Cuba, prospettive dopo l'accordo con gli Usa

Tue, 30/12/2014 - 23:41

Il recente accordo tra il governo cubano e l'amministrazione statunitense rappresenta certamente una novità importante, che apre prospettive interessanti sul piano politico, economico e sociale.
Se da una parte è una vittoria della resistenza mostrata dalla dirigenza e dalla popolazione cubana di fronte al blocco voluto dalle diverse amministrazioni Usa da oltre 50anni, dall'altro non sono pochi i rischi che corre la stessa popolazione cubana, messa di fronte ad un possibile miglioramento delle condizioni materiali ma anche all'apertura al mercato capitalista statunitense e globale dalle conseguenze incerte, anche per le dinamiche della politica cubana.
Presentiamo qui tre articoli (il primo di Samuel Farber, intellettuale nato e cresciuto a Cuba ora residente negli Usa - del quale segnaliamo anche un approfondimento pubblicato su Jacobin lo scorso aprile-, il secondo di Guillermo Almeyra, giornalista argentino e infine la risoluzione del Bureau della Quarta Internazionale) che ci sembra aiutino a capire quali potrebbero essere le prospettive nel breve e lungo periodo e quali dinamiche potrebbe aprire l'accordo tra Cuba e Stati uniti - oltre a fornire spunti per un dibattito sulla solidarietà con la popolazione e la sinistra rivoluzionaria a Cuba (redaz. internaz.)

L'alternativa a Cuba
Samuel Farber
https://www.jacobinmag.com/2014/12/cuba-castro-obama-embargo/

La ripresa delle relazioni tra Stati Uniti e Cuba è una reale vittoria. Ma i lavoratori cubani devono affrontare una rinnovata liberalizzazione economica con una scarsa apertura politica.

Il 17 dicembre 2014, Washington e L'Avana hanno concordato un cambiamento epocale delle loro relazioni che, da più di cinquant'anni, sono state caratterizzate dagli sforzi degli Stati Uniti per rovesciare il governo cubano attraverso vari mezzi, tra i quali il sostegno a invasioni, blocchi navali, sabotaggio economico, tentativi di assassinio, e attacchi terroristici.
Il nuovo accordo ha portato alla liberazione dei restanti tre membri del gruppo dei "Cinque" che si trovavano nelle prigioni degli Stati Uniti dal 1998 e, in cambio, Cuba ha liberato lo statunitense Alan Gross e Rolando Sarraf Trujillo, un agente dell'intelligence statunitense finora sconosciuto imprigionato sull'isola per quasi 20 anni, oltre a più di cinquanta prigionieri politici cubani.
Ancora più significative sono la ripresa di relazioni diplomatiche ufficiali e un consistente allentamento delle restrizioni di viaggio e all'invio di rimesse a Cuba.
L'accordo riguarda la normalizzazione politica, ma non la piena normalizzazione delle relazioni economiche: per questa sarebbe necessaria un'abrogazione da parte del Congresso statunitense della legge Helms-Burton, firmata dal presidente Clinton nel 1996.

Fallimenti passati
Ci sono stati precedenti tentativi di riprendere le relazioni politiche ed economiche tra i due paesi da quando gli Stati Uniti hanno perso i legami con l'isola all'inizio del 1961. Il più importante è stato intrapreso dall'amministrazione Carter, che riprendeva un'iniziativa originariamente iniziata da Nixon, riaprendo negoziati segreti con il cubano governo nel 1977, quando la destra cubana in esilio nel sud della Florida era ancora una forza politica trascurabile.
I due paesi fecero concessioni reciproche che includevano la creazione di "sezioni di interesse" diplomatiche a Washington e all'Avana e la revoca del divieto di viaggi turistici verso l'isola, una restrizione poi reintegrata da Reagan nel 1982. In seguito alle trattative Carter-Castro, il leader cubano rilasciava la maggior parte dei prigionieri politici, dei quali circa un migliaio partirono per gli Stati Uniti e nel 1979, per la prima volta, è stato concesso a cubano-americani di visitare i loro parenti sull'isola.

