Santiago Maldonado: gli 81 giorni che hanno commosso l'Argentina

Wed, 25/10/2017 - 19:24
di
Cecilia González*

Dopo 81 giorni dalla sua scomparsa durante una manifestazione in difesa dei diritti del popolo Mapuche, è stato rinvenuto, in riva ad un fiume, il cadavere del giovane militante Santiago Maldonado. Pubblichiamo qui un articolo preso dal sito messicano di giornalismo indipendente Desinformemonos.org che ben riassume il clima politico che si respira in queste settimane in Argentina. Ora, tragicamente, si sa che fine ha fatto Santiago, ma la richiesta di verità e giustizia continua, più forte e determinata di prima.
Per continuare a seguire il caso http://www.santiagomaldonado.com/

Il primo agosto scorso, un giovane di 28 anni di nome Santiago Maldonado scomparve durante un’azione repressiva della Gerdameria, in una comunità Mapuche della Patagonia.
Funzionari, politici e la stampa ufficiale hanno espresso le più diverse opinioni e ipotesi sul caso affermando: che Santiago non era nemmeno presente durante la protesta mapuche; che un camionista l’aveva portato fino alla località di Entre Rios; che Santiago si era nascosto; che lo avevano sequestrato gli stessi Mapuche, terroristi, anarchici e separatisti finanziati dagli inglesi, dalle FARC, dalla guerriglia kurda o dall'ETA. Che il ragazzo era stato filmato mentre faceva acquisti in un negozio di Entre Rios; che stava ricevendo un sussidio [non meglio precisato NdT]; che era nipote di un ex montonero; che c’è un paese dove tutti i ragazzi assomigliavano a lui; che era stato ferito o ucciso da un pastore; che aveva “libri rivoluzionari”; che su facebook si autodefiniva come “un feroce capotribù mapuche”. Che si era tagliato i rasta da un barbiere di San Luis; che nelle scuole non si doveva parlare di Santiago Maldonado e nemmeno di “desapariciones”; che si era “sacrificato” ed era passato in clandestinità per aiutare un leader mapuche ex “flogger”. Che era un violento karateka e che nessuno avrebbe potuto sopraffarlo; che una coppia l’aveva raccolto per strada; che era un artigiano hippy, tatuatore e giramondo, che era volontariamente svanito nel nulla; che sì, era presente alla protesta e che si è meritato ciò che gli è successo perché “è un reato bloccare le strade”. Che, in modo sospetto, il sito santiagomaldonado.com era stato aperto prima del 1 agosto; che la sua scomparsa era un montaggio del kirchnerismo; che la cosa più probabile era che “un singolo agente” lo avesse colpito e ferito gravemente; che forse erano stati tre poliziotti o sette o dieci. Che se domandavi informazioni su Santiago Maldonato eri kirchnerista; che Maldonado usava vari documenti di identità con nomi diversi; che si era nascosto in Uruguay; che suo fratello German, in realtà era Santiago; che suo fratello Sergio aveva nascosto un telefono ed una valigia; che Santiago in realtà non era mai esistito; che c’era il 20% di possibilità che fosse in Cile; che il corpo si era ben conservato grazie alle basse temperature, come Walt Disney.

Tutte menzogne. Bugie per sviare l’attenzione dall’aspetto veramente grave di quanto accaduto: la scomparsa di un giovane durante un’azione repressiva della polizia. La ministra dell’Interno ha maltrattato la famiglia, accusando i genitori e i fratelli di non collaborare con le indagini e ora è lei che non si è fatta più vedere da quando hanno ritrovato il cadavere di Santiago.
A fronte del silenzio del presidente, che non ha mai offerto il suo appoggio alla famiglia, vi sono però stati contrasti nel suo entourage. Alla fine ha vinto il settore più duro del macrismo, che ha impedito che una commissione delle Nazioni Unite intervenisse sul caso.
L'1 settembre, ad un mese dalla scomparsa, mentre decine di migliaia di persone, in molte città argentine, chiedevano notizie del desaparecido Maldonado, il presidente Macri annunciava con grande sensibilità la sua visita, nella regione di Tucuman, alla gelateria “che ha più gusti di tutto il paese (ho provato il gusto rapa, risolatte, mate cocido)”.
I maggiori media non hanno pubblicato le foto delle migliaia di persone che avevano marciato per Santiago. Si sono limitati a dire che c'erano “solo” militanti kirchneristi e della sinistra. Sulle prime pagine sono comparse solo immagini di “violenze” senza che venisse chiarito che erano state organizzate da infiltrati in collaborazione con i poliziotti. Hanno fomentato l'indignazione per qualche scritta sui muri, ma hanno appena accennato alle persone manganellate e arrestate dalla polizia e alle aggressioni subite dai giornalisti.
La scomparsa di Santiago ha portato alla luce la frattura sociale che c'è in Argentina, tra cittadini che hanno minimizzato o giustificato la scomparsa e quelli che hanno denunciato la gravità del caso e si sono mobilitati.
Il dibattito è stato fuorviato da un settore della società che crede che i diritti umani siano un tema esclusivo del kirchnerismo. Ma se è vero che vari settori hanno usato politicamente il caso, il fatto di chiedere l'apparizione di Santiago, non ha voluto dire una conversione automatica al kirchnerismo. È sata semplicemente la reazione che potevano avere le persone con un minimo di dignità.
Si è arrivati anche al livello di mettere in competizione il caso di Julio Lopez e quello di Santiago Maldonado. Ma è risultato chiaro che chi agiva così non aveva a cuore né l'uno né l'altro.
Altri ancora, sempre convinti che in Argentina si può essere solo kirchneristi o antikirchneristi, hanno individuato nel pm Alberto Nisman, l'unica vittima che bisognava difendere.

