Elogio della politica profana

Sat, 18/01/2014 - 16:29
di
Daniel Bensaid

Inscritto in una prospettiva strategica, il concetto di egemonia è irriducibile a un inventario o a una somma di antagonismi sociali equivalenti. Esso implica un accorpamento di forze intorno a rapporti di classe. L’articolazione in cui predominano diverse contraddizioni non implica tuttavia il loro classificazione gerarchica in «contraddizioni principali e secondarie», e neanche la subordinazione dei movimenti sociali autonomi (femministi, ecologisti, culturali) alla centralità della lotta di classe. Le rivendicazioni specifiche delle comunità indigene dell’America latina (mapuche in Cile, quechua e aymara in Bolivia, maya, aztechi, yaquis e altri ancora in Messico) sono doppiamente legittime. Storicamente queste popolazioni sono state espropriate delle loro terre, oppresse culturalmente, e private della loro lingua. Vittime oggi del rullo compressore del mercato globale e dell’omogeneizzazione culturale, questi popoli si rivoltano contro i danni ambientali, contro il saccheggio dei loro beni e lottano per la difesa delle loro tradizioni. Ma sebbene gli «usi e i costumi» possano costituire un punto d’appoggio per la loro resistenza, queste comunità sono nondimeno attraversate al loro interno da contraddizioni che veicolano forme di oppressione ancestrali (contro le donne e gli omosessuali in particolare). Allo stesso modo, le forme religiose di resistenza alla modernità capitalista restano ambivalenti: le teologie della liberazione possono dare alla protesta sociale una forza morale, ma al tempo stesso contribuiscono alla desecolarizzazione del mondo.
Le resistenze religiose o etniche alle crudeltà della mondializzazione capitalistica presentano dunque la stessa ambivalenza delle rivolte romantiche del XIX secolo, combattute tra una critica rivoluzionaria della modernità e una critica nostalgica dei tempi andati. La divisione tra queste due critiche è determinata dal loro rapporto nei confronti delle contraddizioni sociali intrinseche ai rapporti antagonisti tra il capitale e il lavoro. Ciò non implica la subordinazione dei diversi movimenti sociali autonomi a un movimento operaio in permanente ricostruzione, ma la ricerca di convergenze di cui il capitale stesso è il principio unificatore attivo. Come spiegare altrimenti l’eterogeneo accorpamento all’interno dei social forum mondiali di sindacati dei lavoratori, movimenti ambientalisti, gruppi culturali, movimenti omosessuali, movimenti agrari, movimenti antirazzisti e pacifisti? Molto semplicemente si spiega in virtù della loro comune opposizione al dispotismo dei mercati e all’uniformazione delle merci.

di D. Bensaid, dal libro omonimo