Tuttavia il processo di riconciliazione si è arrestato. Mentre la presenza di truppe statunitensi in tutto il mondo veniva considerata da Washington come un diritto imperiale, il dispiegamento di forze cubane in Africa diventava un ostacolo alla normalizzazione delle relazioni. Molti negli Stati Uniti accusati il coinvolgimento di truppe cubane all'estero come la ragione decisiva del fallimento dei negoziati, sia sotto Nixon che Carter. In realtà hanno contato fattori più importanti.
Per prima cosa, l'amministrazione Carter era a sua volta divisa sulla questione: il Segretario di Stato Cyrus Vance sosteneva la ripresa di normali relazioni con Cuba, mentre Zbigniew Brzezinski, il potente consigliere per la sicurezza nazionale di Carter, si opponeva a tale scelta. Ma sono stati sviluppi politici interni negli USA, estranei a Cuba, che alla fine hanno portato all'interruzione del processo.

La destra statunitense cominciava ad agitarsi riguardo ai negoziati relativi al trasferimento del Canale di Panama nuovamente ai panamensi. Nel settembre del 1977, Carter sospendeva i negoziati con Cuba fino a quando i trattati sul Canale sarebbero stati ratificati dal Senato.
La sospensione si è rivelata a tempo indeterminato. Attaccata sulla questione di Panama, l'amministrazione Carter decideva di coprire il suo fianco destro adottando una posizione più dura nei confronti di Cuba, una posizione che è stata poco dopo rafforzata dalla vittoria della rivoluzione sandinista in Nicaragua e dall'indebolimento politico dell'amministrazione Carter a seguito dell'invasione sovietica dell'Afghanistan e della crisi degli ostaggi iraniana.

I capitalisti americani approvano
Perché Obama è riuscito dove precedenti amministrazioni avevano fallito? Innanzitutto, la fine della Guerra Fredda, la partenza delle truppe cubane dall'Africa, e il minor attivismo cubano in America Latina hanno, nel corso degli anni, qualitativamente declassato l'importanza di Cuba nella politica estera americana - come testimonia il fatto che praticamente nessuno degli studi strategici del governo degli Stati Uniti degli ultimi due decenni fa menzione dell'isola.
Allo stesso tempo, inoltre, i capitalisti statunitensi, a eccezione della loro ala destra più estrema, sono arrivati a sostenere non solo il ristabilimento delle relazioni diplomatiche, ma ancor più l'eliminazione del blocco economico. Questa è stata la posizione assunta dalla Camera di commercio statunitense e dall'Associazione nazionale degli industriali negli ultimi anni, e anche l'orientamento generale adottato dalla stampa economica. Editorialisti dei giornali di affari hanno sostenuto, con uno certo grado di verità, che massicci investimenti statunitensi e il commercio con l'isola avrebbero "sovvertito" e, infine, superato il sistema economico comunista, com'è accaduto in Cina e Vietnam.

Inoltre, dopo deroghe al blocco economico degli Stati Uniti che consentivano l'esportazione di prodotti agricoli e di taluni prodotti trasformati a Cuba (autorizzati dal Trade Sanctions Reform and Export Enhancement Act del 2000), imprese come Cargill, Archer Daniel Midland e Tyson Foods hanno cominciato a commerciare con Cuba. Dopo l'ultimo accordo del 17 dicembre altre società, come Caterpillar e Pepsico, hanno aggiunto la loro voce di sostegno.
Nel corso degli ultimi anni, decine di uomini d'affari e politici, in particolare del Sud, del Midwest e del Sud-Ovest hanno visitato l'isola e discusso con il governo cubano le future prospettive economiche, soprattutto nel caso il blocco venisse revocato.
Riflettendo l'atteggiamento del loro elettorato legato al mondo degli affari, molti politici democratici e repubblicani, come il senatore dell'Arizona Jeff Flake, hanno sostenuto la necessita di piene relazioni politiche ed economiche con Cuba. Resta da vedere se queste forze saranno abbastanza forti da modificare, se non abrogare, la Legge Helms-Burton e consentire una piena normalizzazione dei rapporti economici, oltre che politico, con l'isola.

