infine, la politica delle direzioni sindacali ed in particolare della CGT, che ha chiamato il prossimo appuntamento per il servizio pubblico il 19 aprile, scegliendo una data lontana di un mese dalla prima mobilitazione e lontana anche dallo sciopero ferroviario, chiamato per il 3 aprile.

Verso un movimento unitario?

Nonostante ciò, bisogna notare dei cambiamenti che permettono di pensare che la battaglia è lungi dall'essere persa e che non è che all'inizio. Il 22 marzo da un lato e la reazione all'aggressione fascista nella facoltà di Montpellier ha permesso di costruire una grossa mobilitazione giovanile con partecipatissime assemblee generali in più luoghi: a Toulouse e Montpellier (2500 e 2000 studenti e studentesse), a Parigi 1 (800 studenti e studentesse) dove si è verificato un altro attacco fascista e la repressione poliziesca il 28 marzo, Nancy (700 studenti e studentesse). Questo ci fa pensare che la protesta sta crescendo.

Se le mobilitazioni rimangono per ora troppo deboli, ma si stanno moltiplicando in più settori che stanno aderendo alla chiamata allo sciopero del 3 aprile, oltre ovviamente ai ferrovieri : in Air France, negli enti di smaltimento dei rifiuti, nelle finanze pubbliche di Parigi, etc.

Le discutibili scelte politiche delle direzioni sindacali non sono una novità, ma dal punto di vista della battaglia per un fronte unico delle organizzazioni politiche di sinistra in sostegno alle mobilitazioni si è riusciti ad aprire una porta, attraverso molte riunioni unitarie e di collettivi militanti che svolgono un'azione declinata localmente per la difesa del servizio pubblico.

Ciò che sarà determinante nelle settimane a venire sarà la costruzione di un movimento unitario, per far comprendere che gli attacchi ai diversi settori sono mossi tutti da una stessa logica. Per questo è necessario costruire a più livelli lo sciopero reale, cercando di non replicare l'errore delle mobilitazioni contro la Loi Travail del 2016, durante le quali ha pesato l'assenza di scioperi in numerosi settori e nessun settore riconoscibile aveva permesso di guidare a un movimento d'insieme verso lo sciopero generale. In questo, l'ingresso dei privati nella battaglia sarà un ulteriore fattore importante per la riuscita della mobilitazione, e delle possibilità di coordinarsi tra differenti uffici contro i licenziamenti, specialmente attorno alla lotta dei lavoratori e le lavoratici della fabbrica Ford (dove lavora il nostro compagno e ex candidato presidenziale Philippe Poutou), sotto minaccia di chiusura.
Bisogna costruire un'opposizione politica al governo dove la battaglia unitaria è la forza centrale.

Traduzione a cura di Maria Elisa Massetti.
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Testo originale

Le gouvernement à l’offensive, une absence d’opposition politique

Nous sommes à la fin de la première année du mandat de Macron. Ce qui est clair c’est qu’on est face à un gouvernement qui attaque de tous les côtés et très rapidement : deuxième loi travail (après la loi de 2016 à laquelle Macron avait largement contribué), attaque sur les migrantEs avec une répression très violente renforcé par un projet de loi dit « Asile-Immigration » qui va renforcer cette violence, les facs et l’ensemble de l’éducation nationale autour de la question de la sélection, la SNCF, en particulier le statut de cheminot, les statuts de fonctionnaires.

Ce n’est pas vraiment une surprise, Macron avait fait campagne sur l’idée de gouverner par ordonnances et il le fait, l’idée c’est de casser le plus vite possible tout ce qui pourrait être des poches de résistance. Pour donner quelques exemples, il détruit les CHSCT (les comités d’hygiène, de sécurité et des conditions de travail) dans les entreprises et fusionnent toutes les instances élues dans l’entreprise, ça permet d’une part de rendre plus difficile les recours et les observations en termes de conditions de travail, d’accident de travail et de harcèlement, de l’autre en fusionnant les instances élues, les élus ont plus de travail et deviennent des bureaucrates professionnels les découpant encore plus de leur base. La réforme sur les statuts des cheminots, puis ceux des fonctionnaires, c’est d’embaucher massivement des contractuels pour des missions de service public et rendre de plus en plus difficile les grèves et les mobilisations dans ces secteurs-là, pour la SNCF c’est encore plus clair c’est la volonté d’infliger une défaite majeure à un des secteurs les plus organisés, avec des grèves et des mobilisations exemplaires régulièrement.

