Il governo francese barrica le università

Mon, 21/05/2018 - 10:45
di
Matt Myers (da Jacobin)*

La Francia è oggi scossa da uno dei movimenti studenteschi più grandi degli ultimi anni. Le proteste sono esplose in opposizione alle misure del governo Macron, volte a introdurre la selezione accademica per l'accesso universitario. Venticinque atenei sono stati occupati o bloccati in tutto il paese, e gli studenti si sono uniti ai lavoratori in sciopero nel settore dei trasporti, delle poste e di quello ospedaliero, tutti in aperto conflitto col governo. Ciononostante, mentre Macron sta portando avanti uno dei cambiamenti più radicali nel sistema di istruzione superiore francese, il movimento affronta difficoltà enormi nel bloccarne le riforme.

L'establishment francese ha imparato la lezione dalla controparte inglese e americana: trasformare il sistema educativo in un supermercato necessita di un percorso lungo, non di un'accelerazione. Il governo sta seguendo la stessa strategia delle autorità britanniche, approvando le riforme a poco a poco, rendendo così impossibile il ritorno indietro. Se il movimento studentesco francese non ferma questo processo il prima possibile, la direzione finale sarà il raggiungimento del modello inglese e americano, basato su tasse esorbitanti e debiti a lungo termine.

Eppure, se il metodo di Macron vuole introdurre la competizione, l'obiettivo reale è di cambiare l'anima stessa degli studenti. Iniettare le logiche del mercato nel sistema di istruzione significa neutralizzare un'opposizione chiave: un corpo studentesco cosciente dei propri diritti. Più che in altri paesi, l'establishment francese teme che il movimento studentesco possa cristallizzare uno scontento sociale ben più ampio.

Non solo il ricordo del 1968, ma anche del vincente movimento studentesco del 1986 contro il numero chiuso all'università, incombe sui piani dei politicanti francesi. Quell'anno, centinaia di migliaia di studenti bloccarono la proposta di legge di Jacques Chirac che introduceva la selezione, contribuendo alla sua sconfitta contro François Mitterrand nelle elezioni presidenziali del 1988. Più dei propri simili all'estero, gli studenti francesi si considerano una forza potente.
Tuttavia Macron ha fatto molto per dividere l'opposizione studentesca ed isolare gli atenei più militanti. Ci è riuscito lasciando da parte, per il momento, la questione delle tasse e giocando sulla lamentela popolare relativa allo stato disastroso dell'educazione superiore pubblica – ampiamente dovuto alla mancanza di investimenti e a un sistema di iscrizione eccedente.

Allo stesso tempo, ha cercato di incolpare il movimento additando una minoranza di “agitatori professionali”. Ed ha avvisato gli studenti che se avessero rinunciato allo studio e agli esami per manifestare, non ci sarebbe stato alcun esame facile, “ricoperto di cioccolato”, alla fine dell'anno accademico. L'audacia del presidente francese riflette non solo l'eccessiva sicurezza, ma una strategia calcolata.

Le riforme

La nuova riforma – nota come “legge ORE” (Orientation Réussite Étudiants) o “Piano Studentesco” – riscrive una parte cruciale del Codice Educativo Francese. Introdotto negli anni '60 come strumento di democraticizzazione dell'accesso all'educazione, il Codice specifica che chiunque possegga un diploma (di scuola secondaria superiore) è “libero di iscriversi al sistema universitario secondo propria scelta”.
Durante le elezioni presidenziali dello scorso anno, Emmanuel Macron ha messo in discussione questo principio. Ha spiegato come un qualunque nuovo governo avrebbe dovuto aggiustare un sistema mal funzionante di troppi iscritti e di università sovraffollate, una lotteria ingiusta di posti e un numero crescente di studenti rinunciatari. Lo strumento principale di questo cambiamento dovrebbe essere la garanzia per le università di avere un potere autonomo per la selezione degli studenti. “Smetteremo di far credere a tutti che l'università sia la soluzione giusta per tutti”, ha promesso Macron.

Una delle voci critiche, solitarie, nel Parlamento francese, il leader di France Insoumise Jean-Luc Mélenchon, ha duramente criticato la proposta del sistema a numero chiuso. Fissare un tetto massimo al numero di iscritti comporterà, spiega, l'esclusione degli studenti provenienti dai contesti più poveri e svantaggiati. La riforma mira a creare un competitivo “canale di eccellenza”: organismi esterni (incluse le società private) dovranno creare i propri master e programmi di dottorato su misura, che rispecchino le esigenze del “mercato”. La nuova legge, scrive Mélenchon, permetterà agli interessi privati di “barricare l'accesso all'università”, anche se gli studenti non lo faranno da soli.