La comunità in esilio sta cambiando
Mentre la questione di Cuba perdeva importanza dopo la fine della guerra fredda e mentre i principali settori economici iniziavano a favorire le relazioni economiche e politiche con il paese, la leadership di destra dell'enclave dell'esilio cubano nel sud della Florida rimaneva l'unica forza politica a difendere strenuamente il blocco. Il suo peso politico era particolarmente importante in uno stato profondamente diviso come la Florida, dove i cubano-americani rappresentano circa il 5 per cento degli elettori.
Ma la generazione conservatrice dell'esilio degli anni sessanta è andata riducendosi e ormai la crescente maggioranza dei cubani residenti in Florida è arrivata negli Stati Uniti a partire dagli anni Ottanta. A differenza degli esuli più anziani, molte di queste persone visitano regolarmente l'isola e sono più interessate al benessere dei loro parenti a Cuba che alla politica dell'esilio cubano. Non c'è da meravigliarsi quindi che i sondaggi di opinione abbiano mostrato che la maggioranza dei cubani e dei cubano-americani residenti in Florida sostengano un cambiamento di politiche che conduca a piene relazioni con l'isola.

Tuttavia, molte di queste persone non sono ancora cittadini, e i cubani conservatori benestanti hanno ancora grande potere nei riguardi dei media e del sistema politico. I tre rappresentanti di origine cubana della Florida nel Congresso sono ancora repubblicani di destra fortemente connessi alla politica di blocco.
Allo stesso modo, il fatto che Barack Obama abbia conquistato il 48 per cento del voto cubano (con percentuali più alte tra i cubani più giovani) nelle elezioni del 2012 è una chiara indicazione delle tendenze politiche dei cubano-americani sempre più distanti dalle posizioni di destra verso Cuba. Inoltre, come ha sostenuto il sociologo cubano-americano Alex Portes, i cubani che sono arrivati dal 1980 in genere provengono da strati sociali modesti dell'isola e sono difficilmente distinguibili dagli altri immigrati latinoamericani in termini socio-economici. Ci si chiede cosa potrà essere in futuro la «minoranza modello» latinoamericana.

Il cammino cubano verso la Cina
Da parte sua, il governo cubano ha intenzione di trovare un modo per riprendere le relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti, anche se questo a lungo andare potrebbe minare la sua legittimità in quanto non sarà in grado di dare la colpa al blocco per le sofferenze economiche e per mantenere la repressione politica.
Da quando Raúl Castro ha assunto il potere - in modo informale nel 2006 e ufficialmente nel 2008 - si è mosso verso l'adozione del modello cino-vietnamita, vale a dire un capitalismo di stato che mantiene il monopolio del potere politico attraverso il Partito Comunista e che controlla i settori strategici dell'economia, come quello bancario, pur condividendone altri con il settore privato interno ed estero. Ma questa è stata una strada contraddittoria in cui il governo cubano ha cercato di "avere la botte piena e la moglie ubriaca" accompagnando ogni cambiamento economico con restrizioni che ne limitavano l'efficacia.

Nonostante il quadro roseo disegnato dai simpatizzanti di Castro, come Emily Morris nella «New Left Review», i risultati delle nuove politiche del governo cubano sono stati scarsi e incapaci di superare definitivamente la lunga crisi economica che ha attanagliato l'isola dal crollo dell'Unione Sovietica. Nel 2013, i salari reali dei dipendenti statali, che ancora costituiscono la grande maggioranza della forza lavoro, avevano raggiunto solo il 27 per cento dei loro livelli del 1989.
Dal 2008, la spesa per l'istruzione, la salute, il welfare e l'abitare è diminuita sia in percentuale del bilancio dello Stato che del prodotto interno lordo. Inoltre, negli ultimi anni la crescita economica è stata bassa (1,2 per cento nel 2014) e gli investimenti di capitale hanno raggiunto un modesto 10 per cento del Pil, rispetto ad una media del 20 per cento per l'America Latina nel suo complesso.
In maniera non sorprendente, Marino Murillo, ministro dell'Economia di Cuba, ha affermato che l'isola ha bisogno di almeno 2 miliardi di dollari l'anno in investimenti per ottenere il decollo economico. Questa è la chiave che spiega la volontà di Castro di riprendere i rapporti con gli Stati Uniti, soprattutto alla luce dei gravi problemi politici ed economici che il Venezuela (principale alleato di Cuba) e la Russia stanno attualmente affrontando insieme al relativo rallentamento della crescita dell'economia cinese.
Castro non ha nulla da perdere, dal momento che se anche se la legge Helms-Burton non fosse modificata o abrogata, l'economia cubana è destinata a trarre vantaggio dalla liberalizzazione dei viaggi e dalle rimesse economiche recentemente decretata da Obama. Per il leader cubano, ogni beneficio ottenuto grazie all'accordo può rappresentare la leva di cui ha bisogno per sconfiggere la resistenza all'interno del suo stesso apparato burocratico alla piena attuazione del modello sino-vietnamita nell'isola.

