Il femminismo e la Chiesa

Wed, 20/06/2018 - 14:35
di
Veronica Gago*

Il femminismo (come movimento molteplice) mette definitivamente in scena la disputa sulla sovranità dei corpi. Ed è chiaro: dei corpi femminilizzati nei termini della loro gerarchia differenziata. Di quei corpi che sono stati storicamente dichiarati non sovrani. Condannati come non idonei a decidere da soli. Vale a dire: dei corpi tutelati.

Ma il femminismo parla di corpi e allo stesso tempo lotta per una spiritualità politica. E questa è politica proprio perché non separa il corpo dallo spirito, né la carne delle fantasie, né la pelle delle idee. Il femminismo (come movimento molteplice) ha una mistica. Lavora partendo dagli affetti e dalle passioni. Apre quel campo spinoso del desiderio, delle relazioni d'amore, degli sciami erotici, dei rituali e feste e dei desideri oltre i loro limiti consentiti. Il femminismo, a differenza di altre politiche che sono considerate di sinistra, non priva i corpi della loro indeterminatezza, della loro non-conoscenza, dei loro sogni incarnati, del loro potere oscuro. Ed è per questo che lavora sul piano plastico, fragile e allo stesso tempo toccante della spiritualità.

Il femminismo non crede che esista un oppio dei popoli: ritiene, al contrario, che la spiritualità sia una forza di rivolta. Che il gesto di ribellarsi sia inesplicabile e rappresenti allo stesso tempo l'unica razionalità che ci libera. E che ci libera senza renderci puri, eroici né buoni.

La Chiesa questo lo ha capito da sempre. Si può fare riferimento ancora una volta al classico Calibano e la Strega, di Silvia Federici, per ricordare il motivo per cui la caccia alle streghe, agli eretici e alle guaritrici sia stata lo sfondo perfetto per denigrare il sapere femminile sui corpi e terrorizzare la loro effervescenza curatrice e la forza tecnologica dell'amicizia tra donne. O ci si può riferire all’ancora più classico Witches, Midwives and Nurses. A History of Women Healers (Streghe, ostetriche e infermiere. Una storia delle donne guaritrici) di Barbara Ehrenreich e Deirdre Inglés, dove, ad esempio, si analizza il manuale per bruciare le streghe del XV secolo, che assicurava che "Niente fa più danni alla Chiesa cattolica che le ostetriche" (Malleus Malificarum), che ovviamente sono anche le abortiste.

Oggi vediamo nelle strade, nelle case, nei letti e nelle scuole, una battaglia per la spiritualità politica (che nel suo esprimersi in movimento di massa, colora tutto di verde, come inizio-speranza). E così, ancora una volta, la Chiesa cattolica, attraverso i suoi rappresentanti e portavoce uomini, sente di avere una missione da compiere, un compito di salvazione delle anime che si traduce in una guerra per il monopolio della tutela sui corpi delle donne.

Le parole che il prete "villero" (ndr Riferito alle villas, insediamenti simile alle favelas brasiliane) padre Pepe ha pronunciato al Congresso condensano tutti gli elementi per mappare la battaglia. Il suo intervento è stato lo stesso giorno in cui ha parlato anche la giovane Karen Torres, della Villa 21-24 e Zavaleta (dove Pepe ha lavorato per anni). Una coincidenza sintomatica, dal momento che la referente della villa ha detto esattamente ciò che smentisce gli argomenti della Chiesa. E lo ha detto a nome di molte donne per le quali la Chiesa finge di parlare. Karen ha sostenuto: "Nei nostri quartieri intervengono istituzioni come le chiese che hanno il compito di moralizzare i nostri corpi, le nostre decisioni e che operano in modo che le donne non abbiano accesso all'aborto legale. Senza diritti sui nostri corpi e sulle nostre vite, siamo condannate a continuare a essere vulnerate".

L'intervento del prete "villero" mostra due modi di disprezzare ciò che queste giovani che vivono nei villaggi ci stanno comunicando. Da un lato, dicendo che "il Fondo monetario internazionale è l'aborto" (titolo con il quale è circolato il suo discorso nei media), la Chiesa intende instaurare l’idea che l'autodeterminazione delle donne, il diritto di decidere del proprio corpo, è una questione neoliberista. Ignorano e distorcono tanto le lotte storiche per l’aborto quanto l’attuale movimento femminista, in cui tale rivendicazione è associata ad una rivendicazione di vita degna e contro le riforme neoliberiste, e nella sua complessità, sono stati fatti pañuelazos in molti quartieri e villaggi.

