Il luglio dell'Alto Tirreno cosentino

Sat, 26/07/2014 - 12:22
di
Alessia Manzi

Puntualmente, come ogni anno, il litorale tirrenico cosentino si trova a fare i conti con i risultati della mala gestione degli impianti di depurazione. Questa volta, però, grazie all'impegno della cittadinanza e degli ambientalisti si è deciso di dire basta: tra controlli intensificati e denunce da parte degli attivisti, c'è chi vuole trovare una soluzione definitiva.

Estate 2014. Sulle spiagge dell'Alto Tirreno Cosentino si attende l'arrivo dei turisti, ma rispetto alle stagioni estive passate qualcosa è cambiato. Anzi, peggiorato.
Tra la crisi che morde, costringendo molte persone a restare nelle proprie città o a dimezzare i giorni di ferie, e le condizioni metereologiche che hanno colorato di tinte settembrine questo mese di luglio, come cornice di un dipinto uscito male troviamo anche un Mar Tirreno che non scoppia di buona salute.
Da almeno un decennio il fenomeno di "maladepurazione" accompagna il periodo estivo, mentre nel corso degli anni, nel vano tentativo di trovare un rimedio, diversi sono stati gli impianti di depurazione sottoposti a sequestro.
Uno spettacolo che va tristemente in onda ogni anno dunque, tra un mare a macchia di leopardo, schiuma e rifiuti vari trascinati a riva dalla corrente marina; mentre bagnanti e popolazione locale si uniscono nel coro di lamentele rivolto alle istituzioni. Alle denunce esposte, però, le ammistrazioni locali fingono "orecchie da mercanti" , piuttosto che assumersi le proprie responsabilità per tutelare l'ambiente e la più grande fonte economica per un'intera costa, ossia il turismo, preferiscono rimbalzare la palla della neglicenza da un soggetto ad un altro.

A rompere l'omertoso silenzio di enti disposti ad ascoltare solo gli interessi dei "forti", restando sempre più distanti dalle reali necessità del territorio, ci pensano i cittadini e le cittadine che, per proteggere dagli scempi ambientali se stessi e i loro luoghi, cominciano ad attivarsi indagando e presentando esposti utili a fare chiarezza su ciò che accade nei propri comuni. Sulla scia dell'esperienza Comitato Mare Pulito di Paola, sperimentata negli scorsi anni per monitorare le anomalie notate nei pressi dei corsi d'acqua e sul tratto di costa paolana, lo scorso marzo è nato il Coordinamento mare pulito del Tirreno, in cui confluiscono vari comitati e associazioni ambientaliste operanti nei centri del litorale cosentino; interessato a formulare una mappatura degli impianti di depurazione, funzionale al loro controllo e alla salvaguardia del territorio.
A pochi mesi di distanza dalla sua costituzione il Coordinamento, proprio durante il mese di maggio, ha protocollato richieste per ottenere informazioni ambientali a ben diciannove comuni del litorale cosentino.
La domanda ha ricevuto risposta positiva solo da parte di sei comuni: Paola, Fuscaldo, Diamante, Sangineto, Falconare. Altri comuni come Praia a Mare, Tortora, San Nicola Arcella, Scalea, Belvedere Marittimo, Acquappesa, Cetraro e scendendo fino a Belmonte, Amantea hanno preferito negare la pubblicizzazione degli atti di pubblico dominio.
Un gioco del silenzio che se non stupisce, sicuramente alimenta i dubbi già presenti in chi da tempo è alla ricerca di una verità occultata.
Perchè tutta questa omertà? Perchè tutte queste ombre, se non ci sono irregolarità da coprire?

Eppure qualcosa si (s)muove.
A seguito del ritrovamento di alcuni fanghi di depurazione, rinvenuti in località Pantani di Paola; mentre l'Arpacal si preoccupa di analizzare "il corpo incriminato" e l'amministrazione comunale ripristina l'area, la Procura ha aperto delle indagini, cominciando una serie di controlli a tappeto lungo tutta la costa.
Su disposizione del Pubblico Ministero della Procura di Paola, Bruno Giordano, ben 36 sistemi di depurazione sono stati passati al setaccio, e molti di questi hanno presentato una situazione non conforme alle norme sulla decontaminazione delle acque reflue. Conseguentemente alla prima ispezione, la presenza di irregolarità ha portato ad intensificare le verifiche della polizia provinciale, e del personale tecnico dei diversi comuni, anche durante gli orari notturni e in condizioni meteo avverse (che favoriscono gli scarichi illeciti). Altri controlli sono stati poi effettuati lungo le aste fluviali e nei pressi dei pozzi neri, per accertare che le amministrazioni comunali abbiano o meno attuato le misure suggerite dalle relazioni inviate dall'organo giudiziario.