Da parte sua, Obama è certamente consapevole della possibilità di riaffermare l'influenza politica statunitense e il suo potere economico a Cuba, a parte altri benefici politici che possono derivare da questo accordo in America Latina e nel resto del Sud del mondo.

L'alternativa a Cuba
Indipendentemente dalle considerazioni che hanno portato i governi di Cuba e gli Stati membri a sottoscrivere questo accordo, si tratta di un grande guadagno per il popolo cubano.
In primo luogo, perché riconosce che il potere imperiale degli Stati Uniti non è stato in grado di imporre il suo sistema socio-economico e politico, rappresentando quindi una vittoria per il principio di autodeterminazione nazionale. Spetta ai cubani e ai soli cubani decidere il destino del loro paese.
In secondo luogo, perché in termini pratici potrà migliorare il livello di vita dei cubani e contribuire a rendere più libere, anche se non necessariamente democratizzare, le condizioni della loro oppressione politica e di sfruttamento economico, rendendo più facile organizzarsi e agire per difendere i loro interessi in modo autonomo sia nei confronti dello stato che dei nuovi capitalisti.
Questo è stato il caso della Cina, dove migliaia di proteste si verificano ogni anno per proteggere il tenore di vita e dei diritti della massa della popolazione, nonostante la persistenza del partito di stato unico.

Contrariamente a quanto molti liberali pensavano subito dopo la Rivoluzione cubana, la questione non è mai stata se la fine del blocco avrebbe reso più democratici i fratelli Castro. Tale questione non si è mai posta, a parte per coloro che pensavano che la costruzione del comunismo cubano fosse semplicemente una reazione all'imperialismo americano, invece di quello che lo stesso Che Guevara ammetteva essere il frutto per metà della rottura del vincolo imperialista e per l'altra metà di una scelta dei dirigenti cubani.
Ciò che è reale è la probabilità che la fine blocco mini il sostegno al governo Castro facilitando così la resistenza e la formulazione politica di alternative al suo dominio.

Non pare invece verosimile che Cuba sarà libera dalla morsa dell'imperialismo statunitense, anche se il blocco economico giunge al termine. La potenza imperialista "normale", ampiamente sperimentata nel Sud del mondo, sostituirà quella più coercitiva e criminale dell'epoca del blocco, soprattutto se si sviluppa un'alleanza di successo tra il capitale statunitense e dei locali capitalisti di stato del modello cino-vietnamita emergente, come è successo in Cina e Vietnam.
Anche a livello puramente politico, molti conflitti sono chiaramente prevedibili, come, per esempio, quello che non è stato menzionato nell'accordo Obama-Castro che riguarda il ritorno degli esuli rivoluzionari, come Assata Shakur, nelle carceri degli Stati Uniti.

Con il passare della generazione storica dei leader rivoluzionari entro il prossimo decennio, nascerà un nuovo panorama politico in cui potrà riemergere un'azione politica di sinistra di opposizione e dare forza alla sinistra critica nascente a Cuba. Alcuni potrebbero obiettare che, poiché un socialismo su basi democratiche e rivoluzionarie non è all'ordine del giorno immediato, non ha senso pensare ad una tale prospettiva. Ma è proprio questa visione politica che sostiene l'autogestione democratica della società cubana che può plasmare una resistenza convincente alla liberalizzazione economica che rischia di abbattersi sull'isola.
Invocando la solidarietà con i più deboli, e chiedendo uguaglianza di classe, genere e razza, questo movimento può costruire l'unità sia contro la vecchia che contro l'emergente oppressione.
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La vittoria di Cuba e le possibili conseguenze
Guillermos Almeyra
http://www.rebelion.org/noticia.php?id=193479&titular=la-victoria-cubana-y-sus-posibles-consecuencias

