Francia: “#MeToo nella vita reale”. Un hashtag che si fa movimento

Wed, 15/11/2017 - 16:31
di
Marie Moise

In Francia, ma in particolare a Parigi, un nuovo movimento femminista ha preso piede. Si chiama #MeToo perchè è proprio grazie alla forza dirompente di questo hashtag che migliaia di donne anche in Francia hanno trovato la forza di liberare i loro vissuti di violenza. Ma in breve tempo #MeToo è divenuta la parola d’ordine per costruire solidarietà materiale tra donne anche nella vita reale, arrivando a portare in piazza migliaia di persone in tutta la Francia il 29 ottobre scorso. Ancora una volta è un effetto domino che alimenta il movimento femminista a livello globale: se da una parte è la risposta internazionale al caso Weinstein ad aver attivato questa nuova spinta femminista in Francia, dall’altra la tenuta di Non Una Di Meno in Italia ha suggerito a questo movimento le parole d’ordine per andare avanti...
Ne abbiamo parlato con Mimosa, studentessa, attivista femminista e militante del Nouveau Parti Anticapitaliste, che partecipa al movimento #MeToo sin dalla sua nascita.

Come avuto inizio il movimento #MeToo?

All'origine del movimento ci sono sicuramente due fenomeni recenti ma le ragioni più profonde sono sicuramente radicate in una storia più lunga. Nelle due settimane precedenti la prima manifestazione pubblica del movimento #Metoo, due casi mediatici hanno catalizzato il dibattito pubblico francese. Il primo è il “caso Weinstein”, che in realtà ha una portata internazionale ma che in Francia ha avuto un’eco fortissima. Assieme al caso Weinstein è arrivata anche la campagna social #MeToo, l’hashtag con cui milioni di persone in tutto il mondo hanno denunciato pubblicamente di aver subito aggressioni, molestie o violenze sessuali. Il secondo è il “caso Inrockuptibles”, una rivista di musica rock molto conosciuta, che per il numero di ottobre ha scelto di mettere in copertina Bertrand Cantat.
Cantat è la voce dei Noir Désir, nel 2003 uccise a botte la sua compagna Marie Trintignan. Quella storia colpì un'intera generazione di donne. Oggi Cantat ha scontato la pena, e ha rimesso in piedi un gruppo, ma il fatto che una rivista musicale lo abbia messo in prima pagina, ha provocato un’ondata di indignazione, soprattutto sui social, dove ha cominciato a circolare l’hashtag #BalanceTonPorc (denuncia il tuo porco). Con questo secondo hashtag non soltanto è emerso un numero elevatissimo di persone che avevano subito violenza, ma hanno iniziato a venire fuori migliaia di testimonianze di quanto subìto.

Cosa ha fatto sì che questi casi mediatici portassero le persone ad incontrarsi dal vivo?

Grazie ai due hashtag, la parola delle donne si è liberata. Non senza pesanti polemiche e accuse di delazione. Ma nonostante questo migliaia di vissuti a lungo taciuti nella solitudine sono venuti allo scoperto e hanno dato la forza ad altre persone ancora che a lungo avevano taciuto, di dire a loro volta “è successo anche a me”. Dopo diversi giorni di dibattito sui social, è apparso su Facebook un evento, creato da una singola donna, una giornalista, che con il titolo di “#MeToo dans la vraie vie” (#MeToo nella vita reale) ha proposto un incontro dal vivo per il 29 ottobre, che riunisse tutte le persone che avevano preso la parola sui social in quei giorni. In brevissimo tempo, l’evento è andato ben al di là della cerchia dei contatti di questa giornalista: nel giro di 48 ore, 2.000 persone avevano già annunciato la propria partecipazione a questo incontro spontaneo.
In attesa del 29 ottobre, alcune di queste donne hanno sentito il bisogno di mettersi in connessione per organizzare l’evento, e lavorare per diffonderlo il più possibile. La cosa particolare è che la maggior parte di queste non avevano mai fatto militanza femminista prima d'ora. Quello che emerge da quest’esperienza è che un numero sempre più alto di persone si avvicina al femminismo con i social network e non tramite le classiche forme di attivismo. Si tratta di persone che hanno familiarità con concetti come “intersezionalità” o “cultura dello stupro”, ma non conoscono i circuiti militanti.
All'inizio abbiamo aperto un gruppo Facebook che si chiamava “organizzazione di #Metoo” e lì abbiamo cominciato a discutere dei materiali da preparare, delle parole d'ordine, ecc. La settimana successiva ci siamo incontrate anche dal vivo per distribuire i volantini e appendere le locandine che avevamo preparato. La cosa che mi ha colpito è che sin dal principio è stata posta la necessità di dotarsi di pratiche trasparenti, orizzontali e democratiche.

Avete anche definito degli obiettivi della mobilitazione di #MeToo nella vita reale?

