Renzi, l'ultima trincea di un sistema in crisi

Tue, 25/02/2014 - 13:30
di
Thomas Müntzer

Se per Enrico Letta, defenestrato da Matteo Renzi, è stata utilizzata l'analogia con la giraffa di Copenaghen, per Matteo Renzi la metafora dovrebbe essere quella dell'ultima trincea. Ultima trincea, cioè, di un sistema politico-sociale, slabbrato, articolato, messo in mora dall'Unione europea eppure ancora esistente, che cerca di non essere travolto dall'unica vera fiumana che circola in Europa: quella anti-euro, a venatura nazionalista o populista, o con caratteristiche più articolate come il Movimento 5 Stelle in Italia. In questo senso, Renzi è l'ultima carta, per tutti.
Dopo le elezioni dello scorso anno e la presa d'atto dell'irruzione pentastellata, l'establishment italiano ha pensato di potercela fare arroccandosi nel modello Napolitano: larghe intese, governi tecnici, rispetto assoluto dei parametri europei, sordità a qualsiasi pulsione sociale. Quell'esperimento è fallito. Napolitano ha perso e, prima di Letta, il vero sconfitto di queste ore, è lui. Che l'esperimento non funzionasse lo hanno dimostrato prima la vittoria netta di Renzi alle primarie del Pd, ennesima dimostrazione della volontà di assistere a una "scossa" del quadro politico anche da parte di un elettorato "responsabile" e "obbediente" come quello del Pd. Poi, le briciole che Letta ha elargito a un corpo sociale, di destra o di sinistra, privilegiato o escluso, martoriato dalla crisi. Emblema di questa nullità politica, una legge di stabilità, appunto, inutile. A quel punto si è intravisto un malcontento crescente: la Confindustria, le altre categorie, le banche, i sindacati. Ma anche quel po' di personale politico che ancora mantiene un minimo di lucidità e capisce il livello di screditamento sociale che la politica ha raggiunto.
In questa chiave si può pensare a Renzi come alla mossa che colloca in prima linea l'uomo che più di altri, per storia, linguaggio e capacità, può fronteggiare l'ondata anti-casta. Il sindaco di Firenze lo farà a modo suo, lo ha già cominciato a fare, in nome di tutto il sistema. Anche del centrodestra che, non a caso, è frastornato dalla sua mossa. In realtà, il vero sconfitto di Renzi non è Letta ma Berlusconi che è stato attirato nella morsa della riforma elettorale per permettere al leader Pd di accreditarsi anche nel centrodestra che rappresenta il suo vero terreno di caccia elettorale. Renzi presidierà il sistema cercando di innovarlo a colpi di shock costanti, cercherà di ottenere respiro dall'Unione europea provando a intavolare una modernizzazione liberista, un'innovazione del sistema che risponda ad alcune delle spinte che provengono da fuori. In questo è un progetto di trasformismo, in salsa contemporanea, e un passaggio che segna una fase nuova. Emancipandosi dai panni di leader di un partito, il Pd, e indossando la grisaglia del primo ministro, Renzi sarà libero di parlare a tutto il Paese e di coagulare attorno al proprio operato un nuovo blocco moderato, proveniente da destra e da sinistra, che si configuri come presidio della "cittadella" assediata dai "nuovi barbari".
In questo senso rappresenta un'operazione vecchia e nuova allo stesso tempo, abile ma anche disperata. Se l'intero arco parlamentare si farà risucchiare da questa fuga in avanti, l'operazione può riuscire e ridisegnare il quadro politico. Altrimenti Renzi sarà solo l'ennesimo leader triturato dalla crisi.
Il punto che ci riguarda è però quello di collocare correttamente l'operazione. Nonostante le tante mosse che Renzi farà, i colpi pirotecnici che inventerà e la propaganda che allestirà, il senso del suo governo è già riassunto nell'ipotesi di riforma elettorale concordata con Berlusconi: blindare la "governance", ridurre gli spazi, costruire una democrazia autoritaria e personalistica. Un modello che non è riuscito a Silvio Berlusconi il quale però ha seminato a lungo nei venti anni del suo "regime". Renzi, oggi, è il primo politico post-berlusconiano a occupare saldamente la scena. Ma anche il primo a reinterpretare, a uso dei posteri, i cascami ideologici di quell'epoca.