La tenace e costante lotta, durata decenni, del governo e del popolo cubano contro il blocco degli Stati Uniti, che è costato a Cuba oltre 120 miliardi di dollari e terribili sofferenze, alla fine ha pagato.
Barack Obama è stato costretto a cedere alle pressioni internazionali, come già aveva fatto in precedenza con l'invio di sei prigionieri di Guantanamo in Uruguay. Il blocco, anche se continua ad esistere, dal punto di vista politico viene in questo modo ferito mortalmente e anche se i repubblicani, che hanno la maggioranza al Congresso, lo vorranno mantenere, sarà sempre più fonte di conflitto tra i capitalisti statunitensi, con il popolo degli Usa e il resto del mondo. Intanto si sono ristabilite le relazioni diplomatiche tra i due paesi vicini.

Il rilascio dei tre patrioti cubani ancora prigionieri, il riconoscimento statunitense del governo cubano e la promessa di cancellare Cuba dalla lista degli "stati terroristi" redatta dagli Stati Uniti (il principale stato terrorista al mondo), è una vittoria cubana, latino-americana e democratica e mette a nudo il progressivo indebolimento e l'isolamento politico degli Stati Uniti.
Senza dubbio questa vittoria incoraggerà e rafforzerà la lotta antimperialista in America Latina e nel mondo e anche lo scontro negli Stati Uniti tra l’estrema destra cubana e repubblicana, da un lato, e, dall’altro lato, i settori capitalistici interessati al commercio con Cuba e ad investire in quel paese, i settori popolari e nazionalisti cubani in esilio a Miami, la cittadinanza democratica e gli immigrati latino-americani che protestano ogni giorno contro il razzismo e la violenza di stato.

Quali potrebbero essere le principali conseguenze di questa vittoria, nella quale ha svolto un importante ruolo di mediazione interessata Papa Bergoglio, formatosi nella destra peronista?

Dal punto di vista economico, ci sarà probabilmente un importante flusso di valuta pregiata verso Cuba dovuto all’aumento dei viaggi e delle rimesse da cubani all'estero, al turismo di massa dagli Stati Uniti, dagli acquisti (fino a mille dollari per persona per tornare negli Stati Uniti, più il denaro lasciato a Cuba o speso con carta di credito), dagli investimenti immobiliari di ogni genere. Allo stesso modo cresceranno i servizi (alberghi, ristoranti, piccoli commerci e laboratori) e aumenteranno in quantità e qualità i consumi urbani di alimenti, che dovranno essere prodotti (o peggio, importati) in misura maggiore e ad un costo superiore.
In campo tecnologico Cuba, a causa delle nuove misure per facilitare gli scambi e ancora di più se dovesse terminare il blocco, comincerà a dipendere dal mercato statunitense, invece di rifornirsi in Cina e in Europa e dovrà prendere misure per importare solo ciò che sarà davvero utile e necessario, combattendo l’ondata di importazioni, il consumo di spazzatura alla moda e il consumismo degli arricchiti dalla nuova situazione. Aumenteranno anche in gran misura il "cuentapropismo" (un nuovo strumento della società cubana autorizzato dal governo per promuovere nelle città una nuova mentalità di autosufficienza economica individuale di fronte alle difficoltà dello Stato socialista), le conseguenze sociali negative - legali o meno – del turismo straniero di massa, la differenziazione sociale tra coloro che vivono del loro salario in pesos e coloro che, al contrario, vivono grazie al turismo o ricevono rimesse dai loro parenti emigrati. Questo strato sociale, che non è ancora una classe, salderà i propri interessi ad un settore della burocrazia statale corrotta o con aspirazioni e valori capitalisti che vogliono sbarazzarsi di norme e restrizioni difensive che dovranno essere dettate dal governo.