Le riforme generalizzeranno un sistema selettivo che già esiste, da molto tempo, nel sistema educativo francese d'élite. Dei venticinque ministri della pubblica istruzione francese dal 1958 al 2016, solo 10 sono laureati presso un'università invece che presso una Grande École – luogo di formazione elitaria e fortemente selettiva del sistema educativo superiore. Il passato accademico dei presidenti francesi offre una fotografia simile. La novità nella riforma di Macron è che il sistema di competizione individualizzata con cui l'establishment francese si schiera, seleziona e si riproduce sarà oggi esteso a tutti gli studenti.

Però, nelle scorse settimane, anche nella prestigiosa facoltà di Rue d’Ulm dell'École Normale Supérieur – un delle grandes écoles più prestigiose – è stata occupata per protesta contro il piano di riforme, provocando una reazione d’orrore del Primo Ministro Édouard Philippe. Questa è, infatti, una delle facoltà contrassegnata da un alto livello di radicalizzazione, essendo stata negli anni la casa di Louis Althusser, Michel Foucault e Jean-Paul Sartre.

Pur essendo strettamente legate alla visione guidata dal mercato di trasformazione della Francia, le riforme si legano anche alle politiche sull'immigrazione. Le rigide condizioni di accesso alle università francesi e il monitoraggio della valutazione e della frequenza, renderanno più semplice l'espulsione dal paese degli studenti internazionali, laddove le autorità lo riterranno opportuno. Per rinnovare il permesso di residenza ogni anno accademico, gli studenti internazionali dovranno fornire i propri risultati accademici, una lettera di motivazioni e mostrare di possedere delle risorse economiche (un conto in banca con più di 1,845 euro).
Se le autorità riterranno gli studenti carenti di motivazione, il loro lavoro “inconsistente” o i loro risultati accademici fallimentari, gli studenti stranieri potranno perdere il diritto di rimanere in Francia. Incoraggiando le università a diventare tutt'uno con gli interessi privati, con il potere di selezionare e di respingere gli studenti internazionali, si cerca di far diventare il sistema universitario un nuovo fronte di lotta all'immigrazione. Da un luogo di apprendimento, le università diventeranno una macchina di selezione, con un ruolo poliziesco che le renderà in grado di poter espellere gli studenti senza i documenti giusti.

Un movimento in stallo

Quando la proposta di legge è passata in Parlamento, lo scorso inverno, il movimento di opposizione è stato lento a mobilitarsi. Da gennaio, le assemblee generali studentesche – i luoghi principali dell'autorganizzazione del movimento – sono state spesso caratterizzate da una partecipazione debole. Le manifestazioni chiamate dal Coordinamento Nazionale per l'Educazione (CNE), il 1, il 6 e il 15 febbraio sono state partecipate da non più di 20mila studenti in tutta la Francia. Al momento della deadline del 13 marzo, in cui gli studenti erano chiamati ad inserire la loro scelta nella nuova piattaforma online creata dal governo per regolamentare le ammissioni (“Parcoursup”), il movimento non aveva ancora raggiunto alcuna forza di trazione.

In seguito alle proteste di massa dei sindacati e degli studenti del 22 marzo, le assemblee generali in tutta la Francia hanno visto i numeri iniziare a salire. Quando ci sono stati degli interventi dall'esterno – sia da parte di gruppi di estrema destra che da parte della polizia, come nel caso di Montpellier e di Paris Nanterre – i livelli di partecipazione sono saliti alle stelle.

A fine aprile, 25 facoltà universitarie sono state occupate o la didattica ne è stata bloccata, e manifestazioni enormi di studenti e lavoratori uniti hanno avuto luogo nei principali giorni di sciopero dei ferrotranvieri. Ma tali azioni si sono date in una minoranza degli ottantacinque istituti di istruzione superiore della Francia.
In modo deludente per il movimento, i suoi numeri non sono notevolmente più alti delle precedenti mobilitazioni. Nelle forti proteste del 2006 contro le riforme della CPE, che cercavano di rendere i contratti di lavoro dei giovani più precari, più di 50 università sono state occupate e bloccate; nel movimento del 1986 erano più di 60.

Il movimento di oggi infatti arriva dopo un lungo periodo di declino della militanza dei sindacati studenteschi francesi (specialmente dell'UNEF) e dopo una serie di battaglie fallimentari – specialmente la sconfitta del movimento del 2007 contro la legge per l'autonomia universitaria. Data la carenza di una mobilitazione generalizzata dell'intero corpo studentesco, il movimento non è stato in grado di rendere la situazione politicamente insostenibile per il governo, così com'era stato nel 1986, nel 1994 o nel 2006, quando i giovani in rivolta avevano costretto il governo a fare marcia indietro.

Lo sgombero brutale della polizia della roccaforte del movimento nella facoltà di Tolbiac di Paris 1 (Panthéon-Sorbonne) e della facoltà di Censier di Paris 3 (Sorbonne-Nouvelle) ha tolto energia al movimento. Prima di chiamare la celere per sgomberare la facoltà occupata di Tolbiac, il presidente della Sorbona Georges Haddad ha accusato gli studenti di occupare per favorire la “violenza, le droghe, il sesso e... la prostituzione”. Schierando abilmente la repressione mirata, combinata con dichiarazioni finalizzate a dividere l'opposizione, il governo Macron sente di poter sopravvivere al movimento senza la paura di conseguenze politiche serie.