Il existe une contradiction de taille, c’est que le gouvernement Macron-Philippe n’a pas de base réelle. Il n’y a pas de parti, pas de militants. Il a très peu d’opinion favorable : Macron est à 38% et Philippe à 24%, mais il n’y a pour l’instant pas d’opposition réelle à sa politique, c’est pourquoi il arrive à faire passer beaucoup de choses. C’est un gouvernement instable qui à des difficultés à même tenir sa majorité, des élus qui sont dans divers scandales, sans oublier que Gérard Darmanin, ministre de l’Action et des comptes publics (de la Fonction Publique), issu de la droite (Les Républicains) est accusé de plusieurs agressions sexuelles.

À droite, Les Républicains restent coincés entre le FN et Macron, le FN est bloqué dans son avancée, à l’image de son pseudo changement de nom. Car, si Macron ne parvient pas à construire une assise de masse, sur le fond sa politique réduit l’espace politique pour la droite et l’extrême droite. Ca n’empêche pas la montée de la réaction, le développement des violences de l’extrême-droite dans les facs que ce soit à Montpellier ou plus récemment à Lille semble être un des symptômes alarmants.

A gauche, le Parti Socialiste n’existe presque plus politiquement, une partie des cadres les plus à droite ont été absorbés par En Marche, ou à minima soutiennent la politique de Macron, de l’autre Gérard Filoche, Benoît Hamon et toute l’aile gauche du PS ainsi que leur mouvement de jeunesse ont définitivement rompu pour former Génération.s un nouveau mouvement qui ne décolle pas pour l’instant.
La France Insoumise de Jean-Luc Mélenchon connaît elle-même des grandes difficultés en terme de positionnement politique, ses liens sont à la fois trop distendu avec le mouvement ouvrier et les mobilisations et ça commence à se voir en plus d’une surenchère campiste sur les questions internationales.

Macron a attaqué rapidement de tous les côtés, c’est un pari car il essaye de nous infliger une défaite pour un long moment en pariant sur le fait que le mouvement ouvrier est trop faible. Et c’est vrai que les précédentes défaites (2010, 2016, et les mobilisations sectorielles) ont rendu difficile la construction d’un mouvement d’ensemble, mais notre avantage, c’est que les attaques sur l’ensemble des secteurs a rendu une riposte d’ensemble possible. Et c’est ce qui est en train de se jouer en ce moment même avec à la fois de réelles possibilités et de très grosses difficultés.

Vers une convergence?

En fait, les différents secteurs sont dans des rythmes très différents et dans leurs revendications propres même s’il y a une logique d’ensemble. En octobre, une mobilisation a essayé d’être lancée contre la Loi Travail nommée XXL et les ordonnances Macron, sans réussite, il était clair que la défaite suite à la loi Travail (El Khomri) pesait lourd dans la balance. De l’autre côté à partir de janvier, on a les réformes simultanées du bac et de la sélection à l’Université qui participent à une même logique, sauf que la réaction n’a pas du tout été massive que ce soit du côté des profs ou du côté des étudiantEs et lycéenNEs. Les assemblées générales sont restées relativement faibles et les manifestations aussi, l’exception faite de l’Université du Mirail à Toulouse avec une situation particulière puisque la mobilisation s’est construite sur la question de la fusion des universités et une construction syndicale importante sur cette fac. Dans le même temps, on a vu des occupation de fac par des MigrantEs et leurs soutiens qui se sont organisées à Paris 8 et à Lyon aussi à Jussieu mais avec une répression féroce. A cela il faut ajouter une politisation, d’une partie de la jeunesse sur les questions féministes autour de MeToo même si elle n’a jamais eu un caractère de masse.
Les hôpitaux connaissent depuis la rentrée et même avant des mobilisations sectorielles avec des grèves exemplaires, mais une difficulté à faire émerger un mouvement sur l’ensemble du secteur, et c’est en train de se modifier avec les coordinations des hôpitaux (Rennes, puis Toulouse).
Ce qui a modifié en partie c’est que l’attaque sur les cheminots avec la question de la privatisation et de la volonté d’arrêter l’embauche de statutaires se fait dans le même temps que l’attaque sur la fonction publique et a pu faire émerger la date du 22 mars comme date commune, même si à Paris deux manifestations différentes ont eu lieu en même temps : la manifestation nationale des cheminotEs et celle de la fonction publique.