Esiste il pericolo reale di una saldatura tra questo settore della burocrazia e dell’amministrazione e il capitalismo mondiale, il che creerebbe una base sociale reale all’opposizione. Il ruolo giocato da papa Francesco, inoltre, rafforzerà ulteriormente la sua popolarità tra i settori conservatori di Cuba e, indirettamente, l'influenza della Chiesa cattolica, che fornirà sostegno politico e materiale alle nuove forze sociali conservatrici, pro-mercato o direttamente controrivoluzionarie che il denaro in arrivo dagli Usa rafforzerà nell’isola.
Mentre nell’immediato Cuba, grazie a un aumento delle rimesse e dei viaggio, potrebbe ottenere maggiore valuta estera per pagare le importazioni di cibo e carburante (il cui prezzo è già ribassato a causa della crisi economica globale) allo stesso tempo dovrà spendere di più per le importazioni di beni di lusso.

La cosa più importante, tuttavia, è l'incoraggiamento morale e politico fornito da questo trionfo di tenacia e resistenza e che rianimerà la fiducia dei lavoratori cubani e la loro speranza in futuri cambiamenti a loro favorevoli.
La politica cubana di concessioni controllate al mercato, allo stesso tempo, aprirà una discussione sulla natura e la portata delle concessioni necessarie e la cui definizione potrebbe risultare pericolosa per l'indipendenza di Cuba. Cuba è mercato-vetrina e ha un ruolo politico strategico per cui il capitalismo in generale e quello statunitense in particolare – lo capiscano o meno i cavernicoli dell’ultradestra negli Usa – hanno interesse a riassorbire un’isola che persero in seguito alle misure controrivoluzionarie prese nel 1959-60 e con il blocco che ha spinto Cuba nelle braccia dell'Unione Sovietica.

Obama, in questo senso, non solo cede alle pressioni cubana e mondiale: agisce anche realisticamente agisce nell'interesse del capitalismo e cerca di ottenere con l’arma del commercio ciò che in mezzo secolo non è riuscito a nessun altro presidente imperialista. Allo stesso tempo, involontariamente, legittimando le relazioni con Cuba, favorisce indirettamente il sostegno all'indipendenza di Cuba da parte di gruppi di lavoratori e intellettuali americani, fornendo un nuovo elemento alla crescente radicalizzazione politica alimentata dagli omicidi razzisti e dalla situazione economica .

In questa nuova fase della lotta contro il blocco, questa vittoria ne prepara altre nel rapporto tra Cuba e l'imperialismo a livello latino-americano e mondiale.
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Cuba: la vittoria e i rischi
Bureau della Quarta Internazionale

La ripresa delle relazioni diplomatiche tra USA e Cuba, così come la liberazione dei tre cubani accusati di spionaggio e condannati all'ergastolo negli Stati Uniti costituiscono una vittoria per il popolo cubano.
Da più di 50 anni l'amministrazione statunitense, che ha visto succedersi dieci presidenti, non ha smesso di provare a distruggere la rivoluzione cubana, mettendo in atto ogni iniziative a disposizione per annientare Cuba: intervento militare nella Bahía de Cochinos nel 1961, complotti per assassinare i dirigenti cubani, embargo economico per soffocare la vita nell'isola e pressioni di ogni tipo per isolare il Paese. Come ha riconosciuto Obama, questa strategia ha fallito. Cuba si è mantenuta ferma davanti alla prima potenza imperialista del mondo. Questo ha provocato difficoltà e sofferenze ma Cuba ha retto, convertendosi in un riferimento anti-imperialista per tutta la sinistra latinoamericana.

Non solo: quando negli anni '90 il blocco sovietico andava disgregandosi per le pressioni dell'imperialismo e delle sue contraddizioni interne, con un apparato burocratico che in quel momento optò per un ruolo attivo nella restaurazione capitalista, molti osservatori previdero la caduta del regime cubano. E' vero che l'isola, che dipendeva in gran parte dal sostegno sovietico, conobbe una crisi senza precedenti, con un'economia molto debilitata che i cubani denominarono “periodo speciale”. Anche se in una maniera limitata, l'economia ha tardato dieci anni a riprendersi (attraverso l'associazione dello stato con i capitali europei nel settore turistico e più tardi con l'aiuto del petrolio venezuelano) senza arrivare però a superare una serie di problemi strutturali aggravati dall'embargo nordamericano che si rinforzò con la legge Helms-Burton. La burocratizzazione del regime, l'asfissia delle libertà democratiche, i suoi effetti sulla mobilitazione popolare hanno pesato sulla situazione dell'isola. In questo senso vanno anche segnalati - malgrado gli interventi attuali di Mariela Castro, figlia di Raul - le restrizioni riguardo l'organizzazione femminile, del movimento LGBT e di altri gruppi oppressi.

