Università della Calabria: perchè non ci sono corsi che parlano del ciclo dei rifiuti?

Wed, 02/07/2014 - 10:13
di
Alessia Manzi

All'università della Calabria si parla del ruolo svolto dalla formazione nello sviluppo territoriale, chiedendosi perchè non ci siano corsi che trattino del ciclo rifiuti. Intanto, l'università apre al dialogo con gli studenti per i nuovi piani di studio.

Il 28 maggio scorso a Cosenza, presso la facoltà di Ingegneria dell'Università della Calabria, si è tenuto l'incontro “Formazione Unical: quale futuro per il nostro territorio?” organizzato dal collettivo P2OCCUPATA, Cubo Risonante e dall'associazione Ingegneria Senza Frontiere.

Formazione e Territorio, termini chiave di questa interessante iniziativa in cui studenti e studentesse si sono interrogati su come, didattica e ricerca, possano intersecarsi con i bisogni del territorio, dove i “dottori di domani” si troveranno a svolgere il proprio lavoro e ad accogliere le esigenze della popolazione.

Il duro attacco sferrato a suon di provvedimenti e riforme dai governi dell'austerity al mondo della formazione infatti, in poco meno di vent'anni è stato capace di rendere l'università un luogo sempre più sordo alle richieste del soggetto studentesco ed ampiamente disposto, invece, ad accogliere le pretese imposte dalla linea politica dettata dai “piani alti”, dei privati e dei “baroni” che hanno riempito i cda dei nostri atenei, svuotandoli della rappresentanza studentesca.
Dopo la distruttiva Riforma Gelmini (e dei vari decreti che ne sono seguiti, come quelli dei ministri Profumo e Carrozza) i ritmi dell'università hanno aderito al “modello aziendale”; misurando saperi e virtuosità dei nostri atenei attraverso parole d'ordine ormai ripetute come un mantra: merito, valutazione, competitività in base a cui un ateneo o uno studente sono considerati “eccellenti”.
Parametri applicati verticalmente dall'ANVUR (Agenzia Nazionale per la Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca), organo composto da cinque persone che stabiliscono l'orientamento che l'istruzione universitaria deve seguire, senza lasciarle autonomia decisionale ed imponendo le proprie preferenze anche sui programmi e sulla didattica dei singoli atenei.

Tra tagli ai finanziamenti per università pubblica e ricerca, ridotte ad uno stato malconcio (mancano aule, biblioteche, borse di studio, posti alloggio, borse di collaborazione), e blocco del turn over
con cui è viene assunto solo il 30% di nuovi docenti rispetto ai professori andati in pensione, quali scuse migliori si potevano trovare per giustificare il dimezzamento dei corsi di laurea ed il ridimensionamento delle materie presenti nell'offerta didattica annuale?
Quale metodo migliore per introdurre nell'insegnamento determinate scelte con cui politicizzare la formazione?

Un'istruzione universitaria dunque, che poi ha delle ricadute anche sul territorio in cui si colloca ma per cui non riesce ad essere di supporto in una crescita invece necessaria: non basta solo un sapere tecnicistico per essere bravi “operatori” del futuro, ma è doveroso ottenere una formazione che vada oltre i limiti nozionistici impartiti da piani di studio sottratti alla scelta degli studenti, spaziando in ambito politico e sociale per un sapere che sia critico e il quanto più a tutto tondo possibile.
Un salto in avanti che si presenta come essenziale per la Unical, dove non esiste un corso che parli di ciclo di rifiuti e di una gestione per il loro smaltimento che sia alternativa rispetto alle solite soluzioni che da decenni ci illustrano, senza che però diano mai i fruttuosi risultati sperati; il quale invece sarebbe utile visto che la Calabria da qui a qualche settimana, con l'arrivo dell'estate e dei turisti, che triplicheranno il numero di abitanti, si ritroverà a vivere l'ennesima fase “emergenza rifiuti”, a nemmeno tre mesi di distanza dall'ultima.

