Le contraddizioni della lotta per la laicità

Fri, 11/04/2014 - 09:32
di
Lidia Cirillo

Allora, ci vediamo il 12 aprile dalle ore 15 alle Colonne di San Lorenzo, un luogo del vasto arcipelago della movida milanese povera, quella del sabato, in cui qualche birra può dare l’illusione di vivere la “sera del dì di festa”. A vedersi sono alcuni collettivi che dall’8 marzo hanno cominciato un itinerario di costruzione di qualcosa in grado di opporre una resistenza credibile all’aggressività del fondamentalismo cattolico.
Fondamentalista, integralista non sono una o più correnti della Chiesa cattolica: sui temi della sessualità, dell’aborto, della fecondazione medicalmente assistita, dell’omofobia ecc. gli aggettivi calzano perfettamente alla burocrazia interamente maschile che la governa. Certo, poi c’è anche chi ancora prega per “i perfidi ebrei”, è contro l’immigrazione e recita per i feti l’eterno riposo con il tono e il piglio dell’ehia ehia alalà di memoria fascista. Ma su certi temi le distinzioni tra cardinali al potere e mondo oscuro dell’estrema destra cattolica non aiuta, confonde. Non si tratta di fare di ogni erba un fascio – su questo terreno sarebbe particolarmente inefficace e pericoloso – ma di avere ben chiaro che non siamo di fronte a gruppuscoli estremisti alla ricerca di uno spazio vitale. Dall’altra parte c’è la madre di tutte le egemonie, sperimentate molti secoli prima che Antonio Gramsci elaborasse il concetto; la maestra della conservazione del potere politico oltre ogni logica e possibilità di sopravvivenza di un arcaismo; la grande tetta, a cui può attaccarsi ogni coacervo di corrotti e di ladri disponibile a barattare atti di regressione sul piano della laicità dello Stato con i consensi elettorali che ancora la Chiesa garantisce.
Basta leggere sulla stampa del 10 aprile le reazioni alla decisione della Consulta di accogliere il ricorso di due donne in menopausa precoce per il riconoscimento del diritto alla fecondazione eterologa. “Deriva pericolosa”, “vulnus”, “attacco alla famiglia”: con queste formule poco originali è rimbalzato da una parte all’altra del mondo cattolico l’allarme per una legge che ancora conserva la proibizione di fatto per le donne singole e le coppie dello stesso sesso. La vicenda della legge 40 e l’intimazione da parte di un giudice al Comune di Grosseto di trascrivere un matrimonio omosessuale celebrato all’estero, mettono in rilievo un fenomeno su cui vale la pena di riflettere. In Italia negli ultimi dieci anni la battaglia per la laicità è stata sostenuta e talvolta anche vinta senza ricorso alle folle e per l’iniziativa di singoli, di associazioni come la “Luca Coscioni”, di giudici, consulte e tribunali. Nel 2005 invece il referendum per l’abrogazione di parti della legge 40 fu perso perché si recò a votare solo il 25,9 per cento e il quorum non fu raggiunto.
La contraddizione suggerisce che anche su questo terreno concetti e principi astratti convincono minoranze, magari anche consistenti, ma comunque minoranze. E che anche su questo terreno il riferimento alle esperienze personali, la concretezza e argomenti capaci di smontare dall’interno i dogmi e le mistificazioni che si combattono sono condizioni necessarie per coinvolgere le numerosissime persone, le cui opinioni e i cui sentimenti determinano un clima culturale. La questione della fecondazione medicalmente assistita non è affatto astratta e il referendum fu perso per tutt’altre ragioni: i quesiti erano inevitabilmente troppo tecnici; la coscienza della dimensione collettiva del problema ancora limitata; la Chiesa esercitò un vero e proprio controllo del voto attraverso l’indicazione dell’astensione. Tuttavia l’esito del referendum e il successivo smantellamento della legge per altre vie indicano uno scarto pericoloso tra un diffuso senso comune laico e l’inconsapevolezza delle poste politiche in gioco.
L’esempio francese insegna. In Francia – si sa – il mondo cattolico è all’offensiva anche forte dell’ascesa del Fronte Nazionale. Dopo la grande mobilitazione contro l’estensione del diritto alla fecondazione assistita a coppie lesbiche, la riforma è stata bloccata per tutto il 2014 a causa del “calendario sovraccarico”. Giustamente non ci ha creduto Ludovine de la Rochère, presidente della Manif pour Tous, la rete che ha organizzato le affollate manifestazioni che hanno intimidito un partito socialista già nei guai e con un calo di popolarità registrato poi dall’esito disastroso delle elezioni amministrative. Ma c’è di peggio, in modo particolare il ritorno attivo e aggressivo dell’Index librorum proibitorum, l’indice dei libri proibiti.