Ebbene, nonostante tutti questi limiti, l'imperialismo americano non è mai riuscito a far fallire la rivoluzione: questa resistenza non si può comprendere senza tener conto della dinamica antimperialista e del carattere nazionale, socialista e popolare della rivoluzione del 1959. Non bisogna dimenticarsi che la rivoluzione cubana ha distrutto le classi dominanti dell'epoca. Se il regime è riuscito a mantenersi è perché è l'espressione dei quella formidabile dignità cubana, dell'aspirazione profonda alla sovranità nazionale e popolare di questo popolo, del profondo rifiuto a tornare alla situazione precedente alla rivoluzione che aveva reso Cuba il “postribolo” degli USA. La resistenza cubana non avrebbe avuto quella forza senza le conquiste iniziali della rivoluzione, soprattutto se le si compara ad altri paesi dell'America latina per quanto riguarda i settori della salute e dell'educazione. Questa dignità si esprime anche in uno degli aspetti della politica internazionale della direzione cubana: l'appoggio alle iniziative rivoluzionarie in America Latina negli anni '60, la lotta di Che Guevara o l'appoggio in Angola a chi si opponeva al regime di apartheid sudafricano. Disgraziatamente ha sostenuto anche l'intervento sovietico in Cecoslovacchia nell'agosto del 1968. Però l'internazionalismo ha sempre costituito un valore fondamentale nell'educazione a Cuba. Attualmente questo si traduce, ancora una volta, nell'invio di medici in varie zone del mondo: in particolare in Venezuela ma anche, come si può constatare, in Africa dove il lavoro umanitario di medici e volontari cubani è mondialmente riconosciuto nella battaglia contro il virus dell'Ebola . Inoltre, secondo organizzazioni ambientaliste che indagano lo sviluppo umano e il calcolo del consumo di energia e risorse, Cuba costituisce un esempio per ciò che riguarda lo sviluppo sostenibile.

Questa resistenza è stata capace di fronteggiare lo scontro politico-militare con l'imperialismo nordamericano, ma non è stata sufficientemente forte per resistere alle pressioni del mercato mondiale capitalista. Ancora una volta si conferma, in forma tragica, che non è possibile costruire il "socialismo in un paese solo". Queste pressioni hanno castigato e deformato un'economia troppo poco diversificata - turismo, monocultura dello zucchero, estrazione del nichel - ed estremamente dipendente dalle importazioni, soprattutto per quanto riguarda i beni di prima necessità. Questo ha portato a promuovere l'introduzione di meccanismi di mercato attraverso l'economia "cuentapropista" - il settore autonomo - e, soprattutto, il licenziamento di dipendenti pubblici, in particolare nel settore dello zucchero. Tutto questo ha rinforzato e cristallizzato le disuguaglianze tra una cerchia dominante dell'apparato dello stato legata alla gerarchia militare che spesso mantiene relazioni commerciali con grandi imprese capitaliste multinazionali e, anche, di coloro che hanno accesso ai dollari (privilegio di coloro che emigrano o di chi lavora nei settori del turismo e delle biotecnologie) e la grande maggioranza del popolo cubano.

Queste disuguaglianze e il potere di questa cerchia dominante possono costituire le basi di un'evoluzione di tipo cinese o vietnamita - un capitalismo di stato combinato ad un regime burocratico.autoritario del Partito comunista - con caratteristiche specifiche. In ogni caso Cuba non è il Vietnam e tantomeno la Cina. E' difficile vedere come un simile sistema possa assicurare l'indipendenza nazionale di Cuba: posta a 150 chilometri dagli Stati uniti e sottoposta alle pressioni dell'imperialismo statunitense e della borghesia cubano-americana di Miami, Cuba potrà resistere solamente grazie alla mobilitazione sociale e alla ripresa del progetto rivoluzionario.
Negli ultimi anni, di fronte a queste contraddizioni, la direzione cubana ha potuto utilizzare l'aiuto venezuelano, in particolare l'invio di petrolio a basso prezzo, ma oggi le difficoltà di Maduro e della direzione post-Chavez non le permettono di mantenere questo livello di aiuto mostrato negli ultimi dieci anni. Per questo la situazione economica potrebbe peggiorare e da questo deriva l'importanza dell'affievolirsi del controllo del blocco nordamericano.