Cette date a été particulièrement réussie : la CGT annonce 500 000 manifestantEs en France pour la fonction publique et 25 000 pour les cheminotEs, ces chiffres doivent être un peu minimisés, mais en comparaison à ceux du 10 octobre 2017 dernière manifestation de la fonction publique ils sont clairement en hausse (400 000 annoncés par la CGT). Les chiffres des grévistes varient d’un secteur à l’autre, mais dans l’éducation la grève a été largement suivie comme dans les finances publiques avec 40% de grévistes au niveau national.

Le problème c’est qu’au sortir de cette manifestation, la difficulté se situe à plusieurs niveaux. La répression est assez forte contre les mobilisations que ce soit la répression dans les facs : intervention policière dans la fac de Bordeaux 2, attaque des fascistes à Montpellier mais soutenu par le doyen de la fac de droit et participation de plusieurs professeurs, licenciement de Gaël notre camarade syndicaliste à la poste autorisé par la ministre du Travail alors que le licenciement avait été refusé par l’inspection du travail,…

L’offensive de la classe dominante à coup de matraquage médiatique contre les cheminots pour diviser, de l’autre côté la difficulté d’une opposition politique unie.
Enfin, la politique des directions syndicales et notamment de la CGT qui appelle à la prochaine date pour la fonction publique le 19 avril soit un mois plus tard et éloigné de la date de départ de la grève des cheminotEs qui elle est le 3 avril. Au niveau cheminotEs, la décision de la grève « lotto » de 2 jours sur 5 au lieu d’appeler à la reconductible, avec des niveaux d’auto-organisation encore trop faibles pour contrebalancer.

Vers un mouvement d’ensemble?

Malgré cela, il faut noter les changements qui permettent de penser que la bataille est loin d’être perdue et qu’elle ne fait que commencer. Le 22 mars d’une part et la réaction à l’attaque de Montpellier a fait franchir un cap à la mobilisation dans la jeunesse avec des très grosses AGs à plusieurs endroits Toulouse et Montpellier (2500 et 2000 étudiantEs), Paris 1 (800 étudiantEs) à son tour attaquée par l’extrême-droite, puis par une intervention policière ce 28 mars, Nancy (avec 700 étudiantEs). On peut penser que la mobilisation est réellement est en train de prendre.

Si les mobilisations restent trop faibles, elles se multiplient avec plusieurs secteurs qui appellent à la grève le 3 avril en plus des cheminotEs : à Air France, dans le traitement des déchets, dans les Finances Publiques sur Paris, etc.

Les politiques des directions syndicales ne sont pas nouvelles, mais du côté de la bataille pour un front unique des organisations politiques de gauche en soutien à la mobilisation, là aussi un cap a été franchi avec plusieurs réunions unitaires et des collectifs militants de défense du service public se déclinent localement.

Ce qui sera déterminant dans les semaines à venir sera la construction de l’idée d’un mouvement d’ensemble, de faire comprendre que les attaques ont une même logique. Pour cela, il faut construire à plusieurs niveaux : la question de la grève effective, un des problème de la loi travail en 2016 était l’absence de grèves dans de nombreux secteurs, et aucun secteur en reconductible permettant d’entraîner vers un mouvement d’ensemble, une grève générale. En cela, l’entrée du privé dans la bataille sera aussi un facteur important dans la réussite dans la mobilisation, et des possibilités existent contre les licenciements pour se coordonner entre les différentes boîtes, notamment autour de la lutte des salariéEs de l’usine Ford (où travaille notre camarade et ancien candidat à la présidentielle Philippe Poutou) menacée de fermeture. Enfin, il faut construire une opposition politique au gouvernement dont la bataille unitaire est un point central.