Grazie all'intervento del dott. Ferdinando Laghi, vice direttore Medici per l'Ambiente, alll'ing. Stasi responsabile regionale per il COMITATO RIFIUTI ZERO, al prof. Tomatis e al pro-rettore prof. Filice è stato possibile avviare un vivace dibattito che non ha visto solo la partecipazione della componente studentesca, ma anche della cittadinanza e di comitati che ogni giorno lottano per il rispetto dell'ambiente e che hanno accolto l'invito, ovviamente rivolto ad estendere il ragionamento oltre i muri del campus.

Dopo una breve introduzione degli organizzatori che con chiarezza hanno spiegato il nesso logico tra formazione e territorio, il qualificato intervento del dott. Laghi ha denunciato la drammatica situazione ambientale in cui versa la Regione Calabria, per la questione rifiuti commissariata dal 1997. Diciassette lunghi anni in cui sono stati sprecati circa 3 miliardi di euro giocando a risolvere la “questione rifiuti”, invece andata via via peggiorando.
Normative in materia ambientale e sullo smaltimento dei rifiuti mai applicate in Calabria; e mentre le direttive 2008/98/CE elencavano le modalità di smaltimento dei rifiuti ((prevenzione, preparazione per il riutilizzo, riciclaggio, recupero per altro tipo di energia, smaltimento in discarica) e la legge vietava l'eliminazione di materiale putrefatto in discarica, il Commissario emanava una proroga alla norma ed autorizzava la costruzione di ulteriori discariche e inceneritori (fin troppo “abbondanti” per un'area con una bassa densità abitativa, 132 ab/km quadrato) per favorire i profitti di una politica collusa attenta agli interessi della 'Ndrangheta e mai a quelli della popolazione.
Centrali a biomasse, siti per lo smaltimento dei rifiuti costruite abusivamente senza che i terreni su cui vengono illecitamente depositati materiali pericolosi e altamente tossici siano impermeabilizzati; permettendo così alle sostanze putrescibili di essere assorbite dalle falde acquifere e dai terreni vicini, molte volte coltivati.

Uno scempio che si sta consumando ormai da decenni, quasi nel silenzio se non fosse per i comitati, le associazioni ambientali e cittadini coscienziosi che provano in ogni modo a contrastare questo triste fenomeno proponendo una gestione alternativa dei rifiuti che le amministrazioni locali sembrino ignorare.

Alla questione ambientale, poi, è strettamente correlata anche la sanità. L'inquinamento grava per il 90% sulla salute dei cittadini e sulla loro tranquillità: basta pensare al passaggio degli autoveicoli diretti alle discariche e a quanti disagi e danni creano, disturbando la quiete notturna e rilasciando percolato, polveri e smog.
Fissare limiti di soglia alla tossicità di vari elementi spesso non serve a niente, poiché sono margini misurati su un campione medio della popolazione adulta, tralasciando anziani e bambini, e non a caso – spiega il dott. Laghi - il 20 % della popolazione europea soffre di allergie e malattie dell'apparato respiratorio, oltre alle neoplasie. Patologie strettamente correlate all'avvelenamento dell'ambiente, e che peggiorano le condizioni di vita specie se, in zone come la Calabria, dove gli ospedali sono stati chiusi e il servizio sanitario è molto carente, curarsi diventa una scommessa.

Di come la Regione abbia inutilmente sprecato diversi miliardi di euro in quindici anni di commissariamento per un'emergenza rifiuti che si ripercuote anche sulla sanità e sul turismo, creando un grosso danno all'immagine di un'area che fonda la propria economia sull'attività turistica ha continuato a parlare l'ing. Flavio Stasi, responsabile regionale per il Comitato Rifiuti Zero; sottolineando più volte lo stretto nesso tra potere politico e associazione mafiosa.
In Calabria, infatti, non esiste alcuna direttiva volta a favorire un ciclo di rifiuti virtuoso mentre invece diversi sono gli appalti (quando ci sono, e non si tratta di discariche abusive) per la costruzione di discariche e, come ciliegina sulla torta, per ovviare al problema spazzatura, l'assessore all'ambiente Francesco Pugliano, ha previsto un bando per portare i rifiuti all'estero.