Dove sono i liceali?

Un problema ulteriore risiede nella relativa assenza degli studenti medi (liceali). Diversamente dagli studenti universitari, che non saranno direttamente colpiti dalle riforme, i liceali sono stati assenti dalle manifestazioni in modo evidente, così come dalle occupazioni e dai blocchi, mentre il nuovo sistema di ammissione online messo in piedi dal governo non è stato boicottato. Storicamente, la partecipazione di massa degli studenti medi è stata un fattore determinante nel successo o nel fallimento dei movimenti studenteschi. I liceali erano il cuore delle mobilitazioni ribelli del 1986. Durante la manifestazione chiave del 4 dicembre di quell'anno, più della metà degli 800mila in marcia per tutta la Francia erano studenti medi. Simili livelli di partecipazione sono stati la chiave del successo del movimento del 2008, dove si sono mobilitati in 150mila contro le riforme promosse dal Ministro dell'Educazione Xavier Darcos. Al termine dell'anno accademico corrente e con più di 660mila liceali che hanno iniziato ad utilizzare il nuovo sistema di selezione online, il movimento si trova ad affrontare una congiuntura critica.

Le risposte degli studenti di un liceo di Rennes ad uno studio recente sulle attitudini studentesche, indicano le ragioni possibili per la loro smobilitazione. Alcuni spiegano che accettando di buon grado la fine della “lotteria” per i posti all'università. Altri si lamentano per la mancanza di informazioni sulla riforma, ed esprimono la preferenza di voler studiare per gli esami invece che rischiare la minaccia della violenza poliziesca nel confrontarsi con un governo intransigente.
Come in ogni paese, quando lo stato permette agli standard delle università pubbliche di cadere e le possibilità di successo sembrano sempre più esigue dopo anni di sconfitte, si verifica una forte spinta verso la ricerca dei successi individuali invece che delle soluzioni collettive. Macron mostra di aver imparato dagli errori dei suoi predecessori. Introducendo una riforma molto difficile da cambiare, e difficile da capire, disegnata ambiguamente per apparire egualitaria, ha avuto successo nello smobilitare i potenziali contestatori. E lo ha fatto dopo una decade in cui il movimento studentesco ha combattuto battaglie sempre perse.

Un fronte comune

Il successo del movimento studentesco francese non sarà deciso entro i confini del solo sistema educativo. Da quando il governo ha annunciato la ristrutturazione del sistema dell'SNCF – la compagnia di trasporti nazionale francese – l'appello alla “convergenza delle lotte” tra tutti i settori in lotta contro “lo stesso nemico” è divenuta un luogo comune. Gli studenti hanno partecipato ad assemblee generali “interprofessionali” nelle stazioni ferroviarie di Parigi. L'organizzazione di pranzi sociali nelle università occupate ha reso possibile la raccolta di migliaia di euro per i fondi a sostegno dello sciopero. Gli studenti hanno persino guidato una delegazione di 2000 persone in solidarietà alla manifestazione dei ferrotranvieri in sciopero. Tuttavia, mentre la lotta studentesca così isolata mostra segni di debolezza, quando è combinata con la militanza in corso in altri settori economici chiave, come le ferrovie, la posta e il servizio sanitario, appare come un fattore forse cruciale nella determinazione di un fronte comune di lotta.

Data la diffusa resistenza alle politiche del suo governo, sia all'interno che all'esterno del Parlamento, è tutt'altro che scontato che il presidente francese sia in grado di raggiungere il suo ambizioso programma. Dal blocco dell'università di Paris-Nanterre allo sciopero dei ferrotranvieri della stazione di Saint-Lazare agli occupanti dell'ex aeroporto di Notre-Dame-des-Landes, il fatto che tutti questi settori siano in lotta contro Macron sta diventando sempre più interdipendente: la sconfitta di uno potrebbe avere implicazioni enormi per gli altri. Di fronte ad un governo intransigente e pronto ad utilizzare la repressione a livelli estremi, la convergenza delle lotte non è solo uno slogan – è l'unica speranza per il successo.

La Francia si trova di fronte ad un bivio. La recente, ossequiosa performance del presidente a Washington indica chiaramente la direzione che sta prendendo, se i suoi oppositori non riusciranno a farne deragliare il progetto. Dalle ferrovie alle università, il neoliberalismo anglosassone in salsa francese è all'ordine del giorno. Come la Francia segna l'anniversario del maggio del '68, lavoratori e studenti di tutto il paese sperano che il piano di cioccolato fuso di Macron non sopravviva alla lunga, calda estate.

Fonte articolo: https://www.jacobinmag.com/2018/05/university-reform-emmanuel-macron-str...
Traduzione a cura di Federica Maiucci.