Riviera dei Cedri, estate ai rifiuti da dimenticare

Mon, 29/09/2014 - 11:53
di
Alessia Manzi

Mentre a Scalea e lungo tutto il litorale cosentino l'emergenza rifiuti è finalmente uscita di scena, in Regione si continua a non voler dare una risposta concreta al problema rifiuti.

Sulla Riviera dei Cedri si è ormai conclusa la stagione estiva.
Arrivederci estate, stagione su cui gli operatori turistici avevano puntato le proprie speranze economiche ma che invece, oltre ad essere stata l'ennesima prova della stritolante crisi economica calata sull'Italia come un'ombra da almeno sette anni, è finita portando via con sé anche la solita emergenza rifiuti.
L'ennesima “trash invasion” abbattutasi come un tornado anche durante questo trimestre estivo sul litorale cosentino, non ha fatto altro che peggiorare le criticità già avvertite per le avverse condizioni meteorologiche del mese di luglio e la bassa presenza di turisti mettendo a dura prova la popolazione locale, colpita per ben due volte dal “dramma dei rifiuti”.
Cumuli di scarti lungo il Fondo Valle Noce e la Statale 18, mucchi di pattume dati alle fiamme, sacchi di spazzatura abbandonati incivilmente e cassonetti per la raccolta dei rifiuti stracolmi non sono stati un bel biglietto da visita per chi ha deciso di trascorrere le proprie ferie in questo piccolo scorcio di Calabria; sebbene una fetta di villeggianti, purtroppo, non rispettando le regole della raccolta differenziata laddove presente, non ha di certo facilitato l'operato di chi, tra abitanti del luogo e lavoratori, si è sforzato fino all'ultimo per mantenere il decoro del proprio paese.

Tortora, San Nicola Arcella, Diamante hanno risposto attrezzandosi alla meno peggio al colpo sferrato dalla seconda emergenza rifiuti dall'inizio del 2014, rispondendo al “grattacapo spazzatura” con isole ecologiche riempite fino all'orlo e container a mo' di pattumiera.
Il prezzo più caro, però, è stato pagato dalla città di Scalea; comune in cui non pochi sono stati i disagi registrati da turisti e residenti. Le vie centro tirrenico popolato da 10 mila persone durante i restanti mesi dell'anno, ma che nel periodo estivo raggiunge le 30 mila persone, è stato sommerso dai sacchi della spazzatura molte volte abbandonati in modo selvaggio ai bordi delle strade e nelle periferie.
Tanti gli sforzi dei dipendenti della società Falzarano, ditta incaricata per lo smaltimento dei rifiuti dopo la caduta della giunta comunale prosciolta per infiltrazioni mafiose ed ora sostituita da tre commissari.
Doppi turni, camion bloccati all'entrata in discarica perchè quantità maggiori rispetto a quelle concordate da poter smaltire (senza tenere conto dell'innalzamento della densità abitativa), lettere di licenziamento sempre dietro l'angolo, proteste perchè senza stipendio da almeno quattro mesi e costretti a lavorare su camion non ripuliti. Questo lo stato in cui si sono ritrovati a svolgere la propria mansione gli operatori ecologici, impegnati a limitare i danni all'immagine della cittadina ed a garantire quella soglia di “normale vivibilità” scongiurando, così, anche un eventuale peggioramento delle condizioni igienico-sanitarie. Solo dalla seconda metà del mese di agosto, dopo il contro-esodo, la città è lentamente tornata a respirare ed alla Falzarano è stato prorogato il contratto di appalto per altri quattro mesi (tempo in cui si spera di pubblicare un bando di gara per la gestione rifiuti), mentre i suoi dipendenti hanno cominciato a ricevere il salario del mese di luglio. Fortunatamente si è quindi scongiurato l'intervento dell'esercito, invocato dal circolo Pd di Scalea per far fronte al “nemico spazzatura”. Soldati pronti a combattere i cassonetti straboccanti avrebbero mai risolto qualcosa? Certamente no. Non è di certo la militarizzazione di un comune a riportare l'ordine nel ciclo dei rifiuti.

Ma perchè in Calabria, con una densità demografica di appena due milioni di abitanti e con un territorio su cui sarebbe facile effettuare la raccolta differenziata, l'emergenza rifiuti è una costante ricorrente?
E' davvero bastato bloccare l'impianto di Rende gestito dalla Calabra Maceri srl, o chiudere temporaneamente la discarica di Celico, avvenuta su volere della ditta MIGA per i mancati pagamenti da parte della Regione Calabria (o forse perchè gli attivisti sono riusciti a bloccare l'accesso ad autotreni e autocarri?), a mandare in tilt l'intero sistema rifiuti regionale?