Come ti aumento i costi della Tarsu e continuo a dissanguare ancora di più i contribuenti calabresi, continuando a favorire interessi di speculatori e politicanti.

Sorgono quindi spontanee alcune domande: come può essere che, in una regione con una così bassa densità abitativa, non sia possibile attuare la raccolta differenziata spinta porta a porta?
Come, nella realtà accademica, si può continuare ad ignorare uno dei più gravi problemi calabresi non parlando della questione ambientale in termini differenti dalle solite soluzioni proposte, ossia inceneritori e discariche?

Eppure, basta pensare che in regioni come la Toscana, la raccolta differenziata ha permesso una diminuzione dei costi della Tarsu del 55% e ha favorito l'occupazione.
E Calabria cosa accade, invece? A distanza di pochi mesi si rischia di rivedere le strade invase dai sacchi della spazzatura, a pagare dei tributi altissimi senza ottenere alcun servizio, a favorire la crescita dei profitti di pochi.

Ciononostante da Saracena, un piccolo paese immerso nel versante calabrese del Parco Nazionale del Pollino, arriva un grande esempio di come può esistere un'alternativa alla raccolta dei rifiuti partendo da due semplici presupposti: gestione diretta dei rifiuti, raccolta differenziata senza lasciarla in mano ai privati, ma allo stesso Comune in modo da creare anche occupazione assumendo più persone per differenziare gli elementi per tipologia (plastica con plastica, lattine con lattine, permettendo di riciclare ed ottenere materiale di prima qualità), come ha affermato lo stesso primo cittadino saracenario Mario Albino Gagliardi; che proprio durante lo scorso fine settimana è stato promotore del raduno che ha raccolto numerosi comitati e associazioni calabresi in lotta per la difesa dall'ambiente. Dopo decine di assemblee, tenutesi in diversi comuni della Calabria, nel nome di una diversa gestione dei rifiuti, pubblica e partecipata; finalmente si apre il percorso per costituire un'azienda consortile di diritto pubblico per la raccolta differenziata. Un progetto, dunque, che vuole contrastare il pullulare di discariche e inceneritori, disseminati qua e la su tutto il territorio regionale; approfittando anche della crisi regionale e dell'ultimo suo provvedimento, secondo cui l'immondizia calabrese dovrebbe essere esportata in Campania.

Un dibattito in cui più volte si è ribadito come è determinante prendere coscienza della situazione per generare una responsabilità sociale indispensabile; e di quanto certi interessi, distanti dalle vere necessità della popolazione, debbano essere isolati a partire dall'università, vero centro culturale di questa società.
E sulla scia di quest'ultimo sprono si è lasciato andare anche il prof. Scarcello, delegato alla didattica, che ha dimostrato un'apertura al dialogo e al confronto tra studenti e classe accademica, proprio sui piani formativi; poiché simili momenti e iniziative di questo tipo non possono che apportare benefici alla comunità universitaria e all'intero territorio.

Un bel passo avanti ed una soddisfacente prima vittoria per gli studenti e le studentesse, che dall'assemblea di ateneo dello scorso dicembre hanno continuato a proporre un cambiamento finchè non sono stati ascoltati.
La controprova che credere di ripartire dal basso, dai bisogni avvertiti può portare all'ottenimento di risultati reali: certo, tenendo conto che la strada da percorrere è ancora lunga e la partita da giocare, oramai aperta, verrà vinta solo con la partecipazione dell'intera componente studentesca ed evitando la passerella elettorale di turno.