Nella loro pretesa di mostrarsi come gli unici anti-liberisti, i portavoce della Chiesa riferiscono questo argomento soprattutto alle "donne povere": che considerano che debbano essere particolarmente tutelate, alle quali tolgono la facoltà di decidere in nome della loro condizione sociale e che vedono come soggetti resistenti solo se sono madri. Così, in linea con il Vaticano anche sventola dirigenti come Juan Grabois (MTE), la trappola che tendono è "classista: cercano di tracciare una distinzione di classe che giustificherebbe il fatto che alle donne povere non resta altra possibilità che essere cattoliche e conservatrici, perché hanno la maternità come unica opzione. Così, abortire (cioè, decidere su desiderio, maternità e la propria vita) cerca di essere ridotto a un mezzo gesto eccentrico della classe medio-alta (che, naturalmente, può mettere in gioco risorse economiche differenti). L'argomento "classista", che ovviamente esiste in termini di possibilità differenziate per accedere ad un aborto sicuro, è così invertito: diventa una giustificazione per la clandestinità. Il diritto a decidere, per la Chiesa, deve rimanere così lontano dai quartieri popolari. Questa crociata per infantilizzare le donne "povere" è la punta di lancia, perché se viene disarmata, la Chiesa stessa rimarrà senza "fedeli". La cosa più brutale è il modo in cui, per sostenerlo, devono fare orecchie da mercante - disconoscere e negare - quello che dicono le donne dei villas e le organizzazioni che vi lavorano. Anche, e nonostante, esse insistano ovunque con lo slogan "smettete di parlare per noi".

L'argomentazione per la tutela paternalistica ha una svolta ulteriore: padre Pepe evoca le donne detenute-desaparecidas nell'ESMA (ndr la Escuela de Mecánica de la Armada, che ebbe la funzione di centro di detenzione e tortura clandestino durante la dittatura) per dire che loro, anche in questa situazione estrema, hanno scelto di partorire. Con questa immagine, non solo sta evitando di menzionare l'appropriazione dei/lle loro figli/e secondo cui sono stati considerati "bottino di guerra", ma sta anche ingannevolmente ricordando queste donne detenute e torturate solo in quanto madri abnegate. Non è un caso questo ricorso agli anni '70: proprio quando oggi, grazie al movimento femminista, si sta rileggendo la crudeltà delle torture sessuali sui corpi delle detenute-desaparecidas in relazione al disciplinamento che i genocidi volevano mettere in atto per "punirle" per essere militanti, per non essere rimaste nelle loro case, per aver sperimentato altri legami familiari e affettivi. Non è un caso che la scena ritorni agli anni '70 nello stesso momento in cui le ex-figlie di genitori genocidi stiano segnando una continuità tra il campo di concentramento e la scena della violenza domestica.

Ma cos'altro ci dice questa analogia tra l'ESMA e la villa? Che le villas sono i campi di concentramento di oggi? Che le donne dell'uno e dell'altro spazio non abbiano altra scelta che impegnarsi nella maternità a scapito della propria vita? È chiaro che la Chiesa, attraverso i suoi portavoce maschili, non vuole smettere di legiferare sul corpo delle donne e che trova nel movimento femminista una minaccia diretta al suo potere, costruito sul controllo di corpi e spiritualità femminilizzati. Perché è il controllo della vita e dei modi di vita (un'intera guerra si svolge proprio sulla parola "vita") ciò che è in gioco, per far sì che la spiritualità sia sinonimo di obbedienza e di rinnovate forme di tutela. Certamente, nel Congresso la Chiesa ha i suoi alleati: il testo del PJ (Partido Justicialista) che parla dell'aborto come sinonimo di "cultura dello scarto" ha lo stesso sfondo di associazione del femminismo con il liberalismo. Ma è proprio un femminismo anti-neoliberista che si è rafforzato negli ultimi anni e mette alla prova questo argomento fallace dell'istituzione ecclesiastica.

Le geometrie delle forze, tuttavia, si sviluppano per strada.

*Fonte articolo: https://www.pagina12.com.ar/121305-el-feminismo-y-la-iglesia
Traduzione a cura di Marta Autore.