Le ragioni vanno ricercate nei forti interessi lobbistici intrecciati agli affari della 'Ndrangheta, che in questo periodo hanno trovato il modo più facile per continuare a fare profitti: lo smaltimento dei rifiuti mediante discariche e inceneritori che nell'arco di un ventennio hanno consumato due miliardi di denaro pubblico senza investire sulla raccolta differenziata, ma premiando i soliti noti e le aziende private colluse con le 'Ndrine e a discapito delle realtà più virtuose.
La doppia emergenza rifiuti, scoppiata dopo nemmeno cinque mesi dalla prima, è la palese dimostrazione di quanto siano stati inutili circa vent'anni di commissariamento ambientale e come, ancora peggio, l'attuale assessore all'ambienteFrancesco Pugliano, con il beneplacito delle forze politiche di maggioranza calabresi, prosegua nell'inettitudine più totale e sia capace di trovare solo rimedi tamponi.
E tra le finte soluzioni decantate dalla giunta regionale, insieme alle proposte di esportare i rifiuti calabresi all'estero (senza badare di quanto si alzerebbero i costi per ogni contribuente calabrese), costruire inceneritori e lasciare nelle mani del privato sciacallo di turno le discariche, torna in auge l'uso dell'impianto di smaltimento di Celico, alle falde del Parco della Sila che dovrebbe diventare la discarica dell'intera Calabria. E' qui che sarà smaltito l'indifferenziato calabrese anche se, grazie alle molte battaglie del Comitato Ambientale Presilano, tra cui l'ultima di Agosto, molto partecipata a Rovito, con cui si è riuscito a chiudere l'accesso ai mezzi che superano un certo tonnellaggio. Oltre all'ordinanza comunale che nega l'accesso in discarica per alcuni automezzi, il consiglio ha deliberato il veto per la costruzione di ulteriori discariche , centrali a biomasse e pale eoliche ed ha posto regole per il fotovoltaico. Un freno necessario per la tutela di un territorio di notevole pregio paesaggistico ed ambientale.

Ma le sorprese non finiscono qui.

La Corte di Giustizia Europea, con sede a Bruxelles, la scorsa settimana ha portato a conoscenza l'Italia che la procedura di infrazione avviata circa dieci anni fa ha rilevato ben 422 siti di smaltimento illegali in tutta la Penisola. Le discariche di Altamura-Matera Sgarrone e di Reggio Calabria-Malderiti, viste le gravi irregolarità, saranno probabilmente sanzionate dall'UE e costeranno al Bel Paese una multa da 158mila euro al giorno più una forfettaria da 60mila.
Al “premio peggiore discarica”, vinto pure dalla Calabria, si aggiungono le altre salatissime sanzioni sbandierate dall'assessore Pugliano contro le amministrazioni comunali poco virtuose e colpevoli di essere state tra le cause del fallimento delle politiche sui rifiuti regionali, poiché cattive pagatrici. Solo Diamante, per esempio, dovrà versare ben 921.639, 00 euro nelle casse della Regione. Cifre da capogiro che manderanno in deficit i comuni, gravando come un macigno sui contribuenti già fortemente vessati da tasse e tributi sempre più costosi.
Il gioco della patata bollente. La Regione e le ditte appaltatrici si rimbalzano la palla delle responsabilità, mentre l'intero territorio calabrese è continuamente assoggettato alla devastazione. Sostanze tossiche e rifiuti altamente nocivi interrati in ogni punto delle coste e dell'entroterra, diventando origine dei tumori di cui molte persone si ammalano e muoiono ogni giorno ed elemento strettamente correlato alla criminale gestione del ciclo dei rifiuti.
Una regione, la Calabria, dove è forte la volontà del politicante di turno a restare lontano dalle istanze della popolazione ed a proseguire, invece, in una direzione distante dalla strada indicata dalla Strategia Rifiuti Zero.

Storia di una Calabria pronta a mettersi a lucido solo se giunge Renzi dunque, approdato proprio nel mese di marzo a Scalea in veste di “salvatore” della terra calabrese. Peccato non abbia scelto l'Alto Tirreno Cosentino anche per le vacanze estive. Forse è un territorio meno attraente se non bisogna elencare solo promesse.. Ma pur sempre pronto a non farsi schiacciare dal peso di quell'1% rinchiuso tra palazzi e malaffare.