No, nessun obiettivo. Tra le persone interessate a partecipare a questo evento c'era una specie di illusione che una giornata simbolica sarebbe stata sufficiente a ottenere il cambiamento. Liberare la parola era qualcosa di sentito come talmente potente da permettere una più ampia presa di coscienza e un processo di trasformazione immediato. Può sembrare ingenuo, ma il fatto che la liberazione della parola fosse diventato un fenomeno di massa ha dato a questa pratica un grande potere: ha “normalizzato” in un certo senso il fatto di esprimere la propria sofferenza e i propri vissuti di oppressione, e con questo si è normalizzata anche la necessità del cambiamento. E data la portata del fenomeno si è dato per scontato che il cambiamento fosse immediato. Insieme a questo però ciò che è diventato di dominio diffuso è la necessità di costruire un nuovo rapporto di forza per innescare dei cambiamenti.

Cosa è successo il 29 ottobre dunque?

Il 29 ottobre migliaia di donne, ma non solo, si sono ritrovate nelle piazze di tutte le principali città di Francia. La piazza più popolata è stata Place de la République a Parigi, dove eravamo circa 2.000. Per avere un’idea del risultato basti pensare che soltanto un mese prima, il 28 settembre, nella giornata internazionale per il diritto all’aborto, in piazza eravamo in 200.
Una partecipazione del genere per una mobilitazione femminista non si vedeva da anni.
Sulla piazza si sono svolte diverse attività in contemporanea: c'erano dei gruppi che lanciavano slogan e canzoni femministe, c'erano dei workshop pratici di autodifesa, dei gruppi di autocoscienza e altri di formazione e discussione teorica. Il clima ricordava molto quello di Nuit Debout.
Neanche in piazza abbiamo discusso di dare prospettive a questo movimento.
Da una parte giocava il clima di illusione, dall'altra una vera e propria contrarietà da parte dei soggetti del femminismo più tradizionale e istituzionale che hanno partecipato alla giornata ma senza sostenerla durante l’avvicinamento né nell’ipotesi di dargli prospettiva.
Queste infatti proprio nei giorni successivi hanno lanciato una petizione online con un elenco di richieste dirette al governo Macron in tema di molestie, senza rapportarsi in alcun modo con chi aveva riempito la piazza. E senza tener presente che in questi ultimi due anni il governo ha varato delle leggi che aggravano pesantemente la condizione delle donne, e non solo le petizioni non hanno funzionato, ma nemmeno mesi interi di scioperi generali.
La discussione sui social, però, è proseguita anche dopo il 29 ottobre. Sull’evento Facebook di #MeToo nella vita reale diverse persone sono andate avanti a scambiarsi opinioni,facendo emergere la necessità condivisa di dare prospettiva al movimento. Così, ancora una volta, tramite un confronto virtuale siamo arrivate a concretizzare un nuovo incontro dal vivo, questa volta sotto forma di un’assemblea generale alla Borsa del Lavoro di Parigi.
La volontà condivisa era quella di dotarsi di uno strumento democratico e orizzontale come quello di un’assemblea generale per prendere una decisione sul da farsi.
Il 5 novembre, in assemblea eravamo più di 100.

Chi ha partecipato a quest’assemblea?

Una parte delle presenti era parte di gruppi di attivismo femminista, ma in senso ampio, da realtà di associazionismo a collettivi radicali a organizzazioni politiche di sinistra.
Ma la maggioranza delle persone, in larga parte donne, ancora una volta, non erano militanti. Eppure hanno preso parola al microfono davanti all'assemblea di 100 persone! Insieme, abbiamo dato vita ad una discussione fondata su un forte sentimento di coesione, in un clima accogliente, dove ad ogni intervento seguiva tramite applausi il sostegno reciproco, la solidarietà femminista. Era da tantissimo tempo che non vedevo qualcosa del genere.
Ciò che è stato importante è che l'obiettivo di costruire coesione ha avuto la priorità sugli storici punti di disaccordo tra le correnti del femminismo francese, disaccordi che hanno frammentato il movimento da 15 anni a questa parte, su temi come la prostituzione o il velo islamico.
Da questa assemblea siamo uscite con la decisione di proseguire la prossima settimana con un lavoro per gruppi tematici sia di discussione che di azione programmatica, sotto forma di autocoscienza e di autoformazione. Abbiamo deciso anche di tornare in piazza il prossimo 25 novembre, in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Questa data in Francia è divenuta da tempo una ricorrenza rituale che da anni non vede la partecipazione di più di qualche centinaia di persone. La nostra idea è di renderci visibili con l’hashtag #MeToo. A questo, abbiamo deciso di accompagnare quello di #WeToogether. Alcune di noi seguono con grande interesse quello che sta succedendo in Italia con Non Una Di Meno, e abbiamo voluto simbolicamente legarci a questo movimento, sperando di riuscire a rilanciare anche qui un percorso il più ampio possibile.