Bisogna ripeterlo una volta in più: la ripresa delle relazioni diplomatiche tra gli Stati uniti e Cuba rappresenta una buona notizia per il popolo cubano. Ma si tratta solamente del primo passo. L'embargo continua e per questo bisogna continuare a mobilitarsi e fare pressioni perché finisca.
In ogni caso, anche se la strategia di Obama va avanti, non dobbiamo essere ingenui. L'imperialismo nordamericano non ha rinunciato ai suoi obiettivi, e ora che la strategia del confronto politico-militare è fallita prova a mettere in campo un'altra strategia per riportare Cuba sotto la propria influenza: "bombardare" Cuba di prodotti e capitali nordamericani. D'altra parte questa è già, malgrado la politica statunitense, la scelta di settori importanti del capitalismo statunitense, soprattutto nel settore dell'agroindustria, del turismo, delle telecomunicazioni, delle nuove tecnologie e delle compagnie aeree. E la resistenza di fronte a questa nuova strategia potrebbe risultare più difficile di quella messa in campo negli ultimi anni.

Per questo il controllo statale delle nuove relazioni commerciali è indispensabile per evitare gli effetti corrosivi dei flussi economici e finanziari capitalisti. La situazione è già preoccupante con la costruzione di una zona franca nella regione del porto di Mariel e l'approvazione della nuova legge sugli investimenti stranieri nell'isola (che garantisce 8 anni di esenzione fiscale con l'obiettivo di attrarre nuove imprese).
Questo controllo deve essere accompagnato da un attivo intervento popolare, soprattutto nei settori nei quali la burocrazia cubana potrebbe adattarsi e beneficiare di questo cambiamento economico. In questo stesso momento è una questione chiave.
L'estensione del mercato capitalista a Cuba porta con sé enormi pericoli: tra questi, lo sviluppo della precarietà, la crescita delle diseguaglianze, la messa in questione della sovranità nazionale e la fine dello sviluppo sostenibile. Inoltre, come contropartita della fine del blocco, l'imperialismo nordamericano proverà a ottenere concessioni dal regime cubano (come, per esempio, la "libertà" di commercio).
Per lottare contro questi rischi, non esiste altra via che la mobilitazione e il controllo popolare, il controllo e la gestione delle imprese dal parte delle lavoratrici e dei lavoratori e delle/dei loro rappresentanti.

La tradizione delle lotte sociali e di liberazione nazionale, così come l'esistenza di sostenitori dell'autogestione sociale che cercano di riallacciare le relazioni con questa storia e con il tessuto libertario della rivoluzione cubana - anche se queste correnti sono minoritarie - possono rappresentare uno strumento per il popolo cubano. E' importante far conoscere le posizioni e le esperienze di queste correnti che hanno legami all'interno del Partito comunista cubano. Ripetiamolo ancora: per beneficiare della vittoria attuale e, allo stesso tempo, proteggere il popolo cubano dagli effetti sociali della pressione capitalista nordamericana, non c'è altra via che favorire la mobilitazione popolare e la costruzione di un'autentica democrazia socialista. Per questo è necessario garantire la libertà d'espressione e creare le condizioni per un dibattito democratico in tutte le organizzazioni popolari di Cuba. Questo passa attraverso l'organizzazione del pluralismo nel Partito comunista e nei movimenti popolari.

E' una sfida straordinariamente difficile date le relazioni di forza attuali a livello mondiale tra il capitalismo globale e il movimento popolare. In ogni caso, la rivoluzione cubana che ha resistito oltre cinquanta anni contro l'imperialismo statunitense, non troverà ancora una volta una soluzione originale a questa situazione?

Traduzioni di Piero Maestri