Accorgimenti indispensabili se si vuole tutelare la balneazione e le attività turistiche presenti, ma ancor più doverorsi per difendere la salute dell'ambiente e delle persone. Fanghi trascinati in mare, vasche stracolme di liquami, vasche di ossidazione non attive e pastiglie di cloro al posto del dosatore poi finite in mare e responsabili di gravi danni alla salute sono solo alcune delle atipicità appurate nelle acque marine e fluviali. Proprio i campioni di acqua analizzata hanno rivelato un'alta percentuale di colibatteri e coliformi fecali; batteri presenti nell'organismo umano ma altamente dannosi se vivi nelle acque destinate al consumo umano e causa di infezioni all'apparato urinario e di altre malattie come meningite, peritonite e vari disturbi fisici.
Insomma, "presenze scomode" che ogni estate fanno triplicare le telefonate al pronto soccorso, sollevando un'altra questione bollente della Regione Calabria; cioè, il carente sistema sanitario impossibilitato ad accogliere un consistente numero di pazienti e di eventuali ricoveri per la chiusura di diversi ospedali.

C'è da dire che le gravi criticità relative allo stato di salute delle acque balneari non riguarda solo la provincia di Cosenza, ma una Regione intera.
Nel 2013 sono state accertate 1.599 infrazioni relative al mare e rispetto al 76% di tutta Italia,sul territorio calabrese si rileva solo il 49,9% di depurazione efficiente.
Proprio per via delle irregolarità riscontrate nelle attività depurative la Corte di Giustizia Europea, in una sentenza del 19 luglio del 2012, condanna più di 100 agglomerati italiani (di cui 18, equivalenti a 90 comuni, si trovano in Calabria) per la mancata applicazione della Direttiva 91/271 CE concernente il trattamento delle acque reflue urbane: le città di Praia a Mare, Ajeta, Tortora, Scalea, San Nicola Arcella, Papasidero, Santa Domenica Talao sono state sanzionate per non aver provveduto alla sistemazione della rete fognaria come dalla legge previsto.
Nonostante i tanti miliardi di euro versati come fondi destinati al ripristino della rete di depurazione, per esempio i 160 milioni di euro stanziati dal fondo CIPE (Comitato Interministeriale Per la Programmazione Economica) e i 203. 311. 467 milioni di euro elargiti dal Piano di depurazione per la Calabria tra il 2000 e il 2010 e ripartiti tra 104 comuni della provincia di Cosenza, ancora non si è giunti ad una condizione ottimale della rete fognaria.
Miliardi intascati senza mai raggiungere l'obiettivo prefissato. Il peggioramento delle condizioni costiere, dovuto anche allo smaltimento illecito dei rifiuti, evidenzia il fallimento del ventennale commissariamento per emergenza ambientale, a cui si lega la linea dettata da politicanti incompetenti e inginocchiati sempre al cospetto dell'Innominato di turno.

Il degrado del litorale e l'inquinamento marino, i costi maggiorati delle strutture alberghiere e delle case vacanza, insieme alla mancanza di servizi, sono colpevoli del forte impoverimento di un'area una volta a forte impatto turistico.
Innumerevoli sarebbero invece le risorse naturali da sfruttare (ovviamente restando lontani da meccanismi di speculazione), di cui questa parte del territorio calabrese è ricco.
Dalla Riviera dei Cedri, su cui si collocano le spiagge di Diamante e San Nicola Arcella nominate tra i dieci lidi più belli della Calabria, al Parco del Pollino che raccoglie la Riserva Naturale del Fiume Lao e la Riserva Naturale del Fiume Argentino, in cui è possibile praticare rafting e trekking, fino alla vicina area Sic Valle del Noce, alle grotte dell'Isola Dino ed ai borghi interni come Tortora, Aieta, Verbicaro rinomati sia per le bellezze naturali che per il buon cibo e il vino; molte sono le potenzialità da sfruttare per favorire lo sviluppo territoriale.
Invece no. Si è preferito avanzare scempi e deturpazioni, progetti con fini illeciti e votati agli interessi di privati sciacalli senza scrupoli, a danno di intere comunità.
Perchè da decenni si prosegue sulla solita strada degli sprechi e della distruzione? Perchè non si riesce a mettere un punto ed a cambiare la gestione amministrativa di paesi lasciati ogni giorno di più abbandonati a se stessi?
Troppi i punti interrogativi, le pianificazioni lasciate a metà e le promesse cadute nel vuoto a cui solo una spinta dal basso potrà dare risposte.
Anzi, potrà realizzare quei risultati concreti tanto attesi.