Il Pigneto non è un quartiere per vecchi...

Sat, 31/01/2015 - 19:48
di
Giulio Calella e Daniele Lauri*

...ma neanche per donne, ragazzi, migranti.
Scippi violenti, continue molestie, gerarchie mafiose e razziali, risse, coltellate e rastrellamenti polizieschi.
Se sei un giovane maschio in cerca di erba, coca o ero non avrai problemi: il controllo mafioso, militare del territorio ti garantisce un rifornimento senza grandi problemi.
Tutti gli altri devono sottostare alle modalità imposte da questa ignobile pacificazione.
L'agibilità sociale è sospesa per tutti coloro che sono estranei ai rapporti violenti e coercitivi che regolano l'equilibrio mafioso e che ha già lasciato vistose ferite nell'anima e nei corpi di chi l'ha messo in discussione.
La discesa in campo, pacifica, degli abitanti, ha provato e prova a mettere in discussione tutto questo e cerca in completa solitudine di creare e ricucire spazi di discussione e confronto dove elaborare strategie per sottrarre il territorio al controllo mafioso e alla becera repressione.
Il nostro contributo a questa lotta – in quanto abitanti e lavoratori di questo quartiere – va proprio in questa direzione e cerca di trovare strumenti adeguati per opporsi anche agli speculatori delle paure, a coloro che soffiano sulle braci dell'intolleranza per proporre percorsi di esclusione e di xenofobia.
Ma per farlo è necessario "sporcarsi le mani", confrontarsi attivamente con la pancia del territorio, ascoltando i disagi e le sofferenze e proponendo percorsi di lotta e resistenza condivisibili da tutte le vittime della brutalità "mafioso-militare" che regna incontrastata al Pigneto.

La situazione è difficile, contraddittoria, i buoni e i cattivi non sempre si vedono ad occhio nudo. Chi per strada a volte è protagonista di aggressioni e molestie è spesso a sua volta sfruttato dalle organizzazioni criminali che controllano il narcotraffico a cui è consegnato da una legislazione che costringe alla clandestinità, dal suo essere già “fuorilegge” se clandestino o inibito al lavoro se “richiedente asilo”.
Ma se di fronte a tali contraddizioni si tace o se ne nega l’esistenza, non solo non si contribuisce in nessun modo a modificare la realtà, ma si diventa incomprensibili, dando spazio agli argomenti e alle pulsioni più reazionarie.
Noi ci siamo immersi nella discussione umile e paziente con gli abitanti, sui contenuti e le idee che uscivano dalla “piazza”, laddove s'invocava inizialmente una bruta risposta repressiva verso gli “alieni”, abbiamo invece focalizzato l’attenzione verso chi (le istituzioni comunali) ha creato in questi anni un quartiere da consumare più che da vivere e poi abbiamo proposto e condiviso iniziative per la riappropriazione delle strade, rivendicazioni per l'attuazione di programmi di "riduzione del danno", di mediazione sociale, di supporto ai migranti e, infine, per la legalizzazione delle sostanze.
In un territorio esasperato dallo spaccio, per la prima volta si parla di legalizzazione a livello di massa, partendo proprio dalla concretezza tangibile del disastro prodotto dal proibizionismo. E sarebbe un’occasione unica di intervento per chi ha sempre fatto dell’antiproibizionismo una propria bandiera.

Siamo riusciti nelle assemblee pubbliche anche a denunciare l'inutilità e la crudeltà dei "rastrellamenti" indiscriminati, chiedendo di sostituire queste parate ciecamente repressive con un'attività "ispettiva" volta a individuare gli "speculatori criminali" della manovalanza dei pusher. E ci siamo riusciti proprio denunciando l’inefficacia avuta sinora dalle forze dell’ordine, sempre così solerti ed efficaci quando si tratta di reprimere le lotte sociali (o le borsette contraffatte… come accade in questo quartiere ai danni della comunità senegalese di via Campobasso che invece ha partecipato anche in prima persona alle mobilitazioni del quartiere).
E' chiaro, a volte nelle assemblee è stato trovato un compromesso con le posizioni di chi genericamente chiedeva sicurezza e che comunque merita il nostro rispetto perché esprime una necessità indotta da un'oppressione tangibile che viviamo anche noi e che si concretizza con la sottrazione dell'agibilità sociale e l'immiserimento delle relazioni umane.
Quello che abbiamo cercato di testimoniare è che un'ottusa repressione avrebbe ulteriormente aggravato queste mancanze ma non è facile restare saldi su queste posizioni perché c'è spesso la tentazione di banalizzare i conflitti e di cercare comode scorciatoie.
Altre volte abbiamo potuto veicolare con maggior consenso le nostre convinzioni.
Abbiamo pubblicamente definito i giovani migranti le prime vittime di questa situazione, raccogliendo gli insulti di chi sperava in moti popolari "stile Tor Sapienza". Marginalizzando quest'ultimi, insieme ad altri abitanti abbiamo volantinato "Rispetto" (un volantino multilingue, una denuncia della coercizione mafiosa al Pigneto) presso gli angoli di spaccio, ai ragazzi migranti, piazzati come pedine nelle strade da trafficanti senza scrupoli. Tra mille pesanti critiche, mentre in altri quartieri si organizzavano “ronde”, noi abbiamo cercato di accorciare la distanza tra le vittime, ingiustamente contrapposte, che subiscono la disumanizzazione in atto al Pigneto. Lo stesso abbiamo fatto con un volantino antiproibizionista scritto per i “consumatori” con finalità di consapevolezza e autotutela ma soprattutto destinato ad essere accolto e digerito dal senso comune di tutto il territorio nel suo intrinseco messaggio d'inclusione sociale.
Sempre in quest'ottica infine è da leggersi la mappa "il triangolo dellavergogna" che, criticata equamente dai negozianti preoccupati dalla cattiva pubblicità e dai presunti ortodossi del movimento, lungi dall'essere uno strumento di delazione, fotografa un fallimento quotidianamente sotto gli occhi di tutti, evidenziando un territorio in conflitto in cui gli angoli controllati militarmente dai trafficanti si contrappongono agli inutili (e spesso dannosi) avamposti repressivi delle ff.oo.
Inoltre su di essa sono rappresentate le vittime, le overdosi, lo stato di abbandono ma anche le manifestazioni, le assemblee i blocchi stradali degli abitanti.
La presentazione pubblica di questa mappa, insieme all'Associazione daSud, è stata l'occasione per discutere degli effetti concreti che “MAFIACAPITALE” sta causando nel territorio.