Durante questi 81 giorni è stato facile capire che la dittatura sanguinaria in Argentina non si materializzò per qualche colpo di magia, ma ricevette l'appoggio di un settore di società al quale non importava (allora come adesso) della violazione dei diritti umani e anzi la giustificava in nome “dell'ordine costituito”. I 30mila desaparecidos furono possibili perché molti non vollero vederli, né mobilitarsi per loro. Perché “por algo será”**.
Ciò che lascia aperta la speranza è che la scomparsa di Santiago ha di nuovo mostrato l'ammirabile capacità di lotta, resistenza e organizzazione che c'è in Argentina. Un muro di contenimento, che non siamo stati in grado di costruire in altri paesi, come il Messico, dove i desaparecidos aumentano nella più totale impunità dello Stato. Voi argentini che lottate, vi indignate, riempite le strade per reclamare giustizia, senza interessi politici, né speculazioni da parte dei partiti, ma come cittadini preoccupati perché questi crimini non possono e non devono verificarsi, siete un faro in mezzo a tanta oscurità.
Questo sforzo collettivo è riuscito ad evidenziare l'indifferenza, la freddezza e l'irresponsabilità del governo. Ha fatto si che noi giornalisti stranieri rimanessimo vigili sul caso, raccontassimo la storia di Santiago e gli errori commessi dalle autorità. Questa mobilitazione ha permesso che in tutta l'Argentina e in molti paesi risuonasse la domanda “Dov'è Santiago Maldonado?” ; che il suo volto apparisse sulle pareti, le finestre, le porte, negli ascensori, nei negozi. Che il suo nome fosse tema di tendenza dei social network, che si domandasse di lui tramite gli altoparlanti dell'aeroporto, della metropolitana, nelle redazioni dei giornali e nei campi di calcio. Ha consentito che la famiglia di Santiago non fosse sola.
Un menzione di merito per i colleghi giornalisti che hanno dato esempio di buon giornalismo in un caso così delicato con cronache, interviste, articoli e reportage seri e rispettosi (Fernando Soriano di Infobae; Gabriel di Nicola, Evangelina Himitián e Hugo Alconada Mon de La Nación; Guido Carelli del Clarín) oltre alla copertura in generala data da Cosecha Roja, Anfibia, Tiempo Argentino, Revista Mu, Página 12, Letra P e Revista Cítrica.
Sulle reti sociali, i programmi radio e in televisione sono innumerevoli i giornalisti che hanno seguito il caso, ponendo domande sulla sorte di Santiago, denunciando menzogne e manipolazioni e rispettando sempre la famiglia Maldonado (questione prioritaria).
Il giornalismo fazioso e volgare non può cantar vittoria. Ma la bassezza politica non cesserà: ci sono stati i sondaggi dell'ultimo momento per misurare l'impatto politico del caso sull'appuntamento elettorale [il 22 ottobre si sono svolte le elezioni politiche che hanno visto la schiacciante vittoria del partito del presidente Macri NdT]; vi sono state operazioni di disinformazione sui social network per far credere che in realtà non era successo nulla e che Santiago era annegato per sfortuna; le condoglianze di un presidente che non ha nemmeno parlato direttamente ma per voce del ministro della Giustizia e della governatrice di Buenos Aires che ha scritto twits commossi, come se l'alleanza di governo di cui lei stessa fa parte non avesse alcuna responsabilità. Ma c'è stato anche il silenzio della ministra dell'Interno.
Venerdì notte, nell'improvvisato santuario allestito all'interno dell'obitorio, molte persone, tra cui molti giovani, sono venuti a deporre fiori e candele, a lasciare messaggi e a versare lacrime. Altri ancora protestavano en Plaza de Mayo. Il lutto collettivo era in quella piazza. La richiesta principale: giustizia per Santiago. Non dobbiamo dimenticare che è morto durante un'azione repressiva della polizia. Questo è importante.
Gli altri dicano ciò vogliono.
Noi andiamo avanti.

*Fonte articolo: https://desinformemonos.org/81-dias-conmovieron-la-argentina/
**Durante la dittatura molte persone per paura, indifferenza o malevola giustificazione, spiegavano così le numerosissime scomparse: “qualcosa avrà pur fatto” o “per qualcosa sarà pur successo”. Dando ad intendere che un motivo, o appunto una giustificazione “logica” dovevano esistere e che la scomparsa dipendeva dal comportamento tenuto dalla persona desaparecida (NdT)