Una salsa in masseria per fare giustizia

Mon, 22/08/2016 - 17:00
di
Annadelia Turi (dalla Gazzetta del Mezzogiorno)

I metodi della lavorazione del pomodoro sono quelli che bisnonne e nonne hanno trasmesso di generazione in generazione, lavorando nei campi della nostra terra. Come ad esempio la cottura: i pomodori devono essere rigorosamente messi freddi nei pentoloni, poi sciacquati nell’acqua che bolle e recuperati prima cha la pellicina esterna si spacchi. Fin qui la tradizione è stata rispettata.
Ma la vera novità consiste in un dettaglio non di poco conto: questa salsa ha un sapore speciale, quello della legalità. Realizzata, cioè, da migranti, giovani precari e disoccupati. Un esempio concreto per dire basta al caporalato, all’imposizione dei prezzi da parte della grande distribuzione organizzata e alla sopraffazione. Si parte proprio dalla lavorazione del pomodoro per costruire sul territorio relazioni ed economie solidali.
È il sogno che sta provando a realizzare l’associazione Solidaria, attraverso il progetto SfruttaZero. L’idea, già diventata realtà il 2 e 3 agosto scorsi, è quella di realizzare una filiera "pulita" del pomodoro: dalla semina alla trasformazione, per dar vita alla salsa che finisce nelle bottiglie di passata di pomodoro di alta qualità, prodotta senza alcun genere di sfruttamento.

Dopo l’esperienza vissuta agli inizi di agosto l’associazione si rimbocca le maniche e torna a mettersi al lavoro, nelle campagne tra Turi e Conversano, nella Masseria dei Monelli. L’obiettivo per tutti è chiaro. Dalla semina alla trasformazione, ogni passaggio della filiera deve testimoniare la legalità. "Per questo", afferma Gianni De Giglio di Solidaria, "acquistiamo o coltiviamo quintali di pomodoro garantendo che i lavoratori e le lavoratrici, i contadini e i braccianti siano retribuiti dignitosamente. Per ottenere questo risultato trasformiamo il pomodoro in salsa utilizzando le attrezzature idonee e rispettando le condizioni igienico-sanitari. Non siamo soli in questa missione. Ci aiutano alcuni contadini esperti che ci danno una mano nel coordinare tutte le fasi della lavorazione. Durante la fase di imbottigliamento, laddove è possibile, utilizziamo bottiglie riciclate. E infine distribuiamo i prodotti in autogestione, all’interno dei gruppi di acquisto solidale, in mercatini locali, ristoranti, mense popolari e all’interno della rete Fuori Mercato e di Genuino Clandestino. Da qui nascono le centinaia di bottiglie di salsa SfruttaZero. Un progetto di tipo cooperativo e mutualistico che collabora con altre realtà del Sud".

Ad affiancare l’associazione Solidaria-Netzanet di Bari c’è anche la realtà Diritti a Sud di Nardò, in provincia di Lecce. "Ci siamo conosciuti ne corso delle nostre esperienze con i migranti, in particolare con coloro che rivendicavano il desiderio di vivere e lavorare senza subire ricatti o peggio ancora il rischio di essere espulsi nei loro Paesi di origine".
Così nel 2015, le varie realtà hanno messo insieme le loro forze per vivere l’esperienza della realizzazione della buona salsa che combatte il caporalato. Un progetto che punta a valorizzare le diversità, consentendo a chiunque di vivere una vita dignitosa, con un reddito per permettersi il pagamento dell’affitto di una casa.
"L’associazione è costituita sia da migranti sia da italiani. Nella prima produzione abbiamo trasformato circa 12 quintali di pomodoro per un totale circa di 600 litri di salsa. Invece nei prossimi tre giorni trasformeremo circa 15 quintali di pomodoro per un totale di 800 litri che saranno distribuiti a partire da settembre. Sono al lavoro tre migranti provenienti da Eritrea, Nigeria e Ghana. A collaborare cono loro nove italiani, per la maggior parte giovani tra i 20 e 35 anni, per lo più studenti contadini lavoratori precari. I migranti saranno retribuiti a pieno, con contratti di collaborazione, considerando che chi lavora è anche socio di Solidaria. Per noi è fondamentale che chi lavora abbia una casa e non viva nelle baracche come accade in alcune zone della Puglia. Per noi il problema di fondo non è il caporalato, bensì la grande distribuzione organizzata", conclude G. De Giglio, "perché il caporalato è l’ultimo anello di questa filiera sporca. In realtà è la Gdo che impone il prezzo ai piccoli contadini i quali sono costretti a ridurre i costi soprattutto della manodopera. Da qui nasce il reclutamento irregolare. Quindi come SfruttaZero puntiamo il dito contro chi impone i prezzi al produttore del pomodoro generando la vera irregolarità".