Chi crede che in queste vie, seppure tra mille difficoltà, si possano sviluppare autonomamente forme di aggregazione e rapporti solidali tra gli emarginati e gli sfruttati, anche e giustamente extralegali, non ha fatto i conti con l’asservimento gerarchico in atto per la gestione dell'economia della droga.
La merce è unicamente di origine mafiosa e declina rapporti che fagocitano violentemente i più deboli. Il controllo del territorio lo hanno conquistato i più arroganti, i più violenti, che non esitano a sacrificare i loro stessi fratelli e a predare chi non gode di opportune protezioni. Spiate, agguati, prevaricazioni, umiliazioni, marchette, punizioni, confidenze e corruzioni: questo è l'inferno quotidiano in cui sono precipitati i ragazzi in strada, stritolati dalla violenza del narcotraffico e quella ciecamente repressiva dello stato.

La mappa non fa altro che commentare criticamente una spartizione del territorio ad opera di questi poteri forti descrivendone l'effetto su angoli e strade ben noti a tutti quelli che abitano o frequentano il Pigneto (guardie comprese).
Accostare, quell'iniziativa ai rastrellamenti delle ff.oo messi in atto al Pigneto (di cui invece la mappa ne segnala la tragica inutilità) non sarebbe solo un’ingiusta forzatura ma una pericolosa ottusità che rischierebbe di creare un'ulteriore artificiosa divisione manichea.
E' già successo al Pigneto e altrove di scrivere la lavagna dei buoni e dei cattivi con il gessetto del “bravo antagonista”, col solo risultato di aver contribuito alla disgregazione di movimenti e territori e di allontanare la gran parte della popolazione da percorsi di impegno politico e sociale cui invece non sarebbe affatto aliena.
Ma per perseguire questa condivisione è necessario agire in modo trasparente e non strumentale, soprattutto senza aggirare le contraddizioni che s'incontrano nel confronto con il territorio, ascoltando tutti con modestia e senza sentirsi i depositari di verità dogmatiche.
Per gli stessi motivi, oltre alla presenza coerente alle assemblee con gli altri abitanti, rivendichiamo con forza il ruolo svolto dal sito pigneto.it e dalla mailing list abitantidelpigneto[at]autistici.org.
Certo, scorrendo post e commenti, oltre a varie superficialità degli amministratori, si potranno trovare tante frasi gravi di vari utenti ma, siamo convinti, che sia un bene che vengano fuori in quei contesti piuttosto che in altri.
Pensare di poter "moderare" dall'alto queste espressioni o peggio ancora semplicemente estrometterle, è il miglior regalo a tutti coloro che sperano di approfittare dell'esasperazione del Pigneto e delle altre periferie, per introdurre attivamente posizioni xenofobe e fasciste.
Anche, non frequentando il quartiere, restando seduti d'avanti a un pc, basta dare uno sguardo ad altri gruppi fb (uno per tutti "sei der pigneto se...") per capire quanto il pericolo di deriva sia concreto se il confronto viene lasciato, con un mal riposto senso di coerenza, all'iniziativa altrui.
Su pigneto.it , sul gruppo facebook “Il Pigneto non è spacciato”, sulla mailing list degli abitanti ma, soprattutto in strada, si combatte ogni giorno una guerra a bassa intensità contro le scorciatoie reazionarie, gli slogan, devastanti in questi tempi di crisi, di paura e di egoismi, con cui le destre bombardano le persone. Se, a chi ha un'esperienza di impegno politico o sociale, l'evidenza della truffa è chiara, questi messaggi populisti, come ad esempio "prima gli italiani" , "non c'è abbastanza per noi, come faccio con gli altri" ecc., in tali contesti vanno invece smontati pezzo per pezzo e disinnescati pazientemente.
Chi si prende l'onere di questo compito, anche se estraneo ai percorsi del movimento, va senz'altro supportato perché rappresenta un pezzo, seppure parziale, piccolo e limitato, di un contesto generale che deve opporsi in ogni ambito alla propaganda dell'intolleranza.

Sforzi in questa direzione, fatti dalle parti socialmente e politicamente più attive di questa città sono auspicabili e urgenti: nell’attuale situazione di crisi economica, sociale e culturale, i rischi di perdere altri pezzi di città a vantaggio della destra xenofoba è evidente.
Non serve arroccarsi sull'aventino, portare avanti discussioni e polemiche negli ambiti e nei contesti in cui dovrebbe già esserci un linguaggio comune ma, al contrario, servirebbe far sentire la nostra voce, quella delle esperienze sociali e politiche più avanzate della città, soprattutto nei contesti più esposti e contraddittori.

*Abitanti del Pigneto, e lavoratori del quartiere nella Libreria Alegre e nella Libreria-Caffè Lo Yeti.