L’aggregazione Primavera Francese ha pianificato e condotto una specie di assedio alle biblioteche municipali che hanno nel loro catalogo opere ispirate alla presunta “ideologia di genere”. Tra le opere messe all’indice Mlle Zazi a-t-elle un zizi? in cui si sostiene che le bambine hanno il diritto di giocare ai giochi dei loro coetanei di sesso maschile e Jean a deux mamans in cui viene affrontato il tema della maternità lesbica. Gruppi di persone si sono recati nelle biblioteche di Tours, Rennes, Nantes, Strasburgo,Lione, Tolone ecc. hanno frugato negli scaffali, chiesto al personale di giustificare le politiche d’acquisto e intimato il ritiro delle opere incriminate dalla consultazione. L’affare ha assunto tali dimensioni da indurre la ministra della Cultura a un comunicato un po’ fuori dal mondo, che fa appello a Voltaire e al secolo dei Lumi contro gli attentati fondamentalisti alla libertà. L’associazione dei bibliotecari di Francia (ABF), attraverso la sua delegata generale, ha chiamato le biblioteche alla resistenza, anche perché pare che molte invece si siano piegate alle intimidazioni per evitare guai o perché costrette da sindaci di destra.
Sul modello francese è nata la Manif pour Tous Italia una delle numerose sigle in cui la militanza cattolica si scompone e ricompone. La Manif ha già prodotto un vademecum di “difesa” dei genitori, che sono invitati a controllare gli insegnanti e a sospettare di espressioni come “educazione all’affettività” o “alla sessualità” o peggio “al genere”. Il nemico principale è appunto il genere contro il quale Manif invita alla denuncia ai consigli di classe perché i colpevoli vengano messi a tacere.
Non c’è stata nel mondo cattolico un’idea nuova, una scoperta scientifica, una rivoluzione culturale che non abbia subito la gogna dell’indice. Vale la pena di ricordare il caso di Darwin, oggi riabilitato contro i gruppi del fondamentalismo evangelico ma la cui sorte nel mondo cattolico era ancora incerta nel 2008, quando l’allora ministra dell’Istruzione Letizia Moratti tentò di mettere fuori legge nella scuola dell’obbligo il padre dell’evoluzionismo con l’argomento della sua complessità. Una lettera dell’Accademia dei Lincei e le proteste dell’ambiente scientifico la costrinsero a rimangiarsi il proposito.
Darwin per altro è ancora oggi sotto il fuoco delle organizzazioni cristiane statunitensi che non usano più l’argomento della sua inconciliabilità con la narrazione della Bibbia, ma evocano teorie pseudoscientifiche conciliabili con il creazionismo e chiedono poi che l’una e l’altra vengano insegnate. In casi non rari gli insegnanti subiscono vere e proprie molestie da studenti di famiglie legate al fondamentalismo evangelico e messi nell’impossibilità di esporre liberamente le tesi sull’evoluzione. In un racconto di Alice Munro, premio Nobel per la Letteratura nel 2013, il protagonista subisce il boicottaggio degli alunni che chiedono l’insegnamento della teoria creazionista e le pressioni del preside che vorrebbe evitare il conflitto, fino alla sconfitta come docente ed essere umano.
Insomma, il genere sta al cattolicesimo come Darwin sta alle associazioni fondamentaliste evangeliche. E’ il nemico da battere, la linea del Piave che non si può concedere al nemico di oltrepassare. Pazientemente il direttivo della Società Italiana delle Storiche in una lettera alla ministra dell’Istruzione spiegano che la “teoria del genere” non esiste e che il genere è piuttosto uno strumento concettuale per poter pensare e analizzare la realtà storico-sociale delle relazioni tra i sessi in tutta la sua complessità e articolazione.
La lettera protesta contro il blocco del programma contro le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere avviato dalla ministra Carrozza e che hanno provocato l’intervento del cardinale Bagnasco a nome della CEI. E afferma che è grave che interventi censori vengano messi in atto non in seguito a un dibattito culturale e scientifico, ma per effetto delle pressioni politico-ideologiche ispirate alle posizioni di alcuni esponenti del mondo cattolico.
Non ce n’è abbastanza per essere in tant* sabato 12 dalle 15 alle Colonne di San Lorenzo, luogo della movida povera milanese?