Referendum: chi pratica la democrazia e chi la demolisce

Mon, 18/04/2016 - 13:30
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Sharewood aula studio autogestita

Alcune riflessioni degli studenti e delle studentesse dell'Aula Studio Autogestita Sharewood a margine della campagna referendaria.

Nella giornata di domenica 17 aprile, quarta domenica di primavera, si è concluso il percorso referendario per abrogare il decreto che permette l'estrazione, fino ad esaurimento, degli idrocarburi nei giacimenti presenti entro le 12 miglia marine.

Fin dallo scorso autunno la campagna del comitato referendario ha avuto un percorso segnato da varie difficoltà. Inizialmente la maggioranza al governo ha cercato di negare la consultazione popolare ostacolando la promozione di sei quesiti referendari originali, e includendone solo quattro nella legge di stabilità di dicembre, apportando però mirate modifiche che strizzavano l'occhio alle aziende petrolifere determinando un effettivo sabotaggio del puro significato di rappresentanza democratica del referendum.

D'altronde le vicende giudiziarie che hanno coinvolto il governo hanno mostrato ancora una volta (come se ce ne fosse stato bisogno) lo stretto legame fra gli interessi dei vertici petroliferi e le alte sfere dello stato, tutt'altro che neutrali quando si tratta di delineare le strategie energetiche del paese.

Le richieste referendarie sopravvissute hanno comunque suscitato un ampio dibattito tra i partiti di governo, alimentando alcune divergenze preesistenti. Eclatante il caso del presidente della regione Puglia Michele Emliano, che da una parte ha gridato vittoria per quella che era solo una "traduzione mutilata" di alcune delle richieste referendarie, e dall'altra ha sfruttato l'ondata di critiche creatasi all'interno delle correnti del Pd in vista delle elezioni amministrative di giugno, trasformando la campagna per il sì in una personale campagna elettorale.

Tutto ciò ha avuto scarse ripercussioni sull'informazione pubblica, che raramente ha fornito dati esaustivi per informare gli elettori. La mancata o errata informazione si è diffusa sotto forma di dati sbagliati e statistiche non contestualizzate sulla produzione, il trasporto e il fabbisogno di energia del paese. Abbiamo ascoltato improbabili giustificazioni alle prospezioni ed alle trivellazioni, unicamente finalizzate a legittimare gli enormi profitti dei soliti noti (Northern Petroleum, Eni, Statoil...) e ad allargare il giro di interessi attorno alle risorse dei nostri territori, ignorando totalmente invece quelli di chi in quei territori ci vive. Hanno descritto come un'idea astratta, quasi utopistica, la questione dell'ottimizzazione energetica e dell'uso delle fonti rinnovabili, presentando queste ultime come inadatte a soddisfare il fabbisogno italiano e sostenendo che per applicarle sarebbero serviti piani di ammortizzazione-spese ultra decennali, totalmente smentiti dagli esempi delle ricerche e dei progetti attivi in paesi esteri, che già puntano e investono sulle energie alternative con risultati sempre più soddisfacenti.

Diffondere incertezza e scetticismo è stato l'evidente obiettivo delle più alte cariche dello Stato le quali, piuttosto che stimolare processi di partecipazione democratica, hanno invitato milioni di cittadini ad astenersi su una tematica determinante per la vita dell'intero pianeta, sconvolto da continui irrimediabili disastri (ultimo e più vicino quello della Loira in Francia, con 550mila litri di greggio sversati, di fatto nascosto dalla stampa italiana).

Convinti che sia necessario un più aperto ed ampio dibattito sulla politica energetica, così come sulla sostenibilità ambientale; convinti che i cambiamenti climatici siano determinati da un modello di produzione distruttivo, basato sul petrolio, il cui mercato è l'emblema e del sistema capitalistico globale; convinti che queste problematiche non si trovino solo scritte tra le pagine di libri, giornali e riviste scientifiche, ma che le loro conseguenze si ripercuotano quotidianamente anche nell'aria, nell'acqua e nel cibo di cui viviamo; convinti che non sia sufficiente appassionarsi alle lotte ambientali soltanto in occasione di eventi formali (Expo, Cop 21, ecc.) ma che giorno per giorno si debbano sostenere sforzi concreti; convinti di tutto ciò, nell'ultima settimana varie realtà sociali autogestite e collettivi universitari si sono mobiliati per garantire il diritto di voto agli studenti e ai lavoratori fuori-sede sensibili alla causa.

Un diritto che si dovrebbe poter esercitare in maniera più semplice ed immediata, su tutto il territorio nazionale, a prescindere dal luogo di residenza. All'interno di questa rete Sharewood, l'Aula Studio Autogestita di Communia, ha attivato uno sportello per diffondere le informazioni necessarie per accedere al voto. Noi studenti e studentesse abbiamo cercato di essere il più efficienti possibile, nonostante le difficoltà legate ad un contesto comunale in fermento elettorale. Studenti universitari e lavoratori fuori sede hanno fruito di un banchetto operativo dalle 14 alle 22 per tutta la settimana antecedente il referendum. C'è stato un inaspettato e sorprendente afflusso di persone interessate alla causa (più di trecento i moduli compilati solo da noi) con le quali abbiamo potuto sperimentare il meccanismo mutualistico e solidale che da sempre contraddistingue lo spazio sociale di Communia.

Ringraziamo tutti i partecipanti e i sostenitori di questa iniziativa, che nonostante la sconfitta sono stati parte fondamentale di quei 13 milioni di italiani che ieri hanno rifiutato un modello di sviluppo suicida.
Grazie a loro abbiamo scoperto ancora una volta l'importanza della partecipazione, l'importanza di far vivere realtà sociali autogestite in luoghi conflittuali. Spazi dove è possibile esprimere il dissenso verso le possibili forme di lucro. Spazi che praticano e diffondo la democrazia, insultata dalle stesse autorità che dichiarano illegali e da sgomberare questi veri e propri presidi di partecipazione democratica.
Se da una parte il petrolio su cui ci siamo espressi è alla base delle speculazioni economiche e geopolitiche, dall'altra la speculazione in campo edile e urbanistico alimenta le politiche ostili a questi spazi, sottoponendo tante realtà romane al rischio di sfratti e sgomberi.

Con le realtà autogestite di San Lorenzo sempre più a rischio, come il Grande Cocomero, la Palestra Popolare, Esc, il Cinema Palazzo, riuniti tutti insieme nella Libera Repubblica di San Lorenzo, la settimana scorsa abbiamo "accolto" il comitato elettorale del candidato sindaco di Roma del Pd Giachetti, insediatosi nelle stanze dell'Ex Dogana, cercando di fargli ascoltare le voci di chi nel quartiere vive tutti i giorni e non si limita a sceglierlo come base per fare campagna elettorale, le istanze di chi offre servizi senza mangiarci sopra, di chi deve lottare per vedere soddisfatti i diritti che ci sono negati.

Communia si impegnerà affinché gli idrocarburi restino nel sottosuolo, e le esperienze autogestite crescano rigogliose sul cemento che soffoca la città.